Crack, fanon o
canon? Slash, het o threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I
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Prompt: Shikamaru/Ino - pettine
L'ho
scritta per il WHITE MIDNIGHT, ma sono in ritardo di qualche ora.
Come al solito. *s'inginocchia sui ceci*
Ringrazio Mimi18 per
avermi fatto notare l'iniziativa!
Realizzazioni
seccanti
di
slice
Fin
dalla più tenera età la sua intelligenza gli aveva
permesso di avere una certa obiettività e di ragionare sulle
cose in modo freddo, calmo, di rifletterci sopra perché,
tanto, gli ripeteva una vocina da qualche parte, con il panico non si
ottiene altro che uno spreco di tempo prezioso. In futuro, in
missione come in guerra, si sarebbe guadagnato la fama di qualcuno
lento ma efficace per questo suo modo di essere risolutivo con i
propri tempi.
La pazienza e la capacità d'analisi, lo
avevano aiutato a destreggiarsi attraverso situazioni tanto innocue
quanto spinose - ovvero ad evitarle - per un ragazzino, come
l'adolescenza. Ad esempio tutto ciò che aveva appreso
all'accademia e in guerra poteva essergli d'aiuto in molti altri
campi, ma non il contrario.
Poi era stato ovvio che a volte non
vi è soluzione e altre non la si vuole trovare.
Visto che,
da bravo stratega, sapeva che una soluzione vi è sempre, una
delle cose apprese senza l'ausilio di Iruka sensei era stata
l'esistenza di alcune occasioni in cui non la si vuole trovare. Ad
esempio alle femmine c'è rimedio ma non sempre lo si vuole
applicare.
Il livello di seccatura raggiunto da una femmina poteva
essere inaudito e Shikamaru era convinto che fosse anche
proporzionale al proprio mosochismo. Era ben consapevole che, in
realtà, il suo carattere remissivo fosse la seccatura maggiore
poiché nessuna femmina è pericolosa quanto quella
lasciata libera di sommergerti con le sue seccanti questioni. L'unico
pregio che lui e tutta la sua somma pigrizia potevano, al massimo,
per onore della verità, attribuire a quelle infide creature
profumate, era la capacità di rendere in un qualche modo
interessante un'assoluta cavolata.
“Trovo che Sasuke
dovrebbe sul serio guardarsi intorno, insomma, possibile che non ci
sia nessuna che attiri la sua attenzione?”
Certo, il mignolo
sinistro di Rock Lee poteva essergli più affezionato di
Sasuke, ma Shikamaru trovava al tempo stesso snervante e interessante
quel tipo di interazione che Ino cercava di intrattenere con
l'Uchiha. Spesso si trovava ad osservarli di sottecchi e a
commentare, con il Consiglio che vive nel suo cervello, cose a cui
non credeva avrebbe mai potuto assistere. Un documentario,
insomma.
C'era una strana asimmetria in quel rapporto e, per
questo si sentisse al riparo dal fascino della compagna di squadra,
lo infastidiva. Tuttavia, l'intensità di quel qualcosa lo
affascinava e paradossalmente era quasi geloso del fracasso che
faceva il cuore di Ino. Il suo, dopotutto, era sempre così
calmo, addormentato.
A prescindere da Sasuke, kun o meno, le
richieste di Ino potevano rasentare il ridicolo e lui acconsentiva
solo per mantenere gli stessi timpani e non doverli cambiare come i
calzini, in più vi era un recondito desiderio di vedere cosa
vi si trovasse, come il motivo per cui suo padre assecondasse sua
madre.
Dopo, una volta raggiunta la pratica, aveva dovuto
ricredersi e accettare il fatto che cose come spazzolare i capelli di
Ino potessero essere un passatempo lieto, calmo.
Seduto dietro di
lei sull'engawa, Shikamaru annuì in risposta, sapendo già
che lei non se ne sarebbe curata e avrebbe proseguito con il
discorso.
“Inoltre vorrei sapere perché cavolo Sakura
è stata messa in squadra con lui, non c'entra e non sa fare
niente...”
A quel punto cominciava ad agitarsi e lui le
andava dietro con il pettine, sbuffando quando le ciocche gli
sfuggivano dalle dita perché si muoveva troppo.
“Ahia!
Ti ho chiesto di pettinarmi i capelli, non di rendermi
calva!”
“Allora stai ferma, Ino, credi che mi
diverta?”
Non si divertiva, ma si rilassava, in compenso.
C'era qualcosa di ipnotico in quelle ciocche chiare e il dover
compiere gesti sempre uguali non lo rendeva nervoso, non lo annoiava,
gli liberava la mente, cosa che non era ancora riuscito a fare con
nessun'altra occupazione. Che scoperta, che pace. La voce di Ino
echeggiava, a volte pure stridula, ma c'era un sacco di pace e
Shikamaru a volte si trovava a dover chiudere la bocca da quanto
assorto e rilassato lo lasciava quel compito.
“Mh,
dicevo...”
Era rilassante persino il nome di Sasuke, poiché
tutto assumeva una tinta unita che gli provocava un piacere fisico
così leggero da lasciarlo stordito, proteso in cerca di quella
sensazione. Il silenzio tra le sue tempie era un evento da
festeggiare. A questa realizzazione, capì di dover fare un
regalo all'amica.
“Cosa credi sia più importante, gli
occhi di lui che non ti guardano o l'amicizia di lei che ti cerca
sempre?”
Sentì Ino irrigidirsi, in silenzio, colta da
quella domanda come da un kunai nel petto, con un po' meno sangue in
giro. La norma voleva che lui annuisse piano, lei riconosceva ormai
il fruscio di quell'azione, alle sue spalle, e proseguiva senza
aspettarsi una vera risposta, tanto meno una domanda. Era convinta
che non seguisse i suoi discorsi e soprattutto che nessuno potesse
vedere cosa le bruciava di più.
Lui posò il pettine
e rimase in silenzio, in attesa di qualcosa che non sapeva se sarebbe
arrivata. Infine sospirò, mettendosi seduto accanto a lei.
“Fa
come vuoi, Ino, solo cerca di non dovertene pentire, in futuro,”
e volse lo sguardo alle stelle, imitato da lei, poco dopo .
Quando
in inverno l'engawa era troppo freddo per una qualsiasi attività,
la sua camera ospitava i capelli biondi di Ino e il suo
pettine.
“Sakura è a pezzi,” disse lei. Si
passò una mano sul braccio come a rassicurarsi da sola che
anche quell'angoscia se ne sarebbe andata, prima o poi.
Shikamaru
annuì, una mano scivolò su una lunga ciocca subito
seguita dall'altra, munita di pettine. Arrivò in fondo e il
suo sguardo, che seguiva le sue mani, cadde più in basso, sul
sedere della compagna di squadra.
Ino era seduta sul suo letto, le
gambe incrociate tendevano la stoffa dei pantaloncini, e in quel modo
rimaneva scoperta un sacco di pelle in più.
Il genio si
perse per un momento da qualche parte tra una natica e l'altra,
l'adolescente invece fece un verso stupido, che fortunatamente
rimbombò solo nel suo cervello silente, e si accorse di non
averci mai fatto caso. Non che, come tutti i ragazzini della sua età,
non fosse attratto dalle ragazzine, tanto più che suo padre
gli aveva spiegato quanto fosse purtroppo normale interessarsi
all'altro sesso; solo che non aveva voglia - neanche il tempo, ma
soprattutto la voglia - di seguire questi suoi seccanti istinti.
Che
Ino fosse una di quelle ragazzine, e quindi non solo una seccante
femmina ma anche una Femmina, con tanto di gonfiori in punti
sconvenienti, profumo e pelle liscia, era stata una presa di
coscienza snodatasi in modo astratto e graduale, insieme a
quell'esercizio zen che era diventato pettinarle i capelli. Sbattere
i suoi bulbi oculari in qualcosa di così reale, invece, lo
scosse un poco.
“Che c'è? Ho le doppie punte?”
saltò su lei, dopo aver avvertito la mancanza del suo
tocco.
“No.”
“Il fatto è che a Sakura
sfuggono parecchie cose e non so come fargliele notare... Non mi
sento proprio in diritto di dirgliele, ecco.”
Con una mano
si portò indietro dei ciuffi che, dal taglio maldestro
dell'episodio increscioso nella foresta della morte, erano rimasti
più corti.
Shikamaru guardò alternativamente un paio
di volte le ciocche più corte e quelle lunghe, poi si fermò
brevemente sul sedere, sbattendo le palpebre all'ennesima
rivelazione. Così almeno vantava una gola secca, ma occhi
idratati. Un po' irritato da tutto quel movimento nel suo cervello,
nonostante la sua rilassante occupazione, pensò che ovviamente
i capelli di Ino sarebbero ricresciuti fino ad arrivare al sedere o
più in basso.
Scosse la testa, scocciato, e riprese il
movimento senza dare spiegazioni alla compagna che ancora chiedeva
cosa ci fosse da fissare nei suoi capelli perfetti.
Negli
anni successivi c'era stato bisogno di crescere, in fretta, nel modo
migliore per un ninja, per imparare più tecniche e affinare
quelle di base. Erano iniziate le missioni.
Il loro appuntamento
si ripeteva dopo ogni missione, ormai. Spesso Chouji sgranocchiava
patatine lì vicino e ridevano insieme di cose successe
all'accademia; Sakura li raggiungeva qualche volta e c'era la
possibilità che si trascinasse dietro pure Naruto, così
arancione e casinista da forzare il buon umore nel cuore di tutti. In
altre occasioni erano invece soli e lei parlava di tutto quello che
non riusciva a dire a nessun altro, riceveva pacati consensi o
piccoli sbuffi che le facevano capire dove iniziasse ad essere
petulante e perdesse il punto della situazione. Tutto sommato non era
che un modo per scusare il loro bisogno di compagnia, un modo che Ino
aveva assunto per chiedere consiglio a Shikamaru senza aver bisogno
di chiederglielo davvero. E per Shikamaru era sempre lo stesso
rilassante appuntamento con quei fili chiari, setosi, che scendevano
in una cascata morbida sulla schiena della compagna.
Dopo, era
arrivata la morte, così vicina e improvvisa. Un forte dolore
li aveva stretti assieme eppure spinti così lontani da sentire
il cuore battere stanco, in tutto quel silenzio. C'erano stati
momenti di vero sconforto in cui Ino riusciva a mostrare il suo viso
solo alla spalla o alla schiena di Chouji e lui sgranocchiava piano
per impedire ai singhiozzi di mandargli le patatine di traverso.
Piangevano solo di sera, Ino aveva i capelli pieni di nodi e gli
occhi gonfi e Shikamaru rimaneva seduto sotto la finestra del
compagno ad ascoltare i loro singhiozzi con la fronte poggiata sulle
braccia e le ginocchia bagnate di frustrazione.
Quella del genio
era stata presa per forza, ma lui era consapevole che prendere il
comando e riuscire a scuotere i compagni era solo una sua esigenza:
voleva riuscire a rimetterli in piedi perché altrimenti
sarebbe caduto anche lui e non voleva pensare a cosa Asuma avrebbe
potuto vedere da lassù.
Pein aveva deviato l'attenzione dal
dolore per la morte del maestro, ma era solo stato seppellito da un
senso di colpa, per tutti gli shinobi e i civili che non erano
riusciti a salvare; un senso di colpa più pesante delle
macerie di Konoha, che premevano sul loro cuore allo stesso modo. Da
un po' di tempo Naruto che ride era diventato Naruto che soffre per
Jiraiya, poi Naruto che apprende con un cuore già incrinato la
morte di Kakashi e infine Naruto Kyuubi che rincorre, per ucciderlo,
qualcuno capace di ferire Hinata; quell'Hinata che lo idolatrava,
quell'Hinata che si era dichiarata, finalmente, e senza saperlo ha
avuto più coraggio di tutto il villaggio.
Senza tanti
complimenti, come se non bastasse, Shiho, aveva portato più
gelo di Temari tra lui e Ino. I preparativi per la guerra erano stati
fatti da fasci di nervi, più che da shinobi di Konoha, e
Shikamaru si lamentava dal suo divano, costretto da una gamba rotta
all'immobilità.
Ino gli faceva visita quando poteva e se
ne andava sempre con il pettine ancora nella borsa senza avere il
coraggio di chiedergli niente, poi, una sera, lui ebbe la giusta
occasione e la colse: vide sua madre pettinarsi nell'ingresso e la
chiamò con una scusa, ponendo domande a caso che lei attribuì
alla noia.
“Lo so che è dura per te vedere gli altri
darsi da fare, ma prendila come una breve vacanza che ti permetterà
di arrivare al fronte riposato,” e lo disse con gli occhi
lucidi perché suo figlio diciassettenne stava per andare in
guerra, quella per cui da ragazzina venne devastata, pur avendola
vista solo riflessa nello sguardo di quegli shinobi che ebbero la
fortuna di tornare. Poi si era alzata, lasciando sul tavolino basso
il suo pettine perché “Oh, sono in ritardo!”. E
Shikamaru aveva sorriso: per lei era semplicemente contento di non
conoscere la sua destinazione, ché le donne sono una grande
scocciatura per suo marito e suo figlio, e invece lui era intimamente
felice della sua sbadataggine. Yoshino si chiese in effetti perché
suo figlio guardasse il suo pettine, ma, insomma, era in ritardo,
dopotutto.
Ino quella sera guardò l'oggetto sul tavolino
con le sopracciglia molto in alto e lui non aspettava altro.
“Dai,
vieni,” disse solo, prima di sbuffare e mettersi seduto in modo
da poterle stare dietro. Lei lo stupì invece e si accucciò
ai piedi del divano, in ginocchio davanti a lui. Gli diede il pettine
mentre scioglieva i capelli e, se non fosse stato seduto, Shikamaru
avrebbe dovuto farlo perché quei capelli coprivano del tutto
il sedere.
“Che c'è?”
“Sono
cresciuti...”
“Già, succede, quando cresci,
Shikamaru,” disse Ino, mentre metteva dietro le orecchie alcuni
ciuffi più corti perché scalati sul davanti.
Lui
annuì, cominciando da una ciocca laterale. Dovette fare
attenzione ai nodi e tenerle saldamente le ciocche una ad una per non
farle male. Poi iniziò a pettinarli da cima fino in fondo;
senza tutti quei nodi il pettine filava e le spalle di Ino erano
rilassate, i movimenti della sua testa morbidi e le mani avevano i
palmi aperti invece che piccoli pugni rigidi. Shikamaru sospirò,
poggiando il gomito sul ginocchio e il viso sul palmo della mano. La
compagna non sembrava intenzionata a parlare, né dei suoi
problemi né di quelli altrui, che lei sicuramente conosceva.
Pareva rilassata eppure qualcosa tradiva del nervosismo.
“Che
cosa pensi di Shiho?”
Tutti i campanelli di allarme si
misero a suonare e Shikamaru ne rimase un attimo stordito.
“Eh?”
“Sì,
insomma, è carina,” disse lei.
“Vuoi
uscirci?”
“Shikamaru...”
“I tuoi
capelli sono davvero lunghi, Ino,” disse.
Non aveva inteso
mettere in quella frase più di quanto volesse lasciar
intendere, si corresse dicendosi che in effetti non ci aveva messo
proprio nulla, ma Ino doveva aver preso qualcosa dal momento che
pareva essersi irrigidita.
Shiho era carina, arrossiva, balbettava
e tutto questo solo per lui, ma Ino era proprio una rottura di balle
e nella sua assenza c'era il vero silenzio. Con Shiho ci sarebbe
sempre stato, che era come dire che non sarebbe più riuscito a
trovarlo. Il genio emise un sospiro mentre realizzava che Shiho non
era una seccatura. E non c'era gusto.
La kunoichi si era accorta
della mano di lui scesa a stringere una ciocca centrale, una delle
più lunghe, e lo lasciò finire, realizzando che forse
aveva aspettato che le crescessero fino là. All'improvviso si
mise a ridere.
Shikamaru si bloccò, accigliato. Pur avendo
imparato che quella delle donne non è pazzia, cosa per cui
comunque si era ripromesso di trovare un nome, si stupì di
come Ino le avesse proprio tutte quelle cose da Femmina.
Lei si
voltò a guardarlo con un sorriso.
“Mi sei mancato,
Shikamaru,” e lo abbracciò, senza riuscire a smettere di
ridere vicino al suo orecchio.
Owari
Mi piacciono le ShikaIno, ma cavolo se non mi riescono. L'ho fatta pensando bene a quel che volessi dire, eppure rileggendola sembra così tirata via che mi fa venire poca voglia di postarla. Forse semplicemente non sono personaggi che muovo bene. Certo, probabilmente con Shikamaru già miglioro, ma Ino non è affatto facile e insieme mi sembrano molto, troppo, impacciati, quando ne scrivo io. Mah. Mi affido al giudizio del pubblico. (E venne lapidata... -.-)
I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.