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Autore: orphan_account    21/09/2012    6 recensioni
“Non costringermi a ripetermi, Eva.” lo sentii grugnire, e in sottofondo c'era il rumore di qualche macchina occasionale che passava e le risate rumorose dai passanti che non avevano nulla di cui preoccuparsi.
Ricominciai a tremare, rabbrividendo per la paura: “Non te ne accorgi, vero? Non lo capisci che mi stai spaventando?” sussurrai, con la voce pericolosamente incrinata verso la fine.
Dall'altro capo del telefono ci fu una pausa carica di significato: “Io-cosa?”
Mi ritrovai a ridere, incredula che non riuscisse davvero a vedere l'effetto che aveva su di me: “Mi fai paura così tanta paura che sono giorni che sono rinchiusa in casa per colpa tua. Sai che quello che stai facendo è stalking, vero?”
Di nuovo, Harry fece silenzio, masticando l'informazione: “Non volevo farti paura. Io volevo solo, voglio solo, un'altra possibilità per noi due.” disse più lentamente, come se stesse prendendo coscienza dei suoi gesti.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dear X (You don't own me)

Dear Pain,
oh, it's been a long time,
remember when you were holding me tight?
I would stay awake with you all night.

Erano le due di mattina. Accoccolata sul divano consunto, con attorno la pensante coperta che mi aveva regalato mia nonna prima di morire, cercavo di contenere i tremiti che mi scuotevano. Ma, come per le due ore appena passate, sapevo perfettamente che era uno sforzo impossibile. Erano giorni che non dormivo, se non quando crollavo per sfinimento. E anche in quei casi il suono penetrante del telefono mi svegliava sempre dopo qualche ora. E questa sera non sarebbe stata diversa dalle altre.
Il mio cellulare, abbandonato sulla mensola di fianco a dove ero acciambellata, riprese a suonare. Quando avevo impostato la suoneria tutti quegli anni fa l'avevo scelta proprio perché aveva un tono allegro, ed era abbastanza rumorosa da essere sentita anche mentre stavo facendo altro.
Erano esattamente tre mesi che mi ero pentita della scelta, da quanto io e Harry ci eravamo lasciati. O meglio, io avevo lasciato lui.
Il rumore penetrante mi perforò i timpani, risuonando troppo nel mio monolocale angusto e silenzioso. Sentii il nodo di terrore che ormai conoscevo fin troppo attanagliarmi lo stomaco e nausearmi, tanto più che se avessi avuto qualcosa nello stomaco lo avrei rigettato.
Cercai di ignorare il mio cellulare che vibrava e squillava tranquillamente di fianco a me, facendomi sentire ancora peggio di prima. Perché non mi lasciava in pace?
E poi, prima del previsto, il rumore si acquietò, seguito dal leggero bip che fungeva da segnale acustico. Strano, Harry sembrava aver superato la fase dei messaggi nella segreteria telefonica, accontentandosi degli SMS e le chiamate a cui io non rispondevo più. Le minacce delle prime volte erano bastate a dissuadermi.
Deglutii, la saliva che passava a fatica attraverso la mia gola stretta e secca, e allungai una mano tremante, guardando lo schermo lampeggiare per il messaggio.
Mi sentii indecisa per una frazione di istante, mentalmente dibattendo se ascoltarlo o meno. Presi un respiro profondo e schiacciai il tasto.
So che ci sei, Eva. Per favore, voglio solo parlarti, sono sotto casa tua, vieni giù e ne discutiamo con calma, non ti farò del male.
La sua voce riempì lo spazio tra le quattro pareti di casa mia, rimanendo nell'aria per molto tempo dopo la fine del messaggio. Mi si bloccò il fiato in gola a sentire la sua voce vellutata riempirmi la testa, riportando alla mente tanti piccoli ricordi che sarebbero sembrati insignificanti, o forse fin troppo significanti, a chiunque altro. I fiori, le chiamate sempre più pressanti, i messaggi, le accuse.
Mio malgrado mi sentii rabbrividire, pelle d'oca sotto la pesante coperta e le palpebre un tempo pesanti per il sonno ora fin troppo sveglie.
Forse avrei potuto resistere alla tentazione di rispondergli se per una volta la sua voce non fosse stata così sincera, così diversa dal tono minaccioso e arrogante che assumeva di solito. Ma, come Harry mi faceva notare ai primi tempi della nostra relazione, ero una persona troppo ottimista.
Per questo presi in mano il telefono, e, cercando di farmi coraggio, digitai il numero che ormai conoscevo a memoria.

 

Dear Shame,
I was safe in your arms,
you were there when it all fell apart.
I would get so lost in your beautiful lies.

 

Il telefono non fece nemmeno in tempo a squillare due volte che Harry rispose: “Eva.” il suo tono era un misto di sollievo e tristezza, che gli si addiceva così poco che se fossimo stati ancora insieme lo avrei preso in giro. Ma adesso la sua voce mi entrò dentro, scompigliando tutte le mie certezze. Ero riuscita a convincermi, nei momenti in cui riuscivo ad ignorare i messaggi, di non amarlo più. Ma quelle tre lettere, il mio nome che usciva dalla sua bocca, colpì una corda nascosta nel mio cuore. Chi volevo prendere in giro? Lo amavo ancora, e lo avrei sempre amato, anche se non eravamo fatti per stare insieme. O almeno, a parere mio dire che non eravamo fatti per stare assieme era sminuire i fatti. Non avevo bisogno di un fidanzato possessivo, men che meno uno stalker. Nei miei radi momenti di lucidità, quando non ero attanagliata dalla paura di Harry che mi seguiva fino a sotto casa e mi mandava messaggi minatori, mi domandavo anche come mai non lo avessi denunciato alle autorità.
Ci eravamo conosciuti sei anni prima, al college. Io ero appena uscita dal liceo, mentre lui era già al terzo anno. In un primo momento ero stata troppo preoccupata di non riuscire ad ambientarmi per notare il ragazzo che sembrava interessato a me, ma la situazione era presto cambiata.
“Eva, ci sei?” domandò la voce preoccupata di Harry, e un leggero brivido mi percorse la schiena.
“Ci sono.” risposi in un sussurro, sussultando ai suoni rochi e spenti che uscivano dalla mia gola. Le uniche volte che avevo usato la mia voce nell'ultimo mese era per urlare frasi disarticolate durante qualche mia scenata isterica. Per tutto il resto del tempo ero resa muta dalla paura.
Se dovevo essere completamente sincera con me stessa, da quando ci eravamo lasciati Harry non aveva fatto altro che assillarmi. All'inizio ero divertita dal fatto che potessi significare così tanto per lui, poi, quando era diventato più pressante con i messaggi e le chiamate, le sue continue attenzioni avevano cominciato ad innervosirmi, fino ad arrivare al terrore incontenibile che era ora.
Non uscivo più di casa per paura di un suo agguato.
Sentii la sua brusca esalazione di respiro: “Mi ero dimenticato di quanto fosse bella la tua voce.”
A quelle parole fui costretta a ridere stridulamente. Avevo avuto giorni migliori, decisamente.
Ma Harry era sempre stato molto generoso con i complimenti. Quando ci eravamo parlati per la prima volta non aveva fatto altro che complimentarsi con me per qualunque cosa, anche quelle più triviali. Io ero in biblioteca a studiare per il test di ingresso di matematica, che avevo bellamente ignorato nei miei studi per entrare nella facoltà di giurisprudenza.
Lui era entrato con circospezione, guardandosi attorno come se si aspettasse che i libri saltassero giù dagli scaffali e cercassero di staccagli la testa a morsi. Era ovvio a chiunque lo vedesse che non era solito frequentare la biblioteca.
Poi mi aveva adocchiata, gobba sui grossi tomi di fisica quantistica, e il suo volto si era illuminato. Si era seduto di fronte a me e aveva spostato i libri per potersi appoggiare con i gomiti.
“Io sono Harry” aveva detto con un sorriso smagliante.
Gli avevo sorriso di rimando, incerta su come comportarmi. Non avevo tanti precedenti con cui basarmi, e di tutti i miei pretendenti lui era di gran lunga il più carino.
“Eva.”
Lui mi aveva guardata per qualche istante, inclinando la testa di lato: “Non hai la faccia da Eva.”
La sua risposta mi aveva presa in contropiede, e costretta a sbattere le palpebre mentre pensavo ad come ribattere: “Perché, che faccia è quella di Eva?”
Si era avvicinato ancora un po' di più, gesticolando mentre dipingeva una povera Eva come bassa, cicciottella, bionda con gli occhi azzurri. Tutto il contrario di me, insomma.
“E che faccia ho, allora?” avevo domandato con curiosità, ritrovandomi mio malgrado catturata dalla sua strana visione del mondo.
Lui aveva picchiettato le dita contro il tavolo, corrugando le sopracciglia: “Bella domanda. Credo... Sì, hai la faccia da Sally.” aveva concluso, soddisfatto.
Ero scoppiata a ridere: “Sally? Davvero? ”
“E io invece?”
La sua domanda mi aveva dato il pretesto per fissare i suoi tratti dolci e i suoi occhi verdi: “Edgar.” avevo sparato a caso, inventandomi un nome al momento per distrarre i miei pensieri dalla perversione che mi aveva colpito quando lo avevo guardato.
“Hai sentito quello che ho detto?” mi chiese Harry dall'altro capo del telefono distruggendo in mille pezzi quel sogno ad occhi aperti, una delle poche sue belle memorie che avevo conservato.
“Scusa. Cosa stavi dicendo?” sospirai, pentendomi subito dopo di essermi scusata.
Mi ero lasciata distrarre dal ricordo del vecchio Harry, permettendo alla mia bocca di rispondergli come avrei risposto al mio ragazzo, e non al mio stalker.
“Vieni giù per favore,” mi supplicò, e riuscivo quasi ad immaginarmi i suoi occhioni da cucciolo spalancati e ardenti di intensità, “ti prego, parliamone. Ti giuro che è stato un errore, non ti avrei mai tradita se fossi stato sobrio.”
Le sue parole schiette mi mortificarono, ricordandomi ancora una volta del motivo vero, quello finale, che mi aveva convinta a dare un taglio alla nostra relazione già provata.

 

Dear Hate,
I know you're not far,
you would wait at the door of my heat.
I was amazed at the passion in your cries.

 

Era successo alla fine di una tremenda litigata, incentrata sulle sue serate di baldoria che mi tagliavano fuori dalla sua vita e lo facevano ritornare a casa completamente sbronzo, e a volte anche fatto. All'inizio avevo dato la colpa ai suoi amici, e mi ero lasciata andare a più e più sfuriate contro di loro, poi avevo aperto gli occhi. Non erano i suoi amici che avevano problemi ad alzarsi al mattino senza un mal di testa colossale, ma Harry.
E il litigio aveva appunto a che fare col fatto che se non avesse smesso con le sue abitudini dannose lo avrei lasciato. La reazione di Harry era stata sbattersi la porta dietro alle spalle e andarsene.
Mi conoscevo troppo bene, ed ero perfettamente al corrente del fatto che quella sera, come tutte le altre sere, sarebbe tornato ubriaco fradicio, che lo avrei assistito mentre vomitava l'anima e lo avrei accompagnato a letto con qualche parola dolce.
Ma il tradimento... Quello no, non lo potevo accettare. Era tornato il mattino dopo, i capelli aggrovigliati e una moltitudine di succhiotti sul collo. E io avevo fatto le valigie e me ne ero tornata al mio piccolo appartamento.
Lo avevo odiato. Lo odiavo ancora. Ma allo stesso tempo, nonostante le persecuzioni, i tradimenti e le sbronze, avrei voluto passare tutta la mia vita assieme a lui. E non potevo permetterlo, o mi avrebbe corrosa con le sue brutte abitudini.
“Non voglio venire.” risposi, ricordandomi improvvisamente della richiesta supplicata di Harry.
Harry fece silenzio per qualche secondo, e quando parlò di nuovo la sua voce era più aggressiva, e il cuore prese a battere più veloce: “Non sto scherzando Eva, scendi giù immediatamente.”
Un'ondata di odio mi travolse, tramortendo la mia capacità di pensare in modo logico. Chi era lui per potersi permettere di parlarmi come mio padre?
“Non ci penso proprio.” ribattei, cercando di non far trasparire quanto fossi in realtà spaventata.
Mi strinsi la coperta attorno al corpo ancora più strettamente, inalando l'odore confortevole della nonna. Avevo il terrore che potesse semplicemente apparire in mezzo a casa mia e ammaliarmi di nuovo con quei suoi occhi verdi, costringermi a fare cose che non avrei mai fatto se non per lui.
“Non costringermi a ripetermi, Eva.” lo sentii grugnire, e in sottofondo c'era il rumore di qualche macchina occasionale che passava e le risate rumorose dai passanti che non avevano nulla di cui preoccuparsi.
Ricominciai a tremare, rabbrividendo per la paura: “Non te ne accorgi, vero? Non lo capisci che mi stai spaventando?” sussurrai, con la voce pericolosamente incrinata verso la fine.
Dall'altro capo del telefono ci fu una pausa carica di significato: “Io-cosa?”
Mi ritrovai a ridere, incredula che non riuscisse davvero a vedere l'effetto che aveva su di me: “Mi fai paura così tanta paura che sono giorni che sono rinchiusa in casa per colpa tua. Sai che quello che stai facendo è stalking, vero?”
Di nuovo, Harry fece silenzio, masticando l'informazione: “Non volevo farti paura. Io volevo solo, voglio solo, un'altra possibilità per noi due.” disse più lentamente, come se stesse prendendo coscienza dei suoi gesti.
Mi ritrovai a scuotere la testa, nonostante non potesse vedermi: “É colpa tua se ti ho mollato, ricordi?”
“Te l'ho detto, mi dispiace. Ti posso giurare che non andrò più a letto con nessun'altra se mi dai un'altra possibilità.”
“Harry...” mormorai a voce bassa, “Il tuo tradimento è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In realtà dietro c'erano molto altri problemi.”
“Sai, non ho bevuto una goccia di alcool dal giorno che te ne sei andata.” disse, e potevo sentire perfettamente quanto era fiero di poter fare una tale affermazione.

 

Dear Anger,
you made me so high,
you were faithful to show up on time.
Such a flame that was burning in your eyes.

 

“E ci credo! Sei stato troppo impegnato a seguirmi per avere il tempo di andare in un bar.” ribattei acidamente, sentendo la rabbia farsi strada in me. La sua presunzione era così irritante.
“Non dire così, sai che non è vero.” ribatté lui.
Strinsi un pugno di stoffa dalla coperta tra le dita, sopprimendo un istinto omicida: “É verissimo invece.”
“Eva, smettila. Ora, scendi così ne discutiamo con calma.”
Lo sbigottimento mi impedii di formulare una risposta concreta per qualche minuto. Come poteva credere che dopo tutto quello che mi aveva detto, dopo tutto quello che mi
aveva fatto, avrei ceduto così facilmente? Come aveva anche solo fatto a passargli per l'anticamera del cervello l'idea che io potessi perdonarlo? L'alcool doveva avergli
fuso il cervello, per forza di cose.
Questo era troppo. Avevo tollerato i mesi di minacce varie, ma questo era troppo perfino per me: “Harry, ascoltami bene. Se ricevo anche solo un altro messaggio, una chiamata o cose simili, vado dalla polizia e ti denuncio. È chiaro?”
Dall'altro capo del telefono ci fu una lunghissima pausa di silenzio, tanto che mi domandai se aveva sentito quello che avevo detto.
Alla fine mi giunse all'orecchio il suo bisbigliato, e poi più niente, segno che aveva messo giù.
Rimasi immobile a guardare il cellulare per molto tempo, per poi lasciarlo scivolare dalla mia mano. Finì per terra, ma non me ne curai.
Per la prima volta mi stavo domandando se avevo fatto la scelta giusta. In fondo, io lo amavo.
E, fino a prova contraria, lui amava me. E allora la domanda sorgeva spontanea: per quale ragione non gli avevo dato una seconda possibilità?
Non avevo una risposta precisa, riflettei, mentre appoggiavo la testa contro il bracciolo del divano e chiusi gli occhi, stanca come poche volte prima.
Quello che però sapevo era che non avrei retto ancora per molto: se Harry avesse continuato ad insistere, mi sarei ritrovata costretta a cedere, e a quel punto tutti i miei mesi di resistenza sarebbero andati in fumo, cenere sparsa al vento.
Il telefono vibrò per un messaggio in entrata, ma me ne accorsi solo con una minuscola parte del mio cervello, perché stavo lentamente sprofondando nel sonno più
profondo che avessi avuto da mesi.

 

*ANGOLO AUTRICE*
Ciao a tutti :)
Ecco, non so cosa dire, in effetti. Questa è la prima OS che pubblico, perché per qualche misteriosa ragione ogni mia idea per una OS diventa poi ff a tutti gli effetti.
L'idea mi era venuta in uno scatto di rabbia contro il Dipartimento per le Pari Opportunità, che continuava a propinare pubblicità sullo stalking come se tutti gli stalker fossero criminali. Certo, non sto negando che molti, la maggior parte in effetti, siano perfettamente al corrente che quello che fanno è un reato, ma alcuni sono casi di “stalking preterintenzionale”, se così posso dire.
Ed ecco il risultato... Quindi siate clementi, è la mia prima OS e sono al corrente del fatto che è una schifezza colossale. Che tra l'altro è sconclusionata e il finale è veramente pessimo... Ho dovuto tagliare qualche pezzo qua e là, perché la versione originale ci andava giù più pesante sulla questione dello stalking e non volevo traumatizzare nessuno xD
E un ringraziamento speciale a
Lady Memories, mia sorella, che, quando le ho chiesto di leggerlo in anteprima, ha risposto che faceva troppo schifo per andare oltre la decima frase... Già, sono d'accordo con lei.
Ma ecco, detto questo, vi chiederei molto gentilmente se mi potreste lasciare un commentino, anche piccino piccino, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, ed eventuali critiche :)
Ele
P.S. Mi stavo quasi dimenticando: la canzone è, come da titolo, Dear X (You don't own me) dei Disciple.
P.P.S. A tutti quelli che seguono una delle mie tante ff e che stanno aspettando un capitolo nuovo, abbiate pietà, ve ne prego, sto passando un brutto periodo e la voglia di scrivere è scesa sotto i piedi.

   
 
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