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Autore: VaVa_95    23/09/2012    8 recensioni
<< Don't think, just Save Me >> Questo è quello che pensano tutti i protagonisti di questa storia. Non pensare, salvami. Perché forse è proprio questo di cui si ha bisogno: avere una persona da salvare, per sentirsi un vero eroe, più di quanto non lo si sia già. TRATTO DAL CAPITOLO UNO: - Ehi! Voi due! Spicciatevi che dovete andare a scuola! – strillò la voce potente di Jimmy, mentre prendeva le chiavi della macchina. Non capiva proprio le donne, perché dovevano prepararsi per così tanto tempo? Lui si svegliava dieci minuti prima del suono della campanella e, in cinque minuti, era già pronto per andare, doveva solo aspettare quei due uragani delle sue sorelle minori.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP. 10



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Jimmy aveva passato la notte insonne. Era rimasto tutto il tempo in garage, seduto sul divano che suo padre aveva trasportato lì apposta per lui e i ragazzi, a riflettere.
Riflettere sul fatto che da quel momento in poi le cose sarebbero cambiate.
Di nuovo.
Era strano come, con un piccolo e forse inutile particolare, cambiavano così tante persone. Cambiavano i modi di fare, cambiava la vita, cambiava il destino delle persone.
Quando era piccolo pensava davvero di poter prevedere le cose. Aveva predetto la nascita delle sue sorelle prima che la madre rimanesse incinta (o per lo meno che lo mettesse al corrente di ciò). Aveva sognato gli occhi scuri di Brian, per poi trovarselo davanti il giorno dopo in quel negozio di dischi. Aveva predetto la fondazione della loro band. E stranamente, si era convinto che sarebbe morto giovane, forse troppo.
Invece ora non era più sicuro di tutto quel che aveva pensato, di cui era stato convinto, fino ad allora. E questo perché qualcosa era cambiato.
Il problema era capire cosa.
Tutti lo definivano un genio, una persona che capiva le cose molto più in fretta di qualsiasi altra persona che conoscessero, ma in quel momento non riusciva a capire cosa stava succedendo intorno a lui. Non riusciva a trovare quel cosa.
Ma era davvero importante?
Era strano come il suonare la batteria lo aiutava a pensare. Si era trattenuto nel suonare tutta la notte, ma ora (erano circa le nove di mattina) era meglio fare un po’ di casino, così, per svegliare tutti. Suo padre gli avrebbe urlato dietro frasi incomprensibili delle quali avrebbe capito solo che era domenica e che doveva stare zitto, ma a lui certo non importava.
Voleva svegliare quei quattro disgraziati e vedere come si sentivano dopo aver preso una sbronza colossale. A parte Matt. Matt non era ubriaco.
Il che era strano.
La sera prima lo aveva sentito litigare con Val (in realtà l’avevano sentito praticamente tutti gli invitati a quella dannatissima festa), ma non aveva ancora avuto occasione di chiedergli cosa fosse successo. Valary era la sua migliore amica, Matt era come suo fratello. E si amavano alla follia, i due.
Non riusciva ad immaginare che fosse davvero successo qualcosa di grave. Insomma… capitava a tutti, di litigare.
- Posso interromperti o devi davvero svegliare tutti i presenti nella casa? – domandò Cris, facendolo uscire da quell’enorme flusso di pensieri.
La ragazza era appoggiata alla porta del garage e lo stava guardando con aria quasi di sfida (sguardo malizioso, braccia incrociate, mezzo sorriso…), aspettando che effettivamente smettesse di battere le bacchette sui tamburi e sui piatti.
Indossava una maglietta dei Guns ‘n Roses e un paio di leggins (che probabilmente le avevano prestato Saya o Lia), cosa che ovviamente gli fece pensare che era già sveglia da un po’.
- Buongiorno anche a te – la salutò, alzandosi dalla sua postazione e andando verso di lei – siamo di malumore stamattina? -
- Si, parecchio – rispose, facendosi cadere sul divano lì vicino – non ci credo che se ne va davvero. -
Il ragazzo si sedette vicino a lei, mettendogli un braccio intorno alle spalle e appoggiando la testa sulla sua, in un vano tentativo di tirarla su di morale.
Lui non sapeva che andava via, ma era bastato uno scambio di sguardi la sera prima per capire che le ragazze (e Matt), sapevano già tutto da un po’. Il fatto che avessero voluto tenerlo nascosto era un altro paio di maniche.
- Il tempo passa troppo in fretta – constatò, sospirando – ci sono dei giorni che non vorresti mai vivere ma che, purtroppo, prima o poi arrivano. E non puoi certo tirarti indietro. -
- Purtroppo. -
Ancora silenzio.
Quando si trovavano da soli parlavano, del più e del meno, anche se la maggior parte dei loro discorsi potevano essere considerati delle immense cavolate.
Quella volta no.
- Sei troppo silenziosa – constatò il ragazzo, per poi guardarla negli occhi – dai, fammi vedere i polsi. -
La ragazza sbuffò, per poi levarsi i due braccialetti borchiati che le fasciavano i polsi, mostrando i tagli. O meglio, quel che ne rimaneva.
Ormai erano mesi che non toccava quella forbice. Perché erano mesi che si sentiva veramente felice. Non le importava più quel che dicevano gli altri di lei, non le importava più di quel che le diceva suo padre, suo fratello maggiore, o qualsiasi altra persona della sua famiglia.
Era il momento i pensare a lei, alla sua vita, ai suoi sogni.
Era il momento di vivere, di vivere davvero.
E questo l’aveva capito grazie a Jimmy: l’aveva salvata.
- Mh, stanno per cicatrizzarsi – osservò, sorridendo.
- Grazie a te. Mi hai salvata. Mi hai davvero salvata. Puoi dire quel che vuoi Jimmy, ma è la pura verità. Sei il mio angelo. -
- Ti amo, lo sai? -
La ragazza annuì. Un “anche io” non serviva. Perché lei lo aveva sempre amato, dal più profondo del cuore, e sempre lo avrebbe fatto.
 

Electra aveva messo tutte le sue cose negli scatoloni. Non mancava più niente, poteva dire agli uomini del trasloco di portare tutto giù.
Tra due ore si sarebbe trovata con gli altri per salutarli, in maniera definitiva. Ed era terribile, perché sentiva che ad Huntington Beach si era davvero fatta dei buoni amici, quegli amici che sarebbero durati per sempre.
Era costretta a lasciarli. E non sapeva quando li avrebbe rivisti.
Tutto nella sua vita stava cambiando, di nuovo. Ormai doveva esserci abituata, dato che la sua vita aveva subito continui scossoni da quando aveva dieci anni.
Prima la morte di sua sorella.
Poi l’esaurimento di sua madre.
Poi la nascita del fratello, vista come una speranza ma mai completamente.
In seguito il trasferimento da Seattle ad Huntington Beach.
E ora, ovviamente, quello. E forse non era finita. Nessuno sapeva in fondo se New York era la città definitiva.
Dal canto suo, sperava di no. Sperava di poter andare da un’altra parte, in modo da essere più vicina ai suoi amici.
Alle persone che la facevano sentire viva.
Improvvisamente lo sguardò si spostò sulla tastiera. Quella tastiera che non toccava da sei anni che non aveva più intenzione di toccare.
Ma era diverso, ora. Sentiva il bisogno di suonarla. Sentiva il bisogno di andare avanti.
Il pensiero andò a Zacky. A quella persona che, nonostante tutto, l’aveva amata più di qualsiasi altra persona al mondo. Alla persona che l’aveva fatta sorridere anche nei momenti in cui si sentiva dannatamente triste. Alla persona a cui aveva promesso di suonare ancora.
Lei le manteneva, le promesse. Non sapeva se quel giorno sarebbe venuto anche lui, a salutarla, ma se ci fosse stato lei non voleva comportarsi come una ragazza qualsiasi, come una ragazza… normale.
Voleva essere forte. Voleva andarsene dicendogli che aveva mantenuto la promessa.
Respirò a fondo, appoggiando le mani leggermente tremanti sui tasti. Erano freddi, duri, si capiva che non ti toccava da tanto tempo. Ma si ricordava ancora tutto.
Le lacrime, il sudore, il dolore che aveva patito per imparare a suonare. Stava tornando tutto alla mente. E insieme a ciò, stava anche tornando alla mente l’immagine di Meredith, di sua sorella, della persona che non avrebbe mai voluto che smettesse di coltivare la sua passione.
- … grazie – mormorò, quasi inconsciamente, mentre le dita cominciavano a muoversi al ritmo di una melodia di Bach – grazie Zacky. Mi hai salvata. -
Ed ora era veramente pronta per andare.
 

Gli addii non erano mai stati il punto forte di nessuno. O almeno, non erano mai stati il punto forte degli Avenged Sevenfold e famiglia.
Forse non erano bravi a dire “addio” perché non ci credevano. Quando si diceva addio, moriva la speranza di ricontrarsi, ma loro quella speranza non la volevano perdere mai.
- Uhm… beh… siamo qui – provò a dire Lia, per rompere il silenzio che si era creato.
- Già… -
- Si ecco… -
- Noi… -
- Dai ragazze, ci sentiremo, ve lo prometto – esclamò la ragazza, sorridendo – siete le mie migliori amiche e sempre lo sarete. È grazie a voi che sono felice di nuovo. Vi devo tutto.  -
Le cinque si abbracciarono (di nuovo), senza più volersi muovere. Avrebbero potuto morire lì, tanto che importava? L’importante era comunque rimanere insieme.
Sapevano che si sarebbero sentite. Sapevano che non sarebbe finita lì. Tutti i dubbi, le incertezze, le preoccupazioni che avevano avuto nei giorni precedenti ora erano polvere. Non importavano più. C’erano loro e la loro amicizia. Tutto lì.
Oh si, e quei cinque svitati che le guardavano da lontano.
- Ehm… non so se hanno il coraggio di avvicinarsi – provò a dire Lea – si sentono ancora in colpa. -
La ragazza sorrise. Era meglio che andava a salutarli lei. Era forte, si era promessa di essere forte. Voleva partire dicendo quel che aveva fatto.
E ovviamente voleva partire salutando anche loro, perché avevano contribuito a rendere la sua vita mille volte migliore di quel che era prima. Nonostante… si, nonostante l’incidente della sera prima.
Si erano tenuti a circa venti metri dalla macchina, guardandola con due occhi enormi, mentre il signor Everett stava cercando di far capire loro, con sguardi assassini, di non provare nemmeno ad avvicinarsi. Probabilmente l’aveva vista tornare a casa in condizioni pietose la sera prima… e ovviamente era colpa di quei ragazzacci che aveva cominciato a frequentare.
Peccato che fosse colpa di Zacky.
- Ehi, ragazzi… -
- Non dire niente e abbracciami, essere spregevole! – strillò Jimmy, avvolgendola con le braccia – non te ne stai andando davvero. Vai in vacanza, tra due settimane tornerai e saremo tutti felici e contenti! -
- Mi piacerebbe, Jimbo – sospirò la giovane – davvero. Tu trattami bene Cris. E stai attento a Saya e Lia. -
La ragazza si spostò verso Brian, che cercava di essere piuttosto indifferente ma anche lui aveva le lacrime agli occhi. Era un ragazzo d’oro, era un peccato che non mostrasse quel lato di sé in pubblico, la gente lo avrebbe amato molto di più di quanto non lo amasse già.
- Bri… so quel che hai fatto ieri sera – lo rimproverò a mezza bocca – vedi di mettere a posto le cose. Okay? -
Il ragazzo annuì e, senza parlare, le diede un bacio sulla guancia. Abbracciarla? Assolutamente no, troppo contatto fisico, lui era Brian Haner, aveva il cuore di pietra!
- Gnomo, tratta bene Lea che ha bisogno di te, molto più di prima – continuò il suo giro la ragazza, cercando di appiattire la cresta da galletto – e… mh… Matt… che è successo con Val ieri? -
Il ragazzo abbassò lo sguardo, senza proferire parola. Non ne aveva parlato nemmeno con gli amici, perché avrebbe dovuto parlarne con lei in fretta e furia, dato che sarebbe dovuta partire tra pochi minuti?
- Beh, qualsiasi cosa sia successa, Mr Sanders… lei ti ama. Davvero, una persona innamorata la so riconoscere. Quindi, almeno tu, vedi di aggiustare le cose. Perché puoi anche fare il duro, puoi anche far finta di non avere sentimenti… ma a me non mi freghi. Non mi hai mai fregata. -
Il ragazzo sorrise, mostrando le sue fossette. Aveva ragione Saya quando, dopo il primo giorno di scuola, gli aveva detto che quella ragazza aveva qualcosa di particolare. Era l’unica che riusciva a leggergli l’anima, non solo a lui ma a tutti quanti.
Era speciale. Dannatamente speciale.
Dopo aver abbracciato anche lui, era il momento della verità.
Zacky era appoggiato a un lampione, con gli occhi verdi spenti, i capelli neri scompigliati e la carnagione più chiara del solito. Poteva anche essere in uno stato semi-pietoso, ma era comunque bellissimo.
Per lei lo sarebbe sempre stato.
- Ehi… -
- Mi dispiace – mormorò il ragazzo, con la voce rotta – mi dispiace davvero. Ho mandato tutto a puttane. Non… non dovevo farlo. -
- Doveva succedere – disse semplicemente, mentre gli occhi le si facevano lucidi – ed è successo. Lo… lo sapevamo entrambi, anche se non volevamo ammetterlo. Dispiace anche a me. -
Silenzio.
Aveva ragione, come al solito. Forse Zacky sapeva che sarebbe successo. Ma non voleva ammetterlo, né a sé stesso né con lei. Ed ora, che tutto era finito, che tutto era caduto a pezzi, non sapeva davvero che fare. L’unica cosa che sapeva era che non voleva che tutto quel che avevano costruito finisse. Non lo voleva proprio.
- Sai Zack? – domandò la ragazza, attirando la sua attenzione – stamattina ho suonato Bach. Pensavo di non ricordarmelo, invece era ancora tutto qui, nella mia testa. È stato bello. Se non altro, la mia memoria funziona ancora. -
Il ragazzo alzò di scatto la testa, incrociando i suoi occhi oro. Aveva sentito bene? Aveva suonato? Aveva suonato per davvero?
Avrebbe voluto strillare dalla gioia. Avrebbe voluto sollevarla da terra e baciarla. Avrebbe voluto dirle che ce l’aveva fatta. Avrebbe voluto dirle che…
- Ho mantenuto la promessa – esclamò la ragazza, con un sorriso, come se gli avesse letto nel pensiero – ti avevo promesso che sarei tornata a suonare. L’ho fatto. Grazie Zacky. Per tutto quanto. -
- Non voglio che finisca – sbottò, come rinvigorito – non voglio che non ci sia più… niente. Non voglio. -
- Nemmeno io – ora le lacrime avevano cominciato a solcarle le guance – non l’ho mai voluto. Ma… lo sai che non potrebbe funzionare. -
Il giovane la strinse in un abbraccio. Non poteva promettere che avrebbe potuto aspettare. Non poteva promettere niente.
A parte una cosa.
- Ci sarà sempre un posto per un noi – sussurrò al suo orecchio – sempre. Te lo prometto. Un giorno, forse non lontano, riavremo il nostro noi. -
 


Da lontano sembravano solo nove ragazzi seduti sul ciglio del marciapiede, senza uno scopo preciso.
Da vicino, invece, si capiva che c’era qualcosa che non andava: d’altronde, che ci facevano nove ragazzi, cinque maschi e quattro femmine, seduti sul marciapiede davanti a una casa di lusso, una delle più lussuose del quartiere? E soprattutto, perché avevano l’aria così sperduta?
- Mi sento una merda – sospirò Zacky, tirando un calcio a un sassolino di cui non si capiva nemmeno da dove veniva.
- Non parlare Baker, se per la tua incolumità fisica – lo ammonì Cris.
Ancora arrabbiata, ovvio. D’altronde, da quando la ragazza non era arrabbiata con lui? Forse lo odiava già quando l’aveva fatta cadere dall’altalena quando avevano cinque anni. O forse l’aveva sempre considerato solo come un vicino di casa, nulla di più.
- Da quanto tempo siamo qui? – domandò Lia, notando che il sole stava cominciando a calare e il cielo a tingersi di rosa, il rosa tipico del tramonto di Huntington Beach.
Erano lì da quasi otto ore. E non avevano nemmeno pranzato. Forse, erano tutti così assorti nei loro pensieri che non si erano resi conto del tempo che passava. Come usava dire Jimmy, il tempo passava veramente troppo in fretta.
Nessuno di loro voleva alzarsi per andare via. Era come se sperassero che, da un momento all’altro, quella porta bianca si aprisse e ne uscisse l’uragano Alex con dietro Electra che gli urlava di andare piano, altrimenti sarebbe finito sotto una macchina. Come se fosse stato uno scherzo, la sua partenza.
Invece non era uno scherzo. Era tutto dannatamente vero. Ed era… strano, che una ragazza che non erano riusciti a frequentare per neanche un anno li aveva cambiati così tanto, tutti quanti.
- Facendo un bilancio – provò a dire Matt – siamo tutti cambiati parecchio, in questi mesi. -
Tutti si voltarono a guardarlo quasi terrorizzati. Perché? Che aveva detto? Era stato inopportuno?
- Da quando usi la parola “bilancio”? – domandò Lea, rispondendo ai suoi interrogativi.
- Perché? Non è da me? -
- Decisamente non da te, Sanders – confermò Jimmy, per poi alzarsi – andiamo. Stare qui mi sta consumando il cervello. -
- Concordo in pieno – borbottò Johnny.
Si camminava lenti, come del resto lento era il sole che stava tramontando su Huntington Beach. Forse andavano così piano perché non volevano salutarsi.
Come se avessero paura che non si sarebbero visti più. Quella storia del trasferimento li aveva scossi parecchio: se fosse capitato a loro, un giorno? Se uno di loro avesse dovuto andarsene per sempre? Non era una cosa a cui pensavano, ma era probabile. Tutto era possibile.
Nonostante tutto, però, c’erano quegli sguardi che dicevano che, qualsiasi cosa sarebbe successa, sarebbero comunque rimasti uniti.
Nel bene e nel male.
Lontani o meno. In fondo, era quella l’amicizia.
Il gruppetto di persone si fermò davanti a casa Sullivan, la più vicina.
- Bene ragazzi, ci si vede domani – salutò Saya, con un ampio gesto della mano – le prove… -
- Aspetta – la interruppe Brian – ehm… per… ieri… ecco… -
- Non ti preoccupare, Haner – lo interruppe a sua volta la giovane, sorridendo – eri ubriaco. Bacio dimenticato. E non ti preoccupare, a Michelle non lo dico. -
- Ma veramente… -
- Le prove domani sono in garage, mi raccomando puntuali! – esclamò.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo di intesa. Non era proprio nell’umore adatto per discutere, soprattutto con Brian.
E, ovviamente, non dopo quello che era successo tra loro la sera prima. Ammesso e non concesso che fosse davvero successo qualcosa.
- Beh? – domandò Jimmy, appena gli altri si furono allontanati quel tanto che bastava da non sentirli più – che cos’era quello? -
- Era un “non ne voglio parlare” – rispose, mimando le virgolette con le dita.
- Ma è Brian, sorellina. Brian. -
- Il tuo migliore amico. Il tuo tutto. Tuo, Jimmy. Non mio. Non ne voglio riparlare, ti prego. -
Il batterista alzò gli occhi al cielo: c’era ancora molto, davvero molto su cui lavorare. Ma lo avrebbero fatto, tutti quanti. Era un po’ come una promessa.
“Electra, ti prometto che farò rigare dritto tutti quanti” pensò, sperando che quel suo pensiero la colpisse dritta al cuore “e ci incontreremo ancora. Ti prometto che ci incontreremo ancora”.
 
Dopo tre ore e mezza di volo finalmente era arrivata a New York. Non era certo stato un inizio promettente, dato che appena fuori dall’aeroporto avevano rubato la borsa a sua madre e per poco non le portavano via anche il giacchino primaverile che teneva in vita.
In più, suo fratello era stato male per tutto il volo e barcollava come un ubriaco, andando a sbattere dappertutto, compresa la porta di casa.
Era una grande appartamento al sedicesimo piano di uno dei grattacieli che circondavano Central Park. Da lì suo padre le aveva indicato la prestigiosa scuola privata alla quale sarebbero andati lei e il fratello minore il giorno dopo, così, come se fossero pacchi postali.
Più che a una scuola quell’edificio le sembrava un carcere. In generale per luogo le sembrava un carcere. Si sentiva prigioniera.
Voleva tornare ad Huntington Beach. Dai suoi amici, amici veri.
Sospirò, poi il suo sguardo si puntò sul cielo blu. Blu come gli occhi di Jimmy, identici, sfumatura compresa. Era veramente uno spettacolo meraviglioso.
Così il suo pensiero andò a lui che, forse, era intento a consolare tutti gli altri.
Anche Zacky.
“Resisti per un po’ Jim” pensò “ti prometto che ci incontreremo di nuovo”.





Note dell'autrice:
Ciao splendori! *le tirano addosso di tutto, specialemente cose taglienti in modo da provocarle grandi ferite*
Lo so che mi odiate. Ma ve l'avevo detto, in fondo. 
E... non so cosa dire. Electra se ne è andata. Ma ehi, non vuol dire che la storia finisce qui, anzi! Se devo essere sincera, la storia si sta avviando in conclusione, ma non è certo finita qui... insomma, come accidenti potevo farla finire qui? E okay, sto impazzendo. Sindrome da passaggio di età mode on.
Si, domani compio gli anni putroppo per me, odio i compleanni... o meglio, odio il MIO compleanno. Si, sono strana, tanto anche.
Anyway, sparisco in una nuvola di fumo.
Ringrazio Electra, Lia, Cris e Lea.
Ringrazio coloro che hanno recensito:
_ Rosie Bongiovi
_ Electra_Gaunt
_ _Cris
_ _Leah
_ Dominil
_ Doripri
_ blueberryjuice (cartolina dall'Etiopia in arrivo!)
_ Strong Haze
_ Erica_A7X
_ Slyth
_ KobraKiller_Juice
_ LiaEchelon
_ alexxx_fire_inside (<3)
_ Katsura
_ AlisGee
Ringrazio coloro che la seguono:
_ alexxx_fire_inside
_ AlmostEasy
_ BlackArrow
_ blueberryjuice (devi decidere dove devo scappare... di nuovo U.U)
_ dizzyreads
_ Emss
_ Erica_A7X
_ GheggoBH
_ GyspyRose 
_ Katsura
_ LiaEchelon
_ LizLoveSyn
_ Luri07
_ MaryDay
_ MyChemicalDay
_ Rosie Bongiovi
_ Saturday24
_ wade (new entry numero 1: spero sia viva/o)
_ _Cris
_ _Leah
_ __MD (new entry numero 2: spero sia vivo/a pure lei/lui xD)
Infine ringrazio quelli che l'hanno messa tra le preferite *sparge tanto amore*:
_ alexxx_fire_inside
_ AlmostEasy
_ Crow15
_ KobraKiller_Juice
_ Manganese
_ Motherofgod
_ mimi96
_ NinaAlways
_ Rachel_Ugo
_ Rosie Bongiovi
_ Slyth
_ Leah
E ringrazio chi l'ha messa fra le ricordate:
_ GatesAnne
_ Ronnie02
_ _Cris

E... e... e...? E niente, vado via. Siete fantastici, davvero.
Se volete insultarmi con tanto amore (in realtà mi odiate ma va bene u.u) su Twitter sono @SayaWood
Al prossimo capitolo!
Kisses
Vava_95
  
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