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Autore: goldfish    09/04/2007    10 recensioni
"E’ stato l’istinto che ci ha portato l’uno addosso all’altra, in uno scontro prepotente di sguardi, di orgogli, di corpi ma anche, per quanto io stesso dubitassi di averne ancora una, di anime. Era un istinto che dovevamo assecondare ad ogni costo, quello che ci portava a cercarci a vicenda; un desiderio potente e disincantato, violento come un pugno in pieno stomaco.[...]Poi c’era il modo in cui non ti curavi minimamente di quella macchia di inchiostro nero che mi intaccava la pelle. Ecco, cosa faceva crollare ogni mia certezza."
Altra vecchia D/He che non mi decidevo a pubblicare... spero di aver fatto bene!Songfic su 'l'Odore' dei Subsonica.
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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shot

BREVE PREMESSA:

 

NO, NON MI SONO RIMESSA A SCRIVERE A TRE GIORNI DALL’ULTIMA STORIA A CAPITOLI… MICA SONO BATMAN !

 

QUESTA E’ UNA DI QUELLE ONESHOT CHE LATITANO PER MESI (mesi, dico sul serio ) NEL MIO PC E CHE NON MI SONOMAI CONVINTA A PUBBLICARE. FORSE PERCHE’, NON TRATTANDOSI PROPRIAMENTE DEL MIO GENERE, TEMO CHE FACCIA SCHIFO ANCHE SE NON ME NE RENDO CONTO (in tal caso, siate per favore educati nel farmi notare che sarebbe saggio cancellarla! ^_-).

 

LA PUBBLICO PRIMA DI FARMI DA PARTE PER UN PO';CREDO CHE UNA PAUSA DI RIFLESSIONESIA SAGGIA, A QUESTO PUNTO.

DEVO RIORDINARE UN PO' DI IDEE, DI OGNI TIPO...

(in attesa che arrivino altre notti insonni con altre divagazioni mentali sul genere, comunque)

 

 

 

~Ogni certezza persa dentro il tuo odore~

 

 

È stato un solco, tracciato all’improvviso

senza certezze, senza prudenza

nell’ annusarci, d’istinto e di stupore,

in un crescendo, che ha dell’ irregolare.

 

Non sapevamo neanche cosa fosse, la prudenza.

E’ stato l’istinto che ci ha portato l’uno addosso all’altra, in uno scontro prepotente di sguardi, di orgogli, di corpi ma anche, per quanto io stesso dubitassi di averne ancora una, di anime. Era un istinto che dovevamo assecondare ad ogni costo, quello che ci portava a cercarci a vicenda; un desiderio potente e disincantato, violento come un pugno in pieno stomaco.

Non che non fossimo lucidi, attenzione.

Io ero perfettamente consapevole. Consapevolmente, ti slacciavo quella divisa, alla ricerca dell’elettricità che emanava la tua pelle sotto le mie mani. Tu eri perfettamente consapevole quando divoravi famelica il mio volto, implorandomi di non andarmene, di non smetterla.

Eri la mia droga, Granger.

Nutrivo una dipendenza fisica dalle tue labbra.

Mi ci avventavo con irruenza, perché erano l’unica cosa che potesse davvero dissetarmi. Sete di cosa, poi… spirito di ribellione? Desiderio di non pensare?

E tu… era lo stesso anche per te, vero? Ammettilo, morivi, dalla voglia di essere mia. Te lo leggevo in faccia, il piacere fisico che provavi nell’affondare le unghie nella mia schiena, quando ero intrappolato tra le tue gambe, beato prigioniero.

 

Eri abile, nel mostrarti agli altri come quella di sempre.

Riccioli selvaggi nascosti dietro una copertina polverosa. Occhi infuocati chini su una pergamena. Bella, fiera e sorridente. Ma io posso dire di avere conosciuto anche l’altra metà di te. Quella che furtivamente lanciava sguardi famelici verso quell’angolo proibito di Sala Grande, dove ci annidiamo noi, le serpi. Gli ‘Sporchi e Cattivi’ che il vostro giudizio non si fa problemi a schiacciare senza troppi convenevoli.

E poi inarcavi un sopracciglio, tacito richiamo.

Mi faceva impazzire tutto questo.

 

Non dimenticherò mai quella sera.

Ti seguivo da un po’, convinto che dietro a quel volto non ci fosse solo la studentessa che cerca di compensare il suo sangue sporco con il massimo dei voti. Non eri di ronda. Non ti saresti dovuta trovare là. Cosa ti toglieva il sonno, Granger?

 

Forse l’attesa, ci ha visto troppo soli,

forse nel mondo, non sapevamo stare

così distanti, ad aspettarci ancora.

Così prudenti,

così distanti,

così prudenti .

 

I libri con il loro sapere non ti bastavano più. Volevi sentirti viva, sentire il sangue pulsarti nelle vene. Boccheggiavi alla ricerca di aria, di quell’ossigeno che i tuoi amici non sapevano più darti. Perché tu volavi (e volerai sempre) più in alto di loro, avevi qualcosa di più grande dentro, che aspettava solo di uscire allo scoperto.

Avevi voglia di urlare al mondo che non eri solo la Caposcuola Granger.

Ti capisco.

Una tua mano bianca graffiava la parete fredda, l’altra impugnava saldamente la bacchetta.

Annusavi ad occhi chiusi l’aria frizzante che filtrava da quella finestra aperta, e che ti scompigliava i capelli.

 

E quando, voltandoti, ti azzardasti a sostenere il mio sguardo, non mi puntasti addosso la tua arma. Né lo feci io.

Odiosamente bella sotto i raggi della luna, per la prima volta non mi guardasti come un insetto.

 

“Anche a me piace la notte, Granger.”

“Attento a non infangare il tuo preziosissimo sangue, pronunciando il mio nome.”

Graffiante, come sempre. Ghignai di gusto.

“E a che scopo offenderti? Se non ci vede nessuno, non mi diverto.”

“E’ questo che sei? Un esibizionista?”

“Anche.”

E sorridesti. Sì, Mezzosangue, io ti feci sorridere.

Complici.

Assurdamente, imprevedibilmente, contro ogni logica, complici. Complice quella notte limpida come il cristallo, illuminata da un perfetto disco latteo.

 

Ti spostasti dalla finestra e passandomi affianco mi permettesti di respirare il tuo odore, quel sensuale richiamo.

“Vattene, Malfoy. Questa situazione è già abbastanza insensata.”

Ti bloccai la strada con un braccio.

“Non sei stufa di dover trovare per forza un senso a tutto?”

Mi guardasti ancora qualche attimo, inarcando un sopracciglio sottile, prima di farti spazio e ritornare sui tuoi passi; ma solo per fermarti di nuovo, poco dopo.

Ormai il muro era crollato e quella distanza che ci aveva sempre diviso, quel nostro essere così diversi, dal colore dei nostri mantelli fino alla purezza o meno delle nostre origini, si era annullata.

E che si fottessero la distanza, la prudenza, le convenzioni e quelle poco salde certezze che credevamo di avere.

Un istante, uno sguardo, e ci eravamo scavati dentro.

 

Non sarebbe mai più stato possibile andare avanti come prima

 

(Lei che si azzardava a sostenere il suo sguardo. Lei che, per la prima volta, non l’aveva squadrato con disgusto, come un insetto).

 

“E’ vero, mi piace la notte.”

E te ne andasti in un fruscio di stoffa scarlatta.

Bella, fiera, ma meno ipocrita. Semplicemente te stessa. Con il tuo odore, il tuo richiamo sensuale.

 

Tornai la notte seguente, e quella dopo ancora.

“Cosa vuoi da me?”

“Mi hai fatto chiaramente capire che ci saresti stata. Perché?”

Ti carezzai una guancia, ottenendo in cambio una smorfia imposta dalle circostanze.

“Ti piace giocare con il fuoco, vero Granger?”

“Non mi hai risposto.”

“Neanche tu.”

La mia mano scese in direzione della nuca e quella smorfia lentamente si trasformò in un’espressione di piacere, che spingeva frenetica per uscire allo scoperto.

Ora avevi quello che volevi. La vita, il sangue che cominciava a pulsarti bollente nelle vene.

 

E poi non ci furono più troppi discorsi, ma solo corpi intrecciati contro una parete fredda, un groviglio di mani, di sapori e di odori.

Il tuo e il mio, fusi in un aroma unico.

 

Sei il suono, le parole

di ogni certezza persa dentro il tuo odore.

Siamo gli ostaggi di un amore

che esplode ruvido

di istinto e sudore.

 

Noi facevamo sesso. Del grandissimo sesso, ammettiamolo senza eufemismi.

Per quanto ti facessi schifo, per quanto mi disprezzassi, per quanto io per primo odiassi quell’aria di superiorità che ti trascinavi dietro di giorno, la notte era sempre nostra, pronta ad accogliere l’istinto che ci chiamava l’uno verso l’altra con prepotenza. Senza troppi discorsi, per una necessità fisica.

 

Accarezzavo la tua spalla nuda nell’oscurità della Stanza delle Necessità, come tante altre volte avevo fatto.

“Stai giocando col fuoco, Malfoy.”

“Che fai, mi rubi le frasi?”

Ti voltasti stizzita. “Non capisco che ci faccio qua.”

“Giochi con il fuoco.”

Afferrai il tuo bel volto con una mano costringendoti a guardarmi, a lasciare che mi scavassi dentro, con quegli occhi.

“Eri abbagliante, quella notte. Risplendevi di luce propria. Ed io ho capito subito che dovevo averti. Era…”

“…Era qualcosa di irrazionale, al di fuori di ogni logica. Era un’esigenza.”

 

Sesso alla grande, certo.

Ma poteva essere solo il sesso a permetterti di terminare le frasi al posto mio? O forse era qualcosa di più grosso, quella cosa che ci aveva coinvolto? Quell’esplosione di emozioni e desiderio. E rabbia. Tanta, troppa.

Poi c’era il modo in cui non ti curavi minimamente di quella macchia di inchiostro nero che mi intaccava la pelle. Ecco, cosa faceva crollare ogni mia certezza.

Era forse una forma d’amore?

 

Non hai mai osato dirmi cosa avrei dovuto fare.

Non mi hai mai chiesto nulla, a parole, perché le parole non ti servivano.

 

(Lei che aveva quegli occhi capaci di scavargli dentro).

 

Avevi minato ogni mia certezza.

 

È stato un lampo, esploso in un secondo

a illuminarti in un riflesso,

quando temevi, tutta la luce intera

l’iridescenza

della tristezza.

 

E’ cominciato tutto quella notte di luna piena, Granger.

Nell'arco di tempo che impiegano quattro occhi per incrociarsi, la velocità di un lampo, ci rendemmo conto che niente sarebbe più stato come prima. E tutto quello che successe dopo, quel nostro scambiarci piacere e dolore, dolcezza e rabbia, nacque da quell’attimo in cui il mio rancore riempì il vuoto che ti portavi dentro e che tu stessa avevi paura di colmare.

Fino a quel momento.

 

Probabilmente, lasciandomi cadere

a peso morto, al tuo cospetto

avrei sicuramente permesso la visuale

sulle mie alienazioni,

sui miei tormenti,

sui miei frammenti.

 

Se solo avessi voluto, mi sarebbe bastato uno sguardo, un attimo, per mettermi completamente a nudo con te; perché andando ben oltre il sesso, tra di noi c’era una complicità silenziosa che avevamo sì, scelto di sfogare nel piacere, ma che era più forte di tutto.

E forse, se te lo avessi concesso, mi avresti salvato con una frase.

Con la potenza di una parola.

Con un semplice gesto, avresti scavato un po’ più a fondo dentro di me, arrivando fino a quello che restava della mia anima.

Ma no, entrambi troppo orgogliosi per cedere, preferivamo nasconderci dietro baci voraci.

Lo preferivo io, limitandomi a dimenticare la mia rabbia nel sentirti artigliata a me, dimenticando tutto nel tuo odore che si fondeva col mio.

Lo preferivi tu, limitandoti ad artigliarti a me, dimenticando tutto nel mio odore che si fondeva col tuo. Consapevole che non ti avrei mai concesso di più.

Ma forse ti sbagliavi.

Non erano l'orgoglio e la paura di cambiare a trattenermi. Forse ero semplicemente così egoista che preferivo che tu continuassi a scavare in me lentamente, notte dopo notte.

Graffio dopo graffio.

 

Ma voglio che tu

tu piano piano scivoli dentro me,

ma voglio che poi

nell’insinuarti sia incantevole.

Ma voglio che tu

tu piano piano faccia strage di me

in un incerto compromesso

tra la mia anima e il suo riflesso.

 

E l’hai fatto, mia piccola, testarda mezzosangue.

Graffio dopo graffio, torturandomi col piacere, mi sei entrata nelle ossa e mi hai messo al tappeto.

Hai messo al tappeto il mio passato, il mio futuro, tutto quello che ero e che non sarei più stato. Sei arrivata fino a quel poco di anima che mi era rimasta, e l’hai fatta tua.

 

(Lui, che era diventato prigioniero dei suoi occhi, del suo corpo e del suo odore).

 

 

Eravamo più giovani.

Nel lasso di tempo che ci divide da allora sono successe tante di quelle cose, più o meno felici. Dolorose e non. Il mondo intero è cambiato, una volta per tutte.

Ma il tempo non ha cancellato la mia memoria e ancora oggi, quando ripenso a quei giorni, una figura si staglia nitida nella mia mente, in tutto il suo splendore. La diciassettenne che camminava a testa alta per quei corridoi, capelli crespi e sguardo acceso, affamato di vita e di sapere. Quando Hogwarts ci sembrava nostra e, in fondo, un po’ lo era per davvero; passare tra quelle mura sette anni della propria vita, tra dolori, rabbia, risa, odio e passione non può non fare di un posto, il proprio posto.

 

C’è la luna piena, è un’altra di quelle notti che sembrano scolpite nel cristallo.

Sento dei passi alle mie spalle, mi volto. Non perché non sappia perfettamente a chi appartiene quel leggero fruscio di mantello, ovvio. Sono le tue braccia che mi cingono il torace e mi riempiono le narici con quell’inconfondibile richiamo dei sensi, ad impormelo.

Sei bellissima, come allora.

No, di più.

Ti attiro verso di me, fino a farti sedere sul mio grembo, per sentire il tuo peso su di me, le tue gambe intrecciate dietro la mia schiena.

Sposto con una mano i boccoli che ti ricadono ai lati del volto e sulle spalle e ti guardo mentre, silenziosa, continui a scavarmi dentro, da dietro quelle ciglia lunghe.

Non hai mai smesso, e mai smetterai, di farlo.

 

“Grazie” mormoro.

“Di cosa?”

“Di tutto.”

 

Con un sorriso, mi afferri una mano, la stringi nella tua e la baci sul dorso, sul palmo. Le tue labbra soffici mi accarezzano ogni singolo dito e poi, con delicatezza, la conduci giù verso la scollatura. La guardo perdersi tra le  curve soffici dei seni e scendere ancora, scivolare stretta nella tua morsa fino ad arenarsi sul tuo basso ventre, piatto. E lì, sento la presa sulla mano aumentare, nel premerla verso di te, con entrambi i palmi; come a voler stabilire un… contatto?

Alzo lo sguardo e, in quel sorriso leggero ma radioso, in quel tuo mordicchiarti incerta il labbro, trovo la conferma di ciò che mi vuoi far capire.

E sorrido al solo pensiero.

 

Mi hai salvato in passato, continui a farlo oggi, giorno dopo giorno.

Lentamente, con un piacere dolce e costante.

Ricambio il tuo sorriso, ti bacio e lascio che l’altra mia mano, quella libera, si posi sulle tue in un intreccio di dita.

 

E anche oggi hai scavato un altro un po’. Vedo la salita accorciarsi, farsi meno ripida.

Ma io lo so, la vetta non arriverà mai.

 

E tiro un sospiro di sollievo, pensando a tutte le altre volte che potrò perdermi nel tuo odore, lungo il cammino.

 

Sei il suono, le parole

di ogni certezza persa dentro il tuo odore.

Siamo gli ostaggi di un amore

che esplode fragile

di istinto e sudore.

Quanti graffi da accarezzare

per tutti i cieli che possiamo tracciare,

tutte le reti del tuo odore

dentro gli oceani che dobbiamo affrontare…

 

 

Subsonica – L’odore

(Terrestre, 2005)

 

 

 

---

 

DRACO HERMIONE E' LA COPPIA DEL FANDOM DI HP CHE, A MIO PARERE, POSSIEDE IL MAGGIOR POTENZIALE DI IRRAZIONALITA’ E PASSIONE. E CHE ESSENDO, AHIME’, FUORI CANON, LASCIA LA NOSTRA IMMAGINAZIONE LIBERA DI VAGARE.

SPERO CHE VI SIA PIACIUTA. DUBITAVATE FORSE NEL LIETO FINE?! ^_-  (E CHI MI CONOSCE UN MINIMO, SA DI CHE PARLO...)

 

 

MA SOPRATTUTTO...

SPERO ABBIATE PASSATO DELLE BUONE FESTE!!

 

Baci, Beatrice.

(goldfish)

 

 

 

  
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