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Autore: Ciajka    20/09/2012    1 recensioni
John Watson non crede ai suoi occhi quando si ritrova davanti a sè Sherlock Holmes, creduto morto da ben tre anni. E comincia seriamente a dubitare della sua sanità mentale quando il suo migliore amico gli svela il suo incredibile segreto.
La mia personalissima (e altamente improbabile) versione post-Reichenbach fall.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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«Bene.» commentò Sherlock, fiondandosi verso i comandi e incominciando a premere qualche misterioso pulsante «Dove vorresti andare?»
«Beh, la scelta non è semplice..» meditò John «Mi piacerebbe visitare un pianeta alieno.. Se è possibile.»
«E pianeta alieno sia!» sorrise Sherlock «Aggrappati forte, perché stiamo per partire!»
John strinse la maniglia più vicina appena in tempo.
Il Tardis incominciò a vibrare, come se ci fosse un terremoto a mano a mano sempre più forte, creando uno strano suono che fece inquietare il dottor Watson di molto.
Appena tutto fu ritornato immobile e silenzioso, Sherlock si catapultò ad aprire la porta del Tardis «Arrivati!»
«Di già?»
Sherlock sghignazzò, mentre usciva per mettere piede sul suolo alieno.
Appena John uscì dal Tardis vide un paesaggio al di fuori di ogni sua immaginazione. Si trovavano sopra ad una collinetta e potevano chiaramente osservare che, a poca distanza da dove si trovavano, c’era una città enorme, con grattacieli semitrasparenti che sfioravano il cielo e circondati da minuscoli puntini neri che sfrecciavano per aria. Osservandoli con più attenzione, John capì che si trattavano di navicelle spaziali.
«Siamo a Nuova Nuova New York, nel pianeta Nuova Nuova Terra.» spiegò Sherlock «Uno dei tanti pianeti che gli esseri umani colonizzeranno nel futuro.»
«Nuova Nuova New York..» sussurrò John con il fiato corto.
Sherlock sorrise alla vista di quella faccia sbalordita.
«Oh, beh, questa è senza dubbio una delle cose più fantastiche che abbia mai visto!»
«Andiamo a dare un’occhiata da vicino?»
«Sicuro! Ma.. Aspetta!» John lo fermò «Dove è finito il Tardis?»
Sherlock indicò un ammasso di pietra appena dietro all’amico «Eccolo li. Ha preso la forma di una panchina. Credevi forse che rimaneva una cassetta per le lettere per sempre?»
«Beh, ecco..» John tentennò un poco.
«Il Tardis si mimetizza con l’ambiente circostante, in modo da non essere scovato.» spiegò Sherlock con tono da maestrino.
«Ma.. come facciamo ad entrare dentro ad una panchina?»
«Ci sarà una porta dietro o qualcosa del genere.» rispose tranquillamente Sherlock.
John diede un occhiata al posteriore della panchina di pietra e disse «Effettivamente qui c’è una maniglia e una serratura.»
«Bene, allora chiudi a chiave e poi andiamo.» disse Sherlock, lanciando una piccola chiave in direzione di John, che la afferrò prontamente.
 
I grattacieli da vicino erano ancora più affascinanti e tecnologici di come il dottor Watson aveva immaginato. L’effetto di semitrasparenza visto da distante si era rivelato fasullo. Infatti ogni edificio aveva le pareti esterne rivestite da qualche strano materiale che le faceva sembrare traslucide e, per questo, rispecchiavano l’ambiente circostante.
«È un metallo tipico di questo pianeta. » spiegò Sherlock, quando vide l’amico studiare la sua immagine riflessa «Inoltre è un ottimo isolante, mantiene fresco d’estate e caldo d’inverno. Già, perché anche in questo pianeta ci sono le stagioni, esattamente come nella Terra. Inoltre questo metallo è leggerissimo. L’unico difetto è che è piuttosto fragile.»
Nei cieli di quella futuristica città c’era un traffico incredibile: appena alzavi lo sguardo vedevi centinaia di auto volanti che scorrazzavano ordinatamente in file.
«Comodo.» commentò John «Così puoi passeggiare con la strada sgombra.»
«Esattamente.»
«Posso farti una domanda?» chiese John, con la testa ancora rivolta in aria.
«Non vedo perché no.»
«Una volta mi hai detto che non sapevi nulla del sistema solare..»
«Oh, quello.» lo interruppe l’amico «Quando ho iniziato a vivere sulla Terra ho deciso di tagliare completamente i fili col mio passato, quindi non volevo far vedere a nessuno quanto la mia conoscenza astronomica fosse.. molto ampia. Troppo ampia.»
«E l’hai nascosta dietro una gigantesca ignoranza? Però..»
«Forse ho esagerato?»
«Quando mai non sei stato esagerato!» scoppiò a ridere John.
 
Non passò molto tempo prima che John si accorse le strade erano frequentate non solo da esseri umani, ma anche da strane creature mai viste prima. Alcune di queste avevano un colore della pelle molto improbabile, altre presentavano qualche arto in più o in meno.
«Sono alieni quelli?»
«Certo. Nel futuro gli umani si mescoleranno ad altre specie e creeranno un impero piuttosto pacifico. Strano vero?»
«Già.» poi John indicò un essere che assomigliava ad una grande vespa, completa di antenne e ali,ma che camminava come un essere umano «E quello che diavolo è?»
« È una menoptera, proveniente dal pianeta Vortis. Sono tipi piuttosto tranquilli.»
«E… e quello? Ha la faccia di un cane!»
«È un abitante del pianeta Canius, a qualche centinaia di anni luce da qui»
«Wow!» esclamò John Watson, sinceramente colpito.
«Ma ora smettila» lo rimproverò scherzosamente Sherlock «Non sai che indicare la gente è da maleducati?»
I due si scambiarono un’occhiata e scoppiarono in una fragorosa risata.
 
«Quel tizio con la faccia da cane mi ha fatto venire in mente Baskerville.» ammise John, dopo qualche passo.
«Oh,si. Mi ricordo di quel caso.»
«Eri sconvolto quando pensavi di aver visto il mastino.» John lo fissò negli occhi «Non volevi ammettere che esistesse un essere al di fuori della tua comprensione.»
Sherlock non dovette fare molte deduzioni per capire dove l’amico voleva arrivare.
«Vuoi chiedermi il perché ero così spaventato, tenendo conto che ho visto centinaia di alieni, probabilmente molto più raccapriccianti e spaventosi di un mastino gigante.»
«Esatto.» John deglutì a fatica.
«Non ero spaventato dal mastino in sé.. in quel momento ho avuto la consapevolezza che altri esseri provenienti dallo spazio potessero raggiungere e invadere la Terra.. E che io non ero in grado di combatterli da solo. E non lo sono neanche adesso.»
«Mi dispiace» fu l’inaspettato commento di John.
Sherlock non sapeva cosa dire, l’unica cosa che riuscì ad ammettere fu «Dovevo rimanere a lottare con la mia gente. Non abbandonarli così.»
«Ti stai incolpando inutilmente!» esclamò John, non si rendendosi conto di quanto il fatto bruciasse al suo amico.
«Era il mio popolo, John! Dovevo farlo!» sfuriò Sherlock.
«E così preferivi morire come tutti gli altri?»
Sherlock si ritrovò a scambiare un intenso sguardo con John.
La domanda del biondo non ricevette nessuna risposta, l’unica cosa che Sherlock seppe dire fu «In qualunque caso, questa è l’ultima volta che userò il Tardis. Dopo torneremo immediatamente a casa e non ci rimetteremo più piede.»
«Stai scherzando?»
«Per niente.» rispose innervosito Sherlock.
«Ma potremmo andare in un sacco di luoghi!» cercò di convincerlo l’amico «Immagino che esistono altri posti ancora più incredibili di questo!»
«E anche più pericolosi.» commentò buio Sherlock.
«Il pericolo non è mai stato un mio problema, dovresti saperlo.»
Sherlock sospirò «Già, la tua ex ferita psicosomatica ne è una conferma.. Ma no. Voglio continuare a professare la mia figura di consulente investigativo, non andare in giro senza uno scopo!»
«Non è vero che non hai uno scopo..» mormorò John.
«Ah, si? E quale sarebbe,allora?»
«Beh.. non saprei.. forse controllare che tutto proceda come prescritto?»
«pfui!» sbuffò Sherlock «Questo teoricamente è il compito di un Signore del Tempo. Ma nessuno mi obbliga a farlo!»
John non si azzardò a protestare, aveva capito che l’amico non era dell’umore giusto per affrontare l’argomento.
E forse, pensò John, non lo sarebbe stato mai.
 
«Bene, ora possiamo partire.» disse Sherlock appena chiuse dietro di sé la porta del Tardis.
«Si torna a casa?» domandò John, leggermente affranto.
Gli sarebbe piaciuto da morire fare un altro viaggio nel tempo o nello spazio. Gli erano venute in mente così tante mete ora!
«Si. 21 Novembre 2015, Londra, Baker Street.»
John si ancorò sospirando ad una maniglia e aspettò che il Tardis si rimettesse in moto.
Il ritorno non fu meno traumatico dell’andata, ci fu una scossa prolungata e lo stesso strano rumore di sottofondo, finché tutto si calmò.
«Siamo arrivati.» disse Sherlock «A casa.»
 
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Ed ecco finito anche il secondo capitolo.. Sono andata più soft rispetto al precedente.. Spero di non avervi annoiato!
Ah, le menoptere sono veramente comparse in qualche episodio di Doctor Who. (con il primo, il secondo e il quarto dottore).
Mentre l’altro alieno l’ho inventato io.
 
Qualche commento mi farebbe piacere, anche per sapere se continuare o no questa storia!
 
  
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