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Autore: MariD96    20/09/2012    3 recensioni
"Così tutti sapevano come mi comportavo ma nessuno sapeva il motivo per cui lo facevo, perché ero sempre triste e perché preferivo stare da sola.
Nessuno conosceva la mia vera storia, cosa era successo 8 anni fa."
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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– Linz, come stai? – Era Justin che aveva sceso velocemente le scale ed vicino a me.
- Si benissimo, vado a fare la colazione.- dissi sorridendo.
- o hai battuto forte la testa o sei pazza dalla nascita. Ti sei appena accorta di cosa è successo? Tua madre ti ha accusato di aver ucciso un uomo ti ha buttata a terra, tu sei caduta dalle scale e tua sorella non si è mossa per aiutarti! E perché ti tratta come una serva?

Rimasi in silenzio ma capii che ormai era arrivato il momento di raccontargli tutto.

- Linz, basta adesso vado dalla polizia. – uscì dalla cucina e corse al telefono.
- no no no Justin che fai? Non puoi chiamare la polizia – lo rincorsi e riattaccai il telefono.
- perché no? Questo è maltrattamento minorile! Ecco perché sei sempre così triste, tua madre sfoga la sua rabbia contro di te, senza offesa ma non sembra una brava donna.
- non lo è. – dissi sussurrando.
- certo che non è brava guarda come ti tratta!
- no justin, non hai capito. Lei non è mia madre.-
abbassai lo sguardo sperando che lui non se ne andasse via per tutte le bugie che gli avevo detto.
- ci sono molte cose che mi devi spiegare. Andiamo nella casa della mia famiglia sulla costa, torniamo domani pomeriggio ti va?
- No, domani c’è scuola. –
non era una scusa sincera, l’avremmo potuta saltare benissimo e nessuno se ne sarebbe accorto ma non avevo voglia di raccontare la mia vita a lui, non in quel momento.
- La possiamo saltare.
Va bene, era arrivato il giorno decisivo.
- d’accordo, andiamo a prepararci.. porterò un ricambio e devo…- deglutii.
- devi?- chiese Justin.
- devo dirlo a Lea..
-Lei è Lea? –
sgranò gli occhi.
- Lo dico io a lei, è il minimo che possa fare dopo tutto questo. – era Ronnie che dalle scale si era offerta per intraprendere quella missione pericolosa.

Avrei voluto dire che lo facevo io ma la verità era che non avevo coraggio così mi limitai a un:

-sei sicura?

Lei annuì fiera ed entrò nella camera della madre. Io e Justin salimmo in fretta ci preparammo e dopo 10 minuti uscimmo da casa.

- E se l’ha uccisa? – chiese Justin sull’uscio.
- No, Lea ama troppo sua figlia per farlo.- sorrisi.
Probabilmente non avevamo sentito Ronnie uscire dalla stanza della madre perché eravamo intenti a fare velocemente.
 
**
 
- Eccoci arrivati, hai qualcosa da dirmi o vuoi aspettare domani mattina?

La casa era enorme, una villa bianca e probabilmente anche luminosa di giorno proprio sulla spiaggia. Odiavo il mare ma quella casa mi sembrava speciale. Arrivammo lì di sera tardi.

- Quella laggiù è la tua camera io dormo qui. Vai a posare la roba.

Quelle frasi mi spezzarono il cuore, avremmo dormito separati. Lontani l’uno dall’altro. Lui in una stanza e io in un’altra. Non ero più abituata a dormire sola, mi sentivo preoccupata, insicura e non protetta. Era orribile. Inoltre come se non bastasse sarebbero ricominciati i soliti incubi.
Posai velocemente il mio borsone, mi misi in pigiama e corsi nella camera di Justin, con la scusa di volergli raccontare almeno una parte della mia vita sarei stata vicina a lui e avrei ritardato il momento in cui ci saremmo dovuti dividere per la notte.
Aprii a porta e lo trovai seduto su un letto matrimoniale con le spalle appoggiate al muro.

-credevo non ti andasse di parlare.

In silenzio mi sedetti vicino a lui, lui mi mise un braccio intorno al collo e mi fece appoggiare sul suo petto nudo.
Rimanemmo in silenzio in quella posizione per diversi minuti poi cominciai.

- Avevo 9 anni quando li ho persi. Odio il mare, mi mette tristezza ecco perché on ci voglio mai andare. – per non piangere feci un respiro profondo e ricominciai a parlare dopo circa 3 minuti.

- Quando sono morti stavamo andando a passare una domenica a mare. Sarei dovuta morire con loro invece… Sono rimasta viva per tormentarmi per sempre e per farmi del male. – mi salirono le lacrime agli occhi.
- basta, non mi dire nient’altro, stai soffrendo.- Justin mi diede un bacio sulla guancia ma io non lo ascoltai e continuai.
- Amavo giocare con mia sorella, ridevamo e scherzavamo. Ricordo poche cose di mia madre, soprattutto  ricordo che mi diceva sempre di stare ferma o seria per un momento ma era più forte di me io sentivo di dovermi muovere e fare baccano.- sorrisi mi scese una lacrima sulla guancia.

- Papà era un uomo d’affari, allora non lo capivo ma adesso apprezzo ciò che faceva per noi. Lavorava e trovava il tempo anche per la famiglia. La mia era una vita troppo bella per poter continuare ad essere in quel modo.- Rimasi in silenzio ripensando a quei pochi momenti che riuscivo a ricordare, dopo un po’ continuai.

- Ogni notte da quella domenica sogno quel maledetto giorno in cui la mia vita cambiò per sempre. Ogni volta che chiudo gli occhi vedo i loro volti insanguinati e mia madre che mi dice di rimanere in silenzio. Non ricordo bene cosa accadde, solo dei momenti confusi che non riesco a mettere a fuoco.

A quel punto ormai ero scoppiata in lacrime, non riuscivo quasi più a parlare a causa del nodo in gola.

- Ci siamo io e mia sorella in macchina sedute dietro, felici di andare a fare il primo bagno della stagione, davanti mamma e papà. Ricordo papà che urla che c’è qualcosa che non va con i freni, un forte botto dopo ricordo tutto nero. Riapro gli occhi e vedo confusamente mia madre che dice di stare ferma, per la prima volta nella mia vita le do ascolto. Non avrei mai dovuto farlo.- mi fermai per riuscire a trovare le forze di continuare, a quel punto avevo il cuore a pezzi come se lo stessi rivivendo, con la stessa paura, la stessa tristezza.

- Sento papà che dice “Ti prego non fargli del male” dopo due colpi e silenzio. Ricado nel buoio più profondo e l’ultimo ricordo di quel giorno sono io che riapro gli occhi con davanti un’ambulanza chiedo dove sono i miei genitori e nessuno mi risponde,prendo tutta la forza che ho e riesco ad alzarmi dal lettino e guardarmi intorno. Vedo tanto sangue in giro e in lontananza riesco a mettere a fuoco una donna, un uomo e una bambina su tre lettini, con diverse ferite alla testa e tanto sangue, dopo ricado a peso morto sul lettino e vedo tutto nero.-

- basta così, non ti fare del male. –
Justin stava singhiozzando quanto me.

- Quella è l’ultima immagine che ho dei miei genitori e di mia sorella, non riesco quasi più a ricordare i loro volti sorridenti e puliti, ricordo solo quelli mutilati e sporchi di sangue.
Alcune volte mi fermo e penso, come sarebbe la mia vita se loro fossero qui? Cosa si prova ad avere un abbraccio dalla propria madre? E’ divertente fare shopping con una sorella? Mio padre sarebbe stato permissivo con i ragazzi che mi sarebbero piaciuti? Non lo saprò mai.

- basta Linz, mi racconterai il resto domani se vorrai, adesso basta.

- Non sono mai più tornata in quel posto, mi hanno affidato a vivere con Lea mia zia a patto che facessi delle faccende domestiche.  Non è stato facile cercare di vivere tutto questo da soli, alcune volte provavo a cercare di stare meglio per i miei cari ma sia lei che Ronnie mi buttavano giù. Non riuscivano a capire il mio dolore fin quando non è morto mio zio. Da allora sto anche peggio con loro perché scaricano il loro dolore su di me, inoltre sono sicure sia colpa mia se lui è morto. Io ho ucciso sei persone sai? E ho paura che tu possa essere il prossimo.


Sentii Justin lasciarmi e mi risollevai dal suo petto poi lo guardai in faccia, stava piangendo.

- no, io non morirò per causa tua tu.. tu non faresti del male a una mosca, solo a te stessa.

Lo abbracciai e continuammo a piangere tutti e due in silenzio.
Io avevo davvero paura che sarebbe potuto morire e non volevo lasciarlo solo neanche un secondo.
Inoltre ormai avevo per la prima volta raccontato quasi tutta la verità a qualcuno e da una parte mi sentivo più sollevata, dall’altra ancora peggio perché avevo permesso a quei ricordi di riaffiorare.
 
**

Tanto sangue, troppo sangue.
Mi svegliai di soprassalto ci volle qualche minuto per riprendermi dal mio solito incubo. Come era possibile?
Justin era con me ma io avevo lo stesso fatto un brutto sogno, non poteva essere.
Tra le sue braccia mi sentivo sempre protetta perché quella notte non poteva essere come le altre? Sapevo che parlare del mio passato non sarebbe stata una buona idea.
Mi sentivo distrutta, quasi quanto la notte dell'incidente, come se avessi perso i miei cari da poco.
Ero ancora abbracciata a Justin e per la prima volta in vita mia sentii di abbracciare un estraneo, qualcuno che non poteva capirmi davvero e che non avrebbe potuto aiutarmi.
Mi liberai dalla sua presa e senza fare rumore evitando di svegliarlo mi alzai e mi diressi in cucina pensando che mangiando qualcosa forse mi sarei sentita meglio ma avevo lo stomaco chiuso nonostante avessi mangiato solo un panino in autostrada a pranzo e niente a cena.
Aprii uno stipo e trovai una scatola di mais, non sapevo dove cercare delle posate per mangiarlo e iniziai a vedere in tutti i cassetti del mobile alla fine le trovai. Presi il cucchiaio e aprii la scatola di mais poi diedi uno sguardo alle altre posate.
C'erano forchette di tutte le grandezze di metallo e di argento ma la cosa che mi attirò di più furono i coltelli.
Ce n'erano di tutti i tipi: affilati, meno affilati, per i formaggi, per il pesce, per il pane, per la carne.
Non resistetti e ne presi uno, iniziai a girarlo tra le dita e a guardarlo attentamente poi lo misi su un palmo e strinsi forte il pungo.
Riuscivo a sentire la lama toccarmi la pelle, poi sentii un forte dolore e bruciore e strinsi più forte, iniziai a vedere delle gocce di sangue scendere dal mio pugno ancora chiuso.
Quando il dolore arrivò ad essere insopportabile aprii velocemente la mano, ripresi il coltello e lo appoggiai sul polso poi feci pressione e piano piano vidi il sangue sgorgare anche da lì.
Non era come l'ultima volta che mi ero fermata perché non sopportavo il dolore, questa volta mi sentivo come se avessi potuto continuare fino allo sfinimento, tanto la notte era giovane e a che serviva mangiare se avevo lo stomaco chiuso?
Avevo intenzione di farmi un lungo taglio che partiva dal polso fino al gomito più allontanavo la lama dalla mano provavo soddisfazione misto al bruciore. Arrivai fino a metà braccio quando qualcuno alle mie spalle delicatamente mi allontanò la mano con il coltello dall'altro braccio vittima. Sobbalzai.
Sempre lentamente prese il coltello dalla mia mano e lo posò nel lavandino, andò in un'altra stanza e io rimasi lì immobile a ragionare su quello che stava succedendo.

Justin mi aveva salvato la vita, di nuovo.

Ma io non lo capivo e in quel momento mi sentivo come se stessi ancora lontana dal mondo.
Neanche mi ero quasi accorta di quello che era successo, come se no fossi consapevole delle mie scelte e dei miei movimenti.
Dopo pochi secondi tornò con delle bende mi prese le mani e il braccio e iniziò prima ad asciugarmi il sangue gentilmente e poi mi fasciò con delle garze, tutto questo in silenzio.
Mi prese in braccio era facile visto che ero leggera e mi portò in camera sua, mi stese sul letto e si mise accanto a me poi mi abbracciò, mi diede un bacio sulla fronte e chiuse gli occhi, in pochi minuti ci addormentammo entrambi.
 
**
 
Il giorno dopo ero confusa e credevo che ciò che fosse successo era stato solo un sogno, invece mi guardai le braccia ed ero fasciata dalla mano fino gomito con delle garze che ormai in alcuni punti erano diventate rosse.
 
-ti fa male?- mi chiese justin.

Credevo che stesse ancora dormendo invece era sveglio probabilmente dalla mattina presto aspettando che mi alzassi.
Mossi la testa per dire di no.
Mi faceva molto più male la schiena per la caduta dalle scale del giorno precedente.
Mi girai per alzarmi ma una volta in piedi ricaddi sul letto e involontariamente mi uscì un grido di dolore.
Justin si alzò e mi raggiunse velocemente dicendo -una cosa per volta.
Se ne andò poi tornò dopo qualche minuto con del disinfettante e delle nuove bende.
Iniziò a togliermi le vecchie e alla vista di tutto quel sangue mi percorse un brivido per la schiena. Può sembrare strano: mi tagliavo e poi mi faceva schifo il sangue, il punto era che dipendeva dai giorni alcune volte sentivo di potermi fare del male e altre volte no.
Mi passò il disinfettante sul braccio e dal bruciore mi uscirono delle lacrime.

-tra poco non farà più male, resisti.

Lo presi per una spalla e la tenni stretta come se quella posizione mi sollevasse dal dolore.
Mi rimise delle garze nuove attorno al braccio e alla mano poi si sedette vicino a me in silenzio.
Rimanemmo in quel modo per diversi minuti, forse lui aspettava che dicessi qualcosa ma non avevo voglia di parlare di quello che era successo la notte scorsa, avrei dovuto ringraziarlo lo so ma neanche Justin sembrava voler sapere nulla di quello altrimenti mi avrebbe fatto delle domande.

-perché mi fa male la schiena e non riesco a muovermi? Ieri stavo bene anche dopo la caduta.-chiesi.
-alcune volte può succedere, anche ieri eri indolenzita ma non te ne si accorta e dopo aver dormito riesci a sentirlo.
- ci prepariamo?
- chiesi.

Mi alzai e ricaddi sul letto.

-no, non riesco a muovermi mi fa male tutto. - non volevo farlo preoccupare ma davvero avevo bisogno di aiuto quella volta.
- ok, ti prendo i vestiti posso? Così non devi camminare fino alla tua stanza.

Si alzò e si allontanò, tornò dopo qualche minuto.
Mi vergognavo del fatto che mi avrebbe dovuto aiutare lui a vestirmi come se fossi ancora una bambina, lui si peeoccupava di me e mi aiutava come se fosse mio padre del resto.

-nella tua valigia ci sono solo cose nere, è possibile?- si mise a ridere e io risi con lui. Come poteva riuscire sempre a trovare qualcosa di divertente da dire? E a farmi stare così bene?
Mi porse una mano e mi alzai, per restare in piedi mi aggrappai a lui ma una volta alzata stare ferma non era difficile.
Con delicatezza mi abbassò i pantaloncini del pigiama, mi girò attorno per vedere le mie gambe e disse:

- sei piena di lividi per la caduta, aspetta.

Uscii dalla stanza e tornò con una pomata.

- tieni metti questa sulle cosce e sul sedere.

Non mi piacevano le pomate ma se per farmi passare il dolore dovevo usarla l'avrei fatto.
La aprii e me ne misi una goccia sulla mano poi cercai spalmarla alla meno peggio dove aveva detto lui.

-sei bianca Linz, di più.

L'unico problema era che non riuscivo ad arrivarci perché mi facevano male anche le braccia.
Dopo un po' lui chiese:

-scusa posso?

Si inginocchiò dietro di me e passò le sue mani sulle mie cosce e sul mio sedere. Mi uscì un "aia" per il dolore.

-scusami tanto.

Si rialzò e mi mise dei jeans che avevo portato, provavo imbarazzo quanto la prima volta che l'avevo visto in boxer e forse anche lui perché diventò tutto rosso.
Poi mi fece alzare le braccia e mi sfilò la maglia a quel punto sia io ero diventata quasi un pomodoro mentre lui sembrava più sicuro di sé.
Mi accarezzò delicatamente un fianco poi prese la crema e ne mise un po' sul braccio non fasciato, sulla pancia, sulla schiena e vicino al seno. La spalmò delicatamente, mi fece girare e me la spalmò sulle spalle spostando i capelli.
Prese la mia maglietta e me la infilò.

-ecco, apposto. Vuoi che ti trucchi anche io? -rise di nuovo.

Questa volta non ricambiai la risata e chiesi

-perché non restiamo qui a mare per oggi? Dico a dormire?

Non avevo assolutamente voglia di rincontrare i compagni o di rivedere Lea, quello era il paradiso solo con justin.

-tutto quello che vuoi. -sorrise.
  
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