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Autore: margheritanikolaevna    21/09/2012    5 recensioni
Ehilà, sono Adam Ross!Vi ricordate di me? No? Uff, dovevo immaginarlo: in fondo, mica sono Mac Taylor...
Comunque il capo è veramente tremendo con me in questo periodo e mi sa che se continua così finisce che mi licenzia per davvero, senza contare che Stella ieri mi ha dato il benservito: insomma, è un periodaccio!Così ho deciso di sfogarmi scrivendo un racconto su me e i miei colleghi, ma per non rischiare il posto ho chiesto alla mia amica Marg di pubblicarlo solo qui, rigorosamente in italiano e in terza persona, nella speranza che i miei colleghi non vengano mai a curiosare da queste parti. Mi raccomando: se mai doveste incontrare Mac, Stella, Don, Danny, Lindsay, Sid o Sheldon, vi prego - vi supplico - mantenete il segreto! Altrimenti mi crocifiggeranno in sala mensa e la colpa sarà vostra...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Oggi Adam non c’è: Mac lo ha richiamato per l’ennesima volta perché a causa della sua distrazione i computer dell’ufficio si sono beccati un megavirus cattivissimo e da ore stanno trasmettendo a ciclo continuo tutte le puntate di Spongebob. E solo quelle…
Quindi stavolta il capitolo lo posto io: ditemi la verità, una come Angela Di Maio c’è in ogni ufficio/classe, non è così?
 
Capitolo terzo
 
Questo caffè è veramente disgustoso!” pensò Stella Bonasera dopo aver assaggiato un sorso dell’orrenda bevanda marroncina che le aveva propinato ancora una volta la macchinetta; tuttavia, almeno era caldo e l’avrebbe svegliata un po’.
Lei e Angela Di Maio della Sezione Tracce si erano prese una pausa: cinque minuti a base di caffè pessimo e pettegolezzi succulenti. Angela, infatti, era considerata una sorta digazzettino interno del laboratorio, nonché regina incontrastata delle malelingue: sapeva tutto di tutti e non c’era peccatuccio inconfessabile, errore sul lavoro o litigio tra colleghi di cui lei non fosse tempestivamente, ed esaurientemente, informata.
“Stella” disse la donna, abbassando all’improvviso la voce e chinandosi appena verso di lei come se le stesse confidando un orrendo segreto, che tale avrebbe dovuto a tutti i costi rimanere.
“Hai presente la nuova stagista? Quella che sembra uscita da un video di Jennifer Lopez?!”.
L’altra annuì con un sospiro: come avrebbe potuto non avercela presente? Non era certo una che passava inosservata…
“Si dice che abbia una tresca con qualcuno del laboratorio, l’hanno vista scendere più volte, tutta sola, a tarda notte, al piano dove ci sono le sale autopsie e sai come recita il detto: “donna che va sola, verso l’amore vola…”.
“Ma scusa” azzardò timidamente la detective “non potrebbe essere solo lavoro?”.
Per tutta risposta, l’amica rise di gusto.
“Oh mio Dio, Stella! Dici davvero? Una come quella!”.
“Comunque” riprese “non si sa chi è lui”.
“E secondo te chi potrebbe essere?” fece a quel punto Stella, colta all’improvviso da un sospetto atroce, che stava velocemente trasformandosi in una fitta di gelosia.
“Mah” ribatté l’altra, facendo spallucce, dopo averci pensato su un istante “Escludendo Flack che non lavora qui, Adam che…”
Stella scosse la testa recisamente: no, non poteva essere Adam.
“Appunto!” continuò Angela “Escludendo Adam e anche Sid che potrebbe essere suo padre…”.
“Mac?” esclamò Stella con una smorfia.
L’altra sorrise appena: ecco fatto, c’era riuscita ancora una volta.
La mente di Stella adesso correva a ruota libera: ora si spiegavano quegli strani sorrisi e il fatto che lui sembrasse sempre così contento del lavoro che la ragazza stava facendo per loro. Ma certo! Non poteva essere per il lavoro! Come aveva potuto essere così ingenua?
“In effetti, l’altro giorno l’ho visto andare via insieme a lei. O magari potrebbe anche trattarsi di Danny…” ipotizzò la collega.
“Già” ribatté Stella, persa nei suoi pensieri, poi guardò l’orologio e concluse: “Però, mi raccomando, non dire niente a Lindsay, sai quant’è gelosa di lui!”.
“Si, non preoccuparti” rispose Angela, avviandosi lungo il corridoio per tornare alla sua postazione “non le racconterò nulla. Sarò muta come una tomba”.
 
***
 
Lindsay Monroe era intenta a completare uno dei suoi famosi esperimenti: davanti a lei giaceva una ventina tra coltelli, punteruoli, pugnali di diversa foggia e di lunghezza varia, che la scienziata avrebbe dovuto conficcare uno alla volta nel cadavere di un maiale appeso per le zampe anteriori al soffitto, confrontando poi la forma della ferita inferta con quella rinvenuta su un corpo non ancora identificato, per cercare di risalire al tipo di arma usata per l’omicidio.  
“Lindsay?” la chiamò Angela Di Maio dalla soglia.
“Oh scusami, sei impegnata?” esordì.
“Vieni, entra pure!” rispose gentilmente la ragazza.
L’altra continuò: “Volevo solo dirti che ho avuto i risultati dell’analisi delle fibre che abbiamo rinvenuto sotto la suola delle scarpe del cadavere di Crescent Street”. Diede un’occhiata alla cartellina che teneva tra le mani e lesse: “Si tratta di una fibra sintetica chiamata modacrilico, in pratica un acrilico modificato per resistere alle fiamme: insomma è un tessuto ignifugo”.
Angela fece un passo verso Lindsay e guardò prima il maiale appeso al soffitto e poi le lame lucenti e affilate che la collega stava preparando per l’esperimento.
Dopo un attimo di silenzio disse, come con noncuranza: “Sai per caso dov’è Danny?”.
L’altra levò gli occhi verso di lei e le rivolse uno sguardo interrogativo, ma ancora tranquillo.
“No” rispose “è un po’ che non lo vedo, credo sia su una scena del crimine insieme a Mac”.
“Perché?” aggiunse infine, un po’ dubbiosa.
Senza rispondere alla sua domanda, la collega ribatté, insinuante: “E la nuova stagista, la Rodriguez?”.
“Ehm… no” ribatté la ragazza, iniziando a soppesare con la destra le diverse armi che si trovava davanti.
Ci pensò su un istante.
“Perché?” ripeté, poi, stavolta con un fremito di inquietudine nella voce.
Angela le si avvicinò ancora un po’, la guardò in viso e, abbassando appena il tono della voce, continuò: “Sai, gira voce che quella ragazza abbia una relazione con qualcuno del laboratorio, ma non si sa lui chi sia…”.
Lindsay ebbe improvvisamente l’impressione che nella stanza non ci fosse più aria a sufficienza e si sentì mancare il terreno sotto i piedi; senza pensare, afferrò di scatto una mannaia da macellaio e, con movimento degno di un samurai, la affondò fino all’impugnatura proprio in mezzo alle zampe posteriori dell’incolpevole maiale, che dondolava inespressivo sopra di loro.
Il rumore delle ossa che si spezzavano fece trasalire la collega, che deglutì e fece due passi indietro, avvicinandosi così alla porta.
“Un maiale …” disse, con nella voce un tremito appena percettibile “La disposizione dei loro organi interni è molto simile a quelle degli esseri umani”.
“Già” fece Lindsay, negli occhi uno sguardo strano, la mano ancora stretta all’elsa del coltellaccio “Sono simili agli uomini. Ad alcuni più che ad altri…”.
    
***
 
Adam Ross aveva preparato tutto: non appena il tenente Taylor avesse preso l’ascensore principale, la trappola che aveva ordito minuziosamente sarebbe scattata e la sua vendetta sarebbe stata compiuta.
D’improvviso, udì un rumore di passi nel corridoio. S’affacciò e, non visto, scorse Stella Bonasera che, guardandosi intorno con aria circospetta, percorreva in punta di piedi le poche decine di metri che la separavano dal piccolo elevatore interno che conduceva dabbasso, alla zona dove c’erano le camere mortuarie; la vide premere il pulsante di chiamata ed entrare nella cabina in silenzio.
Non erano passati nemmeno trenta secondi da quando la detective se ne era andata, che Adam notò Lindsay fare capolino dalla porta del suo ufficio; la ragazza, proprio come Stella, si avviò a passo svelto, ma cercando di non attirare l’attenzione e di fare meno rumore possibile, verso lo stesso ascensore. Pochi secondi e pure dietro di lei si chiusero le porte metalliche.
Il tecnico rimase interdetto solo per qualche istante; poi, gli tornarono in mente i pettegolezzi che erano giunti al suo orecchio, secondo i quali Flor s’incontrava con un uomo misterioso, a tarda notte, nei locali adibiti alle autopsie. Ripensò alla conversazione criptica che aveva ascoltato, al fatto che la stagista del suo cuore effettivamente aveva parlato di una sorta di appuntamento per rifare qualcosa che le era piaciuto da morire, qualcosa che non aveva più la pazienza di rimandare.
Un lungo ago appuntito penetrò nel suo cuore fino alla cruna e dentro di lui si fece strada un sospetto: che le due colleghe avessero saputo che Flor in quel momento era insieme al suo amante e volessero sorprenderli? 
In quell’istante, la curiosità - la masochistica curiosità di scoprire la donna di cui era perdutamente innamorato tra le braccia di un altro - ebbe la meglio sulla sete di vendetta e Adam si avviò verso la sala autopsie seguendo lo stesso percorso di Stella e Lindsay.
Pochi istanti dopo, Mac Taylor si alzò, spense il computer situato sulla sua scrivania, indossò la giacca e infilò la porta dell’ufficio.
 
***
 
La camera mortuaria era in penombra; nell’aria aleggiavano, come al solito, un odore chimico di disinfettante misto al vago sentore di morte che avrebbe rivoltato lo stomaco a chiunque non fosse più che abituato a lavorare in mezzo ai cadaveri dalla mattina alla sera.
Uno dei due lettini metallici disposti ai lati della stanza era vuoto, mentre sull’altro giaceva, coperto da un lenzuolo bianco, qualcosa di freddo, muto e immobile: un silente testimone di ciò che sarebbe accaduto.
Flor Rodriguez, con una mano, tolse l’ultima forcina che le teneva su la chioma e scosse la notte dei suoi lunghi capelli corvini, che ricaddero disordinatamente sulle spalle, il petto e la schiena.
“Oh, finalmente …” sospirò languida, in direzione dell’uomo che era appena entrato nella camera “Sei arrivato, non ce la faccio più ad aspettare, ti prego, cominciamo!“.
Lui sorrise deliziato, annuì e, con un gesto veloce, schiacciò un pulsante del quadro comandi posto accanto alla porta.
Flor, con gesti frenetici, tremante d’impazienza, si liberò del camice che scivolò ai suoi piedi e si aprì la camicetta rosa, facendo quasi saltar via i bottoni plastica per la fretta. Tirò giù la lampo della gonna e in un istante rimase con addosso solo una corta sottoveste di seta nera; con le mani si accarezzò il corpo, in quel gesto sollevando leggermente la stoffa lucente fino a scoprire per un attimo la farfallina multicolore che aveva tatuata proprio sull’inguine.
L’uomo e la donna, in piedi, l’uno di fronte all’altra, si guardarono negli occhi, pregustando il piacere.
 
***
 
Stella, appostata in silenzio dietro la porta della camera mortuaria, spinse l’uscio quel tanto che bastava per creare uno spiraglio dal quale poter osservare ciò che accadeva all’interno. Si sporse appena, ma nella penombra riuscì a distinguere solo due sagome indistinte; per capire esattamente di chi si trattava, occorreva che entrassero nel fioco cono di luce lattiginosa che pioveva dalle lampade notturne.
In quell’istante, sopraggiunse Lindsay; la ragazza fece per dire qualcosa, ma la collega la zittì con un dito sulle labbra.
Non potevano rischiare di essere scoperte, tra qualche istante avrebbero finalmente saputo la verità.
Lindsay si accucciò in silenzio accanto all’amica, col cuore in tumulto: Dio, e se si fosse trattato di Danny?
Quando le raggiunse Adam Ross, le due donne erano talmente concentrate a osservare ciò che accadeva nella stanza in penombra che quasi non si accorsero di lui.

  
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