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Autore: ChiaKairi    23/09/2012    5 recensioni
Salve a tutti, questa non è la mia prima fanfiction, ma è la prima in assoluto che decido di postare.
Non voglio sprecare troppe parole, ma potrebbe esservi utile sapere che ogni luogo descritto è reale, infatti mi sono ispirata alla mia città di villeggiatura (le foto di mare che inserirò sono state scattate quasi tutte da me e vi aiuteranno ad entrare nella giusta atmosfera).
Questa è una storia di mare, di mistero, di amore e di libertà. E' una storia dove gli Occhi, sono i veri protagonisti.
"Conosci quel suono simile ad un tintinnio, che si percepisce in un posto molto silenzioso? Alcuni dicono che si tratta di una illusione-uditiva causata dalla non possibilità dell’orecchio umano di percepire vibrazioni al di sotto delle frequenze sensoriali. Questo, è completamente sbagliato. Quel tintinnio, copre qualcosa."
Buona lettura e spero di conoscere tante nuove, belle persone qui. :)
Enjoy!
Chiara
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13. Eden

 

 
“Questa volta, ti licenzia sul serio, amico mio.”disse Jonghyun.
Sicuro.
“Farò il barbone a vita, ok? Oppure mi faccio assumere in uno di quei locali per spogliarellisti, e via.” Jonghyun sogghignò.
“Non ti ci vedo. Ma sarebbe divertente.”
“Smettetela con queste stronzate e correte.” Sbottò Kibum, mano nella mano con Jonghyun.
“Yah, Kibum-ssi… chi ti insegna queste parole?” chiese Minho, stupito.
“Jonghyun.”
“Domanda stupida, hai ragione. Venite, è di qui.”
I tre ragazzi si infilarono tra una stretta fila di ombrelloni chiusi, silenziosi e leggeri come ombre, i piedi nudi nella sabbia e addosso solo canottiere leggere e pantaloncini.
Niente coltelli o pistole nelle mani, ma non si poteva dire che fossero disarmati.
Non più.
Avevano passato tutto il giorno a progettare quel piano, che era fluito fuori dai loro cervelli con una facilità estrema, quasi che fosse la cosa più ovvia da fare in quel momento.
Sapevano anche che sarebbe stato una specie di suicidio, ma non gli importava.
Era in gioco la vita di Taemin, e di conseguenza anche la loro.
Lottavano per donare la libertà a coloro che amavano, e questo sarebbe bastato per far sì che prendessero la decisione di scalare l’Everest a mani nude.
“Eccolo.”
Un capannone sulla spiaggia. Minho cercò la porta d’ingresso di legno e afferrò la maniglia arrugginita. Tirò e si sentii uno scricchiolare sinistro, ma la serratura non si aprì. Imprecò e si frugò tra i pantaloni.
Non era andato al lavoro per cinque giorni, i tre in cui aveva imparato ad usare la mente, e poi ancora due giorni, dopo che…
Infilò una mano in tasca e ne estrasse una lunga chiave. Aprì.
La chiave, l’aveva rubata direttamente dall’ufficio sulla spiaggia del suo capo. Quello era il capannone dove teneva i suoi attrezzi e i suoi due motoscafi.
“Dio, qua ci arrestano tutti, guardate che roba!” esclamò Jonghyun una volta dentro, notando la lucentezza dei due motoscafi bianchi nel buio della notte.
“E dai Jonghyun, pensa in grande… come ci volevi andare a Eden? Non so se hai visto la brutta fine che ha rischiato Taemin facendosela a nuoto, povero bambino…”
Un ragazzino sdraiato sulla spiaggia, a pancia in giù.
Un tocco freddo e disperato.
Minho si scrollò di dosso quel ricordo e, veloce come un gatto, tolse il telone grigio che ricopriva un motoscafo. Ci balzò dentro e esaminò gli interni. Un po’ di polvere, ma sembrava tutto a posto.
Sperò con tutto se stesso che ci fosse carburante sufficiente e che partisse. Aveva visto spesso il suo capo usarlo, per il suo divertimento personale, e in effetti sembrava tenuto molto bene.
Aveva rubato anche la chiave d’avviamento del motoscafo. Con freddezza e senza che nessuno lo notasse. Come quando rubava i soldi di sua madre o di Jonghyun per la droga.
“Aiutatemi.” Disse. Trascinarono il motoscafo all’aperto e lo spinsero in mare, poi vi saltarono sopra, Minho alla guida.
“Dimmi che sei capace.”
“Sono capace.”
Un rombo e uno scossone.
“Capace nel senso che improvvisi o nel senso che l’hai già fatto prima?”
“Capace.”
Kibum e Jonghyun si ressero forte ai sedili.
 
Eden, un’isola sconosciuta nel bel mezzo dell’oceano, ampia quasi come un piccolo quartiere cittadino. Un lembo di terra semicircolare, invisibile. Da anni, nessuno la notava più, non c’erano navi o barche che se l’erano ritrovata sulla rotta e nessuno ci si era più avventurato.
Era il suo regno, ben protetto.
Era il luogo dove lui era più forte e dove poteva tutto. Non se ne allontanava mai.
“Minho… devi seguire quella direzione.”
“Più a est?”
“Sì… non siamo lontani. E, per favore, vai più veloce.”
Minho ascoltò le direttive di Kibum e le mise in pratica, come un automa. Vedeva solo nero attorno a sé e le onde scure in cui si gettava la prua affilata del motoscafo gli davano il voltastomaco. Era così concentrato che se la coscienza primitiva e innocua di un gabbiano si fosse azzardata a sfiorare la sua, se ne sarebbe accorto all’istante. Sentiva che Kibum era esattamente nella sua stessa condizione, ogni tanto incontrava i suoi occhi felini nel buio e si sentiva più sicuro.
E poi c’era Jonghyun, la sua mente si era dimostrata più tenace e irremovibile di quanto si aspettassero.
Kibum si alzò in piedi, reggendosi alle spalle ampie di Jonghyun. Il vento gli scompigliava i capelli ma il suo sguardo era fisso.
“E’ qui. Rallenta.” Gli altri due ragazzi si voltarono, aguzzando la vista.
“Dove?”
Seguirono il dito indice di Kibum. Minho, dallo spavento, inchiodò e fece spegnere il motore. Per poco non caddero in acqua.
Una montagna, che sorgeva dal mare.
“Fino ad un minuto fa non c’era, ne sono sicuro.” Esalò Minho, scusandosi.
“C’era. Se non ci fossi stato io ad indirizzarti, l’avresti semplicemente sorpassata senza vederla mai. Ma io so che c’è.”
Minho sapeva cosa fare ora. Riaccese il motore, il più silenziosamente possibile, e seguì la costa dell’isola, verso est. Piano.
Il mare era calmo, quella sera, proprio come quando era arrivato Taemin.
Quella coincidenza riempì il cuore di Minho, come un segno.
“Kibum, dov’è la spiaggia…”
“Continua. Ancora qualche metro, oltre quella scogliera.”
Passata un’altissima ed invalicabile parete rocciosa, Minho la vide. Spense di nuovo i motori, saltò giù dall’imbarcazione e la legò al possente fusto di una palma che si ergeva sulla spiaggetta, unico punto di accesso al cuore dell’isola.
“Si fermarono un attimo, per prendere dei lunghi respiri e scrutare tra la foresta scura che li circondava. Scogliere a destra, scogliere a sinistra, l’ingresso in una miriade di alberi e arbusti dalle fogge più variegate davanti a loro.
“Mi sembra di essere in un cazzo di incubo.” Sibilò Jonghyun. Minho gli strinse un avambraccio.
“Anche a me. Ma finirà presto, vedrai.”
“In un modo o nell’altro.” Aggiunse Kibum. Minho lo guardò, gli zigomi sporgenti sottolineati dalla flebile luce lunare. Era così serio, con quelle labbra carnose, e capì che Jonghyun aveva ragione. Sembrava un incubo.
Jonghyun si voltò verso Kibum e gli prese il viso tra le mani, avvicinando le loro fronti. Il ragazzo biondo chiuse gli occhi e Minho si voltò.
“Ricordati la promessa che ti ho fatto.”
“Mmm.”
“Ricordatela.”
Silenzio.
Labbra che si sfiorano.
“E adesso facci strada.” Kibum prese a camminare, passi lenti e decisi, verso la boscaglia intricata. Minho e Jonghyun lo affiancarono, iniziando a spostare con le mani le fronde che gli ostacolavano il passaggio.
Minho sentiva la presenza di migliaia di piccole creature, insetti e uccelli per lo più. Niente di familiare o di minaccioso.
Per due interi giorni, la sua mente non aveva mai smesso di spingersi lontano per cercarlo. Era rimasto tutto il tempo che poteva solo, sulla spiaggia, tentando di raggiungerlo oltre quel mare che li separava… non aveva trovato traccia di lui.
Jonghyun imprecava ad ogni passo, inciampando e sferzando l’aria sopra la sua testa, infastidito dalle foglie e dagli scricchiolii.
“Kibum” disse Minho. “perché non ci avete detto di Onew, quel giorno?”
Se ora siamo qui, è colpa sua.
“Perché Onew è perduto. Il Maestro l’ha preso anni fa, soggiogato completamente. Fa solo ciò che lui gli dice, pensa solo ciò che lui pensa.”
“Mi dispiace. Per lui.” Kibum si fermò un attimo a guardarlo.
“Anche a me.”
Mentre proseguivano, Minho ampliò la mente il più possibile, senza abbassare troppo le difese. Gli sembrava di essere di nuovo in mezzo alla folla, cercandolo. Eppure la sensazione era completamente diversa. Di nuovo non sentì altro che gabbiani e insetti.
Senza che nemmeno se ne rendessero conto, i cespugli e i rami si diradarono sopra le loro teste, poi iniziarono ad intravedere sotto i loro piedi un sentiero ghiaioso. Era quello che cercava Kibum.
Un pipistrello entrò nel campo mentale di Minho e in un secondo gli sfrecciò davanti al naso. Sentì Jonghyun sobbalzare.
“Di qua, adesso è facile.” Li rassicurò Kibum, camminando più velocemente. Minho ringraziò silenziosamente, aveva le gambe che cominciavano ad intorpidirsi.
Seguirono il sentiero che si allargò ancora di qualche centimetro, poi, improvvisamente, la boscaglia finì e lo spettacolo che si parò davanti ai loro occhi era così bello e inaspettato da togliere il fiato.
Uno spiazzo nel bel mezzo dell’isola disabitata, una sorta di radura in mezzo a tutte quelle piante selvagge. E al centro di essa, un palazzo dalle pareti bianche, di marmo, che riluceva come una gemma traslucida e si rifletteva in uno specchio d’acqua limpida. L’intera radura sembrava appartenere ad un altro mondo, la quiete e i colori che si percepivano erano così vividi che il cuore di Minho sembrò fluttuare in tutto quel candore. La forma del palazzo era triangolare, numerose finestre rettangolari ornavano le pareti mentre il tetto era costituito da una serie di cupole appuntite. Il laghetto davanti all’edificio era circolare, i bordi segnati da una fitto contorno di piante dai colori sgargianti. Quasi Minho poteva immaginarselo, un caschetto biondo accovacciato tra quei fiori, serio. Deglutì e riprese a camminare, il mento in alto, verso le finestre.
“Wow… è acqua di mare?” chiese Jonghyun osservando il riflesso della luna piena nello specchio d’acqua.
“No, è dolce. Puoi bere se vuoi.”
Minho si sentiva scoperto, ora che non c’era più la vegetazione a nasconderli. Le pareti di quel palazzo erano troppo chiare, sembravano fatte apposta per riflettere le luci delle stelle e inchiodare chiunque attraversasse il cortile.
Sembra davvero il Paradiso dell’Eden… ma in realtà è un’inferno.
“Secondo voi, sa già che siamo qui?”
“Taemin è con lui, quindi è probabile che sia distratto.” Rispose Kibum, tetro. Le unghie di Minho gli si conficcarono nel palmo, mentre stringeva un pugno per trattenere la tensione. “Ma lo saprà presto. Non appena varchiamo quella soglia.”
Aggirarono il lago al centro della radura e il nervosismo di Minho crebbe. Se avessero potuto attraversarlo, avrebbero risparmiato tempo inutile. Kibum camminava troppo lento. Non avrebbero dovuto nascondersi, o qualcosa di simile? Era davvero così scontato che quell’uomo li scoprisse?
“Minho, sta tranquillo. L’unico modo è confrontarci a viso aperto. Questa volta siamo insieme. Se non andasse nemmeno così, davvero non ci sarebbe più nulla da fare.” Gli disse Kibum. Doveva aver percepito la sua inquietudine. Quelle parole gli infusero una certa tranquillità e gli diedero una lucidità nuova. L’immensa porta d’ingresso del palazzo si avvicinava, Minho ne distingueva i contorni decorati a sbalzo e i maniglioni tondi. Quando si fermarono davanti all’entrata chiusa, sentì dall’altra parte, poco lontano, una coscienza con le difese alzate.
I tre ragazzi si guardarono.
Onew.
Kibum si fece avanti e aprì il portone d’ingresso con facilità, come se questo fosse leggerissimo e non massiccio ed impenetrabile come si aspettavano Jonghyun e Minho.
L’ingresso dell’edificio era nient’altro che un lungo corridoio, estremamente spoglio, le pareti bianche degli interni erano semplicemente decorate con dei motivi floreali in vicinanza del soffitto. Anche i pavimenti erano di candido marmo. Sembrava un luogo incontaminato.
Onew era in piedi davanti a loro, appoggiato ad una parete. Appena li vide entrare, si voltò per accoglierli con un sorriso.
“Fratello! Sapevamo saresti arrivato. Finalmente siamo di nuovo tutti a casa.”
“Che bello.” Commentò Kibum, una mano sulle ossa sporgenti del fianco destro. Onew rise.
“Il Maestro ti aspettava. Ed anche Taemin. È solo che… i due umani, non dovrebbero essere ammessi qui dentro.” Un’altra mente, oscura e gelata, guizzò tra i quattro presenti nel corridoio, per poi svanire all’istante. Gli occhi chiari di Onew brillarono.
“Oh, come non detto. Viste le circostanze, si farà un’eccezione. In fondo, vogliamo solo che Kibum torni fra la sua famiglia. Prego.”
Onew si voltò di lato e si inchinò leggermente.
Minho, Jonghyun e Kibum alzarono ogni difesa mentale in loro possesso e avanzarono.
 
 
 
Sedeva su una sedia ricavata direttamente dal marmo che costituiva il pavimento, vestito con pantaloni bianchi e una giacca grigia. Aveva lunghi capelli neri e un viso giovanile, nonostante le rughe attorno agli occhi e sulla fronte dimostrassero la sua età. Doveva avere un bel fisico, Minho lo notò dalle sue braccia: erano snelle e toniche. Nella stanza non c’era assolutamente nulla, se non un tavolo di legno, alcune sedie e dei fiori gialli, in un vaso sotto all’unica finestra nel locale. Alla destra del trono bianco su cui sedeva il Maestro, c’era l’unica macchia di colore presente nella stanza, così forte e contrastante da sembrare liquida: era un letto dalle coperte di velluto, ed era completamente rosso. Su di esso, sedeva Taemin, le mani bene aperte lungo i bordi, il viso completamente coperto dai capelli.
Minho lo guardò e sentì il cuore aumentare i battiti. D’istinto, ebbe la voglia di corrergli incontro, prenderlo in braccio e fuggire via, ma c’erano troppe menti a controllare la sua, troppe insidie e si trattenne. Il ragazzino era vestito con pantaloncini e una camicia dello stesso colore di quelle del Maestro e di Onew. Minho l’aveva già visto vestito così, ricordava gli stracci sgualciti che gli aveva trovato addosso la notte in cui era scappato.
Onew si sistemò in piedi al fianco sinistro del Maestro, vicino ad una sedia. Un’altra, dallo schienale più alto e più elaborato, rimase vuota vicino al letto rosso.
Kibum guardò il suo posto vuoto e avrebbe dato fuoco a tutto solo con lo sguardo, se avesse potuto.
Il Maestro alzò lo sguardo e appoggiò il mento ad una mano.
“Figlio mio, sapevo saresti arrivato presto. Il legame che ti unisce a me e ai tuoi fratelli è troppo forte perché tu riesca a stare lontano.”
“Io sono qui per riprendermi Taemin, e nient’altro.”
“Taemin!” chiamò Minho, con dolcezza. La sua voce rimbombò leggermente nella stanza. Il ragazzo raggelò, quando vide che non riceveva alcuna risposta e che Taemin non si era nemmeno mosso.
“T…Taemin?” ripetè Jonghyun, infervorato. Kibum era impallidito.
Un largo sorriso si distese sul volto del Maestro, mentre osservava la scena come se stesse studiando una vignetta divertente.
Kibum lo ignorò e si avvicinò al ragazzino seduto sul letto. Si inginocchiò davanti a Taemin, lentamente, e tentò di guardarlo in viso, scostandogli un po’ i capelli dalla fronte.
“Taemin…” Lacrime silenziose iniziarono a scendere dagli occhi di Kibum e Minho sentì la rabbia che gli annebbiava il cervello. Corse da Kibum e lo fece scostare, rudemente. Prese il suo posto e afferrò il viso di Taemin con le mani.
“Ehi, io ti vengo a prendere e tu nemmeno mi degni di uno sguardo? Che cosa…” le labbra di Minho si fermarono quando vide che gli occhi del ragazzino erano color ghiaccio, fissi. Scostò le mani, perché la sua pelle era gelata.
Si riscosse subito e non si diede per vinto. Lo scrollò per le spalle.
“Yah! Taemin-ah! Che hai?” il ragazzino batté le palpebre un paio di volte e poi alzò lo sguardo su di lui. Aveva le labbra screpolate. Inclinò leggermente la testa, come per guardarlo meglio… sembrava assente. Minho, si rese conto con orrore che sembrava non riconoscerlo.
Sentì l’istinto di abbracciarlo e lo fece, come per volerlo scaldare. Il ragazzino ebbe un sussulto e posò le mani sul petto di Minho, spingendolo lontano. Finalmente i suoi occhi vuoti si inchiodarono su di lui e Minho si sentì morire.
“Maestro, perché questo umano mi tocca? Non è bene.” Un tono pacato, quasi incorporeo, così diverso dalle mille, espressive inclinazioni di voce che il ragazzino aveva di solito.
No… questa non è la voce di Taemin.
L’uomo dai lunghi capelli sorrise e gli porse una mano. Taemin corse a prenderla, ignorando Kibum e Minho, accasciati sul pavimento. Kibum piangeva silenziosamente e Minho diede una scrollata anche a lui.
“Yah! Che è successo a Taemin?” 
“Smettila Minho! Non lo vedi?” gli rispose Jonghyun, la voce tremante, andando a staccarlo dall’altro ragazzo.
Taemin li guardava con aria innocente, le labbra semiaperte, mente si andava a sedere sul bracciolo della sedia del maestro e questo gli accarezzava un braccio, sussurrandogli all’orecchio. Fu allora che lo notò.
In quella stanza, mancava una mente. Per un momento ipotizzò che fosse protetta così bene da sembrare invisibile, ma capì subito che non era possibile.
Semplicemente, la coscienza di Taemin non esisteva e lì dove doveva esserci quella presenza familiare, c’era solo vuoto. Era come se fosse diventato una statua o un semplice oggetto senza identità.
Minho, Kibum e Jonghyun si alzarono, tornando a fronteggiare il Maestro e Onew.
“Perché non lo sento?” chiese Minho, a bassa voce.
Il capo del Maestro si alzò, con interesse.
“Hai capito, Onew? In teoria, dovremmo avere un Quarto e un Quinto Fratello davanti a noi. Oramai anche loro sanno usare la mente, te lo saresti mai immaginato?”
“Loro non sono come noi, sono solo delle brutte copie. Le cose fatte in fretta non escono mai bene, Maestro.” L’uomo rise.
“Da dove ti viene questa cattiveria, Onew? Hai ragione, ovviamente.”
“Perché l’hai fatto a Taemin! Bastardo, io ti odio!” gridò Kibum, come se si stesse trattenendo da tempo e fosse esploso in quel momento. Jonghyun gli posò velocemente le mani sulle spalle, per confortarlo, mentre questo tremava di rabbia.
Gli occhi di Onew e del Maestro si fecero duri.
“Come osi parlargli così, ti è dato di volta il cervello?” chiese Onew.
“No, ha ragione. Tuo fratello non può capire.” Lo placò il Maestro. “Taemin stava male, l’esperienza al di fuori lo aveva turbato troppo. Me l’ha chiesto lui.”
“Non è vero!”
“Ho solo esaudito i suoi desideri, ed ora potrà essere sereno per sempre, al mio fianco. Sono pronto a farti lo stesso dono, Secondo Fratello, non appena tu vorrai smettere di soffrire.”
“No! Taemin, Taemin! Dimmi che non è vero… sei uno stupido! Quante volte ti ho detto di non ascoltarlo! Dio, Taemin…” Kibum nascose il viso nel petto di Jonghyun e pianse.
“Perché Taemin è così…” chiese Jonghyun, sottovoce. Minho vide che deglutiva a fatica.
“Semplice umano: ho fatto in modo che la sua coscienza si addormentasse e gliene ho data una nuova, una mente fatta da me. Ho cancellato i suoi ricordi e ora Taemin è tornato come quando era bambino: puro, innocente e sereno.”
“Maestro… perché mio fratello piange? E perché… lui mi guarda così?” il ragazzino indicò Minho, titubante, i cui occhi spalancati non riuscivano a spostarsi da lui.
Gli ha cancellato i ricordi.
“Vedi piccolo, a volte le persone non capiscono. Credono di essere nel giusto perché ancora non sanno, cosa è meglio per loro.”
“Distruggere la vita di un ragazzino invece è buono, non è vero?” ringhiò Jonghyun. “Mi fai schifo. Non vedo l’ora di cancellarti dalla faccia della terra.”
“No! Maestro?” esclamò Taemin, una mano appesa alla camicia di quell’uomo come lo era stata una volta alla t-shirt di Minho. Lui rise e gli diede una rapida carezza.
“Non ti preoccupare. Nessuno ci farà del male qui.” Calò di nuovo il silenzio e gli occhi di Minho e Taemin si incrociarono.
“Non fa niente…” sussurrò il giovane, rivolto solo e soltanto a Taemin.
“Cosa?” chiese il più piccolo, sorpreso.
“Non fa niente, Taemin. Anche se non ricordi, sei sempre tu.” Fece qualche passo verso di lui e lentamente, così lentamente da sembrare che nemmeno si muovesse, gli sfiorò il palmo di una mano che era appoggiata su una sua coscia. “Vedrai, Taeminnie… tornerà tutto come prima. Ci siamo conosciuti una volta, ci conosceremo ancora. Ti regalerò tanti di quei fiori che nemmeno riuscirai ad osservarli bene tutti.” Il ragazzino rise leggermente.
“Come sai che mi piacciono i fiori?”
Minho si sentiva stranamente tranquillo. I battiti del suo cuore si erano calmati e la sua coscienza era vigile. Quello non era solo un guscio vuoto, ne era sicuro. Sorrise.
“Il mio Taemin…”
Ecco, ora la mano di Minho era sulla sua, piano… ancora un attimo e avrebbe raggiunto il polso…
“Io so tutto di te. Vedrai Taemin, ti piacerò. Perché già ti sono piaciuto una volta.” Sorrise nei suoi occhi azzuri. Anche se il suo volto, la sua pelle, la sua presenza non erano più quelle di prima, non poteva fare a meno di bearsi del contatto con lui…
Allargò la mente verso quel vuoto.
Il ragazzino continuò ad osservarlo, le labbra semi aperte, come incuriosito.
“Vedrai Taemin, insieme ce la faremo.”
Afferrò un suo polso e fece per trascinarlo lontano da quella sedia terrificante, quando una lama d’acciaio lo pervase. Imprecò e fu costretto ad indietreggiare, chiudendo gli occhi.
Sentì le mani di Jonghyun che lo reggevano, e quando li riaprì vide che il Maestro ora era in piedi, Onew al suo fianco, mentre Taemin aveva rizzato la schiena, sempre seduto sul bracciolo, per vedere cosa succedeva.
“Maestro, perché…”
“Non ci provare. Mai. Più.” l’uomo gli puntò un dito contro e Minho notò che era davvero alto, snello, e i capelli gli ricadevano morbidi sulle spalle. C’era qualcosa di rigido, di appuntito però nel suo aspetto, che lo rendeva terrorizzante. La presenza dolce di Taemin al suo fianco, sembrava così sbagliata, così stonata, che convinse Minho ancor più del fatto che il suo postonon fosse accanto a quell’uomo.
“E invece ci riproverò, ancora e ancora, e vedrai, alla fine te lo porterò via.”
“Maestro, io non voglio lasciarti.” L’uomo si voltò verso Taemin con sguardo dolce e lo baciò sulla fronte. Minho notò come quello chiudeva gli occhi, completamente abbandonato e fiducioso, e si sentì ribollire il sangue nelle vene.
“Non dovrai farlo, amore. Stai pure seduto.”
“Eppure… eppure lui non sembra cattivo. Non lo sembra davvero.”
“Gli uomini sono così, ricordi?”
Minho ringhiò.
“Taemin, ascoltami.” si lanciò Kibum. “Hai dimenticato tutto quello che abbiamo scoperto insieme? Come puoi non ricordati di me e di Jonghyun, della fatica che abbiamo fatto per liberarci di tutte le sciocchezze che lui ci ha messo in testa? Ti prego, non puoi arrenderti ora.” Taemin lo osservò con espressione assorta.
“Ma hyung, io non capisco. Io non sento niente. Davvero sono successe tante cose?”
“Basta, Taemin.” Intervenne Onew. Kibum lo ignorò.
“Davvero tante. E non posso credere che tu non senta niente guardando Minho. Choi Minho ti ha salvato. Nello stesso modo in cui Jonghyun ha salvato me.” Una mano di Kibum scese sul petto di Jonghyun, poi sul suo avambraccio fino ad andare a stringergli una mano.
Minho strinse ancora il pugno, sentendosi estremamente vuoto.
“Io lo guardo hyung, lo guardo ma… non sento niente. Niente…” rabbrividì.
Il Maestro gli passò un braccio sulle spalle, stringendolo a sé.
“Bravo, così… non c’è bisogno che ti sforzi. Sei ancora in convalescenza. Ma vedrai, presto starai benissimo.”
Taemin gli sorrise.
“E invece devi sforzarti.” Ribattè Minho. “Guardami! Guardami negli occhi e dimmi che non provi niente.”
Taemin eseguì, sembrò concentrarsi. L’espressione di Minho era seria, i suoi occhi castani brillavano. Ampliò la mente.
Ci sono ancora tante cose che voglio fare con te… Il nostro tempo, non è stato abbastanza. Ti voglio baciare ancora, e ancora… e voglio molto di più.
Taemin sembrò agitarsi. Iniziò a respirare più velocemente.
“C’è… c’è qualcosa che…” il Maestro gli sussurrò brevemente all’orecchio e Taemin scosse la testa. “No, è pericoloso per me. È meglio non avvicinarsi a persone oscure come lui.” Minho sorrise amaro e lasciò cadere il capo.
“Forse è vero. Io sono… testardo, egoista, impulsivo…”
“…pessimo senso dell’umorismo…” aggiunse Jonghyun. Un sorriso, involontario, spuntò sulle labbra di Taemin e Minho rizzò le spalle.
“Già. Sono tutto questo, ma so anche che ho bisogno di te, Taemin, per essere migliore. E tu adesso hai bisogno di me. E quindi non mi importa cosa pensi, cosa dirai o con che occhi mi guarderai, perché sono un dannato egoista e verrai via con me. Niente scuse questa volta, piccolo.”
I tre ragazzi si guardarono, Jonghyun, Kibum e Minho, si sorrisero un’ultima volta e poi i loro occhi brillarono e le loro menti si espansero.
L’aria vibrò di energia mentre si scagliavano contro i loro nemici.

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Sera ragazzi!
Oggi è stata una bella, impegnativa giornata, ma mi sento soddisfatta e quindi... aggiorno!
Sono stata alle prove del flash mob di Milano, domenica prossima è il grande giorno. Ritrovo sempre belle persone ^^
Beh, per quanto riguarda la storia... ci stiamo avvicinando alla conclusione! Spero non siate troppo contenti, vorrebbe dire che vi ho annoiato XP
Beh, cosa ne pensate?
Grazie a tutti quelli che hanno continuato a leggermi fino qui! Vi amo <3
Chiara

  
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