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Autore: Daisy Pearl    21/09/2012    4 recensioni
Chiudete gli occhi e immaginatevela.
Capelli color cioccolato lunghi e liscissimi, occhi di mare e forme al punto giusto.
Una ragazza dalla bellezza sovrumana. Sovrumana è la parola giusta perchè lei non è come noi. Lei è un robot, una macchina.
Ma è un oggetto che presto inizierà a provare dei sentimenti e dovrà dimostrare al mondo di avere un cuore, seppur di metallo.
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Innanzitutto scusate per il ritardo. Personalmente per continuare a scrivere mi sono dovuta rileggere tutti i capitoli precedenti, ma non so se a voi conviene fare lo stesso! Spero riusciate a riprendere il filo della narrazione da qui!

ATTENZIONE: il capitolo seguente non è stato corretto! Provvederò al più presto a rimediare!


OFF
 

 
Non appena le luci si spensero si attivò la mia visione ad infrarossi.
“Strano, è andata via la luce!” borbottò staccandosi da me e cercando alzandosi in piedi.
“Perché è strano?”
“Perché la nostra casa è stata progettata dai migliori ingegneri e questo non era mai successo!” mi spiegò Zack.
Rimasi sorpresa.
“Aiuto, è una casa super tecnologica!”
Lo vidi sorridere nella semi oscurità.
“Vado a cercare Percy, magari lui è a conoscenza di ciò che è successo!” mi informò.
“Vengo con te!”
Cercò a tentoni di avvicinarsi a me. Era divertente guardarlo mentre cercava di orientarsi nella semi oscurità della casa, era davvero buffo.
Finalmente mi trovò e fece scorrere il dorso delle dita sulla mia guancia. Socchiusi gli occhi beandomi di quel tocco: come poteva un ragazzo essere così dolce?
“Potresti farti male!” sussurrò premuroso.
“Anche tu! Non hai nemmeno una pila che ti faccia luce!” insistetti.
“Tornerò sano e salvo!” assunse un tono melodrammatico davanti al qual ridacchiai divertita.
Lo osservai mentre le sue labbra si inarcavano ancora una volta in un bellissimo sorriso. Mi piaceva farlo sorridere, anche se non ne conoscevo il motivo.
Si allontanò da me e uscii dalla stanza.
Immediatamente mi connessi con i vari computer della casa cercando di individuare quale fosse l’origine del danno, solo che i vari macchinari non rispondevano al segnale da me inviato. Era come se fossero tutti spenti. Dedussi che non doveva essere andata via solo la luce e che la villa era del tutto priva di corrente.
Decisi di rivolgere la mia attenzione alla centralina di controllo della casa.
Corrente off.
Gas Off.
Antifurto off.
Non c’era un apparecchio elettronico che in quel momento funzionasse. Mi avvicinai al computer si Zack e posizionai un dito sulla porta USB, dopo di che chiusi gli occhi. Sapevo di poter captare con i miei sensori le ultime entrate del computer. Speravo in quel modo di capire qual’era stata la causa del blackout.
Improvvisamente la parola virus mi apparve dinnanzi agli alle palpebre chiuse. Le aprii di scatto.
Un virus. Quello voleva dire che per riparare il danno andava eliminato il virus, ma ogni accesso elettronico al web era stato bloccato, l’unica soluzione sarebbe stata quella di utilizzare un computer non compromesso.
Io ero un computer, quindi avrei potuto risolvere il danno. Mi concentrai mentre la porta della stanza veniva aperta. Mi voltai verso l’entrata e rimasi di sasso quando vidi il professor Coter stagliarsi contro di essa.
“4931949 seguimi!” ordinò repentino.
Mi tornò alla mente la conversazione che avevo avuto con quel robot la sera in cui ero andata in discoteca. Lui affermava che il professore mi rivoleva con sé. Ecco perché l’anziano signore era lì, per ordinarmi di tornare perché lui mi aveva programmata per obbedire alla sua voce e a quella di Josh.
“No!” risposi semplicemente.
Osservai il suo viso cambiare espressione. Dapprima era sorpreso, poi passò ad essere arrabbiato e infine divenne compiaciuto.
“Che diavolo di ordine ti ha impartito quel darke?” domandò più a se stesso che a me.
“Nessun ordine!” sbottai. Ero stanca che la gente si ostinasse a trattarmi come un oggetto. Non lo ero. O meglio, lo ero ma non volevo esserlo!
Un ghigno si aprii sul viso del professore.
“Poco importa! 19283…”
Lo guardai come se fosse impazzito. Perché aveva appena detto una sequenza numerica che non era la mia?
Improvvisamente sentii una leggera pressione sulla base del collo, come se due dita fossero posati su di esso. Solo allora capii: come avevo fatto a dimenticarmi dell’altro Robot?
Improvvisamente tutto divenne nero. Off.

*

 
“Percy! Cercavo giusto te! Cos’è successo?” domandò Zack mentre il maggiordomo stava tornando dalla sala della sicurezza.
“Tutti i computer sono fuori uso, come le telecamere di sorveglianza, la corrente, l’antifurto e tutto il resto!”
“A cosa è dovuto il guasto?”
“I tecnici ci stanno lavorando! Signore le conviene andare a letto a dormire che domani ha scuola, lasci che se ne occupi tutto lo staff di tecnici che villa Drake ha a disposizione!”
Zack sorrise alle parole dell’uomo. Gli era venuto così naturale preoccuparsi. Il suo era un animo altruista, cercava sempre di aiutare gli altri, per quanto poteva ovviamente. Capì che in quel momento non c’era nulla che potesse fare così salutò Percy e si diresse vero camera sua, ma quando ci arrivò ebbe una triste sorpresa: Denise se n’era andata.
Sospirò e si mise a sedere sul letto. Avrebbe tanto voluto passare la notata con lei a chiacchierare. Sorrise al pensiero di quelle splendida creatura addormentata tra le sue braccia, consapevole che quel contatto la faceva sentire al sicuro. Immaginò di accarezzarle i soffici capelli castani, di annusarli mentre l’avrebbe osservata dormire.
Però da un lato era un bene che lei non fosse lì nella sua camera, sarebbe stato difficile addormentarsi avendo così vicino una persona così perfetta. Zack si maledisse per tutti quei pensieri impuri. Lui doveva avere occhi solo per Mary, perché altrimenti le avrebbe spezzato il cuore!
Già la litigata di quella sera non era stata tanto piacevole, non doveva complicare le cose pensando  Denise, avrebbe dovuto avere con lei un semplice rapporto di amicizia.
Si girò nel letto inquieto pensando che però Denise era venuta nella sua camera perché si sentiva insicura per via di Josh. Un terribile pensiero attraversò la mente del giovane: e se suo fratello avesse tentato di finire quello che aveva iniziato la sera precedente?
Rabbrividì al solo pensiero e si precipitò fuori dalla camera facendosi luce col cellulare. Andò prima nella camera della ragazza e, non trovandola, si diresse verso quella di Josh.
Il fratello era chino su dei fogli, probabilmente contratti. Leggeva alla fioca luce di una torcia.
“Dov’è Denise?” gli domandò.
“Ti degni di parlarmi?” rispose il fratello senza alzare gli occhi dai fogli che teneva in mano.
“Dov’è?” ripetè Zack a denti stretti.
“Ma come? Hai fatto il suo cagnolino per l’intera giornata e non sai dov’è?” il tono era canzonatorio.
Zack deglutì. Josh doveva averlo osservato per tutta la giornata per essere a conoscenza del fatto che lui e Denise non si erano mai separati.
“L’ho fatto per proteggerla da te!” sibilò.
Josh si ritrovò a ridere di gusto.
“Che cavaliere premuroso!” lo schernì.
“Chi sei? Cosa ne hai fatto di mio fratello? Mi hai deluso Josh!” sussurrò Zack.
Il fratello maggiore strinse la mascella per impedire alla sua bocca di parlare. Avrebbe voluto urlare al fratello che aveva tutto il diritto di comportarsi in quel modo con quella dannata macchina, che gli apparteneva e che era stupido fargli la paternale perché voleva che il suo oggetto stesse al suo posto. Peccato che non potesse. Aveva un progetto nella testa e, per ragioni superiori al suo volere, la vera natura di 4931949 doveva rimanere segreta.
“Non permetterti di dire mai più una cosa del genere, Zack! Ci sono delle ragioni per le quali mi sono comportato in quel modo, quindi non mi giudicare se non le conosci!” ribattè.
“Hai cercato di violentarla!” Zack era quasi incredulo di fronte alle parole che suo fratello si ostinava a pronunciare.
Josh sentì la rabbia pervadergli il corpo.
“Non parlare di ciò che non sai!” sibilò.
“E tu non mi parlare proprio, non sei più mio fratello!” urlò con senza nascondere la delusione che provava per il suo comportamento.
Senza un’altra parola il più piccolo uscì dalla stanza sbattendosi al porta alle spalle. Si diresse verso la sua camera pensando che se Denise non era con Josh allora si trovava al sicuro.
 

*


Percepii chiaramente l’energia che riprendeva a fluire in me e immediatamente sbarrai gli occhi. sopra di me c’era una forte luce al neon e dalla posizione nella quale mi trovavo riuscivo solo a vedere le pareti bianche della stanza: sembrava di essere in una di quelle camere che usano per fare l’autopsia. Ero sdraiata supina su un ripiano duro e cercai di muovermi, ma qualcosa me lo impediva. Alzai di poco la testa giusto per vedere delle cinghie blu che mi cingevano il petto e le gambe per tenermi ferma.
Dannazione. Mi cercai di compiere qualche piccolo movimento sperando che le cinghie si allentassero, ma fu tutto inutile. Il massimo che riuscivo a fare e muovere le dita delle mani.
Lasciai cadere la testa sul ripiano e sospirai, non ci volevano i miei database per capire cove mi trovassi, perché quel posto ce l’avevo stampato a fuoco nella mia memoria.
Il laboratorio nel quale ero nata, sempre se di nascita si può parlare.
Il rumore delle macchine che lavoravano era inconfondibile, un ronzio tanto comune quanto famigliare. A completare l’atmosfera da ospedale di quella camera vi era il ticchettio provocato dal muoversi delle dita su una tastiera: qualcuno stava lavorando.
“19283 elebora i dati del computer, queste macchine sono così difettose!” ordinò la voce del professore.
“4931949 bentornata tra di noi! Ci hai messo un po’ ad uscire dallo stato di standby, deve essere stato lo spegnimento improvviso a ritardare la tua accensione!” si rivolse a me.
“Perché sono legata?” domandai cercando ancora una volta di muovermi.
“Il signor Drake deve averti dato qualche ordine che ti impedisce di lasciare la sua villa, così mi ho preso precauzioni nel caso tu, una volta svegliata, fossi stata obbligata a tornare!”
“Ma…” cercai di interromperlo, tuttavia egli non me lo permise.
“Solo che nella tua memoria non ci sono tracce di ordini, comandi o quant’altro…”
Stavano esaminando la mia memoria?
Solo in quel momento notai i cavi che mi entravano nella tempie. Mi sentii invadere da una forte rabbia: come si permetteva ad invadere in quel modo la mia privacy.
La rabbia scemò così come era venuta dopotutto può un robot avere una privacy?
“A dir la verità la tua memoria circuitale per quanto riguarda le ultime due settimane è piuttosto scarna, solo che non capisco cosa ho sbagliato!” sentii un frusciare di fogli “Gli algoritmi sono tutti giusti, li ho ricontrollati. Le procedure di attivazione si sono svolte correttamente, l’unico danno potrebbe essere causato dallo spegnimento improvviso al quale ti abbiamo sottoposta per portarti via dalla villa dei Drake! Nel complesso non sei difettosa!” mugugnò più a se stesso che a me.
“Professore io le devo parlare di una cosa importante!” cercai.
L’uomo distolse lo sguardo dalla pila di foglia che teneva in mano per incontrare i miei occhi. Assunse un’espressione di meraviglia assurdamente insolita e sorrisi indugiando sulle mia labbra. Rabbrividii per quanto potessi: quell’uomo mi desiderava. Quell’uomo così vecchio, rugoso e stempiato voleva fare con me quello che avevo fatto con Josh. Che schifo.
“Parla pure!” sussurrò abbassando lo sguardo sul mio corpo.
Cercai di reprimere l’impulso di invitarlo a guardarmi in faccia e cominciai.
“E’ possibile che un robot provi dei sentimenti quasi umani?” buttai la mia domanda sperando in un bel ‘sì’ come risposta, anche se sapevo, a causa di tutti i dati conservati nei miei circuiti che era improbabile che ki rispondesse in quel modo.
“Eh?” chiese continuando a mangiarmi con lo sguardo.
“E’ possibile che un robot provi dei sentimenti quasi umani?”  ripetei.
Finalmente alzò gli occhi per puntarli nei miei.
“Che razza di domanda è?”
“Professore io provo dei sentimenti! Sento la gioia provenire proprio dal bel mezzo del mio petto e irradiarmi completamente, sento la tristezza alla bocca dello stomaco anche se io lo stomaco non ce l’ho!”
L’uomo spalancò le labbra leggermente, in un’espressione di stupore.
“E’ assurdo!” sussurrò.
“E’ reale!”
“Sono un Dio!” iniziò ad esultare improvvisamente “Un Dio! 19283 controlla se è in grado di provare dolore, gioia, tristezza e felicità, trasmettile degli impulsi e vedi come reagisce!”
“Vuole fare dei test su di me?” ero esterrefatta, mi sentivo come una di quelle cavie da laboratorio e la cosa non mi piaceva per niente.
“Se sono riuscito a riprodurre dei sentimenti in te vuol dire che sono un autentico genio! O meglio, sono un Dio!” gli occhi gli brillarono per l’orgoglio.
“Ma non è stato lei! Ho iniziato a provare dei sentimenti dopo una settimana dalla mia creazione!” cercai di convincerlo. Ero io a provare quelle emozioni, e non le provavo perché lui mi aveva programmata per farlo, ma perché mi ero umanizzata. Almeno lo speravo.
Mi ignorò completamente e, con la coda dell’occhio, vidi che andava ad affiancare 19283 che guardava attentamente il computer.
“Non reagisce a nessuno stimolo!” sussurrò il professore.
“Io li provo davvero dei sentimenti!” feci un ulteriore tentativo per convincerlo.
“4931949 tu sei un oggetto, non so cosa ti faccia credere che tu possa essere un essere umano, ma fidati, non lo sei!” poi fece un sorriso malizioso “Tu sei il mio giocattolino!” gli brillarono gli occhi. un altro brivido corse lungo la mia schiena e mi ritrovai ad agitarmi ancora di più su quel lettino improvvisato. Volevo scappare da lì.
E non mi chiamavo con quella stupida sequenza di numeri, ma Denise.
Denise.


Lunedì inizio l'iniversità e, purtroppo, il mio tempo su EFP si ridurrà quasi allo zero! Credo che mi comprerò un e-reader per cercare di seguire le storie che sono pubblicate sul sito, ma non vi assicuro nulla! Prima o poi leggerò e recensirò, vi chiedo di avere pazenza!
In quest'ultima settimana ho cercato di finire la 'Without feelings?' e mi mancano due capitoli se non uno, quindi gli aggiornamenti arriveranno con regolarità due volte a settimana. Vi chiedo di sorvolare su eventuali errori perchè avrò tempo giusto per una rilettura!

Vi lascio le due storie che ho già concluso! Spero che la lettura sia stata piacevole!!




Daisy


 
   
 
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