Sono un non scrittore, i miei scritti sono stravaganti prigionie di parole.
Come se ogni emozione, suono, idea potesse essere racchiusa in una sola frase rappresentata da minuscole parole, legate da congiunzioni, punteggiature e finti paradossi che non hanno nessuna praticità nella vita reale.
Ma lo scrivere non ha nulla a che fare con il lavoro dell’artista, è un’esigenza che nasce da dentro, capaci ed incapaci oggi giorno si cimentano in un’ arte ingrado di raccontare emozionando un concetto astratto, vero e allo stesso tempo indefinibile.
Scrittori senza penna, senza ragione e romanticismo, scrittori come me che in fondo non hanno nulla di nuovo da dire ma che, nonostante la veritiera autocritica, hanno la presunzione di pubblicare inutili scritti sotto la forma concessa: blog, articoli, libri, lettere.
Ad ognuno le proprie parole, azioni, pensieri, ad ognuno le proprie storie, esperienze ed immaginazioni.
Eppure io, che sono stato educato alla povertà delle parole e alla lettura dei grandi autori irraggiungibili mi ritrovo a dover scrivere qualcosa di grandioso, sforzandomi quasi di trovare una via di fuga dal mondo come la cercarono molti altri artisti prima di me; spero di non restare incatenato nelle parole ma di usare il mio impeto per diventare creatore d’un mondo senza fine.
Il problema non è fallire è credervi.
La mia epoca non mi regala speranze, solo risate di lettori distrattamente attenti nella critica.
In un’epoca dove i grandi classici vivono in eterno, i nuovi scrittori hanno paura di non essere all’altezza dei loro avi.
Ed allora non posso che dichiararmi un non scrittore, non posso scrivere se non allo scopo di cercarmi, di conoscermi e farmi conoscere per vivere l’ ultima vera illusione prima della morte infantile del mio essere.