NOTE: …Sono una donna
spregevole e senza cuore (?),
nonché culopesa al massimo grado. Avevo promesso di rifarmi
viva di tanto in
tanto durante l’estate e invece mi sono praticamente
eclissata. Solite
motivazioni: sessione estiva, troppo caldo, totale mancanza
d’ispirazione e una
full immersion nel fantastico mondo del k-pop (grazie, Cloud <3)
che mi ha
fatta delirare e fangirlare non poco. Detto questo, mi dispiace
tantissimo di
aver mancato di parola. Di solito non sono così cialtrona,
giuro!
Per quanto riguarda la
storia, è arrivato il momento di decidere se continuarla o
meno. Mi spiego:
quello che state per leggere potrebbe tranquillamente essere
l’ultimo capitolo,
perché i finali aperti mi garbano abbastanza e
perché non sono decisamente
tagliata per le longfiction di più di dieci capitoli (lo so
che siamo solo al
sesto, ssst). Però, se a qualcuno di voi dovesse interessare
leggere qualche
altro aneddoto sulla famiglia Watson-Holmes, magari ambientato
dieci/quindici
anni dopo, potrei farmi violenza da sola e costringermi a scribacchiare
ancora
per un po’. Sta a voi, lettori carissimi ed affezionati,
decidere le sorti di
questa storiella.
Buona lettura, ci si
risente a fine capitolo!
Il grande giorno arrivò,
alla fine.
Contrariamente alla
tradizione (quando mai erano stati una coppia convenzionale?, pensava
John) i
promessi sposi trascorsero la notte prima delle nozze insieme,
consentendo a
Boswell di dormire nel lettone con loro e con la camera dei gemelli a
portata
di baby ricetrasmittente.
Il mattino seguente vennero
svegliati all’alba -le sette e mezza- da Harriet, eccitata
come una ragazzina
durante il primo giorno di saldi. “Giù dalle
brande, piccioncini!” esclamò
gioviale, lottando nel frattempo con la chiusura del collier di perle
che aveva
deciso di abbinare ad un elegante tailleur Vivienne Westwood di lana
cotta sui
toni dell’écru.
“Doccia veloce, colazione e poi dritti a farvi belli. Animo,
animo!” e spalancò
la finestra, inspirando a pieni polmoni l’aria frizzante di
quella giornata
dicembrina.
“Yawn” fu
l’inintelligibile replica di John, mentre affondava il viso
nel cuscino nel
vano tentativo di riaddormentarsi.
Sherlock, al contrario, si
dimostrò subito reattivo. Sceso dal letto
s’infilò la vestaglia, afferrò un
asciugamano pulito dalla pila di panni stirati che Mrs. Hudson aveva
lasciato
sul comò della loro camera il giorno prima e rivolse uno
sguardo divertito al
compagno. “Sicuro che, tra voi due, non sia stata Harriet ad
arruolarsi
nell’esercito?” insinuò a bassa voce.
“Ti ho sentito”
la donna
si allontanò dalla finestra, rabbrividendo. “Lo
prendo come un complimento”
sorrise.
“Lo è,
infatti” stette al
gioco lui, atteggiando le labbra ad una smorfia seducente.
“Ehi, voi due. Piantatela
di flirtare sotto i miei occhi o il matrimonio non si
farà” borbottò John
mentre si tirava pigramente a sedere.
“Non ti
azzardare”
ribatté la sorella scherzando solo in parte. “Con
tutte le energie, il tempo e
le risorse finanziarie che sono state impiegate -per non parlare del
contributo
mio e di Mycroft- questo matrimonio s’ha da fare
eccome!”
In quel mentre si sentì
un pianto sommesso provenire dalla stanza accanto. Irene ed Hamish si
erano
svegliati, e quindi per empatia fraterna anche Boswell pensò
bene di ridestarsi
dal sonno. “Papà?” pigolò,
stropicciandosi gli occhi con le manine.
“Sono qui,
pulcino” John
gli allungò una carezza sui riccioli morbidi come piume.
“Dormito bene?”
“Tì
tì” rispose, per poi
bloccarsi come colpito da un’idea. “Fa ppoco tu e
babbo vi pposate, giutto?
Dobbiamo sbicacci o aiveemo in itaddo!” si agitò.
“Sagge parole, nipotino
mio” approvò Harriet. “Sherlock, fila a
lavarti; tu, Johnny, cerca di
trascinarti fuori dal letto in tempi ragionevoli. Ai bambini pensiamo
Mrs. Hudson
ed io” tese le braccia verso il fratello per farsi affidare
Boswell.
“Apetta, tia”
cinguettò
lui circondandole il collo. “Ti aiuto a chiudee la
colana” e in pochi secondi
le sue dita paffute ebbero la meglio sul fermaglio capriccioso del
gioiello.
Non si sa come,
riuscirono ad arrivare in orario alla cerimonia. Buona parte del merito
(persino Sherlock dovette riconoscerlo) fu della limousine che Mycroft
aveva
mandato a prelevarli sotto casa e che li lasciò tutti e
sette davanti a
Westminser. Il maggiore dei fratelli Holmes ed Harriet non avevano
badato a
spese: i migliori arredatori -compresi i famigerati Moffat &
Gatiss- e florists
avevano decorato la navata
centrale dell’abbazia con largo uso di organza bianca, peonie
profumatissime e
candele all’essenza di neroli per creare
un’atmosfera suggestiva e romantica.
Marks & Spencer aveva accettato di occuparsi del catering e del
rinfresco
che si sarebbe tenuto niente meno che alla SWISS
Re Tower, in via del tutto
eccezionale.
“Solo
il meglio, per la coppia più chiacchierata di
Londra” li accolse sulla soglia
il governo britannico in carne ed ossa con uno dei suoi sorrisi
più sardonici e
raggiante in volto. “I miei uomini sono a stento riusciti a
tenere a bada i
paparazzi. A quanto pare ogni emittente e testata del Regno Unito ha
ritenuto
opportuno inviare un reporter a seguire il matrimonio del secolo. Non
è
divertente? Pensa a tutta la pubblicità gratis per la tua
attività, fratellino”
ghignò.
“Ciao,
Mycroft. Sbaglio o hai messo su peso, ultimamente?”
replicò Sherlock, amabile
come suo solito, senza fare una piega.
L’altro
arrossì impercettibilmente, ma fu sufficiente
perché gli sposi mangiassero la
foglia.
“Oh,
che bella notizia!” si congratulò John.
“Non vediamo l’ora di diventare zii, vero
tesoro?” diede di gomito al detective.
“Certamente”
rise sotto i baffi. “Avvisaci quando Lestrade avrà
le prime nausee mattutine,
saremo ben lieti di dargli qualche consiglio al riguardo”.
John
gli rivolse un’occhiata in tralice, Mycroft
avvampò vistosamente.
“Sì,
beh- sarà meglio che mi avvii, Greg mi aspetta. Ho fatto
accomodare Mrs. Huson,
Harriet ed i bambini accanto alla mamma, c’è anche
la dottoressa Hooper”
farfugliò. “Tra due minuti l’organista
attaccherà a suonare, fatevi trovare
pronti per l’entrata in chiesa” e si
dileguò oltre il portone.
“Greg?
Perché lui?” John guardava Sherlock con tanto
d’occhi.
“Credevi
forse che fosse Mycroft quello incinto?” ribatté
non senza una certa dose
d’ilarità nella voce.
“Ne
sono certo. Potrei metterci la mano sul fuoco. Ha preso almeno tre
chili
dall’ultima volta che l’ho visto, senza contare che
tiene i piedi a papera e le
lombari inarcate; persino la sua carnagione risplende. E’
radioso come non mai.”
“Ma
dalle
analisi che ho preso in prestito”, l’altro
tossicchiò discretamente, “dallo
studio di Molly risulta
che è il nostro
commissario preferito ad essere incinto. E’ scritto nero su
bianco” Sherlock si
accigliò.
Si
scambiarono un’occhiata. Compresero quel che c’era
da comprendere. E
scoppiarono a ridere.
“Due
in un colpo, eh?”
“Hai
capito, il mio fratellone… Ed io che pensavo fosse
ingrassato per solidarietà
con Lestrade. Evidentemente ha voluto fare le cose in grande”
“Scemo”
John gli rifilò un’altra gomitata, non riuscendo a
trattenere un sorriso.
Proprio
in quel momento le prime note della marcia nuziale iniziarono a
risuonare per
tutta la chiesa.
“E’ora”
Sherlock raddrizzò la schiena, improvvisamente solenne.
“Andiamo?” offrì il
braccio al compagno.
“Andiamo.”
Una
nuova avventura li attendeva.
Sì,
lo so che probabilmente vi aspettavate qualcosa di più
eclatante (?), ma di
fastosi matrimoni in chiesa ho scritto anche troppo -in altre storie,
perlomeno- e non ci tenevo più di tanto a ripetere
l’esperienza… Chiedo scusa.
Allora, che ve ne pare? Chiudo qui e tanti saluti oppure volete leggere
altro?
Fatemi sapere. In ogni caso, grazie a chi mi ha seguita fin qui, a chi
ha
commentato, letto e partecipato attivamente alla stesura di questa
storiella
regalandomi tantissimi spunti e idee divertenti: vi lovvo tutti!
Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook,
per seguire in
diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).
Un
bacio e a risentirci (forse).