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Autore: IamShe    21/09/2012    8 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Sedicesimo capitolo

Ladro, poliziotto e detective

 
 
L’uomo dinnanzi a me tiene le braccia incrociate e una gamba sull’altra, mentre sul viso sfoggia un potente sorriso malefico e subdolo. La sua statura e la sua forza mi inquietano, mozzandomi il respiro. Avanzo di qualche passo, con gli occhi sgranati e impauriti. Comincio ad affannarmi, ma nel tremore trovo la forza di parlare ancora, scrutando la stanza con repentini movimenti del capo.
“Dov’è Wunderwaffe?” ripeto, ma Akito non si azzarda a rispondermi, anzi, continua a sorridermi, beffardo.
“Ehi... ti ho chiesto dov’è Wunderwaffe!”
Gli sbraito contro, fuori di senno. Ogni pensiero si tinge di paura, e aumenta a dismisura nel non vedere né Shinichi né Conan. L’uomo non risponde, ma tramuta il suo sorriso in un ghigno fastidioso, per poi ridacchiare fragorosamente. Muovo verso di lui velocemente, un po’ timorosa, ma spinta da una forza di cui ignoro la provenienza.
“Ah, adesso lo chiami Wunderwaffe...  eppure credevo si chiamasse diversamente.”
Le iridi allargate a dismisura, gli occhi neri, ma per nulla profondi, sciapiti, mi scrutano con violenza. Il mio respiro si fa sempre più rumoroso, mentre l’angoscia mi porta ad indietreggiare di qualche passo.
Akito rimane fermo, seduto sul salotto, con la pancia che va a nascondergli buona parte del bacino. Continua a ridacchiare, malefico. Io sento le forze venir meno, e il terrore a tenermi sveglia.
“Dov’è il bambino?” riesco a domandare, nel panico. “Dov’è?!”
Indietreggio, faccio per andare verso le camere, ma la sua voce mi ferma ancora, seppur non riesca a captare la sua frase al momento.
“Il mostriciattolo? E’ qui con me, piccola...”
Faccio ancora un piccolo passo in avanti, quando, riascoltando con più calma le parole, mi giro verso il mio interlocutore. E lui è ancora lì, che ride, contento e soddisfatto.
Fiero.
E a me verrebbe solo voglia di spaccargli quel bel faccino che ha.
Assottiglio gli occhi, mentre sento tremare un sopracciglio. Stringo con titubanza le mani in pugni, nel tentativo di frenare la tempesta d’ira che mi sta prendendo l’anima e il corpo, e che presto assaggerà anche lui. Oh sì che lo farà.
E quando comincia a capire che le cose, per lui, si stanno mettendo male, decide finalmente di interrompere la sua farsa. E dalla sua pancia, accovacciato, esce fuori nostro, suo in questi casi, figlio, sorridente e gioioso. Mentre lui tira da un lato la maschera, portando via un po’ anche il viso divertito.
 “Dai Ran! Era uno scherzo!”
Che simpaticone che è.
Ma io non mi muovo, lo fisso, lo torturo con gli occhi, affinché con la sola forza dello sguardo possa capire cosa deve aspettarsi.
Shinichi si alza dal divanetto, seguito da nostro figlio, e para le mani avanti, forse per difendersi.
Hai forse paura, caro?
“Non ti è piaciuto lo scherzo?” continua a dire, sorridendomi, ma questa volta un po’ più teso.
“Dai mamma! Era carino!”
Abbasso gli occhi verso mio figlio, fulminandolo con lo sguardo. Vorrei sapere dove sono nascosti tutti i loro neuroni e rispettivi collegamenti quando, a padre e figlio, vengono questi geniali idee.
Siamo minacciati di morte giorno e notte, e loro pensano a creare teatrini.
“Di chi è stata l’idea?” mi informo, ma tanto per cronaca. Mio marito, o quello che reputavo una persona intelligente, sa già bene che tutte le pene le dovrà pagare lui.
E alla mia domanda, padre e figlio, quasi come se condividessero insieme un solo neurone, si accusano a vicenda, puntando gli indici uno contro l’altro.
“Sua!”
Mi schiarisco la voce, tossicchiando, avvicinando un pugno alle labbra. Aspetto che nei miei uomini (sebbene non sia proprio il sostantivo esatto per definirli) il terrore salga così in alto da drizzare quei capelli ribelli che hanno. E che, prese dallo sgomento, le loro gambine comincino ad indietreggiare sul pavimento, in preda alla paura. Socchiudo le palpebre, mentre tengo le braccia incrociate al petto.
Deglutisco, e caccio tutta l’aria che ho nei polmoni, facendo quasi tremare le mura.
Ma sì, che mi senta tutta Tokyo.
“VI SEMBRANO SCHERZI DA FARE QUESTI?!? MI AVETE FATTO VENIRE UN INFARTO! NON PERMETTETEVI MAI PIU’!! AVETE CAPITO?!?!”
Sospiro, e lentamente, riesco a calmarmi.
“Sì...Scusa.” Recitano all’unisono, abbassando lo sguardo al pavimento, ed unendo a tratti gli indici delle mani in segno di resa.
Shinichi alza repentinamente lo sguardo su di me, per poi riabbassarlo nel momento in cui lo fisso io. Stizzita, li evito, e mi rifugio in cucina. Loro mi seguono silenziosi, senza osare a parlare. Guardo mio figlio, che tenta d’intenerirmi con un viso da cucciolo bastonato e con due grandi occhioni blu oceano. In effetti, ci riesce, ma come non potrebbe? Gli dono un sorriso come perdono, mentre al padre, che cerca di fare altrettanto, mando soltanto qualche occhiata torva e sinistra.
“Hai pranzato?” domando a Conan, ignorando completamente Shinichi.
“Non ancora. Stavamo aspettando te.” Mi risponde, con voce ingenua.
“Ok.” Annuisco, ma prima di continuare, torno a guardare mio marito.
“Ma dov’è Akito?” gli chiedo,  curiosa. Shinichi, divertito, mi fa cenno di seguirlo, mentre chiedo a Conan di cominciare a preparare la tavola. Attraversiamo il salone e la stanza da letto, fino a ritrovarci nel bagno. E prima d’aprire quella porta, mio marito si volta verso di me, e comincia ad imitare la voce della moglie di Kemerl, in tutta la sua melodrammaticità.
“Non voglio colazioni. Al massimo un pranzo al giorno, e non voglio che dorma sul letto, casomai nella vasca da bagno. Legatelo lì, affinché non possa muoversi, fategli anche capire che parlare sarebbe una buona cosa per lui. Non voglio che abbia di che svagarsi o quant’altro, insomma, ci siamo capiti.” Ripete alla lettera, con un tono alterato e comico, tutto ciò che aveva detto la donna stamattina, ed apre la porta, mostrandomi all’interno l’uomo, legato alla vasca da bagno, che tenta di dimenarsi in tutte le posizioni. Strabuzzo gli occhi nel vederlo in mutande, e con un pezzo di carta adesiva a coprirgli la bocca, impedendogli di parlare. L’omone si volta verso di noi, fissandoci con terrore, allargando al massimo le iridi.
“Detto... fatto.” Esclama fiero Shinichi, ghignando nell’osservare l’uomo in preda all’angoscia, e forse anche allo sgomento nel vedere che i coinquilini di casa siamo proprio noi. “Oh, non gliel’ho data la colazione.”
Ridacchio anch’io, leggermente divertita.
“Ma che hai fatto?” gli chiedo, mentre l’uomo continua ad osservarci basito.
“Quello che ha ordinato la pazza. Ricordami di dire a Richard di soddisfarla di più.” Esclama, chiudendo la porta della toilette dietro di sé. Lascio che la notizia faccia il giro della mia mente e che prenda nitidezza. Poi mi blocco d’un tratto, osservandolo stupita.
“...E tu come lo sai?!”
Lui ride, mentre mi segue in camera da letto dove, puntualmente, il letto non è aggiustato. E’ più forte di me, devo comportarmi da donna di casa anche nel caso in cui la casa non è mia.
“Io so sempre tutto.”
“...Hai sentito?” gli chiedo, leggermente imbarazzata. Non so com’abbia fatto, ma conoscendolo, qualche stratagemma avrà inventato.
“Certo.” Mi si avvicina, e circondandomi la schiena con un braccio, si stringe a me, ma si ritira poco dopo, con qualcosa tra le mani.
“Con questa.” Mi avvisa, mostrandomi la ricetrasmittente che, non so quando e né come, mi ha piazzato addosso.
“Ma... ma quando l’hai messa?!”
“Poco prima che ti portasse via. Non potevo permettermi di non sapere cosa volesse da te...”
“Ah...” soffio, aggiustando le coperte.
Torna ad intrappolare la mia schiena fra le sue braccia, sussurrandomi qualcosa all’orecchio.
“E poi chi è che a letto non sarebbe un granché?” chiede malizioso, facendomi arrossire di colpo.
Ha sentito proprio tutto di quella conversazione a quanto pare!
Lo allontano da me, in imbarazzo, per poi borbottare qualcosa. Vedendolo ghignare, decido di non dargliela vinta, e torno a guardarlo, con decisione.
“Tu.”
“Io?” domanda, come se l’eventualità fosse impossibile.
“Sì, tu.” Riconfermo, ma con voce meno seria, e rotta dalle risa.  “Che c’è la verità fa male?”
“La verità, eh...” mi guarda con gli occhi assottigliati, e sopracciglio tremante.
“Ah! Sì... Shinichi, continua... sì, ah, non ferm...” tenta di imitarmi, e ghigna sorridente, facendomi divenire paonazza.
“SMETTILA IDIOTA!” Lo fermo, tra l’ira e l’imbarazzo, per poi abbassare la voce. “C’è Conan di là!”
“La verità è sempre una sola.” Recita la sua massima, fiero ed orgoglioso.
Lo guardo torva, con sguardo fulminante.
“Piuttosto... hai sentito anche quello che dovrò fare, allora...” Cambio repentinamente discorso, percependo che il precedente sia solo una battaglia persa in partenza con lui.
Shinichi annuisce col capo, stranamente molto tranquillo. Non accenna a dire altro, aspetta che sia io a parlare.
“...e non ti da fastidio?” gli chiedo, curiosa.
Mio marito assottiglia gli occhi, infastidito.
“Credi davvero che ti faccia andare a Niigata con quei due, da sola?”
“Ah ecco, mi sembrava strano...” ridacchio, sentendomi finalmente sicura.
“E cosa pensi di fare?” continuo a domandargli, avvicinandomi a lui.
“Ho già ho un piano, Kid dovrebbe arrivare a momenti per ultimarlo.” Annuncia, circondandomi il bacino con le braccia.
“Di nuovo lui?”
“Chi credi me l’abbia data la maschera di Akito, eh?” mi informa indirettamente della grande idea che hanno avuto, nella quale forse si nasconde anche quel ladro.
“Gli dai molta fiducia...” azzardo, riprendendo il discorso fatto con Heiji poco fa. Sussulto, nel capire che, se Shinichi ha ascoltato davvero tutto, ha anche sentito le parole offese dell’amico in auto, mentre mi riaccompagnava a casa.
“Beh, mi sta aiutando...” mi informa lui, rimanendo sul vago. Credo che questo tipo di discorso non lo metta a suo agio. Poco importa.
“Anche Heiji lo sta facendo.” Gli ricordo, casomai lo dimenticasse.
Lui sbuffa, distanziandosi un po’ da me. Rimane in silenzio, abbassando il capo, senza azzardarsi a rispondere. Così, una volta sistemato il letto, mi riavvicino a lui, alzandogli la testa con un dito sotto il mento.
“Sta male per quello che gli hai detto.” Dico, cercando di convincerlo ad abbandonare il suo orgoglio.
“Hai sentito, no?” Domando, rifacendomi alla ricetrasmittente.
Lui sospira, mandando lo sguardo altrove. “Sì, quante stronzate...”
Scatto, inaridita. “Stronzate? Ha ragione Shinichi!”
“Lui crede io sia un menefreghista!” Sbotta, puntando gli occhi nei miei.
“No, è deluso perché tu non gli hai dato fiducia! Lui si considerava il tuo migliore amico, e adesso è convinto di non esserlo mai stato. Ma si sbaglia, vero Shinichi?”
Lui mi guarda, senza parlare stavolta. Aspetta che io finisca, e che sia io a tirargli le parole di bocca.
“Si sbaglia, vero?” ripeto, affondando i miei occhi nei suoi. Passa qualche istante interminabile, dove il mio detective sembra rimuginare su cosa dire, ed assicurarsi quasi che non lo ascolti nessuno in quella stanza. Dannato orgoglio, lo sta divorando.
“Certo che si sbaglia...” Ammette, distogliendo lo sguardo.
Sorrido, contenta che del piccolo passo fatto.
“Bene... ma non a me. Devi dirlo a lui.”
Sbuffa, fingendosi seccato, quando in realtà so che il solo pensiero di scusarsi lo imbarazza.
“S-sì, p-prima... o p-poi...” balbetta, volendo rimandare la cosa ad un futuro un po’ troppo remoto. Sospiro, socchiudendo le palpebre.
“Meglio prima.” Gli ricordo, osservandolo minacciosa.
“Non c’è fretta... adesso pensiamo alle cose più importanti.” Si svincola dal discorso, evitandolo.
Tossicchio, riattirando la sua attenzione. Shinichi si ferma a guardarmi, ma prima di parlare, lo supero e faccio per dirigermi verso il corridoio, in cucina da mio figlio. Mi volto nuovamente verso di lui, ghignante.
A mali estremi, estremi rimedi.
“Ok. Non faremo l’amore finché non glielo dirai. Ma tanto non c’è fretta, vero?”
Shinichi si ferma qualche istante a captare per bene la frase, aspettando che l’intero suono arrivi alle sue orecchie. E quando lo fa, lo vedo sbiancare, e serrare le palpebre all’impossibile.
“EH?!?”
E fischiettando felice raggiungo Conan in cucina, lasciandolo da solo al capezzale.
In fondo, credo che faranno pace prima del previsto.
 
*
 
Osservo le lancette dell’orologio scoccare le sei del pomeriggio, creando un segmento verticale che in un secondo scompare dalla mia vista. Porto lo sguardo su Shinichi, che mi osserva col broncio, sorreggendosi il capo con una mano, con il gomito appoggiato al tavolo. Non sembra molto d’accordo col patto che ho stabilito, ma se è l’unico modo per velocizzarlo, ben venga.
Nell’attesa mi sono sistemata di fronte a mio marito, nella sua medesima posizione, e di tanto in tanto lo osservo, ridacchiando. In cucina non vi è nessun rumore, se non quello ticchettante e fastidioso dell’orologio.
A spezzare quest’opprimente silenzio, sopraggiunge dal nulla una figura, che tra il fumo colorato e il rumore provocato, ci fa sobbalzare dalle sedie, e mancare un battito al cuore.
“Eccomi signori. Mi stavate aspettando?”
E la sagoma si definisce, portando man mano alla luce il volto e il fisico di Kaito Kid, ormai amico-complice di mio marito.
“Kid, quale parte non ti è chiara della frase «Entrare come una persona normale»?!” gli domanda Shinichi sarcastico, assottigliando gli occhi.
L’uomo sfoggia una risatina, per poi sedersi a capotavola, scostando una sedia.
“Dov’è il piccoletto?” chiede, per poi poggiare le mani sul tavolo. Tra di esse vi è qualcosa di indefinito, che tanto somiglierebbe ad una maschera, ma che non riesco comunque a mettere bene a fuoco.
“Dorme.” Risponde mio marito, un po’ brusco.
“Perfetto.” Soffia, per poi allungare verso Shinichi quella stoffa che ha tra le mani e che, nell’aprirla, sembra proprio una maschera... quella di Gin.
“Ma... ma è Gin!” esclamo, un po’ sorpresa.
Kid annuisce contento, mentre Shinichi la indossa, stropicciandola un po’. Da un momento all’altro, la persona che più amo al mondo si trasforma in una che ho compreso di odiare, e che appartiene a quel gruppo di uomini con cui non vorrei mai avere a che fare.
Però, se sotto quei lineamenti c’è il mio, di uomo, quel viso non mi incute più tanta paura.
“Cavolo, sei identico!” sbotto, toccandogli il volto. La plastica è simile a quella della mia maschera, ma la qualità mi sembra migliore. Beh, in fondo non c’è da stupirsi su questo no? E’ di Kid che stiamo parlando.
“Passo per lui, sì?” chiede conferma Shinichi, sistemandosi il volto di plastica.
“Sei lui!” lo rassicura Kid sorridente.
“Tu e le tue maschere... è stata anche idea tua lo scherzetto di Akito, vero?” chiedo all’uomo, attirando l’attenzione. Lui inarca un sopracciglio, guardandomi ignaro.
“Scherzetto?” chiede, divertito. “Io non so nulla!”
“Sì, come no...”
“No, davvero... Kudo mi ha solo chiamato per farsi portare la maschera di Akito. Mi ha detto che gli serviva perché, casomai venisse qualcun altro dell’organizzazione, si sarebbe mostrato come lui e non come Wunderwaffe... e non avrebbe sortito sospetti.”
“Ah, è così?”
“Sì... perché, ti ha fatto qualche scherzo strano?”
Shinichi tossicchia infastidito, riattirando l’attenzione su di lui.
“Allora Ran... domani parto con te e Kemerl per Niigata, travestito da Gin. Nel frattempo, Kid prenderà il mio posto come Wunderwaffe, e si metterà d’accordo con...” si ferma un attimo, lanciandomi un’occhiata sinistra e dispettosa. “...Heiji per far cadere i restanti dell’organizzazione nella trappola. Verranno tutti a Niigata, e lì tenteremo, sperando di riuscirci, di farla finita.”
“Come li convincerete?” chiedo, rivolgendomi più a Shinichi che a Kid.
“Ricordi la foto che ti feci a Niigata?”*
Annuisco, sorridente. Qualche settimana fa, ignari di tutto quello che ci sarebbe capitato, io e Conan ci eravamo immersi nei ricordi del passato, ed avevamo rovistato alcune foto, tra le quali vi era una, in particolare, che attirò la mia attenzione. Ma perché quella foto potrebbe servire a qualcosa?
“Bene... Kid e Hattori...”
Tossicchio, ridacchiando. Shinichi assottiglia gli occhi, sospirando.
“Kid e Heiji la faranno vedere alla moglie di Kemerl, facendole credere che sia stata scattata in questi giorni. Hai visto com’è fissata con noi, no? Potremmo anche convincerla che suo marito potrebbe ripensarci su di te, e lei, schizzata com’è, farà partire tutti i suoi uomini per Niigata, compresi computer ed aggeggi vari.”
“E come li incastriamo?” chiedo, perplessa.
“Heiji chiamerà la polizia, li avviserà di tutto il piano, e si faranno trovare lì. D'altronde, Kemerl è ricercato in tutto il Giappone, e prendendo accordi anche con la polizia di Niigata, la cosa sarebbe abbastanza fattibile. Li attireremo tutti in un edificio abbandonato vicino al lungomare, è alla terza traversa del corso. Lo ricordi, no?”
Mi spiega, fin quando il suo tono non diviene malizioso. Terza traversa, corso. Brevemente ripercorro Niigata come se l’avessi vista ieri. In realtà, torno a sette anni fa, e all’incredibile corsa che feci per raggiungerlo, di notte. Sussulto, arrossendo un po’.
“E’ di fronte a quella spiaggia...” ricordo e penso a voce alta, con un velo di dolcezza e timidezza.
Kid ci guarda basito, fin quando non interrompe lo scambio di occhiate tra me e mio marito.
“Quale spiaggia?” s’informa, facendosi sussultare.
“Fatti gli affari tuoi tu, e pensa a collaborare.” Gli risponde brusco Shinichi, cercando di nascondere l’imbarazzo.
“Io... Kaito Kid... mi ritrovo a collaborare con gli sbirri per un detective mio arcinemico. A cosa mi sono ridotto.” Fa melodrammatico il ladro, per poi mettersi a ridere.
“Ok... e il politico?” domando poi, riattirando l’attenzione sulla questione principale.
“Avrebbe dovuto ucciderlo Gin, no? Problema risolto.”
“Ed io non dovrò andare da Smith per sedurlo?” mi informo, sorreggendo il capo con una mano poggiata sotto il mento.
“Ci andrai... ma la polizia sarà lì. Sarà una farsa per far credere a Kemerl che tutto stia andando come crede.” Chiarisce, per poi guardarmi sospetto. “Ovviamente non dovrai sedurre nessuno, eh.”
“Ok” annuisco, anche se mi sfugge un risolino. “...e Gin, come lo fermiamo?”
“A Gin ci penso io. Non preoccuparti.” Mi rassicura Shinichi, annuendo col capo. I suoi occhi sembrano cacciare fuoco e fiamme, alimentate da un ricordo non troppo piacevole di qualche sera fa.
“E poi...con Gin, ho un conto in sospeso...”
“Bene... a questo punto, si dovrebbe solo chiamare la polizia.” Informa Kid, interrompendo il fiume di pensieri violenti di Shinichi. Alle sue parole, i miei occhi guizzano su mio marito, invitandolo a prendere il cellulare e a chiamare l’amico, senza alcuna esitazione. Lo sento deglutire con fragore, per prendersi qualche istante di troppo per pensare.
E’ incredibile quanto sia cocciuto.
 “Beh, ma la polizia la potremmo chiamare anche noi, no?” chiede, voltandosi a guardare prima Kaito e poi me, speranzoso.
“No... Tu sei morto per loro, Kid non mi pare la persona adatta, ed io non avrei credibilità. Lo deve fare Heiji, lo sai.”
“Conan?”
“Shinichi!”
Sospira ancora, prendendo il cellulare.
Lo guarda per qualche secondo, per poi porgerlo al giovane uomo seduto a tavola con noi.
“Kid chiama Heij...”
Mi schiarisco la voce, affinché lui possa fermarsi nel parlare.
“Shinichi... devo forse ricordarti che...” lo minaccio, rinfrescandogli la mente per il patto fatto qualche ora fa. Lui fa per dimenarsi, contrario.
“Ma lo sai che è incazzato a morte con me! Non verrebbe mai neanche se lo pregassi!”
“Chiamalo subito.” Gli ordino quasi, mentre il volto di Kid passa dallo sconcertato al curioso nel giro di qualche secondo. “Se usi modi gentili vedrai che verrà.”
Shinichi sbuffa, e con molta lentezza compone il numero dell’amico sul cellulare, per poi chiamarlo. A Kid scappa un risolino, sebbene sia totalmente ignaro della ragione dell’atteggiamento di mio marito. Intanto, gli faccio segno di mettere il vivavoce affinché, in casi estremi, intervenga io nella conversazione per convincere Heiji a collaborare.
Ma, e non so perché, sospetto che il mio aiuto non servirà.
Pronto?” Risponde mio cognato, aldilà della cornetta.
Mio marito sospira, mi manda un’occhiata truce e nervosa, per poi cominciare, finalmente, a parlare. “Sono io.”
Heiji rimane in silenzio per qualche secondo, per poi tornare a fiatare, con voce dura. “Kudo...
“Sì... Senti, passa a casa, dobbiamo parlare...”
Assottiglio gli occhi, inaridita.
“Modi gentili ho detto!” gli ricordo, bisbigliando.
Gli do un pizzico sulla pancia, talmente forte, da farlo sobbalzare. Il nostro amico ancora non risponde, e lui ha tutto il tempo di riformulare la frase, correttamente.
 “Cioè... potresti per favore venire? Devo parlarti.”
Shinichi si gira verso di me, e un po’ in imbarazzo, mi sussurra stizzito un “va bene adesso!?”.
Annuisco, e aspetto che mio cognato risponda, mentre Kid ha espressione che più strana non si potrebbe avere. Mi richiama con un gesto della mano, attirando la mia attenzione.
“Ma che è successo?” chiede, curioso.
“Storia lunga.” Faccio sbrigativa, aspettando la risposta di Heiji che, dopo qualche secondo di interminabile lunghezza, arriva.
Ok, arrivo.
Heiji stacca la telefonata alcuni istanti dopo. Shinichi rimane a guardare il display per qualche minuto, incredibilmente in silenzio. Rimango colpita dal suo atteggiamento, così decido di non disturbarlo. Ma lui, poco dopo, distoglie lo sguardo, perdendosi a guardare un punto indefinito.
“Hai visto? Ci voleva tanto?” gli chiedo, sorridendo.
Lui mi guarda malizioso, ridacchiando.
“Quindi il patto...” prova, ma lo blocco sul nascere.
“Vale ancora, caro.”
 
*
 
“Ho capito. Tu ed Hattori avete litigato. E adesso vi state comportando come due fidanzatini.”
“Ma quali fidanzatini!”
“Il tuo amico ha tutte le ragioni però.”
“Piantala Kid.”
“Anche io mi sarei incazzato se...”
Le parole del ladro più ricercato in Giappone si rompono al suonare del campanello. Un po’ in tensione, e su richiesta di mio marito, dall’occhiello mi assicuro che si tratti effettivamente di Heiji, e non di qualche ulteriore sgradita sorpresa.
Sorrido nel riconoscere il volto di mio cognato, e gli apro la porta raggiante, lanciando un’ultima occhiata torva a Shinichi, affinché capisca ciò che voglio dirgli.
“Buonasera.” Saluta mio cognato, guardando prima me, e poi soffermandosi ad osservare Shinichi, seduto sul salotto, a fianco a Kid. Simula una smorfia con le labbra, ma decide di rimanere in silenzio, in attesa che sia mio marito a parlare. Chiudo la porta e lo accompagno sul divano, per poi offrirgli qualcosa da bere, ma il nostro amico rifiuta in entrambi i casi, rimanendo all’in piedi e dicendosi interessato perlopiù alla faccenda.
“Allora... di cosa mi dovevi parlare?” chiede Heiji, con voce fredda.
“Ran domani partirà per Niigata...” comincia Shinichi, decidendo di sorvolare le presentazioni.
“Lo so.” Lo blocca Heiji, stizzito.
Deglutisco impaurita, mio cognato non sembra dell’umore giusto in effetti.
Shinichi sospira, per poi ricominciare a parlare.
“Sì, vedi io e Kid...”
Ma viene nuovamente interrotto, e non da Heiji. E’ il campanello che ha ricominciato a suonare, e che ha fatto bloccare i volti dei presenti sulla porta d’entrata.
“Ehi Vanille! Muoviti ad aprire!”
Lanciando un’occhiata a Shinichi, Heiji si avvicina all’occhiello dal quale poco fa avevo spiato io, e lo richiude con delicatezza.
“E’ Gin.”
Annuncia, rivolgendosi a mio marito.
Lui, dopo un primo attimo di smarrimento, sorride e si dirige dritto verso la porta, senza curarsi di camuffare la sua vera identità.
“Shinichi sei senza...” prova ad avvisarlo Heiji, ma quando ormai è fin troppo tardi.
“Ma guarda un po’. La volpe che entra da sola nella tana del lupo.”**
Lo accoglie beffardo, mentre Gin, ritrovandoselo davanti non riesce ad emettere alcun suono e compiere alcun movimento. Ma prima che possa anche pensarlo, Shinichi lo afferra per la maglia e lo scaraventa all’interno della stanza, facendolo sbattere al pavimento. Ordina ad Heiji di chiudere a chiave la porta, e si avvicina minaccioso all’uomo, sdraiato al pavimento.
“Mi hai risparmiato la fatica di venirti a cercare, lo sai?”
Gin, dopo un primo attimo di smarrimento, gira freneticamente lo sguardo verso i presenti, con gli occhi aperti all’impossibile e la mascella che quasi va a toccare il suolo.
Si sofferma a guardare Kid, Heiji, me ed infine Shinichi. E comincia a balbettare, indietreggiando, con i gomiti striscianti per terra.
“Ma... ma... tu... tu s-sei... sei... sei...” cerca di completare la frase, ma non ci riesce, preso dalla paura.
“Kudo?” Lo fa al posto suo Shinichi, ghignando.
“Vivo!” Sbotta il giovane, in preda al panico.
“Piccolo particolare.” Lo deride mio marito, facendo scappare un sorriso a tutti noi.
“W-Wunderwaffe?! Dov’è... Dov’è W-Wunderwaffe?! E...e  la donna?!” chiede a raffica, girando il volto in più direzioni alla ricerca dei suoi complici.
“Cos’è, non ci vedi? Sono qui!” Lo avverte Shinichi, imitando la voce di Wunderwaffe, e ridendo maligno. Nel frattempo, raggiungo la porta che divide salone e camere, socchiudendola. Conan dorme, e farlo svegliare non è l’opzione più giusta.
“Tu... tu... sei... sei... no... n-non è... è p-possibile...”
“Hai bisogno di un logopedista amico.”
Ma Gin ignora le risate di Hattori e Kid, ed intrappolato nel panico, si gira verso di me, e con uno scatto felino cerca di avvinghiarsi al mio corpo. Ma Shinichi è più veloce di lui, e prima che l’uomo possa sfiorarmi con le sue luride mani, mio marito lo prende per il collo o lo sbatte al muro, impedendogli di muoversi.
“Adesso mi hai davvero scocciato!”
Gin cerca di dimenarsi con le mani, ma la forza di Shinichi è superiore e non gli permette alcun movimento. Heiji e Kid si avvicinano al mio uomo, mentre quest’ultimo, stringendo il collo al malavitoso, lasciandolo comunque respirare per bene, lo gira col viso verso di me.
“Da bravo bambino... chiedi scusa alla mia signora.”
“V-vi siete i-infiltrati...” bisbiglia, osservandomi.
“Ho detto chiedi scusa!”
La presa di Shinichi si fa sempre più forte e l’uomo, impossibilitato quasi a respirare, con il volto infuocato mi sussurra un debole “scusa”, che spinge mio marito a lasciarlo andare al pavimento.
Shinichi lo fissa con disprezzo e rancore, e sento che la voglia di prendersi una vendetta su di lui, dopo quanto successo alla base, lo sta divorando.
Ma riesce comunque a mantenere la calma, e a sfogare l’ira nei pugni, stretti così tanto da far divenire le nocche bianche.
Gin, in affanno, ha il capo chinato al pavimento, ma è costretto a guardare Shinichi, che lo ha rialzato, prendendolo per il collo della maglia.
“Sentiamo un po’... perché sei venuto qui?”
Ma l’uomo non risponde, e continua a tenere lo sguardo basso.
“Te l’ha detto Kemerl?”
Continua a chiedergli, ma invano, Gin non accenna a parlare.
“Ok...se la metti così.”
Il mio detective si gira verso Hattori, e gli fa cenno di lanciargli qualcosa, che l’amico, repentinamente, gli dona. Una pistola.
Sussulto, nel vedere Shinichi afferrarla, ma mi tranquillizzo nel sapere che sia lui a mantenerla. So, che in fondo, vuole solo spingerlo a parlare.
Gli punta l’arma all’altezza delle tempie, sorridendogli beffardo.
E nell’osservarlo, la mia mente fa una capriola all’indietro, osservando il tutto come se già l’avesse visto.
“Un déjà vu...”  sussurro, perdendomi nella scena dinanzi a me.
“Fermo o ti faccio saltare la testa!” Urla Shinichi, facendomi rabbrividire.
Sento la pioggia, il suono delle gocce cadere sulla strada già umida. Ma il ricordo è sbiadito, così come i suoni.
Gin smette di muoversi, e alla vista dell’arma strabuzza gli occhi. Osserva Shinichi, imperterrito, per poi cominciare a sudare freddo.
“Io... io ero venuto soltanto per parlare con... con Vanille... K-Kemerl non c-c’entra.”
“Volevi parlare con Vanille, eh?”
“S-Sì...”
“Lo sai con chi ti faccio parlare io, adesso?” gli chiede, sarcastico.
L’uomo non si azzarda a rispondere, ma si lascia trascinare da mio marito verso il bagno, dove è nascosto l’altro suo complice. Immobilizzato, lo osserva aprire la porta della toilette e prendere una corda.
“Fate una bella chiacchierata.”
Il resto, era fin troppo prevedibile.
 
*
 
“Ok ho capito... chiamo la Polizia allora.”
Annuncia Heiji, quando Shinichi (dopo aver legato Gin ad Akito amorevolmente insieme nella vasca da bagno) gli ha spiegato l’intera situazione, e gli ha riconsegnato la sua pistola.
“Bene...” Soffia mio marito, rivolgendo un’occhiata d’imbarazzo all’amico. “E grazie.”
Heiji lo guarda torvo, un po’ freddo. “Non mi devi ringraziare... sono un poliziotto, è il mio mestiere.”
“Io un detective...” gli ricorda, sorridendo.
Entrambi si voltano a guardare Kid, che, nel sentirsi osservato, scoppia a ridere.
“Ok, io un ladro... problemi?”
Ridacchio, osservandoli dallo stipite della porta.
Che trio stravagante.





Precisazioni:
* “Ricordi la foto che ti feci a Niigata?” (...): Sono sicura che NESSUNO lo ricorderà, ma per schiarirvi le idee, andate a rileggere il capitolo 2.
Poco prima della parte in cui Ran fa vedere a Conan una foto che ritrae tutto il gruppo, ce n’è un’altra... ;)

** “(…) La volpe che entra da sola (…)”: Riferito, ovviamente, e penso che l’abbiate capito al cognome di Gin, Kitsune che significa volpe.



 

Angolino autrice:

Eccomi qui!!! Questa volta sono stata veloce... eh?!
Sono stata brava eh?! Allora, prima che mi ammazziate, andiamo in ordine XD
Uh! Quante cose sono successe in queste capitolo che... spero vi abbia fatto divertire...
Punto 1. Chi si aspettava che dietro Akito ci fossero padre e figlio a fare uno bello scherzetto a Ran? Quante di voi hanno avuto un infarto?
Quante mi avrebbero voluto uccidere? XD E Akito legato alla vasca da bagno? Cosa ne pensate? :D
[Mi scuso con Assu, lei sa perché XD]
Punto 2. Shinichi ha ascoltato tutto... e fa il birichino con Ran, riguardo all’essere bravi o no... e lei, gliela fa pagare per bene, ricattandolo! XD
Punto 3. Appunto... il ricatto serve per smuoverlo a chiedere scusa ad Heiji, nonostante abbia già ammesso a Ran che l’amico si sbaglia... :D
Punto 4. Kid che arriva e da la maschera di Gin a Shinichi... vi piace il piano? Ovviamente, Shinichi non avrebbe mai permesso a Ran di partire da sola, si sapeva ;)
Punto 5. Per Shinichi chiamare Heiji sembra un’impresa, ma grazie ai consigli dolorosi di Ran, riesce a convincerlo! Si sapeva alla fine che Hattori sarebbe venuto lo stesso, no?
Punto 6. Insieme ad Heiji (incazzato XD) arriva anche Gin che, finalmente, ha ricevuto quello che si merita!!! Olèèè! :D Pensiate Shinichi sia stato troppo violento? Io no ù.ù ...e Ran...
Punto 7. Che trio scoppiettante, no?!? *___*
Insomma... spero che il capitolo vi sia piaciuto! Credo che ci saranno ancora altri due, al massimo tre, e la storia sarà finita :( Che tristezza!
Spero che mi accompagnerete fino alla fine... perché è solo grazie a voi che siamo qui! :DDD
Ringrazio Il Cavaliere Nero, aoko_90, Scandal, Delia23, Kaori_, Martins, xthesoundofsea, 1sere1 e Black_Princy per aver commentato il quindicesimo chap :)
Grazie anche a chi legge soltanto!
Un bacione, e alla prossima!
 
Tonia
   
 
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