GIOCHI DI SEDUZIONE
AMICHEVOLE
Capitolo
unico.
Ti guardo accecato dalla gelosia
mentre parlo con Mike. E se una parte di me vorrebbe correre fra le tue braccia
facendomi cullare dalle tue mani grandi e fredde, tremendamente fredde, me ne
sto incollata a questa scomoda sedia in mensa a parlare con il biondo che mi
fissa entusiasta. Brividi ed eccesso di tentazione mi provoca il tuo sguardo
intenso mentre mi perfora il viso in cerca di un minimo di attenzione. Mi
dispiace caro mio, a questo punto basta. Credevi che non avrei mai fatto niente
per convincerti a cambiarmi? E qui ti sbagli di grosso Cullen. Ti sbagli davvero
di grosso. E anche se so che questa sera mi verrà voglia di buttarmi giù da un
dirupo per quello che sto facendo, non mi importa. Continuo a fissare in volto
Mike, il quale non fa che blaterare su un gruppo rock che sinceramente non
conosco. Ma annuisco cercando di sembrare affascinata, tanto per fargli credere
per davvero che m’interessa. In realtà, l’unica cosa che voglio è far esasperare
quel testone del mio fidanzato, rigorosamente arrabbiato, rigorosamente infastidito e rigorosamente assetato di sangue. Nel
vero senso della parola. Che ingenuo quando questa mattina gli ho detto che
avrei fatto di tutto per farlo cedere. Non ci credeva, ma io, con mia grande
sorpresa, ho avuto il coraggio di stargli lontana tutto il giorno facendolo
contorcere dalla gelosia per tutta la mattinata. Inutili sono state le sue
occhiate di fuoco verso chiunque mi si avvicinasse. Io in men che non si dica
gli ricambiavo un sorrisetto maligno. Non mi riconosco neanche più io. Ma in
fondo lo faccio per noi, cederà alla fine, no?
Lo
guardo di sottecchi: non mi sono neanche seduto con lui a mensa. E lui in tutta
riposta se ne è restato lontano da tutti in un tavolo vuoto, non facendo altro
che guardarmi furioso. Ma io so che questo è ancora poco.
Mi giro verso
Mike, il quale continua a ciarlare.
- Mike, mi pare che ti stia chiamando
qualcuno. – dico facendo la finta tonta, facendolo girare verso l’ingresso della
mensa, dove c’è Jessica che lo guarda sulle spine. Forse posso sgattaiolare
via.
- Ah, è Jess. Va bè, ci vediamo Bella. – mi dice alzandosi di
malavoglia. Lo saluto con la mano. Ora devo escogitare altre maniere per far
uscire di testa Edward. E poi mi viene l’idea. Mi alzo lentamente, il vassoio
ancora pieno di cibo per avanzare a passo spedito verso di lui. Penso di non
averlo mai visto così arrabbiato ma anche così sorpreso di questo mio gesto. Ma
io non batto ciglio. Appoggio il vassoio sul tavolo, prendo la sedia e mi
sistemo di fronte a lui, che per altro non ha ancora smesso di fissarli ansioso.
Prendo con lentezza misurata la forchetta e mi porto alla bocca una patata, non
staccando gli occhi dal suo viso contratto. Naturalmente non ho intenzione di
aprir bocca. Voglio solo vederlo in crisi. So di comportarmi male, anzi, da vera
arpia: ma con lui non posso fare altro. E se il mio cuore mi dice di buttarmi
fra le sue braccia baciandolo con foga, il mio autocontrollo mi replica che se
voglio farlo cedere devo ignorarlo, brutalmente, malignamente. E sembra
funzioni. Vedo i suoi muscoli guizzare attraverso la stoffa azzurra della sua
maglia di cotone; il viso è contratto in una smorfia tanto stupita quanto
nervosa; gli occhi ambrati sono grandi, pieni di amarezza assopita; i capelli
spettinati come non mai di quel color rosso-castano che adoro da morire. La mia
mano mi prude: vorrei passargliela sul viso, sulla bocca, su quei capelli così
belli quanto strani. Ma mi trattengo. Il suo viso ormai è tutto una smorfia.
Sorrido.
- Credi di farmi innervosire?
Non rispondo, mentre lui deglutisce
a fatica tanto è sulle spine.
- Andiamo Bella, parlami! – sbuffa,
distogliendo lo sguardo, posandolo oltre le mie spalle. Non intendo demordere.
- Vuoi davvero la guerra? – mi chiede poi, la bocca sottile, gli occhi
irresistibili. Accenno un sorriso. Tanto stavolta vinco io. Lui lo prende come
un sì.
- E va bene! Voglio vedere per quanto intendi non rivolgermi ne la
parola ne attenzione! – sbotta passandosi una mano fra i capelli rossi. Quasi
gli scoppio a ridere in faccia. Ma la campanella mi distoglie dal mio intento.
Veloce mi alzo andando a buttare il resto da mio pranzo. Poi mi incammino da sola verso Biologia. In un lampo lo
vedo comparire al mio fianco, e quasi rimango delusa quando lo vedo sorridente.
Che il mio piano sia già fallito? Oh vuole farmelo credere?
Rimango
impassibile, entrando nel laboratorio. A passo spedito mi dirigo verso il mio
banco, con lui subito a fianco. E proprio in questa momento entra il professore.
E con mio sommo orrore tiene in mano una videocassetta. Tortura doppia.
-
Oggi filmato. – annuncia annoiato perfino lui. Sospiro e mi appoggio alla
seggiola. Di fianco a me non sento Edward, quasi si fosse allontanato dalla
sedia. E infatti quando lo guardo per confermare le mie ipotesi, lo vedo lontano
da me. Resisti Bella, resisti!
Prima che potessi pensare ad altro le luci si
spengono, facendo comparire sullo schermo delle immagini. E come un fulmine a
ciel sereno, improvviso quanto potente, sento arrivarmi alle narici il profumo
squisito del mio fidanzato, accorgendomi che mi si è avvicinato fin troppo. E’
quasi appiccicato a me: posso sentire il suo braccio premere contro il mio e il
suo piede toccare impercettibilmente la mia scarpa. Mi mordo un labbro: vuole
farmi impazzire. In fondo nessuno pare essersi accorto di noi, troppo
addormentati per notare il nostro gioco letale a suon di malignità. Ragiona
Bella, cosa potresti fare? Lui cosa non si aspetterebbe mai che tu facessi? Sorrido fra me: di
certo non si aspetterebbe che io…
Interrompo i miei pensieri. E mi illumino.
Mi volto verso di lui, illuminato solo dalla luce fioca del filmato. Di sicuro
sta già pregustando un successo che, mi dispiace, non arriverà mai.
Probabilmente pensa che due cose: la prima è che mi allontani da lui e la
seconda che rimanga impalata come una mummia per il resto dell’ora. Ed è qui che
si sbaglia.
Stando al suo gioco seduttore mi avvicino di più a lui anch’io,
appoggiando la mia testa alla sua spalla. Lo sento irrigidirsi. Ecco, avevo
ragione io. Non se lo
aspettava.
Ma non mi fermo: a mali estremi, estremi rimedi. Inizio a
toccargli alcuni ciuffi dei capelli ramati con un tocco leggerlo, spettinandolo
appena. Come se non lo fosse già.
Lo vedo respirare con rabbia,
incrociando le braccia sul petto. Sorrido e gli poso un bacio sulla spalla.
- Perché mi fai soffrire così? – mi mormora con furia, tuttavia così piano
in modo che lo senta solo io.
- Perché ti amo. – replico alzando lo sguardo
verso il suo fiero e maestoso come un re.
- Hai deciso di parlarmi?
-
Solo per farti impazzire di più.
- Ti amo anch’io… ma in questi momenti non
ti sopporto.
- Neanche io.
- Bè, allora vuol dire che ci odiamo.
-
Probabile.
- Già, probabile.
Entrambi ci fissiamo arrabbiati, ma incapaci
di non scambiarci sguardi fulminei. Questo gioco inconsciamente mi fa venire
voglia ancora di più di abbracciarlo, appoggiare la testa sul suo petto
dimenticandomi di tutto e di tutti. E penso lo immagini pure lui.
- Sono
pericolosi questi giochi. – mi mormora con voce roca. Continuo a
spettinarlo.
- Non sai quanto.
Mi stacco da lui e la mancanza di contatto
fra di noi mi pesa. Ma resisto e finisco di vedere questo stramaledetto filmato.
Non mi si avvicina più. Uff, che delusione.
Poi all’improvviso suona la
campanella e il filmato s’interrompe, mentre il professore riaccende i
lampadari. Mi stropiccio gli occhi gemendo per il contatto così accecante con la
luce e mi volto a fissare Edward. Non l’ho mai visto così sofferente e rigido.
Mi alzo e raccolgo i libri, uscendo dalla classe con lui alle calcagna.
- Adesso mi insegui? – gli chiedo mentre mi raggiunge soprapensiero.
-
Adesso mi parli?
Sbuffo e distolgo lo sguardo. Dovrei andare in palestra, ma
non ne ho voglia. E mi sa che lo ha capito pure lui.
- Non dovresti andare a
fare ginnastica? – mi chiede gongolante. Alzo le spalle irritata.
- Non mi
dirai che non vuoi andarci… in fondo non ne avresti mai il coraggio di
ballartela. – mi dice avvicinando il viso al mio, incurante del fatto che siamo
in un corridoio pieno di studenti curiosi. Stringo i denti, e poi vedo Mike. In
men che non si dica fisso negli occhi Edward, il quale pensa di avere la
vittoria in pugno. Lo guardo sorridente per poi correre verso Mike.
- Ehi
Mike, andiamo insieme verso la palestra? – gli chiedo prendendolo a braccetto.
Ringrazio tutti gli Dei che Jessica non è qui.
- M-ma certo! – mi dice
entusiasta Mike. Restituisco il sorriso e mi giro a voltare Edward, il quale è
diventato un pezzo di ghiaccio. E io in tutta risposta lo saluto con la mano
prendendolo in giro.
Mi dispiace, davvero. Ma è l’unico modo amore
mio…
- AHIO!
Cado all’indietro quando una palla mia arriva in testa.
- Swan,
devi prenderla la palla, ma non in testa! – mi urla il professore. Ma che vuole?
Non l’ha ancora capito che sono una frana a pallavolo? (e nella pallacanestro,
nella corsa, nel lancio dei pesi, nei… basta!)
- Dai alzati! Stai bene? – mi
chiede Mike porgendomi la mano. E io non mi lascio sfuggire questa occasione.
L’afferro e alzandomi mi avvicino a lui, facendolo arrossire. Ah ah! Se Edward
sta leggendo nei pensieri di Mike (ed è praticamente sicuro) si starà
contorcendo dalla gelosia!
- In realtà mi fa un po’ male la testa. Vado a
sedermi. – gli dico. Fa che venga con me, ti prego…
- Vengo con te.
Sì!
Evviva!
Sorrido come una stupida mentre mi segue come un cagnolino. Due a
zero Cullen.
- Senti… potrei chiederti una cosa? – mi dice ad un certo punto
Mike. Io annuisco.
- Ma tu e Cullen avete litigato?
Mi si spezza il cuore.
Rimango impala a fissarlo, mentre la verità si fa strada nella mia mente… non
avevo inteso tutta quella messa in scena come un litigio…
- Ehm… perché? –
chiedo.
- Bè, è tutta la mattinata che gli stai lontano, e lui non fa niente
per avvicinarti se non qualche gesto freddo. – dice alzando le spalle. Di sicuro
sarà contento di tutto ciò.
- T-tu dici che… che abbiamo litigato? – chiedo
sconvolta. Io non volevo litigare, volevo solo fargli capire che… oddio: e se
lui pensa che non voglio più? Se pensa che stamattina quella di volergli far
perdere il controllo era una scusa per lasciarlo? Non sarà così imbecille da
pensarlo, no? Insomma, lui è Edward Cullen, quello intelligente, mica penserà
tutto ciò? Vero?
Però… quell’espressione triste non poteva essere solo per
questo stupido gioco. Improvvisamente mi alzo in mente e inizio a correre fuori
dalla palestra. E poco m’importa del professore che mi urla dietro di tornare
indietro. Rischio di cadere tipo venti volte, ma rimango sempre in piedi a
fatica anche quando non mi ritrovo col sedere per terra. Con questo freddo la
tuta di ginnastica mi fa raggelare il sangue. Ma non mi importa e quando vedo la
sua Volvo parcheggiata con lui fuori che mi guarda stralunato non posso che
sorridere e correre più veloce. Lui, accorgendosi delle mie intenzioni mi prende
al volo quando gli salto in braccio come una bambina di tre anni. Sconvolta mi
nascondo la testa nella spalla, mentre tutti ci fissano curiosi. Ma poco mi
importa. In men che non si dica gli prendo il viso fra le mani e lo guardo con
la lacrime agli occhi.
- Dimmi cosa pensi! – dico supplicandolo. Lui in tutta
risposta mi fa scendere e mi posa le mani sulle spalle.
- Cosa penso di cosa?
– chiede stupito da questo mio comportamento.
- Senti, io non ti voglio
lasciare! Non pensare questo, ti scongiuro! – dico strattonandolo per il
maglione. Lui è sempre più sorpreso.
- Lasciarmi?
Annuisco battendo i
denti dal freddo. Lui pare non capire.
- Lasciarmi? – ripete non capendo. Io
sbuffo spazientita.
- Io stamattina volevo farti perdere il controllo!
-
Lo so. Me lo hai detto stamani nel letto quando ti sei svegliata.
Mi
irrigidisco, e all’istante arrossisco quando le persone intorno a noi iniziano a
parlare sottovoce.
- Ma dormono insieme?
- Non lo so!
Li sento
mormorare frasi del genere, mentre Edward per non poco scoppia a ridere.
-
Posso sapere il perché di tutta questa scena? – chiede poi.
- I-io… pensavo
che pensavi – scusa il gioco di parole - che era tutta una messa in scena per
farti lasciare da me… - gli dico imbarazzata. Lui scoppia finalmente in una
fragorosa risata.
- E tu credi a quell’imbecille di Mike? Senza offesa. –
dice poi indicando una persona dietro di me, che presumo essere proprio il
diretto interessato.
- Non fa niente. – dice una voce digrignando i denti.
Soffoco un risolino anche io.
- Potreste farvi gli affari vostri, per
cortesia? – chiede poi in tono formale di un altro secolo il mio fidanzato a
tutti coloro che si sono fermati a curiosare. E in men che non si dica non
rimane più nessuno, se non Mike.
- Senti, potresti dire al professore che
Bella si è sentita male e che la porto a casa? – chiede poi gentile – falsamente
gentile – Edward.
- Certo.
Si volta furioso imprecando a mezza voce e io
mi volto verso il mio fidanzato.
- Perciò è tutto finito? Intendo tutti quei
modi per “farmi perdere il controllo” – chiede alzando gli occhi al cielo.
Sbuffo rassegnata.
- Tanto non cambi idea. E poi mi da fastidio comportarmi
in quella maniera. Non sono io. – ammetto fissandolo negli occhi mentre
sorride.
- Finalmente! – esclama. – Dai, vai a cambiarti che ti riporto a
casa. – mi dice salendo sulla Volvo.
Mi torturo le mani, mentre
il mio ragazzo canticchia una canzone che stanno trasmettendo alla radio.
-
Edward? – chiedo poi.
- Sì?
- Posso farti due domande? – chiedo
voltandomi verso di lui. Lo vedo spegnere il motore, notando che siamo già di
fronte a casa mia.
- Allora, alla prima, che presumo essere “Edward, mordimi”
– inizia cinguettando il mio modo di parlare – Ti rispondo di no.
Sbuffo
incrociando le braccia al petto.
- Mentre la seconda l’aspetto. – mi dice
spegnendo la radio. Recupero un po’ di forze e lo fisso maliziosa.
- Un po’
il mio piano ha funzionato? – chiedo con voce languida. Tanto sa che fingo.
-
Prego? – mi replica formale. Sbuffo.
- Ma sì! Tutti quei modi per farti
perdere il controllo… a me sembra funzionassero… - dico avvicinandomi a lui. Lo
vedo in imbarazzo.
- Fingevo.
Bugiardo.
- O sì, certamente. – replico
io, mentre fa per posarmi un bacio sulle labbra. Ma io mi ritraggo a occhi
chiusi. Lo sento grugnire in disaccordo con la mia scelta di non farmi
baciare.
- Ho un altro piano.
- E sarebbe?!
- Non ti bacerò più finche
non mi mordi. – gli dico aprendo la portiera e uscendo fuori dall’abitacolo
caldo.
Lo vedo innervosito, per poi scendere dall’auto afferrandomi per un
braccio.
- Se ci provi io vado a dire a mezza scuola che è vero, dormiamo
insieme. In fondo lo pensano già una trentina di persone, per cui non faccio che
propagare quella che è una notizia già detta e saputa.
Tremo al solo
pensiero.
- Ti odio. – dico.
- Anch’io. – replica.
E mi lascio andare
prima di farmi baciare dalle sue grandi labbra fredde. Gli circondo il collo con
le braccia, avvicinandomi un poco. Poi si stacca e mi fissa intensamente. Reggo
il suo sguardo.
- Mi ami o mi odi? – chiede.
- La seconda possibilità. –
replico facendogli la linguaccia, allontanandomi dal suo abbraccio per
avvicinarmi alla porta di casa. Lo sento ridacchiare.
- Peccato. Se mi dicevi
che mi amavi potevo anche ripensarci… ma dato che non è così…
Mi irrigidisco
con le chiavi a mezz’asta per voltarmi pietrificata verso di lui, che mi guarda
ammiccante con le mani in tasca.
- Potevi ripensare a cosa? – chiedo piano.
Ma lui mi sente.
- Eh, mi dispiace, hai detto che mi odi. – replica
voltandosi verso
- Ti
amo, ti amo, ti amo! Ti prego, ora dimmelo.
Sono sconvolta, deve dirmelo!
Forse voleva ripersaci? Avevo qualche possibilità di farmi mordermi?
Lui mi
fissa intensamente e alla fine mi posa un bacio sul collo.
- Anch’io ti amo.
Per l’eternità.
Eternità? Eternità?
Lo fisso illuminandomi,
regalandogli un sorriso smagliante. E lui me lo restituisce con uno un po’
piccolo, quasi incerto.
- Però è in forse. – mi dice.
- Per me è come un
sì! – dico posando le labbra sulle sue di pietra fredda. Sento le sue braccia
accarezzarmi la schiena.
Ti amo, vampiro dei miei sogni.
++
Ok, la trama è a dir poco stupida, però mi è
venuta così! Chiedo umilmente perdono!
Vi saluto,
ciao!
Lore-Minako