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Autore: Eryca    25/09/2012    4 recensioni
Non voglio vedere il buio inghiottire il sole.
No, tornerò qui domani mattina, alla stessa ora, e aspetterò con pazienza la venuta della luce, seduto sulla sabbia.
Io sono le tenebre.
Tu sei luce.
Tu mi hai insegnato ad amare il giorno.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Code di rospo e occhi di pesce'
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The dawn of a new day

 

 

 

 

 

L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero.

Victor Hugo

 

 

 

 

 

 

L’alba sta arrivando.

Lo so perché mi scaturisce tutte le volte la stessa sensazione sotto pelle, sento vibrare tutti i miei nervi, come se si mettessero in allerta. Come se la percepissero.

Io la sento.

La sabbia mi scivola tra le dita, non posso trattenerla nel palmo della mano, nonostante io continui a provarci.

A sperarci.

Nella mente comune, si ha quest’idea generale che i cattivi odino la luce del sole, il giorno e tutto ciò che esso comporta.

Ma io vengo qui ogni mattina, mi siedo sulla sabbia tiepida del primo mattino e attendo... attendo pazientemente l’arrivo della luce.

Eppure io sono il cattivo.

Alzo lo sguardo verso quel cielo ancora scuro e vedo che, proprio in corrispondenza della linea dell’orizzonte, come se stesse uscendo dal mare, sta spuntando lentamente il sole.

Ogni mattina è lo stesso spettacolo, eppure, ogni volta è un’emozione diversa.

Sempre più forte.

Il cielo, ora, si sta schiarendo pian piano, con una lentezza snervante e sembra quasi che un pittore stia pennellando di un colore più tenue tutta quella distesa.

Mi alzo senza mai staccare gli occhi da quello scenario incantevole e vado a bagnare i miei piedi nudi nell’acqua fresca.

Fa freddo, nonostante sia estate.

Fa sempre freddo dentro di me.

I miei costosi pantaloni neri si bagnano e a me non importa nulla, continuo ad immergermi nell’oceano freddo, che sembra anestetizzare il dolore che sento fin dentro le viscere.

Mi lascio andare sott’acqua e sembra di trovarsi un altro universo, dove la realtà non può trovarti e tu puoi continuare ad ascoltare il suono del silenzio per sempre.

Ma non può durare.

Torno in superficie e rimango a galla, contemplando la magnificenza della natura: ora il sole è completamente alto e la luce troneggia sulla nuova giornata che è appena stata consacrata; e sembra che non ci possa mai essere stato il buio prima di quello splendore, perché è perfettamente posizionato nel cielo, il sole; ma l’equilibrio sta nel giorno e nella notte, nel buio e nella luce.

Nel bene e nel male.

Sembra impossibile, ma tra qualche ora si potrà essere testimoni del medesimo meccanismo, in senso inverso.

Ma io non voglio vederlo.

Non voglio vedere il buio inghiottire il sole.

No, tornerò qui domani mattina, alla stessa ora, e aspetterò con pazienza la venuta della luce, seduto sulla sabbia.

Io sono le tenebre.

Tu sei luce.

Tu mi hai insegnato ad amare il giorno.

E anche se ora sei lontana – troppo lontana -  io continuo a scendere alla spiaggia, per ogni alba, perché tutta quella luminosità mi ricorda i lineamenti del tuo viso e i tuoi occhi splendenti.

Tu portavi il calore che mancava dentro di me.

E ora sono di nuovo così freddo che non sento niente se non il dolore. Il dolore per non averti trattenuta, per averti lasciata andare via, guardando le tue guance rigarsi di lacrime. Lacrime provocate da me.

Perché io sono stato il tuo carnefice. Lo sono stato ogni volta in cui per i corridoi del castello ti incontravo e ti ignoravo per paura di espormi troppo, o quando ti rivolgevo una delle mie solite cattiverie, ricoprendoti di miserie.

E poi ti vedevo piangere, gli occhi bassi e colmi di dolore, perché tu volevi di più e io non potevo dartelo. Io non sapevo dartelo.

E allora prendevo da te tutto ciò che mi potevi dare, premevo il tuo corpo contro il mio, sentivo le tue mani cercarmi, accarezzarmi, desiderarmi in un modo disperato che mi faceva commuovere. Ed entravo dentro di te, con forza, con dolore, perché in realtà eri te che stavi entrando in me, ma non lo avevo capito.

Non ti ho mai capita.

Asciugavo le tue lacrime con un orgasmo e poi scappavo di nuovo, lontano da te, credendo che avrei avuto un’infinità di tempo per potermi riscattare.

Non sapevo neanche io da cosa stavo fuggendo, ma ora mi rendo conto che avevo paura. Ero terrorizzato da tutto l’amore disperato e profondo che tu mi stavi donando incondizionatamente. Avevo paura della fiducia che riponevi in me, nonostante tutto il dolore che continuavo a provocare.

E allora scappavo.

E poi tornavo. Tornavo sempre, e tu eri lì, pronta ad aspettarmi e ad accogliermi tra le tue braccia, gli occhi che speravano che quella volta sarebbe stata diversa, che se ero tornato allora voleva dire che sarei rimasto.

Ma non rimanevo. Mai.

Ti guardavo da lontano andare in giro con quegli idioti dei tuoi amici Grifondoro, fare finta che nulla fosse successo. E mi chiedevo come potessi tenere la testa alta e l’orgoglio di ferro nonostante tutte le umiliazioni a cui ti esponevo.

E allora mi arrabbiavo, mi arrabbiavo perché sembravi fatta di ferro, sembrava che nulla potesse ferire la tua corazza.

E ti pretendevo, con rabbia, con rancore, con sofferenza. Ti sbattevo contro il muro, le braccia vicino al tuo viso a chiuderti in una gabbia da cui non saresti potuta uscire, ti incatenavo con gli occhi ed entravo dentro di te con prepotenza, facendoti gemere di piacere e dolore, perché era questo ciò che eravamo: piacere e dolore.

E non mi fermavo, non mi stancavo mai finché non ti vedevo toccare il culmine, esplodere e perdere il controllo che ti era tanto prezioso; e allora sapevo che ero io, e solo io, a possederti.

Adoravo vederti cedere a me, sapevo di essere l’unico a poterti prendere e ne approfittavo, perché la consapevolezza che mi appartenevi mi mandava su di giri.

Sesso, carne, labbra.

Bocche, pelle, mani intrecciate.

Era sesso arrabbiato, perché mi snervava tutto il tuo amore, non sapevo come trattare con tutti i sentimenti che sembravi mostrare.

Tutto ciò che sapevo dare era sesso e tu lo prendevi.

Era sempre la stessa storia, con me, hai sempre saputo che non sarei mai cambiato, che non avrei mai rinnegato chi ero per te.

E forse fu proprio quel giorno in cui mi vedetti baciare una delle tante ragazze con cui andavo a letto, che decisi di averne avuto abbastanza.

Sei una Grifondoro, hai l’orgoglio di una leonessa.

Ricordo di averti afferrata nel corridoio illuminato solo dalla luce della candela, avevo il disperato bisogno di sentirti sotto di me, avevo bisogno di sentire la tua luce, nonostante non lo avrei mai ammesso all’epoca.

Ricordo anche i tuoi occhi straziati, ricordo che mi guardasti, una lacrima scorreva lungo la tua guancia, e io capii che era finita, che ero riuscito finalmente a farti arrivare al limite della sopportazione. Ti girasti e, correndo, ti allontanasti da me.

Avevo perso la mia luce.

Avevo perso tutto.

Non dormivo più, perché non appena mi addormentavo sognavo i tuoi capelli sul mio cuscino e il tuo odore sulle mie coperte.

Non sopportavo di essere rimasto senza di te.

È stata colpa mia, è sempre stata solo colpa mia; colpa della mia codardia, della mia ostinazione nel non voler ammettere che eri penetrata nel profondo della mia anima.

Ho preferito lasciarti andare, piuttosto di affrontare la verità.

E ora cosa mi rimane?

Esco dall’acqua, quel bagno è troppo freddo anche per me, Draco Malfoy, colui che il gelo lo ha nel cuore.

Mi siedo sulla sabbia scaldata dai raggi del sole, chiudo gli occhi e provo a non pensare a quanto il mio cuore stia soffrendo.

In fondo l’ho sempre saputo che prima o poi ti saresti stufata di tutto quell’amore impossibile, di tutto quell’odio, quella rabbia e quei sentimenti taciuti.

Sei una Grifondoro, sei Hermione Granger, hai l’orgoglio di una leonessa.

E ora, tutto ciò che mi rimane è l’alba della mattina, il ricordo del tuo viso luminoso e della tua pelle morbida.

Il ricordo di quando eri mia.

Mia.

Mia.

Mia.

Il sole è alto nel cielo, la magia del suo sorgere è terminata.

Tornerò domani mattina, ad osservare l’alba di un nuovo giorno.

 

 

 

****

 

 

 

Allegria portami via!

Si, lo so, è triste. Ma mi è venuta così, pensando a cosa sarebbe un amore straziante... E poi mi sono venuti in mente Draco ed Hermione.

Se siete arrivati fin qui senza darmi della depressa cronica, vi ringrazio.

Comunque sia, spero vi sia piaciuta.

Lasciate un commentino, così saprò cosa ne pensate!

Un ringraziamento speciale ad Aniasolary che ha letto la storia in anteprima, dandomi la sua benedizione.

 

Un abbraccio,

Eryca.

   
 
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