* Ed eccomi qui con una nuova storia per
voi. Si, sono masochista e si, non avrò tempo di aggiornare settimanalmente e
si, sono anche sadica.
Buona lettura, si spera.
Xoxo
Bbbgster.
*
Il re dei sogni
Sono
una ragazza normale.
Questa
che sto per raccontarvi non è una storiella per bambini, non è una favola e
sicuramente non ha un lieto fine.
Il senso di ciò che pensi
-
Buon giorno amore. –
Questa
donna, sui 35 anni, è mia madre: Daniela Broke.
Sta
cucinando le frittelle che adoro, con un po’ di miele e marmellata di ciliegie,
imbrattandosi le sue sottili dita di amarena.
-
‘Giorno mamma. Oh, stai preparando le
frittelle! –
Esclamo,
saltandole al collo, baciandola sulla guancia.
-
Miele per te e ciliegie per me. –
Sorride,
rispondendo alla mia risata da bambina ormai troppo cresciuta. Dopo di che
prepara la tavola con piatti, bicchieri, posate e soprattutto colazione.
-
Buon appetito! – esclama, prima di
mangiare con foga la prima frittella.
-
Senti mamma, a che ora vai a lavoro
oggi? –
Gli
orari di mia madre erano abbastanza sballati, facendo la guida turistica in una
pinacoteca.
-
Oggi vado per le.. vediamo… l’una - l’una e mezza. Perché Rose? –
Ebbene
si, mi chiamo come un fiore e a dire la verità mi piace un sacco il mio nome.
-
No, nulla. Magari potevi aiutarmi con
l’esame di settimana prossima. –
Frequento
l’università di belle arti e ho in media 3 esami alla settimana.
-
Cos’è stavolta? Pittura, scultura o
architettura? –
-
Pittura, devo descrivere un quadro con
minimo 500 parole. –
Speravo
che da adulta diventassi, che ne so, una pittrice oppure una guida come mia
madre. Non mi interessava, basta che c’entrasse con l’arte.
-
Ah, la Fiore si è sbizzarrita eh. –
“
La Fiore”, come la chiamava mia madre, era la mia insegnante di pittura e
lettura del quadro. Un mostro, più o meno.
-
Cambiando discorso. – disse,
sparecchiando. – Io devo andare da Ferry. Starò via solo un’oretta, ok? –
Fernando
(detto ferry) era il suo capo, nonché suo migliore amico, ma purtroppo non
sapeva gestire molto bene il suo museo e quindi,quando qualcosa non andava, non
esitava a chiamare la “sua adorata Dany”.
-
Ok, vuoi che faccia qualcosa per te in
casa? – ovvio che mi stavo riferendo ai piatti da lavare.
-
Oh no, tesoro. Ci penserò io quando
ritorno a casa. Fatti una dormita che le tue occhiaie si vedono da due
chilometri di distanza. –
Mi
infastidiva quando cercava di correggermi sul mio aspetto esteriore.
-
Bacio tesoro. A fra poco. – mi disse,
schioccandomi un bacio sulla fronte e uscendo da casa.
Seguì
il suo consiglio, andandomi a sdraiare sul divano e accendendo la televisione.
Magari davano qualcosa di minimamente culturale, non si sa mai, ma ahimè
sbagliavo.
Cosi
feci un po’ di zapping, per poi addormentarmi con il telecomando in mano.
Mi
ritrovai in una stanza bianca, adornata di un divano rosso, antico e di un
piano forte, con il rispettivo sgabello.
Ma
non ero sola, in quella stanza, al pianoforte c’era un ragazzo dai capelli
biondi platino, quasi bianchi che stava suonando una melodia triste e allo
stesso tempo nostalgica.
Era
vestito di tutto punto, come se stesso andando ad una festa d’alta classe.
Smoking nero a righe bianche con camicia rossa e cravatta nera.
Non
potei fare a meno di alzarmi da quel divano e cercare di raggiungerlo. Ma
qualcosa mi fermò.
-
Buon giorno, Rose. Ben svegliata. –
Mi
prese in contropiede. Aveva una voce baritonale che stonava sul corpo asciutto
che avevo davanti ai miei occhi. Ma risposi al saluto: - Buon giorno. Tu sei…?
–
Mentre
parlava non smise di suonare, anzi cambiò melodia. Quest’ultima era più
allegra, spensierata, si adattava al momento.
-
Diciamo che sono la colonna sonora dei
tuoi sogni, della tua vita. –
Disse,
sorridendo. Nonostante i suoi capelli dorati coprivano interamente gli occhi,
sapevo benissimo che anche quelli stavano sorridendo insieme alle sue labbra.
Una domanda mi sorgeva spontanea: - Perché ti vedo solo ora? –
-
Perché mi è stato concesso vederti solo ora. –
Annui,
come se stessi capendo quello che stava dicendo. In realtà era l’esatto
contrario.
Era
solo un sogno. Giusto?
-
E’ questo quello che pensi? Che sia solo
un sogno? –
Quella
domanda mi spiazzò.
-
Ma come… -
-
Faccio a conoscere i tuoi pensieri?
Semplice, ti conosco più di quanto ti conosca tu, Rose. –
Ecco,
ora la cosa stava diventando abbastanza assurda. Troppo assurda.
-
Ok, ora mi stai facendo paura. Chi
cavolo sei, tu? –
-
Tu vuoi sapere perché sono qui. Non sei
interessata a chi io sia. –
In
effetti aveva proprio ragione. Odio quando gli altri hanno ragione,
semplicemente perché io ho torto.
-
Ti devo avvisare di un avvenimento
prossimo, nel tuo futuro, che cambierà la sorte degli eventi. –
Incuriosita
mi avvicinai ancora a lui e al piano. Lui smise di suonare. Il suo viso si mise
sulla mia direzione.
-
Ti sto ascoltando. – dissi, incitandolo
a continuare. Ero presa da troppa curiosità per non dargli retta.
Ora
riuscivo a vedere i suoi occhi. Strofinai i miei, di occhi, perché forse da
quello che vedevo non funzionavano un granché.
Le
pupille del ragazzo erano nere, normali, forse con una tonalità di grigio
scuro, mentre le iridi erano totalmente bianche e candide come la neve con una
sfumatura di azzurro ghiaccio.
-
Non posso dirti di cosa si tratta. Lo
scoprirai da sola, ma… - alzò la voce, puntando il suo dito indice contro il
soffitto di quella strana stanza, che ormai, mi era famigliare.
-
Ti posso dare un consiglio: vai con tua
madre a lavoro oggi e salvale la vita, Rose. –
Ero
perplessa. Salvarle la vita? – E come? Dimmi almeno questo! –
-
Ricordati i tuoi pensieri e dà loro sempre un senso. Arrivederci, Rose, è stato un
piacere l’averti conosciuta. –
Detto
questo sparì e, purtroppo o per fortuna, scomparve anche il mio sogno,
lasciandomi confusa e più stanca di prima, sul divano di casa mia, con in mano
il telecomando.
-
Accidenti, quello del sogno era molto
più comodo… -
Un negozio?!
Passarono 40 minuti
circa prima che mia madre ritornasse a casa.
-
Mamma? – la chiamai.
-
Si, sono io! – lei rispose.
-
Si, lo so che sei tu. Volevo chiederti
una cosa. –
-
Dimmi pure. – appoggiò la borsa sul
tavolo della cucina, per poi sedersi accanto a me.
-
Vorrei venire con te a lavoro, oggi. –
la guardavo con uno sguardo implorante.
-
Non mi sembra una domanda! – esclamò lei
ridendo. – ma puoi venire. –
-
Grazie mamma! – le saltai al collo
baciandole una guancia.
Se il suonatore di
pianoforte aveva ragione? E se mia mamma avesse rischiato la vita, sul serio?
Forse era meglio ascoltarlo.
Dopo esserci preparate,
eravamo pronte di uscire. Raggiungemmo il museo in 10 minuti circa.
Scendemmo dalla
macchina, ma prima di entrare nel “ Ferry Museum” vidi una cosa veramente
strana; una specie di animaletto, animaletto per modo di dire, aveva le
dimensioni di un leone ma assomigliava molto di più ad un lupo.
Si avvicinò a me,
minaccioso, ringhiando e mostrando i canini. Stava anche sbavando dalla
ferocia. Che schifo. Ma mi ingannò.
In un nano secondo
raggiunse mia mamma, tentando di saltarle alla gola. Mi chiedo ancora oggi come
io abbia fatto, ma lo calciai letteralmente a metri di distanza da noi, mia
madre cadde a terra.
-
Cosa diavolo è successo?! - rimase stordita, a terra. Come se non avesse
visto nulla.
-
Un lupo! Ti stava attaccando! – risposi,
alquanto agitata.
-
Un lupo? Ma sei impazzita? Ho visto solo
te che mi correvi incontro, atterrandomi come un wrestler! - mentre parlava
agitava le braccia, segnando cerchi immaginari in aria.
-
Cosa?! Mi vuoi dire che tu non hai visto
nulla? – non ci potevo credere! Un altro segno della mia pazzia.
-
Tesoro, devi vedere meno film d’azione!
Ora alziamoci, che ci stanno fissando tutti… -
Mia madre aveva
ragione, la folla si era chiusa a centro, intorno a noi. Alzandomi, vidi sulla
destra un negozio; “Il re dei sogni”. All’esterno c’era una vetrina che
mostrava cavalletti, pennelli e altre cose “artistiche”.
-
Mamma, hai visto quel negozio? – le
dissi, indicandolo.
-
Certo, è stato aperto da poco. Un mese
circa. Vuoi entrare? Ma prima dovresti riposare… credo tu stia studiando
troppo. – mi chiese non badando alla folla, che ci stava guardando in modo
allibito, per il mio comportamento.
-
Si, tu vai pure da Ferry. Ci vediamo
dopo. – corsi in direzione del negozio, non badando mia madre che mi stava urlando
contro e salutando dall’altra parte della strada.
Mi soffermai a lungo su
un cofanetto contenente dei pastelli a cera, molto carino.
-
Hei! Sei tu che hai creato tutto quel
casino là fuori? –
Il ragazzo, che mi
aveva interpellata, indovinate? Era uguale a quello del sogno. Identico. C’erano
alcune piccole differenze: non era in smoking, i suoi capelli non coprivano più
gli occhi e quest’ultimi erano ancora più chiari (se era possibile).
-
Ma… ma tu sei il ragazzo del sogno! –
esclamai a voce alta, attirando di nuovo l’attenzione su di me.
-
Certo! – rispose lui. – io sono il Re dei sogni! – disse indicando
l’insegna e trascinandomi nel suo negozio.
Entrando, di una cosa
mi accorsi immediatamente: la presenza di un pianoforte al centro della stanza.
Non poteva non essere lui.
-
Allora? Hai salvato la vita a tua madre?
– mi chiese curioso.
Mi sembrava diverso,
aveva un’aria più tranquilla e più solare.
-
Ma allora sei tu, davvero! – dissi
sorpresa.
-
Conosci qualcun altro con occhi cosi? –
disse indicando i suoi occhi, color neve, entusiasta.
-
Vieni con me. – disse, chiudendo la
porta del negozio e trascinandomi all’interno di un’altra stanza.
Era enorme, con un
altrettanto enorme computer al suo interno. Iniziò a digitare qualcosa, quando
ebbe finito si voltò di scatto verso di me, porgendomi il palmo della mano.
-
Prestami la tua mano, un secondo. –
Lo accontentai, lui mi
prese la mano appoggiandomela sul pc. Lo schermo si illuminò, rivelando il
volto di una donna a me sconosciuta.
-
Buonasera. – disse lui inchinandosi.
Doveva essere una donna molto importante, pensai.
-
Oh, ciao! No, non dirmi che è lei la
ragazza di cui mi hai parlato! –
Perfetto! Ero il tema
di una discussione di due estranei. Wow.
-
Esatto, lady. –
-
E dimmi; cosa sa fare? –
Cosa so fare? Dipingere
e descrivere quadri! Perché mi trovavano cosi interessante?
-
Per ora è l’unica che è riuscita a
vedere, interamente. –
Credevo che da un
momento all’altro la donna svenisse, a causa della sua espressione facciale.
-
Interamente,
hai
detto?! Non pensavo fosse a quei livelli. Quanti anni hai, signorina? –
-
Devo compiere i 20 fra poco. – ero
indecisa come chiamarla, quindi mi astenei dal pronunciare un qualsiasi nome.
-
Straordinario! – urlò lei, avvicinandosi
talmente allo schermo che riuscii a vedere lo spazio tra una sua ciglia ed
un’altra.
-
Devi assolutamente portarla qui! –
-
Immediatamente? – fu stupito di una cosi
pronta risposta.
-
Ovvio, mio caro! – disse lei sorridendo.
– a fra poco, ci conto! – la comunicazione si chiuse.
-
Non me lo aspettavo. –
-
Ma chi era? –
-
Lady. Nessuno sa il suo vero nome, la
chiamiamo tutti cosi. – disse incamminandosi fuori dalla stanza.
-
Tutti chi? –
-
Tutti noi della O.S.V. – disse con
naturalezza. Peccato che io non stessi capendo nulla.
Mi accompagnò in uno
sgabuzzino, con all’interno un grosso tubo, come quelli che si vedono nei film
e che servono al teletrasporto. In effetti serviva proprio a quello.
-
Immagino che questo ci serva per
raggiungere quella donna. –
-
Intuitiva e non chiamarla “donna”.
Chiamala Lady, se proprio ti è necessario. –
Appoggiò il pollice in
una mini fessura, le porte si chiusero e un secondo dopo si riapersero,
trovandomi davanti ad un’altra stanza molto più grande della precedente e piena
di schermi.
-
Non farci caso… - disse lui, a sottovoce.
– Lady è una fanatica di Matrix. –
Annui, ma non era
niente a confronto a mia madre che, da quando vide Matrix, continuò per 3 mesi
a chiamarmi Trinity.
-
Eccola qui! Il nuovo Neo! –
-
No… Ci risiamo. – esclamai sconvolta e
triste.
Risposta ovvia a
domanda ovvia
-
Tu sarai la nostra salvezza, Rose. – la
donna si fece più seria.
-
K, tu la dovrai addestrare, d’accordo? –
Cosi si chiamava k, il
ragazzo.
-
Certo! – si mise sull’attenti.
-
Le nozioni base, il combattimento, il
pensiero, il… -
-
Aspettate un attimo! Voi state decidendo
tutto senza interpellarmi! E questa cosa riguarda solamente me! –
Ora mi ero veramente
stufata. Mi stavano trattando come una bambina, il che era decisamente il
contrario di come volevo essere trattata.
-
Ma tu non puoi decidere. –
-
Cosa?
Come ti permetti ragazzino! Sono padrona io
della mia vita! E solo io, chiaro?! –
-
È strano che tu mi chiami “Ragazzino”,
anche perché ho più anni di te… -
-
Non mi interessa quanti anni tu abbia!
Non voglio partecipare a… - in effetti non sapevo nemmeno a cosa stavo
partecipando. - …a questo spettacolo da circo! –
Si misero a ridere
entrambi. Lady era su una sedia e se non avesse smesso di ridere di li a poco
sarebbe caduta e invece, il ragazzo che si chiamava K, si stava tenendo la
pancia.
-
Hai sentito, K? Spettacolo da circo c’ha chiamati! Meglio se ti spiego un paio di
cosette, cara. –
Si alza, venendomi
incontro. Appoggia le sue mani sulle mie spalle. Deciso, il suo sguardo mi
penetra.
-
Se voi esseri umani siete vivi, è per merito nostro.
Cerca di non dimenticarlo. –
E cosi è incominciata
la mia odissea fra incubi e sogni.
In effetti non mi dispiace.
*
Oilà! Com’è andato questo primo capitolo? Vi è piaciuto? Vi ha fatto schifo
perché la storia è orrenda? Oppure perché ci sono troppi errori? Qualunque sia
la vostra opinione lasciatemela in una recensione ;)
P.S.:
Vi sono grata per essere arrivati fino in fondo a leggere (vomitando o meno).
Xoxo
Bbbgster.*