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Autore: Doyoureallywantme    19/09/2012    0 recensioni
E' una storia per tutte le ragazze che si odiano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE FIRST DAY



Primo giorno.
Primo giorno di scuola.
Ho gli occhi ridotti a due fessure. Non vedo oltre a un palmo della mia mano, fuori c’è troppo buio.
Odio il buio, ho paura dell’oscurità. Io odio tutto. Odio me stessa. Odio il mio corpo, odio i miei capelli senza forma, odio questa pancia gonfia, odio le mie gambe. Sono troppo bassa, ho fianchi troppo larghi e credo che Dio non si deciderà mai a darmi delle tette decenti.
Mi alzo dal letto e arranco fino in cucina. Un passo davanti all’altro, ce la posso fare. Afferro i cereali, cascano per terra. Merda. Mi chino a raccoglierli e mi ritrovo a fissare i miei piedi. Odio i miei piedi. Mi siedo a tavola,  mentre mia madre mi grida di sbrigarmi.
“Perderai l’autobus”.
Odio mia madre, la odio perché ha permesso a mio padre di rovinarle la vita. Odio anche mio padre, perché se ne è andato, lasciandomi da sola, con l’idiota di mio fratello Liam. Odio Liam. Liam mi odia. Sciacquo la tazza, lasciandola ad asciugare nel lavandino. Pesto la coda al mio gatto, Lully Puf. È un gatto inutile. Mi graffia il piede destro. Meglio così, il sinistro ha un’unghia incarnita.
Prendo una felpa verde, ha una macchia sul cappuccio. La nascondo con i capelli.
“Io vado”, urlo mentre mi ficco lo zaino sulle spalle e apro la porta. Mia mamma mi saluta con la mano.
Cammino lungo il marciapiede. Liam è già a scuola. Lui ha la macchina, ma non mi accompagna.
Vedo l’autobus arrivare. Sono nervosa. Non so mai se alzare un braccio per farlo fermare o semplicemente lasciare che si accorga di me. Opto per la prima opzione. Mi sbraccio. L’autobus si ferma e io salgo. L’autista mormora un ‘buongiorno’, non gli rispondo. Mi siedo, fissando il vuoto davanti a me. Mi estraneo dal mondo. Devo capire perché la mia vita fa così schifo. Cambio scuola ogni due mesi, cambio città ogni due mesi, cambio ogni due mesi. Forse è per questo. Perché cambio. Vorrei essere qualcun altro, vorrei avere già trent’anni, vorrei, ma non posso. L’autobus frena. Scendo.
Un ragazza con il telefono appiccicato all’orecchio mi spinge.
Parla con l’apparecchio gesticolando. Riesco a capire poche parole. Figo, Louis, festa, Sabato. Parole inutili, non le registro.
Odio non poter permettermi di partecipare alle feste, odio non poter permettermi degli stupidi cellulari.
Mi dirigo in segreteria. Una donna grassoccia con un paio di occhiali sul naso, annuisce quando le porgo un foglio.
“Sei Laurie Metlhin?”, chiede con voce nasale. La odio.
Annuisco.
“Sei in 5B. Ultima stanza a destra”.
Annuisco.
Odio il fatto di essere così sicura che non passerò mai la maturità.
Una mano mi tocca la spalla, penso inavvertitamente. Sono sicura, mi tocca inavvertitamente. Purtroppo cado e impreco. Odio questo pavimento gelido e sporco. Mi rialzo.
“Scusa”, mormora un ragazzino moro con gli occhi azzurri.
Scuoto la testa, “Fa niente”, mormoro. Lo odio.
“Sei nuova?”, domanda.
Annuisco, “Si vede molto?”
“No, è l’uniforme che inganna”.
Guardo i miei jeans, hanno una macchia anche loro. Già, l’uniforme. Io la odio, non voglio indossarla.
“Ti serve una mano?”.
“No…”
Mi frega il foglio con scritto 5B, dalla mano.
“Ti accompagno”, annuncia tirandomi la mano. Ho detto no, odio chi non mi ascolta.
Gli porgo un sorriso falso. Sussurro un grazie labiale.
Odio gli armadietti di questa scuola. Gialli, rossi e verdi. Sarebbero stati meglio grigi.
Odio le pareti, odio i ragazzi che si aggirano tra i corridoi.
“Eccoci”, ci fermiamo e indica una stanza, “questa è la nostra classe”. Nostra?
Un ragazzo biondo urla nella nostra direzione, “Louis, come butta?”.
Il ragazzo di fianco a me entra nell’aula, Louis, figo, festa, sabato mi  lascia sulla soglia. Batte un cinque al biondino-urlo-e-non-me-ne-frega-se-disturbo. Si siede su una sedia. Appoggia le gambe sul tavolo. Bene, questa è la mia nuova classe per due, tre mesi, giusto il tempo che mia madre si stanchi di questa città, come dice lei. O come dico io, stanca di non trovare lavoro.  
Odio i miei compagni, non farò mai amicizia con loro.
 
  
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