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Autore: Stregatta    20/09/2012    7 recensioni
- E poi, boh... L'idea di un oggetto freddo ed inanimato che prende vita grazie ad una collisione del tutto casuale è stupenda. Ti fa pensare che non c'è limite alle possibilità che... Che anche la situazione più estrema, in senso negativo, si possa risolvere un giorno, per caso... E per il più stupido dei motivi. Un asteroide che paragonato alla massa di un pianeta è poco più di sasso vicino ad una montagna. -
{Uno sfigato, uno svitato, uno che passava per caso.}
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Punto di ebollizione


A febbraio arrivò la neve – candida, farinosa, che si scioglieva in bocca lasciando sulle papille il sapore dolciastro dell’acqua pura - e con essa un’ordinanza del sindaco che imponeva la chiusura delle scuole.
Le gemelle Bradford avevano costruito un enorme pupazzo di neve, litigando incessantemente sulla struttura del medesimo; per questo era venuto su un po’ sghembo e bulboso, ognuna delle due aveva seguito la propria idea senza tener conto di quella dell’altra.
Ogni tanto, Dom smetteva di spalare il vialetto per riposarsi ed alzava involontariamente gli occhi su quel monumento alla mancanza di comunicazione, ringraziando puntualmente di essere figlio unico.
Un delizioso odorino veniva fuori dalla finestra accostata della cucina di casa Howard: sembrava che il nuovo esperimento culinario di sua madre fosse destinato ad avere successo, per una volta.
Dom si guardò attorno, decidendo che il vialetto era in condizioni più che dignitose, e rientrò in casa.
Quando fece il suo ingresso in cucina, Diane stava sfornando una teglia ricoperta da uno strato dorato di quello che sembrava a tutti gli effetti…
- …shortbread. – esalò Dom.
- Ma non è per noi. – lo ammonì sua madre, raggiungendo a passo di danza il davanzale della finestra.
- E per chi è? – ribatté Dom, conoscendo già la risposta.
- Per Maureen, naturalmente! Cosa c’è di meglio di un biscottino per tirarsi su di morale dopo una brutta influenza come la sua? –
La prima volta che si erano recati a far visita ai Bellamy – l’indimenticabile giorno della cioccolata e dell’esaurimento nervoso del
nipotino – nulla lasciava presagire che potesse sbocciare un’amicizia così squisitamente nefasta tra Diane e la signora Bingham. Dom aveva i suoi buoni motivi per credere che la nonna di Bellamy stesse semplicemente cercando di mantenere i contatti con lui.
Perché, poi? Dom aveva perso invece ogni traccia di suo nipote.
- Quindi oggi pomeriggio andrai a trovarla.
- Mhm-mhm… Vuoi venire?
Stavolta Dom non si lasciò incastrare, e prima ancora che Diane avesse finito di pronunciare la frase disse: - Oh… Be’, ho da studiare e… Roba da fare.
Sua madre non sembrava offesa. Posando teglia e guantoni da forno sul tavolo della cucina, sorrise e disse: - Hai fatto un buon lavoro, lì fuori… Aspetta.
Andò in soggiorno e ritornò un minuto dopo con una banconota in mano, porgendola al figlio.
- Mamma, sono dieci sterline…
- Già.
Incredulo, Dom fissò il denaro per un secondo prima di intascarlo.


In città i marciapiedi erano incrostati di neve ghiacciata e, percorrendoli, Dom rischiò più di una volta di finire a gambe all'aria.
Lungo la via principale qualche negozio era chiuso e in giro c'erano più ragazzini del solito, come se fosse di nuovo Natale o Capodanno.
Teign Music era ancora aperto.
In vetrina, campeggiavano le solite quattro chitarre – tre elettriche, una acustica. Ad intervalli regolari di una settimana, il proprietario del negozio cambiava la loro disposizione attorno alla batteria che dominava la scena al centro della vetrina.
L'ensemble era esposto da talmente tanto tempo che Dom si era persino divertito ad affibbiare un nome ad ognuno degli strumenti che ne facevano parte: la chitarra acustica, con i suoi ghirigori country a decorarla, si chiamava Dolly Joanie Parton-Cash. Quella elettrica, di colore rosso sangue e a forma di poligono irregolare, era Elizabeth Bathory II. Quella decorata dalla Union Jack era Nigella Lancaster-York, quella a stelle e strisce John Clint Cooper-Lincoln.
Per quanto riguardava la batteria, Dom aveva deciso che si trattava di una famiglia – piuttosto prevedibilmente, il cognome che aveva scelto per essa era Bangs.
Quel giorno, Dolly e Nigella cingevano la famiglia Bangs ad entrambi i lati mentre John ed Elizabeth la sovrastavano, appese ad un sostegno.
Dom si mise una mano in tasca, tirando fuori le sue dieci sterline.
Un po' poche, anche solo per assicurarsi uno dei componenti della famiglia Bangs.
Da dietro la sciarpa, Dom mormorò: - Un giorno non molto lontano verrò a prendere uno di voi... Tremate. - e si incamminò di nuovo lungo il marciapiede, senza avere una meta precisa in mente.
Risalì la via principale, trovandosi di fronte la stazione ferroviaria.
Un gruppetto di persone ciondolava vicino alla porta centrale. Il rumore di un treno che stava rientrando in quel momento si porto via ciò che stavano dicendo.
Dom li squadrò.
Sembravano suoi coetanei, ma erano troppo imbacuccati per stabilire le loro identità.
Il più alto di loro si girò e subito dopo si tolse la sciarpa dalla bocca, sbracciandosi.
- Dom!
Cavolo, ma era proprio...
- ...Chris. - bisbigliò Dom, senza muoversi di un millimetro.
D'altronde, non ebbe bisogno di farlo: Chris attraversò la strada per venirgli incontro, salutandolo allegramente.
- Ciao! Che combini?
- Niente, non combino niente. - sorrise Dom, un po' teso.
Gli amici di Chris li stavano fissando apertamente da dove erano rimasti, senza fiatare.
Tentando di non agitarsi, Dom chiese: - Dove vai?
- In giro con la band… Te li presento. - Chris lo prese per un polso, tirandolo leggermente.
Un membro del gruppetto si era chinato a bisbigliare qualcosa all'orecchio di un compagno, tenendo lo sguardo fisso su loro due. La voglia di scappare a gambe levate di Dom aumentò vertiginosamente.
- No, davvero, non ti-
- Ragazzi!
Perché stava facendo cenno ai suoi amici di raggiungerli? Quale oscuro motivo aveva per metterlo in imbarazzo davanti a loro?

perché i suoi amici gli stavano dando retta, attraversando la via?
- Lui è Dominic Howard, quello del provino.
Ottima pubblicità... Grazie tante.
I Fixed Penalty erano schierati di fronte a Dom, compatti come una barriera di giocatori durante un calcio di punizione.
Uno di loro - rosso, basso, la faccia larga e piena di lentiggini e gli occhi celesti – annuì, commentando: - Mi ricordo di te… Ero in platea. Bel numero.
- Grazie. - rispose Dom in automatico, stringendosi nelle spalle.
Il ragazzo sorrise e gli prese la mano destra, stringendola vigorosamente.
- Simon… Chitarrista istrionico.
Un altro ragazzo, dagli occhi scuri ed il colorito olivastro, si fece avanti tenendo le mani nascoste nelle tasche e strascicando: - Daniel, bassista di poche parole.
L'ultimo a presentarsi fu un ragazzo sottile e lungo come un fiammifero, gli occhi piccoli e castani ed un sorriso per nulla gentile sul viso affilato.
- Lyle. Il gelido ma carismatico frontman. - sussurrò rauco, come se avesse bisogno di schiarirsi la voce. Istintivamente Dom lo fece al posto suo, borbottando poi il suo nome.
- … ed infine c'è Chris, il tenero orsacchiotto batterista.
- Non sembro un orsacchiotto.
Lyle rise, esclamando: - Ti dico di sì! Dom, non è un orsacchiotto?
- Attento a quello che dici o verrò a farti visita in biblioteca, Howard. - lo minacciò scherzosamente Chris, facendo ridacchiare Dom e salvandolo così dall'imbarazzo di dover rispondere.
Subito dopo, il tenero orsacchiotto – Dom non gliel'avrebbe mai detto in faccia, ma in effetti le sue fattezze richiamavano proprio l'immagine di un pacioso plantigrado - annunciò: - Noi andiamo a Exeter… Anzi, dobbiamo sbrigarci ché perdiamo il treno.
- Be’, allora non vi trattengo… - disse Dom, iniziando a retrocedere lungo la via da lui percorsa per arrivare fino alla stazione.
La proposta di Chris arrivò inaspettata.
- Vuoi venire?
Dom credette di aver capito male.
- Cosa? Cioè…
- Stiamo lì per un po’, pranziamo e poi torniamo a casa prima che faccia buio… La madre di Lyle è un tantino apprensiva.
- Chiudi il becco, teddy bear. - lo rimbeccò Lyle, guardandolo dall'alto in basso.
Intanto, Dom cercava di trarsi affannosamente d'impaccio.
- Ecco… Non ho avvisato la mia, di madre, e poi…
- Alla stazione ci sono le cabine telefoniche, e pure a quella di Exeter… Le meraviglie del ventesimo secolo.
Dom si guardò attorno, incerto.
Era troppo difficile – un gruppo affiatato di ben quattro persone nel quale infilarsi? Nossignore, negativo. Abort mission. Passo e chiudo.
D'altronde... Chris voleva che venisse, gli sarebbe piaciuto se avesse accettato.
Avrebbero potuto divertirsi, lontani dalla scuola, dagli insegnanti stronzi e dalle bibliotecarie frustrate...

ma sua madre non lo sapeva, e poi in teoria non sarebbe dovuto neanche andare in centro. Ufficialmente stava studiando.
Roteando gli occhi, Lyle disse: - Vabbe’… Andiamo?
Voltarono le spalle a Dom, avviandosi verso la stazione.
Meglio così. Non ci sai fare con la gente, lo sai. Saresti stato costretto a sorridere di inside jokes a te sconosciuti e loro si sarebbero sentiti in dovere di perdere tempo a spiegarteli, avresti dovuto pensare ad un modo brillante di inserirti in una loro conversazione o, peggio, di iniziarne una. Ti saresti sentito stupido e fuori posto e patetico e Chris si sarebbe pentito di averti proposto di venire. Ti avrebbe chiesto in privato se ti fossi divertito e tu avresti dovuto dirgli che sì, certo che mi sono divertito, come no. Una valanga di bugie e imbarazzo. E poi non puoi metterti nei guai, devi tornare a casa.
- Aspettate!

cosa ti ho appena detto, Howard?
I Fixed Penalty al completo fissarono Dom in silenzio mentre cercava di recuperare un minimo di aplomb – si era accorto troppo tardi di stare urlando in pubblico.
- Non ho nulla da fare... - minimizzò, scrollando le spalle.
Chris sorrise, e nonostante la figuraccia Dom ricambiò.


Il regionale si infilò tra le colline, lasciandosi pian piano dietro lo specchio grigio del mare.
Dom si voltò indietro, seguendo con lo sguardo la linea dell'orizzonte fin quando non si ritrovò di fronte i pendii boscosi dell'entroterra.
A quel punto si concentrò su ciò che aveva fatto.
Era in gita di piacere in compagnia di quattro estranei – tre, anzi. Il motivo gli era sconosciuto, ma aveva a che fare con la schiena di Chris che si allontanava assieme a quelle dei suoi amici.
Sua madre non lo sapeva, poi. Era tutto veramente molto strano.
- Ma perché i gabbiani non schiattano col freddo?
- I gabbiani sono macchine da guerra alate… Spitfire piumati.
- E gangster con le zampe palmate… Sembrano i padroni della zona. Puah.
Seduto in mezzo a loro sulla dura panca del treno, Dom ascoltò il dialogo fra Simon e Chris ridendo sotto i baffi ma senza intervenire.
Ad un certo punto, Simon si voltò verso di lui non solo con la faccia ma con l'intero busto, piegandosi un po' in avanti ed invadendo con nonchalance il suo spazio personale.
- Quindi suoni la batteria. - disse.
Dom annuì, tirandosi discretamente indietro.
- In una band?
- No, nessuna band.
- Un solista… - replicò Simon, apparendo favorevolmente impressionato.
Dom alzò le spalle: - Un dilettante, più che altro.
- Perché noi siamo professionisti, invece. - Chris alzò lo sguardo al soffitto, sorridendo ironico e accomodandosi meglio sul sedile.
- Vi… Vi esibite? Nel senso, di solito… - chiese Dom.
Nel frattempo si accorse di stare giocando con una ciocca di capelli, e smise bruscamente.
Simon quasi gli salì addosso per dare a Chris un buffetto sul braccio: - Ecco… Te l’ho detto un sacco di volte che dobbiamo distribuire più volantini, Teddy.
Dopo aver ricambiato adeguatamente le attenzioni dell'amico con un sonoro schiaffo sulla mano, Chris disse: - Il ventiquattro di questo mese siamo alla Battle of Bands del Broadmeadow.
Rivolgendosi agli altri due compagni seduti sul sedile di fianco, esclamò: - Ly, quelli di Dawlish si sono fatti più sentire?
- Li ho richiamati ieri, hanno detto che devono ancora decidere.
- Sono due settimane che “devono decidere”...
- Vorranno tenerci un po' sulla corda e magari giocare al ribasso sul prezzo.
- Che bastardi.
- Puoi dirlo forte.
Dom rimase ad ascoltare, cercando di non mostrarsi troppo colpito. 
La disinvoltura con cui i ragazzi parlavano di quello che sembrava a tutti gli effetti un mestiere, per loro, quasi lo intimidiva e soprattutto lo confondeva: l'ultima volta che Chris aveva parlato del gruppo gliel'aveva introdotto come se fosse un ensemble scarso e di poche pretese, non si aspettava che invece si trattasse di un affare così grosso... Forse avevano più talento per le pubbliche relazioni piuttosto che per la musica?
La sua cameretta semibuia, dominata dalla batteria, all'improvviso era diventata ancora più angusta nella sua mente.
- Vienici a vedere, il biglietto non costa molto… - Chris lo riscosse dai suoi pensieri prima che divenissero troppo deprimenti.
- Cinque sterline. - precisò Simon accostandosi ancora di più a Dom, il quale di nuovo si ritrasse per rispondere, dopo qualche secondo di frenetica elaborazione del concetto: - Perché no?
Perché no? Perché non andare? Glielo avevano chiesto.

cos'era, quella? La giornata delle decisioni insensate?


Lyle, in testa al gruppo, uscì dalle porte della stazione di Exeter mormorando: - Occhio al ghiaccio.
Neanche un secondo più tardi, si sentirono un tonfo ed una bestemmia smozzicata.
- … Simon, vero? - pronosticò Lyle, senza guardare.
Quando poi si voltò, vide Daniel che cercava di rimettersi in piedi aiutato da Simon e Chris, che a loro volta non apparivano particolarmente stabili sulla superficie ghiacciata del piazzale adiacente la stazione.
- Daniel! Mi deludi.
- Non era mia intenzione.
Si fermarono per decidere il da farsi.
- Dove si va?
- Boh… A pranzo?
- Sì, ma dove?
- Cavern?
- Certo... Paghi tu, vero?
- Sei un morto di fame, Wolstenteddy.
- Vaffanculo, Lyle.
- Scherzavo... Fatti una risata, Chris, è gratis e fa bene al cuore.
Premendosi un dito sul mento, Lyle assunse un'aria assorta; alla fine, fu come colto da un'illuminazione.
- Facciamo decidere al nuovo arrivato, no?
Dom, rimasto in silenzio fino ad allora, arretrò istintivamente di un passo.
- Io non... Non conosco Exeter molto bene... -
Lyle si accigliò, chiedendo: - Mhm... Allora?
- Ragazzi, ma se prima andiamo da Manson che è qui vicino e decidiamo dopo dove pranzare? - propose Simon.
- Qui vicino dove?
- Tipo, inculato in uno di quei vicoletti laggiù.
- Vabbe', vabbe'... Però fatemi fumare, prima.
Lyle si diresse con il suo passo lento e pigro verso un muretto poco lontano, ed il resto della compagnia lo seguì docilmente come una cucciolata di anatroccoli.
Dom non era ancora del tutto convinto che fosse stata una buona idea unirsi alla combriccola, ma al tempo stesso la voglia di fuggire era andata scemando a partire dal momento in cui si era lasciato Teignmouth alle spalle.
Era un'avventura, quella. Qualcosa che lo respingeva ed attraeva in egual misura perché potenzialmente pericoloso, ma anche positivo.
La fronte corrugata di Lyle dava ad intendere che accendersi una sigaretta fosse un affare piuttosto serio, per lui.
- Fumi? - chiese, rivolgendosi a Dom.
- No, grazie.
- Mica volevo offrirtene una.
Dom ebbe una spiacevole sensazione di deja-vu.
Riuscì a non arrossire, sotto lo sguardo di Lyle che lo raggiungeva fin nel cantuccio che si era ritagliato a fianco di Chris e Simon.
- Parli meno di Daniel, tu, il che è grave... E pensare che ne avresti di cose da raccontarci, Mrs Bellamy.
Sentendo pronunciare quel cognome, Dom alzò la testa di scatto e sbottò: - Come?
- Ly, non fare il coglione. - lo riprese Chris, e Lyle spalancò gli occhi con aria innocente.
- Perché? Lo chiamano tutti così, a scuola!
Dom guardò Chris, basito.
- Non mi avevi detto di... Di questa cosa del soprannome.
- Perché è una stronzata... E non ti chiamano tutti così. - rispose Chris senza guardarlo. Era troppo impegnato a fulminare Lyle con un'occhiataccia.
Quest'ultimo sogghignò compiaciuto nell'incalzare ulteriormente Dom: - Comunque... Lui com'è?
- Lyle...
- Dio, Teddy, come sei palloso... Che gli avrò mai chiesto di male?
Lyle poggiò entrambe le braccia sul muretto e scosse via la cenere dalla sigaretta con noncuranza.
- Sai, girano tante storie sul suo conto ma scommetto che i tre quarti di chi le ha messe in giro non lo ha mai neanche visto di sfuggita... Tu sei l'unico a poter dire
cos'è Matthew Bellamy per davvero.
C'era molto da raccontare al riguardo, visto e considerato che Lyle aveva ragione su tutta la linea: a parte i restanti componenti della famiglia Bellamy, chi altro poteva dire di conoscere almeno un angolo della testa di quel ragnetto isterico?
L'aveva perseguitato con la sua stupida idea di formare una band, gli era capitato fra capo e collo durante il suo servizio in biblioteca, avevano litigato e mangiato insieme.
Bellamy aveva pianto in sua presenza. Senza motivo. Come se anche con lui accanto potesse farlo liberamente e, anzi, come se la sua presenza fosse di fondamentale importanza.
Insomma, Bellamy gli gravitava attorno da un po', ormai, e avevano condiviso abbastanza da... Be', non da poterlo considerare un amico, ma quel poco che avevano vissuto assieme spinse Dom a difendere la sua privacy dall'insistenza di Lyle.
-
È ok.
Lyle storse la bocca in una smorfietta indispettita.
Tornò alla carica, insinuando: - Si è innamorato di te?
- No!
- Siete solo amici, insomma.
- Ma che ti frega? - si intromise Chris.
Lyle lo apostrofò freddo: - Ti spiace? Io e Dom stiamo parlando.
- No, ti stai solo impicciando dei cazzi degli altri.
- Stai tranquillo, Teddy... Ho finito. -
Dom si rintanò fra Chris e Simon, sentendosi a disagio ma allo stesso tempo un po' orgoglioso di sé stesso.

L'ingresso del Cavern era poco più appariscente dell'entrata di un sottoscala, segnalato da una cupa insegna a mezzaluna; la porta si apriva su una ripida e per nulla invitante rampa di scale immersa nella penombra.
I ragazzi sembravano un po' intimoriti, ma non Lyle.
- Entriamo. - disse, e nessuno gli rispose.
Insisté: - Non ci fermiamo a mangiare... Entriamo e basta.
- Mica è un negozio... E poi ti faresti del male. - obiettò Simon.
- Perché?
- Perché chissà quando arriveremo a suonare qui.
Dom vide Lyle fulminare l'amico con lo sguardo.
- Chi mi ama mi segua. - disse.
Lyle aveva sceso tre gradini, prima che il resto della truppa lo inseguisse di malavoglia.
Il locale non era molto grande, e dentro era buio ed opprimente; i mattoncini a vista delle pareti gli conferivano un'aria spartana e grezza ed il palco, incastrato sotto una bassa volta a botte, era piuttosto piccolo. Insomma, non era nulla di che dal punto di vista estetico.
Dom si aspettava qualcosa di meglio.
- Che ne pensi? - Simon bisbigliò alle sue spalle, ma non stava parlando con lui.
Infatti, Chris rispose a voce altrettanto bassa: - Di cosa?
- Non ti piacerebbe suonare qui?
- Be', sarebbe... Fantastico.
- E poi... Oggi qui, domani chissà. Royal Albert Hall?
- Certo, e magari Wembley e poi la Luna o Marte!
- Tranquillo, Chris, accomodati e pisciami pure sulla parata.
- Non sto dicendo che non potrebbe succedere, però...
Dom immaginò una folla roboante acclamarlo dal prato di uno stadio. Non era per nulla spiacevole, come idea.
- Andiamocene. - l'ordine venne piatto ed appena percettibile, come se chi lo stesse pronunciando avesse perso all'improvviso tre quarti della propria baldanza di frontman stando semplicemente di fronte ad un minuscolo palco sguarnito.


Il resto del pomeriggio trascorse lento e leggermente imbarazzante.


- Ti piace l'erba, Dom?
- Eh?
- Le canne. Ti piace farti le canne?
- Uhm... No. Cioè, non...
- Non ne hai mai provata una? Cazzo, e non mi sono portato neanche un po' di fumo... Vabbe', comunque... Non hai mai fumato? Neanche una volta? Che diavolo vai facendo della tua vita, Dom? E i funghetti? Ti sei mai fatto una frittatina di funghetti?
- Be', io... No.
- … tu vai salvato, ragazzo mio. Davvero. Salvato da te stesso e dalla noia.


- Ma no.
- Ti dico di sì, invece... Jane Lawrence si nasconde nell'armadietto scassato che in realtà non è scassato e ci guarda mentre ci spogliamo.
- Ma perché dovrebbe?
- Perché è una ninfomane.
- Oh, santo...
- Davvero! Me l'ha detto una sua amica... “Le piace guardarvi il cazzo e per farlo si nasconde in un armadietto degli spogliatoi”.
- Ah, be', se esce glielo faccio pure toccare, non è un problema.
- Che stronzate.
- Seriamente... Vi ho mai raccontato stronzate, da sobrio?
- Ok, la prossima volta dobbiamo controllare.
- Ma con discrezione, eh. La sua amica dice che è anche psicolabile e bulimica e non bisogna traumatizzarla. Può diventare pericolosa.
- Cazzo vuol dire “bulinica”?
- “Bulimica”, con la “m”... E comunque boh, però non sta bene.
- Sì, be', si sentiva la mancanza di un pazzo in giro per la scuo... Uh, cioè.
- …
- … dicono che anche l'amica sia un po' porca, comunque. E sembra sana di mente.
- La cosa si fa interessante...


- Teignmouth non è così male.
- Si, vabbe'.
- Davvero!
- Certo, non è così male... Personalmente, il mio posto preferito di Teignmouth è la stazione, quando sono a bordo di un treno diretto verso qualunque altra città e la vedo allontanarsi sempre di più.
- Quando mi lamento di Teignmouth, i miei se ne escono sempre con la storia che sto vivendo un'età difficile e bla bla... Cazzate. È un'età difficile se la vivi in un luogo di merda. Vorrei vedere quanto sarebbe difficile se la vivessi a Londra.
- Boh, io ci sono affezionato... Sono cresciuto qui, la conosco come le mie tasche...
- Io vengo da una città ancora più triste, quindi non faccio testo.
- Anch'io.
- Anche tu? In che senso?
- Vengo da una città poco più grande di Teignmouth... Stockport.
- Io vengo dallo Yorkshire, invece. Comunque, che senso ha cambiare casa da un posto minuscolo ad un altro?
- Non ne ho idea.
- Ma tanto ce ne andiamo.
- Ce ne andiamo, sì.
- Mhm... E dove.
- Ciao, pessimismo cosmico. Non sapevo fossi invitato anche tu a questa gita.
- Siete voi i pessimisti... Questa città qualcosa può offrircelo, ancora.
- Sì, lo sgombro.
- Senti, non esiste sgombro migliore di quello di Teignmouth.
- A me fa schifo.
- Perché non capisci niente.
- È un pesce da gatti, dai!
- Che ignoranza.
- Tu mangi pesce da gatto e io sono ignorante, che roba...
- … vi state accapigliando sullo sgombro, ragazzi, rendetevi conto.
- Ci annoiamo così tanto, Ly, esatto.
- E il tramonto si avvicina... Si torna a casa.


- Ci vediamo, allora.
- Giovedì pomeriggio, come sempre.
- Come sempre.
- E vieni al Broadmeadow, mi raccomando.
- Sicuro.
Chris guardò Dom con il più severo dei cipigli.
- … ci vengo, giuro! -
- Ok, ok... Allora a presto.
Simon piazzò una potente pacca fra le scapole di Dom, togliendogli il fiato per un secondo.
- Ci si becca in giro, eh! - 
- Ci si becca, sì. - sorrise Lyle. Daniel si limitò a salutare con un cenno del capo.
Tutti e quattro si avviarono lungo la via principale.
In breve furono lontani dal campo visivo di Dom, che invece non si decideva a scollarsi dall'uscita della stazione.
Non era il freddo a pungerlo, in quel momento. Era qualcosa da cui non sapeva come ripararsi, a cui non c'era rimedio.

Desiderava piacergli. Desiderava piacergli come a lui piaceva Chris, e il pensiero lo seccava perché piuttosto avrebbe preferito essere in grado di accettare la propria solitudine. Non contare nulla per nessuno era una realtà a cui pian piano avrebbe potuto abituarsi, no? Aveva già rinunciato a suonare in compagnia, si trattava di un bel passo in avanti e avrebbe semplicemente dovuto continuare in quella direzione ma no... Doveva piacergli Chris, ovvio. Doveva desiderare disperatamente che Chris diventasse suo amico.
E non poteva farci niente.


Rattatatà tatà tattarattatà, ho aggiornato l'Inaggiornabile! Mi sento una dea, aw.

Dunque, bando alle facezie e on with the precisazioni “tecniche”: quella che avete appena letto è la prima parte di un megacapitolo che ho voluto spezzare per due motivi:

a) è un megacapitolo, appunto... Troppa carne al fuoco non va bene.

b) questa parte è il “punto di ebollizione”, l'altra è l'“innalzamento ebullioscopico”. Da un parte bolle l'acqua, dall'altra bolle una soluzione. Solvente e soluzione. Metafore, metafore everywhere.


ok, facciamo finta che il punto b) non esista.


Se state davvero seguendo *ancora* questa storia non posso che ringraziarvi... Siete belli, e io sono brutta-brutta.
Tornerò presto con la seconda parte prima del ventisei c.m. *sorride felice* no, ok, mi son lasciata trascinare dall'entusiasmo e mi son sopravvalutata... Facciamo che dovrà passare qualche giorno in più perché dal 26 effettivamente sto via e torno il 2 ottobre. Quindi, non molti giorni ma qualcuno in più sì. Ciao.

(lol @me che faccio precisazioni e correzioni come se dall'aggiornamento di questa fic dipendesse la salute di qualcuno) (sono precisa, che devo dirvi)

   
 
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