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Autore: bbbgster    22/09/2012    3 recensioni
Vi siete mai chiesti dove vanno a finire i sogni?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

* Ed eccomi qui con una nuova storia per voi. Si, sono masochista e si, non avrò tempo di aggiornare settimanalmente e si, sono anche sadica.

Buona lettura, si spera.

Xoxo

Bbbgster. *

 

Il re dei sogni

 

 

Sono una ragazza normale.

 

Questa che sto per raccontarvi non è una storiella per bambini, non è una favola e sicuramente non ha un lieto fine.

 

Il senso di ciò che pensi

 

-          Buon giorno amore. –

Questa donna, sui 35 anni, è mia madre: Daniela Broke.

Sta cucinando le frittelle che adoro, con un po’ di miele e marmellata di ciliegie, imbrattandosi le sue sottili dita di amarena.

-          ‘Giorno mamma. Oh, stai preparando le frittelle! –

Esclamo, saltandole al collo, baciandola sulla guancia.

-          Miele per te e ciliegie per me. –

Sorride, rispondendo alla mia risata da bambina ormai troppo cresciuta. Dopo di che prepara la tavola con piatti, bicchieri, posate e soprattutto colazione.

-          Buon appetito! – esclama, prima di mangiare con foga la prima frittella.

-          Senti mamma, a che ora vai a lavoro oggi? –

Gli orari di mia madre erano abbastanza sballati, facendo la guida turistica in una pinacoteca.

-          Oggi vado per le.. vediamo… l’una -  l’una e mezza. Perché Rose? –

Ebbene si, mi chiamo come un fiore e a dire la verità mi piace un sacco il mio nome.

-          No, nulla. Magari potevi aiutarmi con l’esame di settimana prossima. –

Frequento l’università di belle arti e ho in media 3 esami alla settimana.

-          Cos’è stavolta? Pittura, scultura o architettura? –

-          Pittura, devo descrivere un quadro con minimo 500 parole. –

Speravo che da adulta diventassi, che ne so, una pittrice oppure una guida come mia madre. Non mi interessava, basta che c’entrasse con l’arte.

-          Ah, la Fiore si è sbizzarrita eh. –

“ La Fiore”, come la chiamava mia madre, era la mia insegnante di pittura e lettura del quadro. Un mostro, più o meno.

-          Cambiando discorso. – disse, sparecchiando. – Io devo andare da Ferry. Starò via solo un’oretta, ok? –

Fernando (detto ferry) era il suo capo, nonché suo migliore amico, ma purtroppo non sapeva gestire molto bene il suo museo e quindi,quando qualcosa non andava, non esitava a chiamare la “sua adorata Dany”.

-          Ok, vuoi che faccia qualcosa per te in casa? – ovvio che mi stavo riferendo ai piatti da lavare.

-          Oh no, tesoro. Ci penserò io quando ritorno a casa. Fatti una dormita che le tue occhiaie si vedono da due chilometri di distanza. –

Mi infastidiva quando cercava di correggermi sul mio aspetto esteriore.

-          Bacio tesoro. A fra poco. – mi disse, schioccandomi un bacio sulla fronte e uscendo da casa.

 

Seguì il suo consiglio, andandomi a sdraiare sul divano e accendendo la televisione. Magari davano qualcosa di minimamente culturale, non si sa mai, ma ahimè sbagliavo.

Cosi feci un po’ di zapping, per poi addormentarmi con il telecomando in mano.

 

Mi ritrovai in una stanza bianca, adornata di un divano rosso, antico e di un piano forte, con il rispettivo sgabello.

Ma non ero sola, in quella stanza, al pianoforte c’era un ragazzo dai capelli biondi platino, quasi bianchi che stava suonando una melodia triste e allo stesso tempo nostalgica.

Era vestito di tutto punto, come se stesso andando ad una festa d’alta classe. Smoking nero a righe bianche con camicia rossa e cravatta nera.

Non potei fare a meno di alzarmi da quel divano e cercare di raggiungerlo. Ma qualcosa mi fermò.

-          Buon giorno, Rose. Ben svegliata. –

Mi prese in contropiede. Aveva una voce baritonale che stonava sul corpo asciutto che avevo davanti ai miei occhi. Ma risposi al saluto: - Buon giorno. Tu sei…? –

Mentre parlava non smise di suonare, anzi cambiò melodia. Quest’ultima era più allegra, spensierata, si adattava al momento.

-          Diciamo che sono la colonna sonora dei tuoi sogni, della tua vita. –

Disse, sorridendo. Nonostante i suoi capelli dorati coprivano interamente gli occhi, sapevo benissimo che anche quelli stavano sorridendo insieme alle sue labbra. Una domanda mi sorgeva spontanea: - Perché ti vedo solo ora? –

-          Perché mi è stato concesso vederti solo ora. –

Annui, come se stessi capendo quello che stava dicendo. In realtà era l’esatto contrario.

 

Era solo un sogno. Giusto?

 

-          E’ questo quello che pensi? Che sia solo un sogno? –

Quella domanda mi spiazzò.

-          Ma come… -

-          Faccio a conoscere i tuoi pensieri? Semplice, ti conosco più di quanto ti conosca tu, Rose. –

Ecco, ora la cosa stava diventando abbastanza assurda. Troppo assurda.

-          Ok, ora mi stai facendo paura. Chi cavolo sei, tu? –

-          Tu vuoi sapere perché sono qui. Non sei interessata a chi io sia. –

In effetti aveva proprio ragione. Odio quando gli altri hanno ragione, semplicemente perché io ho torto.

-          Ti devo avvisare di un avvenimento prossimo, nel tuo futuro, che cambierà la sorte degli eventi. –

Incuriosita mi avvicinai ancora a lui e al piano. Lui smise di suonare. Il suo viso si mise sulla mia direzione.

-          Ti sto ascoltando. – dissi, incitandolo a continuare. Ero presa da troppa curiosità per non dargli retta.

Ora riuscivo a vedere i suoi occhi. Strofinai i miei, di occhi, perché forse da quello che vedevo non funzionavano un granché.

Le pupille del ragazzo erano nere, normali, forse con una tonalità di grigio scuro, mentre le iridi erano totalmente bianche e candide come la neve con una sfumatura di azzurro ghiaccio.

-          Non posso dirti di cosa si tratta. Lo scoprirai da sola, ma… - alzò la voce, puntando il suo dito indice contro il soffitto di quella strana stanza, che ormai, mi era famigliare.

-          Ti posso dare un consiglio: vai con tua madre a lavoro oggi e salvale la vita, Rose. –

Ero perplessa. Salvarle la vita? – E come? Dimmi almeno questo! –

-          Ricordati i tuoi pensieri e dà loro sempre un senso. Arrivederci, Rose, è stato un piacere l’averti conosciuta. –

Detto questo sparì e, purtroppo o per fortuna, scomparve anche il mio sogno, lasciandomi confusa e più stanca di prima, sul divano di casa mia, con in mano il telecomando.

-          Accidenti, quello del sogno era molto più comodo… -

 

Un negozio?!

 

Passarono 40 minuti circa prima che mia madre ritornasse a casa.

-          Mamma? – la chiamai.

-          Si, sono io! – lei rispose.

-          Si, lo so che sei tu. Volevo chiederti una cosa. –

-          Dimmi pure. – appoggiò la borsa sul tavolo della cucina, per poi sedersi accanto a me.

-          Vorrei venire con te a lavoro, oggi. – la guardavo con uno sguardo implorante.

-          Non mi sembra una domanda! – esclamò lei ridendo. – ma puoi venire. –

-          Grazie mamma! – le saltai al collo baciandole una guancia.

Se il suonatore di pianoforte aveva ragione? E se mia mamma avesse rischiato la vita, sul serio? Forse era meglio ascoltarlo.

 

Dopo esserci preparate, eravamo pronte di uscire. Raggiungemmo il museo in 10 minuti circa.

Scendemmo dalla macchina, ma prima di entrare nel “ Ferry Museum” vidi una cosa veramente strana; una specie di animaletto, animaletto per modo di dire, aveva le dimensioni di un leone ma assomigliava molto di più ad un lupo.

Si avvicinò a me, minaccioso, ringhiando e mostrando i canini. Stava anche sbavando dalla ferocia. Che schifo. Ma mi ingannò.

In un nano secondo raggiunse mia mamma, tentando di saltarle alla gola. Mi chiedo ancora oggi come io abbia fatto, ma lo calciai letteralmente a metri di distanza da noi, mia madre cadde a terra.

-          Cosa diavolo è successo?! -  rimase stordita, a terra. Come se non avesse visto nulla.

-          Un lupo! Ti stava attaccando! – risposi, alquanto agitata.

-          Un lupo? Ma sei impazzita? Ho visto solo te che mi correvi incontro, atterrandomi come un wrestler! - mentre parlava agitava le braccia, segnando cerchi immaginari in aria.

-          Cosa?! Mi vuoi dire che tu non hai visto nulla? – non ci potevo credere! Un altro segno della mia pazzia.

-          Tesoro, devi vedere meno film d’azione! Ora alziamoci, che ci stanno fissando tutti… -

Mia madre aveva ragione, la folla si era chiusa a centro, intorno a noi. Alzandomi, vidi sulla destra un negozio; “Il re dei sogni”. All’esterno c’era una vetrina che mostrava cavalletti, pennelli e altre cose “artistiche”.

-          Mamma, hai visto quel negozio? – le dissi, indicandolo.

-          Certo, è stato aperto da poco. Un mese circa. Vuoi entrare? Ma prima dovresti riposare… credo tu stia studiando troppo. – mi chiese non badando alla folla, che ci stava guardando in modo allibito, per il mio comportamento.

-          Si, tu vai pure da Ferry. Ci vediamo dopo. – corsi in direzione del negozio, non badando mia madre che mi stava urlando contro e salutando dall’altra parte della strada.

Mi soffermai a lungo su un cofanetto contenente dei pastelli a cera, molto carino.

-          Hei! Sei tu che hai creato tutto quel casino là fuori? –

Il ragazzo, che mi aveva interpellata, indovinate? Era uguale a quello del sogno. Identico. C’erano alcune piccole differenze: non era in smoking, i suoi capelli non coprivano più gli occhi e quest’ultimi erano ancora più chiari (se era possibile).

-          Ma… ma tu sei il ragazzo del sogno! – esclamai a voce alta, attirando di nuovo l’attenzione su di me.

-          Certo! – rispose lui. – io sono il Re dei sogni! – disse indicando l’insegna e trascinandomi nel suo negozio.

Entrando, di una cosa mi accorsi immediatamente: la presenza di un pianoforte al centro della stanza. Non poteva non essere lui.

-          Allora? Hai salvato la vita a tua madre? – mi chiese curioso.

Mi sembrava diverso, aveva un’aria più tranquilla e più solare.

-          Ma allora sei tu, davvero! – dissi sorpresa.

-          Conosci qualcun altro con occhi cosi? – disse indicando i suoi occhi, color neve, entusiasta.

-          Vieni con me. – disse, chiudendo la porta del negozio e trascinandomi all’interno di un’altra stanza.

Era enorme, con un altrettanto enorme computer al suo interno. Iniziò a digitare qualcosa, quando ebbe finito si voltò di scatto verso di me, porgendomi il palmo della mano.

-          Prestami la tua mano, un secondo. –

Lo accontentai, lui mi prese la mano appoggiandomela sul pc. Lo schermo si illuminò, rivelando il volto di una donna a me sconosciuta.

-          Buonasera. – disse lui inchinandosi. Doveva essere una donna molto importante, pensai.

-          Oh, ciao! No, non dirmi che è lei la ragazza di cui mi hai parlato! –

Perfetto! Ero il tema di una discussione di due estranei. Wow.

-          Esatto, lady. –

-          E dimmi; cosa sa fare? –

Cosa so fare? Dipingere e descrivere quadri! Perché mi trovavano cosi interessante?

-          Per ora è l’unica che è riuscita a vedere, interamente. –

Credevo che da un momento all’altro la donna svenisse, a causa della sua espressione facciale.

-          Interamente, hai detto?! Non pensavo fosse a quei livelli. Quanti anni hai, signorina? –

-          Devo compiere i 20 fra poco. – ero indecisa come chiamarla, quindi mi astenei dal pronunciare un qualsiasi nome.

-          Straordinario! – urlò lei, avvicinandosi talmente allo schermo che riuscii a vedere lo spazio tra una sua ciglia ed un’altra.

-          Devi assolutamente portarla qui! –

-          Immediatamente? – fu stupito di una cosi pronta risposta.

-          Ovvio, mio caro! – disse lei sorridendo. – a fra poco, ci conto! – la comunicazione si chiuse.

-          Non me lo aspettavo. –

-          Ma chi era? –

-          Lady. Nessuno sa il suo vero nome, la chiamiamo tutti cosi. – disse incamminandosi fuori dalla stanza.

-          Tutti chi? –

-          Tutti noi della O.S.V. – disse con naturalezza. Peccato che io non stessi capendo nulla.

Mi accompagnò in uno sgabuzzino, con all’interno un grosso tubo, come quelli che si vedono nei film e che servono al teletrasporto. In effetti serviva proprio a quello.

-          Immagino che questo ci serva per raggiungere quella donna. –

-          Intuitiva e non chiamarla “donna”. Chiamala Lady, se proprio ti è necessario. –

Appoggiò il pollice in una mini fessura, le porte si chiusero e un secondo dopo si riapersero, trovandomi davanti ad un’altra stanza molto più grande della precedente e piena di schermi.

-          Non farci caso… - disse lui, a sottovoce. – Lady è una fanatica di Matrix. –

Annui, ma non era niente a confronto a mia madre che, da quando vide Matrix, continuò per 3 mesi a chiamarmi Trinity.

-          Eccola qui! Il nuovo Neo! –

-          No… Ci risiamo. – esclamai sconvolta e triste.

 

Risposta ovvia a domanda ovvia

 

-          Tu sarai la nostra salvezza, Rose. – la donna si fece più seria.

-          K, tu la dovrai addestrare, d’accordo? –

Cosi si chiamava k, il ragazzo.

-          Certo! – si mise sull’attenti.

-          Le nozioni base, il combattimento, il pensiero, il… -

-          Aspettate un attimo! Voi state decidendo tutto senza interpellarmi! E questa cosa riguarda solamente me! –

Ora mi ero veramente stufata. Mi stavano trattando come una bambina, il che era decisamente il contrario di come volevo essere trattata.

-          Ma tu non puoi decidere. –

-          Cosa? Come ti permetti ragazzino! Sono padrona io della mia vita! E solo io, chiaro?! –

-          È strano che tu mi chiami “Ragazzino”, anche perché ho più anni di te… -

-          Non mi interessa quanti anni tu abbia! Non voglio partecipare a… - in effetti non sapevo nemmeno a cosa stavo partecipando. - …a questo spettacolo da circo! –

Si misero a ridere entrambi. Lady era su una sedia e se non avesse smesso di ridere di li a poco sarebbe caduta e invece, il ragazzo che si chiamava K, si stava tenendo la pancia.

-          Hai sentito, K? Spettacolo da circo c’ha chiamati! Meglio se ti spiego un paio di cosette, cara. –

Si alza, venendomi incontro. Appoggia le sue mani sulle mie spalle. Deciso, il suo sguardo mi penetra.

-          Se voi esseri umani siete vivi, è per merito nostro. Cerca di non dimenticarlo. –

E cosi è incominciata la mia odissea fra incubi e sogni.

 

In effetti non mi dispiace.

 

 

 

* Oilà! Com’è andato questo primo capitolo? Vi è piaciuto? Vi ha fatto schifo perché la storia è orrenda? Oppure perché ci sono troppi errori? Qualunque sia la vostra opinione lasciatemela in una recensione ;)

P.S.: Vi sono grata per essere arrivati fino in fondo a leggere (vomitando o meno).

Xoxo

Bbbgster.*

   
 
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