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Autore: Daisy Pearl    25/09/2012    4 recensioni
Chiudete gli occhi e immaginatevela.
Capelli color cioccolato lunghi e liscissimi, occhi di mare e forme al punto giusto.
Una ragazza dalla bellezza sovrumana. Sovrumana è la parola giusta perchè lei non è come noi. Lei è un robot, una macchina.
Ma è un oggetto che presto inizierà a provare dei sentimenti e dovrà dimostrare al mondo di avere un cuore, seppur di metallo.
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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INQUIETUDINE

 
Zack era già in piedi da una mezz’ora ed era pronto per andare a scuola. Si diresse vero la camera di Denise ansioso di poterla vedere. Non aveva intenzione di svegliarla, però sentiva il bisogno di constatare se stesse bene, dopotutto era protettivo per natura. Sopratutto nei confronti della persone alle quale teneva.
Poteva dire di tenere  a Denise? Non lo sapeva. La conosceva da troppo poco però aveva subito intuito che lei era speciale.
Era come se la conoscesse da sempre e sentiva che per lei era lo stesso. Probabilmente ad aumentare il suo interesse per la ragazza contribuiva notevolmente la sua bellezza. Era davvero una delle donne più belle che aveva mai visto. Come poter rimanere immune al suo fascino?
Cercò di eliminare tali pensieri dalla testa prima di abbassare la maniglia della porta di Denise. Socchiuse la porta in modo tale da poter dare una sbirciatina all’interno. Il letto non era sfatto, era come se lei non fosse andata lì a dormire.
Improvvisamente un strana inquietudine si impadronì di lui e si precipitò verso camera di Josh. Entrò senza bussare e trovò il fratello che usciva dalla doccia.
“Denise è sparita!” esclamò temendo persino a dirle tali parole.
Josh gli rivolse un lungo sguardo prima di sorridere.
“Non credo!” disse semplicemente mentre si asciugava i corti capelli neri con un asciugamano.
“Non ha dormito nel suo letto stanotte!” ribattè il più piccolo ancora in preda a quello strano presentimento.
“Stai tranquillo!” fu la risposta di Josh.
Il maggiore era felice che il fratello fosse tornato a rivolgergli la parola anche se trovava fastidiosa la sua insistenza. Approfittò di quel momento di debolezza per riavvicinarsi a lui.
“Credo che Denise sia in giro per la casa, magari è in bagno o è andata a fare colazione!” cercò di tranquillizzarlo.
“Il letto è aggiustato, come se lei non ci avesse dormito!” protestò Zack.
“E’ una donna! L’avrà sistemato lei prima di uscire dalla camera!”
Josh sbuffò stanco dell’ostinazione del fratello, poi improvvisamente si fece sospettoso.
“Perché tutto questo interesse?” dalla sua voce traspariva dell’astio.
“Perché è mia amica!” Zack si mise sulla difensiva.
Josh alzò le sopracciglio divertito da quella risposta.
“Ed è diventata tua amica in così pochi giorni?” si sentiva che era piuttosto scettico.
In realtà Josh temeva che Zack si fosse preso una bella cotta per l’automa. Era caduto nell’illusione che lei fosse umana, come d’altronde ci cadeva anche lui stesso. Non avrebbe ma permesso a suo fratello di invaghirsi di un oggetto, era ridicolo. Lì per lì fu tentato di raccontargli cosa si celava dietro la maschera di perfezione di Denise, ma decise che se la situazione fosse precipitato avrebbe agito. Dopotutto l’esistenza del robot doveva rimanere segreta.
Zack scosse la testa e guardò Josh con occhi tristi. Non capiva dov’era finito il fratello complice e comprensivo. Senza ulteriori parole uscì dalla stanza cercando di tranquillizzarsi e di convincersi che Denise stava bene e che era in casa.
Josh sospirò sollevato che il più piccolo se ne fosse andato. Solo in quel momento si rese conto di aver stretto la mano a pugno con talmente tanta forza da lasciare l’impronta delle unghie sul palmo. I quel momento si rese conto della rabbia che pian piano stava crescendo in lui, Zack doveva stare lontano dal suo giocattolo, punto.
Dopotutto era sempre stato un tipo geloso delle proprie cose.
 

*

 
Il professor Coter se n’era andato da almeno dieci minuti. Ero incredibilmente felice di non sentire più la sua voce perché mi metteva addosso una sgradevole sensazione.
Inquietudine, mi informarono i miei circuiti.
Dal momento in cui mi ero resa conto che quell’uomo l’aveva riportata in quel laboratorio per fare di me il proprio giocattolo erotico personale mi era sentita disgusta e intimorita dalla presenza dell’anziano signore. Ero felice di provare tali sensazioni perché ancora una volta esse mi confermavano che non ero solo un mero oggetto, eppure d’altro lato avrei voluto essere anni luce lontana da lì.
Ad aumentare l’atmosfera di tristezza vi era il fastidioso ronzio prodotto dal computer che lavorava facendo gli ultimi controlli su di me. Il professore voleva essere sicuro che non fossi difettosa, probabilmente per salvare il suo ego e confermargli che era una specie di Dio.
Odiavo                 quell’uomo, ma era comprensibile dal momento che m teneva prigioniera.
Odiavo, proprio come un comune mortale, eppure non lo ero.
“19283!” chiamai. Percepivo la sua presenza nella stanza a causa dei suoi movimenti, tuttavia egli non mi rispose.
“E’ inutile che fingi di non sentirmi, hai l’udito perfetto quanto il mio!” continuai.
Ancora silenzio. Decisi ugualmente di parlare.
“Tu sei come me, esattamente come me. Devi provarle anche tu queste sensazioni!”
“Continuo ad essere della mia opinione: sei difettosa!” finalmente si degnò di parlarmi anche se non mi disse assolutamente quello che mi volevo sentir dire.
“Non sono difettosa! Solo umana!” forse quello era più un tentativo di convincere me stessa che lui.
“No! Sei una ammasso di ferraglia!”
“Umano!” mi ostinai.
Silenzio.
“Ammettiamo che sia io che tu siamo un ammasso di ferraglia, come dici tu. A te va bene?” proseguii.
“Non ha importanza!” sbottò 19283.
“Sì che ne ha!”
“Come faccio a dire che va bene? Non so scegliere perché non sono umano!”
“E non vorresti esserlo?” io lo desideravo con tutta me stessa. Nonostante tutte le prove fossero a sfavore della mia ‘umanità’ mi ostinavo a ripetermi che provavo dei sentimenti.
“Io non voglio nulla!” mi rispose con tono un po’ annoiato.
“Sei stanco delle mie domande?” azzardai.
“Sinceramente sì, sono stupide!”
“Ah-ah, lo sapevo!” gioii “Hai delle emozioni!” anche se era la noia la sensazione che provava essa era pur sempre una sensazione umana.
“Smettila!”
“Ma tu sei come me! Anche tu puoi provare delle emozioni! Non è bellissimo?” ero così felice di avere la prova che lui era affine a me in tutto e per tutto. Riscontrare anche in lui quel briciolo di umanità rendeva meno effimera la mia.
Sentii dei passi e la porta della stanza che si apriva, probabilmente il robot se ne stava andando.
“Aspetta!” cerca di fermarlo per farlo ragionare “Come puoi farti comandare da un uomo come il professore?”
“Lui ordina io eseguo, sono programmato per fare questo!” rispose repentino.
“Come fai a sopportarlo? Immagina di essere libero…” dissi estasiata “Libero di scegliere cosa fare, libero di essere ciò che tu vuoi essere, immagina di poter essere felice o triste, immagina di sentirti vivo!”
Nonostante fossi legata mi sentii pervadere da una gioia immensa, io davvero provavo tutte quelle sensazione, ed era inebriante e tremendamente appagante tutto ciò.
“Tu sei perfetto. Hai in te la conoscenza di tutti i database del mondo, la forza dei più potenti uomini della terra, l’intelligenza dell’intero web, la resistenza ad ogni tipo di intemperie. Puoi essere tutto ciò che vuoi semplicemente volendolo, eppure ti limiti ad eseguire il volere di un uomo che ti ha creato solo come rimpiazzo. Come puoi accettare tutto questo?” avevo parlato tutto d’un fiato. Le parole mi erano uscite dalla bocca come un fiume in piena, inarrestabili. Poi, prima che 19283 uscisse dalla porta, sentii parole che ormai non speravo più di udire.
“Non posso accettarlo infatti!”
Lui era come me.

*

 
Per tutto il corso della mattinata Josh non aveva visto l’automa in nessuna parte della casa, il problema era che di li a poco sarebbe arrivato un uomo con il quale dove concludere un affare molto importante e aveva bisogno della sua assistente.
Dubitava però che Denise avrebbe accettato di continuare a lavorare con lui dopo quello che era successo due sere prima. dopo aver fatto tale pensiero si diede dello stupido: non sapeva cos’era successo quella sera al robot ma era sicuro che si era trattato di un guasto momentaneo, quindi non avrebbe mai rifiutato di lavorare al suo fianco. Dopotutto lui era il suo padrone unico e indiscusso, non lo avrebbe disubbidito ancora una volta.
Però avrebbe dovuto prima trovarla.
Pere il cellulare cercò sulla rubrica il numero dell’unica persona che poteva aiutarlo.

*


“Scansione completata!” gracchiò la voce metallica appartenente al computer che mi stava analizzando. Sospirai di sollievo sperando che finalmente il professore mi avrebbe liberata. Contavo in questo modo di fuggire e ritornare dai Drake per spiegare loro tutto ciò che era successo. I miei circuiti lavorarono per attribuire un nome a quello che il professore mi aveva fatto: sequestro di persona.
Punibile con il carcere. Strinsi i pugni perché io non ero una persona.
I passi del vecchio risuonarono per tutto il laboratorio. Cercai di tranquillizzarmi: di li a poco sarei stata libera.
“Come sospettavo non c’è nulla che non vada!” mugugnò tra se e se.
Il suo cellulare prese a suonare finchè non decise di rispondere.
“Professor Coter!”
[…]
“Salve Mr Drake!”
Sbarrai gli occhi. Josh era dall’altra parte del telefono. Aumentai il volume della voce che potevo percepire in modo tale da sentire anche la voce del giovane Drake.
“Professore! L’ho chiamata per chiederle se esiste un modo per richiamare a me Denise come un codice o qualcosa del genere!”
“Mi scusi signore ma chi sarebbe Denise!”
Sentii una risata proveniente dall’altro capo.
“Il suo robot! Dovevo pur darle un nome umano se volevo introdurla in casa non crede?”
“Ah ora capisco!” la voce del professore non celava il suo compiacimento.
“Allora? Esiste un modo?” continuò Josh.
“Josh!” urlai dalla mia postazione “Josh!”
Con la coda dell’occhio vidi il professore che mi fulminava con lo sguardo, anche se allo stesso tempo era sorpreso: dopotutto per lui ero un oggetto e non capiva perché mi stessi ribellando alla sua autorità.
“Oddio, ma è la voce di Denise!” sentii dire a Josh.
“Sì, è il prototipo della voce che le ho dato!” il professor Coter cercò di salvare la situazione.
“Allora perché urlava il mio nome?” Josh stava diventando sospettoso.
“Senta signor Drake!” il tono del professore era glaciale “4931949 è un automa perfetto creato appositamente per me…”
“Con i miei soldi!” sibilò Josh.
Il professore lo ignorò.
“…e ho trovato così ingiusto che lei me l’abbia portata via. Ho un affare da proporle: io le darò il prototipo maschile mentre, io mi terrò quello femminile!”
Rabbrividii mentre un moto di disgusto si impadroniva di me: come poteva un vecchio avere la mente così perversa?
“Le propongo io un affare invece!” il tono di Josh era autoritario, ma riuscivo a percepire una punta di rabbia “Mi ridia 4931949 altrimenti tutto il suo laboratorio si troverà senza fondi dato che sono il maggiore azionista e finanziatore!”
Sorrisi perché Josh aveva capito che ero stata rapita dal professore.
“Non ho bisogno dei suoi soldi! Ho realizzato il sogno di una vita costruendo il robot perfetto!”
“E non le importa se tutti i suoi collaboratori rimarranno disoccupati?” la voce di Josh denotava stupore.
“Assolutamente no!”
“Lei ha sequestrato una persona!” Josh provò a cambiare strategia. Qualcosa si mosse all’altezza del mio petto perché Josh mi aveva definita ‘persona’. Sorrisi felice.
“Persona?” ribattè il professore scettico.
“E’ una persona agli occhi di tutti, come reagirebbe se denunciassi la sua scomparsa?”
La felicità andò via così com’era venuta: ancora una volta veniva detto che la mia umanità era solo finzione.
“Direi a tutto il mondo la verità!” sentii la soddisfazione trapelare dalla sua voce “E lei non vuole che si sappia in giro!”
“Nemmeno lei! Gliela porterebbero via professore, per studiarla!”
Sentii che il vecchio chiudeva la chiamata.
“Sei una sciocca!” urlò nella mia direzione “Non dovevi farti sentire!”
“Faccio quello che voglio!” sbottai indignata di fronte alla sua reazione.
Il professore mosse un paio di passi nella mia direzione. Dalla mia postazione potevo vederne i capelli bianchi e gli occhi che mi guardavano come se fossi un pacchetto regalo lascito lì la sera di natale.
“Sei così bella…” disse mentre faceva scivolare il dorso di un dito sulla pelle del mio viso. Involontariamente cercai di allontanarmi da lui.
“Sei caduta nell’inganno in cui cadono tutti Denise…” disse il mio nome con una punta d’ironia, come se trovasse buffo pronunciarlo “Sembri così umana!” il dito si abbassò per andare a sfiorare il mio collo. Trattenni il respiro.
“Ma tu non sei stata creata per fare quello che vuoi e tantomeno per essere Denise! Tu sei solo una sequenza di numeri 4931949!” sentii che con le dita cercava qualcosa nella piega del mio collo e sapevo di cosa si trattava: del tasto di spegnimento.
Mossi la testa in modo tale da fargli perdere il contatto con quel tasto. Sul suo viso apparve un ghigno che mi diede una strana sensazione di inquietudine.
“Detesto quando i giocattoli non collaborano!” sibilò premendo a fondo sull’incavo del mio collo.

Non ho corretto perdonatemi, ma l'università è già iniziata a pieno ritmo!!
Spero che il capitolo vi piaccia!!
Grazie di cuore a 
Pyrafederycashadowdust vi risponderò appena potrò, ma grazie di cuore per aver recensito!!

Daisy
   
 
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