La
storia partecipa al Il
giro dell'oca
Casella
25
(Tema:
musica)
Il camaleonte imperfetto
(Melusina)
Ero piccola, il giorno che la mamma se ne è andata.
Non
conservo un ricordo definito di lei, le immagini mi si confondono
nella mente.
La
vista non mi soccorre, quando voglio richiamare alla mente la sua
immagine.
Gli
occhi sono inutili, potrei essere cieca e sarebbe lo stesso.
La
prima volta che mi sono resa conto di questa mia incapacità,
ho
avuto paura. Mi ha assalito un vero e proprio panico. Era come se il
ricordo di lei stesse scomparendo.
Ma
poi ho sentito una voce. Una voce mi parlava nella testa.
Penserete
che è strano, sinistro persino. Può darsi che per
voi lo sia, per
me invece è stata la salvezza. Sono sempre stati i suoni a
salvarmi.
Ascoltando
quel sussurro, mi sono ricordata tutto. Ho ricordato dove cercare il
volto di mia madre.
L'ho
ritrovato, poco dopo.
L'ho
ritrovato suonando il suo pianoforte.
* * * * *
Mia madre aveva un vero talento per la musica, un talento quasi sovrannaturale. Non credo che avesse mai preso lezioni, non c'era mai stato un maestro. Era da lei, semplicemente, che fuoriusciva tutta la magia.
Mio
padre la incontrò per caso, in città. Ogni due
settimane veniva
dalla sua casetta al limitare del bosco nel mondo civile, per
barattare alcune delle sue prede con cereali e sale. Era
così che si procurava da vivere.
Lei
lavorava in un negozietto di nastri e tessuti da signora.
La
intravide appena, dalla vetrata ingombra di merce, ma fu colpito al
cuore. Provò da subito un'attrazione profonda per quella
ragazza
dalla bellezza delicata e diafana. La pelle chiarissima lasciava
intravedere le vene azzurrine. I capelli e gli occhi scuri
contrastavano con la bianchezza del corpo.
Il
giovane che sarebbe diventato mio padre prese a corteggiarla.
Nel
giro di poche settimane ne era innamorato, e le chiese di sposarlo.
Lei
sul momento esitò.
C'era
qualcosa di strano, nell'atteggiamento di mia madre.
C'era allora,
che era una ragazza nubile in un negozio per signora, e ci sarebbe
stato dopo, moglie e madre, padrona del proprio focolare.
Esitò,
ma alla fine rispose di sì.
Pose
una sola condizione alle nozze: una volta al mese avrebbe preso un
giorno tutto per sé, sarebbe uscita di casa e lui non
avrebbe dovuto
mai seguirla.
Accecato
dall'amore e dalla gioia, mio padre accettò.
I
primi anni passarono sereni.
A
rendere ancora più perfetto il loro matrimonio, a un certo
punto,
arrivò una bambina – io.
Mi
chiamarono Sally.
Se
ripenso intensamente al passato, penso di poter dire che lei era
felice... ma dopo il primo momento non ne sono più
così certa.
Mia
madre era una donna strana, in tutto ciò che faceva.
Era
silenziosa e pacata, lasciava che fossero i suoi sorrisi a parlare.
Si
prendeva cura di me e di mio padre con amore e dedizione, senza
lamentarsi, senza chiedere nulla in cambio.
Mio
padre l'adorava.
Era
tutto perfetto.
Ma
sì sa, le favole non esistono nel mondo reale, e il male che
avrebbe
distrutto la nostra famiglia aveva già iniziato a mettere
radici.
Mia
madre, ogni mese, si assentava per un giorno. Era un appuntamento che
non mancava mai.
Io ero nata che andava già così, e lo prendevo
come la normalità. Ogni tanto le chiedevo di portarmi con
lei e
mettevo su un piccolo broncio, al suo diniego, ma niente di
più.
Mio
padre aveva accettato quella condizione per avere il suo
“sì”
alla proposta di matrimonio. Era stato convinto di quel piccolo
patto, all'inizio. Aveva pensato che non fosse poi una grande
concessione. Era sincero, allora.
Ma
con il passare del tempo aveva iniziato a diventare diffidente,
curioso. I silenzi della moglie su quelle uscite non gli bastavano
più.
Dove
se ne andava tutta sola, ogni mese?
Perché
non gli rivelava niente di quelle sue giornate?
Cosa
aveva da nascondere?
Il
pensiero lo tormentava da tempo, ma mano a mano che io crescevo
–
così diversa da lui, così distante – il
dubbio si faceva più
pressante, più difficile da sopportare. Questa bambina dai
capelli
chiarissimi e dagli occhi color del cielo non faceva che aumentare la
sua diffidenze e le sue preoccupazioni.
Troppo
orgoglioso per chiedere spiegazioni alla moglie, troppo timoroso,
forse, di sentirsi raccontare una scomoda verità, le tacque
le sue
preoccupazioni.
Finse
che non esistesse problema al mondo.
Ma
un giorno, avevo da poco compiuto sette anni, decise di seguirla di
nascosto. Voleva vedere con i suoi occhi quello che lei gli taceva.
Mia
madre uscì di buon'ora, come sempre. Sulla soglia si
abbassò per
darmi un bacio leggero sui capelli biondissimi, come faceva ogni
mese.
“Ricordati
sempre, Sally, che non si può negare del tutto la propria
natura.”
Non
detti peso a quelle parole, sul momento.
In
seguito la sua frase mi ha perseguitata per molte notti, per molti
anni.
È stata l'ultima che ho sentito uscire dalla bocca di mia
madre.
Dopo
un po' che lei era scomparsa nel bosco mio padre le andò
dietro.
Io
non capivo – anche adesso, ho delle difficoltà a
condividere il
suo comportamento.
Cosa
vide in quel bosco? Non so dirlo. Lui non me ne ha mai parlato dopo,
così come non ha più parlata nemmeno di lei.
Quello
che so è che, al suo ritorno, mio padre era sconvolto. Il
suo
colorito era terreo, gli occhi stralunati. Si chiuse nella sua stanza
senza parlare per ore.
Quando
alla fine riemerse dal buio della stanza, mi prese sulle ginocchia e
mi disse solo: “La mamma se ne è andata.”
Io
lo guardai, muta, senza capire.
Lui
interpretò la mia reazione come un assenso e mi
depositò di nuovo a
terra.
Non
parlammo più di quello che era successo quel giorno.
* * * * *
Se
negli anni ho cercato di affrontare l'argomento, di capire cosa fosse
successo, di scoprire dove fosse finita mia madre, lui chiudeva
bruscamente l'argomento e mi faceva capire che non voleva parlarne.
Ho
quasi 15 anni adesso, e non sono ancora riuscita a incrinare questo
muro di silenzio.
Il
volto di mia madre è sbiadito nella mia memoria.
Non
conservo un ricordo definito di lei, le immagini mi si confondono
nella mente.
La
vista non mi soccorre, quando voglio richiamare alla mente la sua
immagine.
Gli
occhi sono inutili, potrei essere cieca e sarebbe lo stesso.
Allora,
per non soccombere al panico, mi siedo al pianoforte e suono.
Appena
le note riempiono l'aria i ricordi tornano a me come per magia.
Sento
la sua voce, avverto il suo tocco sui capelli in quell'ultima carezza
che mi diede.
Certe
volte, se mi concentro bene, mi sembra quasi di avvertire uno sguardo
addosso. È come se qualcuno mi osservasse da dietro la
schiena.
Quando
mi volto non vedo mai nessuno. Ma la sensazione che
“qualcuno”
vegli su di me ci mette un po' a scomparire.
* * * * * *
NdA
La storia di Melusina non è un mito greco classico, ma medievale. L'ho utilizzato ugualmente perché mi piace molto e credo che sia utile per evidenziare come, per quanto ci sforziamo, non possiamo cambiare la nostra natura. Da questa considerazione viene anche il titolo della storia.
La
madre di Sally, in qualche modo divina e magica, cerca di adattarsi a
una vita umana. Chiede un solo giorno al mese al marito per poter
essere sé stessa. Lui non riesce, alla lunga, a rispettare
questa
unica imposizione. Cosa vede nel bosco che lo sconvolge tanto? Vede
una donna diversa da quella che pensava di conoscere, e tanto basta a
porre fine all'incanto. Vede una creatura che non riconosce e che,
soprattutto, sfugge dal suo controllo.
[Per
approfondimenti sul mito cercate in Internet, ci sono tutte le
informazioni che volete :]