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Autore: Reira74    21/09/2012    5 recensioni
E se? E se Melkor avesse vinto e i Valar fossero scomparsi? Dimenticate se potete quello che vi ha raccontato Tolkien e provate a seguirmi in questa ipotetica Terza Era... solo che non c'è stata più nessuna era dopo la Prima che non si chiama neppure prima perché non aveva senso numerarle...
Credo abbiate capito il concetto, Melkor ha vinto, ma dove c'è un Tiranno ci sono dei valorosi Eroi che gli si oppongono. Se vi interessa conoscerli aprite la porta ed entrate in questo nuovo mondo....
NOTE: Avevo cancellato questa storia per sbaglio, chiedo scusa a chi la seguiva
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Legolas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Melkor vincitore'
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*CAPITOLO 26*


-Bombadil! Mostrati maledetto, o hai troppa paura per affrontarmi!- la voce dell'Oscuro Sire rimbombò tra gli alberi che fremevano di collera, covando un atavico odio per il cavaliere e la cavalcatura che purtroppo si tenevano a distanza dai loro rami

-Quale lieta sorpresa- squillò allegra canzone del Messere -Vieni ragazzo vieni, la teiera e sul fuoco e di erba ho una presa-

-Smettila di cantare ed esci ad affrontarmi vile ficcanaso-

-Uscire? E perché mai? Fuori dal bosco prevedo solo guai! Venite voi piuttosto, al mio tavolo c'è posto. E che non sia mai detto, che Bombadil è un'ospite inetto-

-Pensi forse di ingannarmi con i tuoi modi cortesi- ringhiò rabbioso -Lo so bene che hai aiutato i miei nemici-

-Nemici, che brutto suono, mi storpia la canzone, il canto non vien buono. Ma se ti riferisci a stanchi viaggiatori, sei solo tu lo stolto che paga i suoi errori. Di certo non è Tom che esce da suo bosco, ma sempre chi ha bisogno sotto il suo tetto trova un posto. Se a un passo hai i mannari e all'altro i brutti Troll quale altra strada resta se non il bosco di Tom?- rise allegro l'ometto

-La smetterai di ridere! Un giorno pagherai per la tua sfrontatezza- le fiamme ormai divampavano attorno a lui lambendo i margini della foresta

E fu in quel momento che Melkor vide quello che a nessun mortale aveva mai visto, ma che lui già sapeva e per quello non osava avvicinarsi pur ostentando sicurezza e superiorità. Il sorriso di Bombadil scomparve nel momento in cui le prime fiamme scaldavano le foglioline esterne, gli occhi si fecero scuri mentre il suo corpo ardeva di fuoco bianco.

-Fermo!- Tuonò con voce potente e fiera, un solo gesto della sua mano bastò per far ritirare le lingue scarlatte -Fermati, se non hai deciso di affrontarmi, Secondo figlio di Eru! Infrangi i patti ed io farò lo stesso! Non toccherai il mio bosco e io non interferirò col Fato, ma entra nel mio Regno solo se sei pronto a combattere!-

-La pagherai! Mio Padre non ti proteggerà in eterno!-

-Non mi serve protezione, sono al di sopra delle dispute di voi esseri inferiori! Sei tu che hai cercato di interferire col mio lavoro, e devo forse ricordarti com'è finita?-

-I tuoi amati alberi ancora mi temono- soffiò maligno

-E tu temi me... O credi di aver abbastanza Potere, ora, per riprovarci?-

-Verrà il giorno che ti farò rimangiare la tua arroganza-

-Lo attenderò con impazienza, dopotutto quel giorno, se mai arriverà sarà la fine di tutto, nel bene o nel male, e io avrò concluso il mio lavoro-

-Non pensare di spaventarmi con le tue pretese sull'Ambar-metta*-

-Oh, ragazzo mio, lungi da me il volerti spaventare, ora temo di doverti salutare, il tea si raffredda e per quanto sia piacevole chiacchierare non voglio far attendere Baccador. Ossequi, Secondo, e porta le mie condoglianze a Sauron per la morte di Daebolgorthebeth*- sventolò il cappello piumato -Hops, ma forse ancora non lo sapevi, magari non dovevo dirlo- si allontanò ridendo allegro riprendendo a canticchiare.


Era morta, Morgoth guardò il Messere allontanarsi felice mentre la rabbia esplodeva attorno a lui... Era morta! La Signora delle Viverne, la Regina delle Ombre Alate, una delle sue più potenti alleate era morta! E come se non fosse sufficiente ora quelle patetiche creature avrebbero cominciato ad azzuffarsi fra loro reclamando il comando! E loro erano passati, con un poco di fortuna non incolumi, ma erano certamente passati e avevano ucciso Daebolgorthebeth...Ora l'unica speranza era che fossero gli elfi a fermarli, lui non era mai riuscito ad entrare di certo non avrebbe potuto farlo Olórin, per quanto abile non era certamente al suo livello e ancora meno lo era quello schiavo fuggitivo, ma entrati o meno avrebbero pagato il loro affronto.

Con un rombo di tempesta gli zoccoli di Each Uisge colpirono il suolo lanciandosi in alto e galoppando veloce verso casa, doveva immediatamente porre fine all'anarchia delle Ombre Alate e doveva assicurarsi la collaborazione degli alleati, non era ancora giunto il momento di mostrare le sue preoccupazioni ma avrebbe fatto in modo di non essere impreparato.



 


Seguiva il capitano lungo i corridoi della fortezza, ormai non si curava più neppure di fingere una debolezza che non aveva mai avuto, e, a conferma delle parole di Tàralelyol, l'elfo al suo fianco non ne era affatto stupito.

Aveva mentito, era spaventato per quello che stava per succedere, ma non lo avrebbe mai ammesso, si ritrovò a maledire i lunghi corridoi che parevano interminabili, voleva porre fine al più presto a quella incertezza, oppure voleva fuggire il più lontano possibile... certamente questo avrebbe stupito quel rigido comandante, lui tanto sicuro di sé di certo non immaginava che sarebbe potuto fuggire in qualsiasi momento... ma non lo avrebbe fatto, non lo avrebbe fatto perché sarebbero stati gli amici a pagare per la sua insolenza una volta che lui fosse stato lontano, non lo avrebbe fatto perché nonostante l'apprensione era stanco di vivere nel dubbio e voleva delle risposte.

Camminava assorto nei suoi pensieri, tanto che quasi non si accorse quando si fermarono davanti a un grande portone.

Le guardie ai lati lo aprirono e gli venne fatto cenno di entrare, solo un'esitazione e avanzò trattenendo il respiro finché non sentì il pesante legno richiudersi alle sue spalle.

Era solo? Quale carceriere avrebbe lasciato solo un prigioniero in una sala piena di tesori? “Uno che sottovaluta il nemico e la sua capacità di liberarsi. L'avevo detto che quel tipo non era così intelligente” Ma questo pensiero fu istantaneamente fugato quando si guardò attorno “Una stanza piena di tesori e nessuna uscita tranne quella da cui sono entrato”

Si trovava in un'enorme sala circolare davanti a lui, rialzato di pochi gradini un trono vuoto, d'oro e smeraldi tagliati ad imitare piccole foglie d'edera che partendo dal terreno salivano intrecciandosi fino all'alto schienale, attorno alle colonne la stessa edera ma di lucente mithril illuminava di un tenue bagliore la sala riflettendo la luce delle leggere fiammelle che pendevano dal soffitto in gocce di cristallo come fosse un cielo stellato.

E in tutta questa meraviglia, non una finestra, non una porta e neppure la più piccola presa d'aria, non sarebbe potuto fuggire ora, neppure se lo avesse voluto... e non era solo...

Dall'ombra avanzava una imponente figura, lunghi capelli tanto chiari e luminosi da ricordare i decori delle colonne, la pelle candida, il passo fiero, e un viso che aveva osservato riflesso migliaia di volte, forse leggermente più segnato dagli anni e dai dolori, ma non poteva negare la somiglianza, ora comprendeva come la Signora del Bosco d'Oro avesse potuto confonderli, solo gli occhi erano diversi, se i suoi erano chiari come il cielo e spesso grigi come l'acciaio, quelli del Sire erano verdi, il verde cupo delle antiche foreste.

Rimasero a studiarsi a lungo, osservandosi e valutandosi, Esgalwath si era inchinato, aveva promesso che non avrebbe fatto sciocchezze e sapeva come comportarsi difronte a un Re, anche se certamente non era un inchino che avrebbe soddisfatto la vanità di un potente, era però sufficiente per non farlo accusare di essere irrispettoso.

-Lë mai ná?- (E tu saresti?)

Scosse il capo, questa era un'ipotesi che non aveva preso in considerazione, se neppure il signore di quel luogo parlava la loro lingua presto Tàr avrebbe dovuto rivelare il suo gioco

-E tu saresti?- ripeté con aria seccata nella lingua comune

-Non lo so, maestà, sono qui per avere risposte-

-Hai gli occhi di tua madre-

-Conoscevate mia madre?-

-Credo di averla conosciuta abbastanza bene dal momento che ti abbiamo concepito-

-Quindi voi sareste?... Mio padre?-

-Così devo supporre anche se non mi spiego come tu possa essere vivo-

-Se è per questo, non me lo spiego neppure io-

-Vorresti farmi credere che non sei qui per spacciarti per il mio figlio perduto e guadagnarti la nostra fiducia?-

-Non lo sono, ma anche se lo fossi non lo direi, quindi come deciderete se dico il vero?-

-I tuoi modi sono alquanto scortesi, e trovo disdicevole che un principe degli Eldar non conosca la propria lingua-

“Quest'elfo è pazzo forse? Di cosa sta parlando?”

-Me ne scuso, Sire, quando incontrerò i miei precettori gli comunicherò questa loro mancanza-

-L'ironia mi è nota, e la trovo alquanto fuori luogo-

-E io trovo fuori luogo, che voi mi accusiate di non parlare una lingua che mai fino ad oggi avevo udito-

-Non sei certo l'unico elfo, dall'altro lato delle Nebbie, qualcuno si sarà pure occupato di te?-

-Non certo degli elfi- strinse i pugni e respirò forte, aveva promesso che avrebbe ascoltato ma si rivelava più difficile del previsto

-Così in basso sono caduti i nostri simili da non curarsi di una regina e di suo figlio?-

-Maestà, credete forse che sai dato loro di passeggiare liberamente, ospitare amici e magari dare anche delle feste? Sono servi! o forse non conoscete il significato di questa parola?-

“No, così non va, devo calmarmi”

-Servi dell'Oscuro, traditori del loro sangue, se non trovano la forza di ribellarsi-

-Parlate come avessero una scelta-

-C'è sempre una scelta, la morte sarebbe un destino più onorevole, potrebbero tentare di fuggire magari morirebbero provandoci ma sarebbe una morte onorevole, tu sei qui, perché sei solo e accompagnato da nemici e non dai tuoi simili?-

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, tutti i buoni propositi cancellati da quelle accuse ingiuriose, quando li riaprì lo sguardo freddo di un assassino investì il sovrano, Legolas e tutto quello che aveva compreso in quei giorni era scomparso, i compagni avrebbero potuto scorgere il lui solo la compostezza gelida con cui lo avevano conosciuto.

-La scelta? La scelta dite voi? Cosa ne sapete di quello che succede fuori di qui? Credete forse che ci sia una scelta? Credete che questi simboli servano solo ad ornare la mia pelle?- ringhiò mostrando la spalla -Non c'è scelta. Credete che non abbia desiderato la morte sopra ogni altra cosa? Credete che quelli che un tempo chiamavate amici o fratelli non desiderino la morte? La fuori non ci sono concessi desideri! La fuori viviamo solo per servire, e non lo facciamo per scelta, lo facciamo perché costretti! Costretti con la magia!

Riuscite a immaginare, nella vostra suprema arroganza, cosa significhi restare a guardare impotente mentre il tuo corpo agisce indipendentemente dalla tua volontà?

Non sono qui per mio volere, non sono qui perché ho “scelto”!- quasi sputo l'ultima parola come se lo disgustasse -Sono qui perché il mio aspetto mi ha dato potere sulle persone, abbastanza da potermi liberare per poco tempo dalla magia e fuggire... vi disgusta pensare al vostro figlio che si abbassa a questo?... anche a me! Ma non avevo scelta! E non l'ho avuta neppure dopo, perché non sono e non sarò mai libero, non finché porterò questo Marchio d'infamia sul mio corpo!-

Si fermò a prendere respiro, aspettando una reazione, una reazione qualsiasi, ma l'immortale davanti a lui sembrava non l'avesse neppure udito, ringraziò di essere legato perché se fosse stato libero niente gli avrebbe impedito di colpirlo, si aggrappò alle corde come ad un'ancora piantando le unghie nei palmi per impedirsi di scioglierle.

L'antico immortale lo osservava in silenzio, era quello suo figlio? Tutto quel veleno, tutto quell'odio, cosa gli era successo? Lui non gridava, no, in questo gli assomigliava, ma non aveva bisogno di gridare perché il gelo e il disprezzo nella sua voce erano più che sufficienti a fargli comprendere che lui non aveva più un figlio, non lo aveva mai avuto e non lo aveva ora.

-E' per questo che ti sei preso tanto disturbo? Per sputare addosso il tuo odio a tuo padre? Sei venuto con i Servi dell'Oscuro per avere un'immotivata vendetta?-

-Servi dell'Oscuro? L'Oscuro non ha bisogno di mandare da voi i suoi servi- sputò – lo servite a sufficienza restando qui nascosti come topi.

Non voglio vendetta, non saprei cosa farmene...  Volevo delle risposte, volevo sapere perché avevate deciso di non volere un figlio e mi avete abbandonato senza una parola, ma vedo che nella vostra arroganza non vi degnate di dare spiegazioni, siete troppo impegnato ad emettere sentenze su cose delle quali non avete nessuna conoscenza. Bene, sapete cosa vi dico? La vostra reazione è per me una risposta soddisfacente, avevo promesso ai miei amici che vi avrei ascoltato, ebbene l'ho fatto e il Nulla ho udito.

Quelli che voi chiamate nemici stanno rischiando la vita per portare una speranza a quelli che un tempo chiamavate fratelli... mentre voi li accusate di avervi tradito-

-Quindi preferisci degli assassini alla tua famiglia?-

-Non ho una famiglia, e se mai l'ho avuta non siete certo voi! Non è stato un elfo a raccogliere l'infante abbandonato e a proteggerlo come un figlio, quando la sua famiglia non si è mai degnata di mostrarsi, è stato un nano, voi li disprezzate tanto eppure la pietà del suo cuore, non del vostro, mi ha salvato, mi ha amato come una vera madre sapendo che rischiava la vita proteggendo un elfo ed è morta per quello che aveva fatto! Potete chiamare assassina lei? Quegli uomini che tenete prigionieri hanno sfidato le guardie di Sauron per venirmi a liberare nonostante io gli mostrassi solo odio e disprezzo, mi hanno trattato come un loro pari, mi hanno mostrato che esiste una ragione per vivere e si chiama speranza... Potete chiamarli assassini?-

-Loro hanno sterminato la nostra razza-

-No, i padri dei padri dei loro padri lo hanno fatto, non loro. Loro stanno cercando di liberarla la nostra razza. Loro! non io, non voi!. Prima di conoscerli non riuscivo neppure a dirlo “la nostra razza”, se c'è un assassino quello sono io, non sarei mai venuto se non fosse stato per la loro cocciutaggine, erano convinti che gli Elfi fossero saggi e illuminati, erano convinti che li avreste aiutati a salvare i vostri fratelli, io li chiamavo sciocchi, e avevo ragione...-

-Non ti capisco, potresti vivere come un principe degli Eldar e scegli di morire con dei traditori della Luce?-

-Scelgo di morire con degli amici che hanno lottato per la giustizia, piuttosto che vivere continuando a nascondermi dietro una menzogna-

-E sia, hai fatto la tua scelta-

Bastò un gesto della mano perché le porte si spalancassero e le guardie arrivassero a trascinarlo via.



Thranduil, il grande Sire, il potente Signore, indietreggiò osservando le porte richiudersi fino ad accasciarsi sui gradini del trono perdendo la testa fra le mani.

Sapeva chi era, lo aveva sentito appena aveva passato la Barriera, aveva sentito il richiamo del suo sangue, non capiva come fosse possibile ma lui era lì, avrebbe voluto abbracciarlo e piangere di gioia... ma la paura... la paura lo aveva frenato, non sapeva cosa fosse diventato, non sapeva se lo avesse voluto, aveva paura, paura di aprire il suo cuore ed essere nuovamente annientato dal dolore, come il giorno in cui loro “Non loro, lui è ancora vivo, solo lei è morta”... il giorno in cui aveva sentito il Legame lacerarsi e aveva saputo che era inutile continuare le ricerche, perché lei non esisteva più, era morta assieme al suo figlio non nato, ma suo figlio era nato, forse un parto prematuro? Forse lei era morta nel darlo alla luce? “Non lo saprò mai, ma se avessi continuato a cercare, se non mi fossi accasciato esausto in preda al dolore...”, se lo avesse fatto forse avrebbe trovato suo figlio, forse tutto questo non sarebbe mai successo, non sarebbe stato costretto a crescere tra le tenebre fino ad assorbirle nel suo cuore.

Con immensa fatica si sollevò, aveva bisogno di consiglio e di conforto mai come in quel momento sentiva il bisogno del calore di un abbraccio, gli era mancato, era stato lontano troppo a lungo.


Come sospettava lo trovò nelle sue stanze ma aprendo la porta si rese conto che non era l'unico ad essere stato turbato dai nuovi prigionieri, non lo aveva neppure sentito entrare, e questo già da solo rendeva l'idea di quanto profondi dovessero essere i suoi pensieri, lui sempre tanto attento e sicuro.

Stava davanti allo specchio, la tunica aperta era scivolata fino alla vita ma non se ne curava, osservava la sua immagine seguendo con le dita la lunga cicatrice che gli attraversava il torace dalla spalla fino al fianco opposto.

Era tanto tempo che non lo vedeva più guardare quella cicatrice, pensava l'avesse superato ormai, quella cattura doveva averlo turbato più di quanto pensasse.

Gli si avvicinò cingendolo da dietro e fermandogli le mani tra le sue, lasciando una lunga scia di baci sul suo collo, finché non lo sentì sospirare e rilassarsi

-Sei bellissimo-

-Lo ero, un tempo, ora...Sono solo sfregiato-

-Lo sei ancora- intrecciò le dita con le sue e percorse ancora quel lungo sfregio prima di attirarle a se e baciarne i palmi -Perché ora? Dopo tanto tempo? Sono stati loro a risvegliarti tetri ricordi?-

-Non ha più importanza ora che sei qui- girò la testa fino ad incontrare le sue labbra sfiorandole con un bacio leggero -Ma come puoi illuminarmi con la tua luce se anch'essa è appesantita dall'ombra?-

-Amo quella cicatrice, senza quella non ci saremmo mai trovati- rispose accarezzandolo lentamente e facendolo sospirare

-E ora ti sentiresti meno in colpa per la sua morte e per tuo figlio, sai che hai fatto tutto quello che potevi, non potevi sapere che era già nato-

-Come puoi conoscere sempre i miei pensieri?-

-Conosco te- Lasciò che la testa gli ricadesse all'indietro sulla sua spalla

-Io non l'amavo, ma amavo il figlio che portava-

-Non l'hai mai tradita, hai soffocato il tuo cuore per migliaia di anni in nome del rispetto e dell'amore fraterno che vi legava-

-E tu non ti sei mai lamentato-

-Avevo la tua amicizia e tanto mi bastava, potevo comprendere i tuoi doveri... Ma non è il nostro passato che ti turba... Lo hai fatto rinchiudere con gli altri?- senza sciogliere l'abbraccio si era girato per guardarlo negli occhi

-Cosa dovevo fare? Lui ha scelto loro-

-Ha davvero potuto scegliere?- il suo tono era dolce come quello di chi si rivolge a un bambino

-Hai ascoltato tutto?-

-Sì. E tu? Tu hai ascoltato?-

-Il rimprovero della tua voce mi dice che non l'ho fatto, vero?-

-Immagino che la confusione e la paura debbano averti ottenebrato, perché di certo la parola arrogante non ti si addice e neppure quell'ostentata freddezza... Non hai ascoltato una sola parola di quello che diceva- sussurrò carezzandogli una guancia

-No- sospirò -No, davvero-

-Perché lo hai fatto?- gli sorrise dolcemente

-Avevo paura, paura che lui mi ritenesse colpevole, paura che lui mi odiasse- si abbandonò all'abbraccio del guardiano, lasciandosi avvolgere da suo calore, mentre nascondeva il viso sulla sua spalla

-Lo fa- rispose sinceramente -Ti ritiene colpevole, ti odia e tu non hai detto nulla per fargli credere il contrario... era davvero venuto per ascoltare, e tu non gli hai dato nessuna spiegazione, ti sei limitato ad attaccarlo... Luce Mia, quel ragazzo è convinto da tutta la vita di essere stato abbandonato, di essere stato gettato via perché non lo volevate... ti meravigli forse che abbia scelto i suoi compagni-

-Lui crede questo? Valar! Io non immaginavo, come potevo sapere?-

-Avresti saputo se lo avessi ascoltato, siete simili alla fine, entrambi avete sofferto, ed entrambi avete scelto di chiudere il vostro cuore per non soffrire ancora-

-Ma tu sei riuscito ad aprire il mio-

-E lui troverà qualcuno che riaprirà il suo-

-Ma non sarò io- sospirò amaramente

-No, non sarai tu... Ma potresti insegnargli a rispettarti, magari provando a rimediare quella patetica scena a cui ho assistito-

-Credi ci sia del vero nelle parole che ha detto? Immagino tu li abbia osservati e ascoltati a lungo visto che avete impiegato due giorni a percorrere il cammino di poche ore-

Il guardiano si allontanò, girandosi nuovamente verso lo specchio, si chinò leggermente mentre posava i palmi aperti sulla pietra fredda ai lati del vetro, osservò un'istante il suo riflesso prima di chiudere gli occhi e poggiare la fronte sulla superficie liscia con un sospiro

-Haldir?-

-Non è facile risponderti, il mio cuore vorrebbe dirti che ci sono nemici, vorrebbe vederli giustiziati, vorrebbe vendetta...-

-Ma non è questa la risposta che mi darai-

-Non posso-

-Chi?- “Chi ti ha turbato tanto”

-Sai che il loro capo è un númenóreano?-

-Capisco. E' per quello che stavi nuovamente osservando quell'antica ferita?-

-No, non puoi capire... Hai visto Narsil?- gli indicò la spada abbandonata sul letto

-Prendila, ascoltala-

E così fece, prese la spada e ascoltò il canto dell'acciaio, come solo gli antichi Eldar potevano fare, come solo le armi forgiate dalla loro magia potevano cantare, e venne investito dallo sdegno della potente lama

-Capisci ora? La spada che mi ha salvato brama la mano di chi dovrebbe invece impugnare quella che mi ha fatto questo-

-Sei sicuro che sia sangue del suo sangue? Il fatto che sia di Númenor, non lo rende un suo discendente-

-Non mi faresti questa domanda se lo avessi visto... Come posso scordare quel volto?-

Chiuse gli occhi e il passato tornò prepotente facendolo tremare, non era più nella sua confortevole stanza ma sul campo di battaglia.

Poteva udire le grida e i lamenti strazianti degli amici, sentiva l'odore del sangue e della carne bruciata, ma ormai non ci faceva più caso, da quanto tempo combattevano? Ore? Giorni? Avrebbero potuto anche essere anni, non ci pensava più, si muoveva come in un limbo sul campo di battaglia, sordo e cieco ad ogni cosa che non fosse il canto della sua spada, continuava a colpire, uccidendo e mutilando e ad ogni vita che prendeva un pezzetto di lui moriva.

A volte un viso famigliare lo raggiungeva in quella sorta di oblio, il nano che gli aveva forgiato la spada, il ragazzo a cui aveva insegnato a cavalcare era cresciuto, l'uomo con cui aveva bevuto,... lampi, solo e soltanto lampi, immagini e pensieri che fuggivano prima che potesse esitare... prima che potesse impazzire.

E ancora sangue, sangue sulla sua lama, sangue sulle sue mani, sui suoi capelli d'oro e sulla sua armatura un tempo lucente, sangue che gli sporcava il viso e il mantello scarlatto, sangue scuro e denso, poteva quasi percepirne il sapore dolce e metallico.

Attorno a lui i corpi senza vita dei compagni, la terra pesante e bagnata dalla vita dei sui amici, ma lui continuava a combattere, orribili creature li circondavano, vampiri, spettri, demoni, creature delle Tenebre che gioivano nel seguire gli ordini del loro signore, si nutrivano dei morti e banchettavano coi loro corpi, i nani, che un tempo chiamava amici, avanzavano come bestie in quella carneficina e gli uomini... gli uomini guidati da Elros il Traditore... Elros... lo aveva visto nascere, chiamava suo padre fratello e suo fratello amico...

Quando se lo trovò davanti non erano le sue braccia ad essere pesanti ma il suo cuore, tutta quella morte, tutto quel sangue... che senso aveva continuare? Quasi non si accorse quando Aranrúth calò su di lui aprendogli il torace da parte a parte...

-Elros...- mormorò mentre cadeva

-Haldir- gli rispose con un ghigno sadico preparandosi al colpo di grazia, la lama empia grondante della malvagità di Morgoth come un velenoso miasma che calava su di lui... e in quel momento la luce di Turgon, la fiamma di Narsil che deviava il colpo e poi fu solo il buio, finché non si svegliò dopo molti giorni in un letto al sicuro nella loro nuova patria con Thranduil che lo accudiva.

-Come posso dimenticare? Eppure devo farlo, lui non è il suo antenato... Ma non chiedermi di giudicare. Come posso essere giusto? Vai da loro, parlagli tu stesso... e cancela questi dubbi che mi rodono l'anima- la sua voce calda e profonda incrinata dalla sofferenza

-Oh, Amore... i tuoi dubbi valgono più di molte risposte, perché se non sei riuscito a trovare malvagità nei loro cuori, e non dubito tu ci abbia provato in ogni modo, non credo che potrò farlo io-

-Sì, ci ho provato, ci ho provato con tutte le mie forze... ma non l'ho trovata... avrei dovuto venire subito da te, invece nella mia arroganza speravo di scoprire i loro piani lasciandoli parlare sicuri di non essere compresi... tutto ciò che ho portato alla luce sono stati antichi dolori-

-Sai, seppure non lo conosca, credo già di provare simpatia per quel mortale, forse la sua venuta servirà a fare finalmente guarire questa ferita, un poco lo invidio, io non ne ho mai avuto il potere-

-Questa ferita non potrà mai guarire, sono poche le armi in grado di lasciare cicatrici sul corpo di un'immortale... Aranrúth è una di quelle, resterò sfregiato per sempre-

-Non parlavo di quella del corpo, di quella non mi importa. Tu Sei Bellissimo, quanto tempo dovrò impiegare a farti comprendere che quel piccolo segno non cambia nulla di ciò che sei-

-Piccolo?- sollevò il sopracciglio perplesso

-Piccolo e invisibile ai miei occhi... anzi, no, perfettamente visibile e meraviglioso, amo tutto di te, amo il tuo corpo perfetto, la tua pelle morbida, amo il tuo profumo, la tua voce, il tuo calore e amo questa enorme e meravigliosa cicatrice...- aveva accompagnato ogni parola a baci e carezze fino a renderlo debole e fremente tra le sue mani, spingendolo quasi senza che se accorgesse fino al bordo del letto dove lo aveva fatto cadere senza staccare la bocca dalla sua pelle -Ma tu lo sai bene, mio piccolo e vanitoso guardiano, lo sai e vuoi solo che io te lo ripeta... lo sai quando mi eccita questo tuo corpo sfregiato... piccolo demonio tentatore-

Poi non ci fu più posto per le parole quando le loro bocche si unirono alla disperata ricerca di ossigeno, due anime spezzate che si completavano, mentre le carezze diventavano più esigenti, fameliche di attenzioni.

Il guardiano prese la mano del suo Sire portandola alle labbra e succhiando avidamente le dita per poi guidarla verso la sua apertura con sguardo implorante gemendo di piacere quando lo sentì invadere la sua intimità

-Valar, amore, ti prego non farmi attendere oltre-

-Haldir-

-Thranduil... tuo!- gridò quando sentì il sesso finalmente riempirlo cominciando a muovere i fianchi come sapeva far impazzire l'amante

-Sì, Haldir, mio... dillo ancora, di il mio nome-

-Thranduil...   Thranduil...  Thranduil...- ad ogni spinta scosse di piacere percorrevano il suo corpo trattenendo il proprio piacere per non anticipare l'amato.

Giacquero in fine esausti e felici tra le braccia l'uno dell'altro

-Amore mio, non invidiare quel mortale, tu curi quella ferita ogni giorno, tu sei la mia vita-

-Ti prego ripetilo ancora-

-La mia vita...- gli sussurrò all'orecchio

-Ti ho mai detto quanto amo la tua voce?-

-Ogni giorno, vita mia- sorrise

-Potrei morire felice ascoltandola, così calda, così morbida, potresti amarmi solo con la tua voce senza che io veda il tuo corpo-

-E se ti amassi, invece, con la mia voce e anche col mio corpo?- mormorò accarezzandolo languidamente

-Valar, quanto mi sei mancato! Ti proibisco di andare ancora di pattuglia- sussurrò ricominciando ad assaggiarlo

-Devo ricordarti che sei stato tu ad ordinarlo?-

-Hai già appurato quanto io sia stolto e insensato, anzi, d'ora in avanti ti proibisco di lasciare questa stanza-

-La cosa potrebbe allettarmi se non avessi il tremendo sospetto che in quel caso neppure tu lasceresti più la stanza, mio insaziabile amante-

-E probabilmente avresti ragione-

-Va da tuo figlio ora- lo scacciò con un ultimo bacio -Ritroverai me e la mia voce ad attendere il tuo ritorno-

-Grazie-



NOTE

Ambar-metta la Fine del Mondo per gli Eldar

Daebolgorthebeth (Dae ombra+baul tormento+gortheb orribile+eth fem. ) Ombra dell'orribile tormento

  
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