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Autore: damnhudson    25/09/2012    3 recensioni
"Odiava quando la gente la obbligava a parlare, quando veniva obbligata a raccontarsi. Si poneva spesso delle domande verso queste persone, si chiedeva perché volessero sempre sapere così tanto di lei che in fondo non era nulla di speciale. May aveva un problema di fondo: aveva paura di risultare troppo noiosa, per quello non raccontava niente, aveva paura soprattutto che la gente facesse come lei, ovvero distrarsi al suono delle sue parole. Per questo May non raccontava, non parlava con nessuno, nemmeno da sola. "
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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In another life I would make you stay.
 
«Escuchame, pequenita... - Fece zia Gloria, prendendole il volto tra le mani e dandole un bacio sulla fronte, sorridendole. - ti vogliamo bene e ti aspettiamo il prossimo anno, a Luglio, quando questo nuovo anno sarà terminato, ti aspettiamo... Ancora. Como cada anno, vale?»
May sorrise, con gli occhi lucidi, tirò su col naso e portò una mano sullo stomaco. «Grazie per tutto... Vi voglio bene.»
«Andale, tuo zio non vuole vederti piangere, tiene paura di piangere anche lui.» May rise, quando sua zia aggiunse questo particolare. Soprattutto perché non era molto corretta come frase e poi aveva un accento bellissimo. Quando suo zio comparì davanti alla porta, aprendole la porta per farla passare si rese conto che voleva abbracciarlo, almeno una volta, prima di andare così gli strinse le braccia sul busto, ricacciando le lacrime giù, perché 'tiene paura di piangere anche lui.' L'uomo ricambiò l'abbraccio e senza dire niente, poi si separò dalla nipote e la lasciò passare. Sofia l'aspettava con ai piedi la sua valigia. L'avrebbe anche accompagnata all'aeroporto. Sarebbe finita proprio com’era iniziata, loro due.
«Passiamo prima a salutare Oliver, no?» Chiese May, mettendosi la cintura.
«Perché abbiamo fatto tutta l'estate in pullman per andare a lavoro se io guido ormai da un anno?» Chiese Sofia, facendo ridere May. «Sì, andiamo a salutare Oliver.»
«Okay!» Girò il viso, lasciando che sua cugina parlasse senza ascoltarla veramente. Qualche giorno prima lei e Jay avevano deciso che terminare la pseudo relazione estiva, perché sarebbero stati lontani per molto tempo e nessuno dei due se la sentiva di mandare avanti una relazione a distanza. Almeno si erano trovati a concordare su questa cosa, quindi un abbraccio e i due avevano mandato vana un'intera estate. Ma andava bene così, perché davvero una relazione a distanza non sarebbe stata facile. E poi magari lui avrebbe fatto successo, i tour sarebbero iniziati e lei sarebbe stata sempre più sola che con lui. Quando si sarebbero visti? Perciò era sempre più contenta di questa sua decisione. Faceva male, perché aveva finalmente scoperto quanto fosse felice la felicità e quanto fosse bello avere qualcuno a stringerti la mano durante le uscite. Quanto fosse bello parlare con una persona che non si stancava mai di ascoltarti, ma soprattutto quanto fosse confortante avere affianco una persona che non ti obbligava a parlare anche se ti vedeva giù di morale. Jay aveva imparato a parlare con May, sapeva, quando poteva farlo e quando no... Forse per questo May avrebbe voluto mandare a puttane l'idea della laurea - o magari posticiparla - solo per stare ancora un po' con lui. Ma questo non sarebbe cambiato agli inizi di settembre. Loro avrebbero aperto concerti, conosciuto gente famosa e mentre lei avrebbe perso un anno buono, lui avrebbe fatto qualcosa di costruttivo. E sì, sapeva che era una grandissima egoista, ma sapeva bene che lei veniva prima di tutti. Jay non aveva detto niente, aveva solo annuito durante il discorso fatto da May e aggiunto un semplice: hai ragione, è meglio così. E così avevano smesso di sentirsi, parlarsi e rivolgersi quegli sguardi pieni d'intesa che erano iniziati nella stanza di Tom, il secondo giorno che si erano visti. May e Jay erano più di due semplici persone che uscivano assieme. Avevano passato momenti che li aveva avvicinati talmente tanto da pensare di essere fatti per stare assieme, momenti che li aveva resi complici di qualcosa che solo loro conoscevano nella loro perfetta bolla gialla. Peccato che May non credeva a tutte quelle stronzate e anche Jay aveva dimostrato di non crederci, e puff, la bolla era scoppiata in faccia ai due ragazzi che erano tornati alla loro precedente vita, quella che avevano prima di avvicinarsi tanto.
May aveva dovuto dimenticare tante cose, o meglio, far finta di dimenticare tante cose. La sensazione che si provava, quando lui le scriveva i messaggi più stupidi, solo per farla sorridere, aveva dovuto fingere di dimenticarsi Mr.Sun a casa, cosa provava ad ogni sfioramento e addirittura aveva provato a togliersi dal naso l'odore del dopobarba di Jay, quello che alla fine non le piaceva tanto, perché prediligeva gli odori leggeri... Mentiva a se stessa, mentiva ogni giorno ripetendosi che stava bene, ricordandosi che aveva mille altre cose a cui pensare, mentiva pensando che magari avrebbe potuto parlare con Luke o addirittura cercare Nick, mentiva pensando che c'erano altre ventimila persone sulla faccia della terra come Jay. Mentiva e basta, mentiva per non stare male e piano piano, si mentiva, pensando che stava funzionando.
E in pochi minuti l'auto era parcheggiata davanti allo stabilimento e Sofia le porgeva un sorriso, scendendo dall'auto. Sorrideva anche lei, May, perché aveva un sacco di bei ricordi al momento legati a quella 'casa': Tom, le liti con Oliver, Sofia, Nathan, Carrer de Barcelona, Siva, Max, Movida... Jay. Sospirò e si fece forza, come al solito.
«Oliver!» Lo chiamò May con forza, vedendolo comparire da sotto il bancone poco dopo. «Che diavo-.. No, forse non voglio saperle certe cose. - Disse May ridendo. Si avvicinò buttandogli le braccia al collo. - Grazie per tutto, Oliver. Per ogni seconda, terza, quarta opportunità. Grazie. - fece, sorridendo contro il suo orecchio. - ah... attenzione, se fai del male a Sofia ti spezzo ogni ossicino che hai in quest'esile corpicino.»
«Figurati, May! Ti voglio bene anch'io e ti aspetto l'anno prossimo!» Rispose lui, ridendo e forse un po' impaurito. May scherzava... Forse. Non appena si staccò dal ragazzo, si guardò intorno.
«Vai.» Ordinò Sofia, guardandola. Aveva capito tutto. «Salutali tutti e dì quanto sei stata bene. Sii educata.»
«Sì, mamma.»
*
May vagò lungo l'andito, alla ricerca delle stanze dei ragazzi. Alla ricerca di quella di Jay, no... Tom! Nathan!
«Ehy!» Salutò lei, allegra.
«Ciao May! Come stai?» Chiese il ragazzo, ricambiando il sorriso.
«Oh, bene grazie... Stavo passando a salutare, sto andando via.» May piegò la bocca in una smorfia, guardando Nathan, mentre si torturava le mani.
«Okay, allora buon viaggio, tante care cose.» Cos'era questo tono? Lei non aveva mai fatto niente a Nathan, okay, forse aveva fatto qualcosa da quando era arrivata ma non a lui. Perché la trattava così?
«Grazie...» Rispose incerta, però.
«May, non vorrà parlare con te... Lasciagli il suo tempo, perché mentre tu credi che a lui questa situazione sta bene, questa cosa non lo lascia in pace. Voglio il meglio per lui. Non voglio che stia male ulteriormente solo perché sei così egocentrica da volerlo salutare. - Fece lui, alzando le sopracciglia. Aveva ragione... Ma come dirgli che Jay le mancava talmente tanto da voler rimandare tutto solo per stare ancora un po' con lui. Come dirgli che stava perdendo la costanza di credere in se stessa perché l'unica persona che lo faceva per davvero l'aveva lasciata andare. - Io non ce l'ho con te, May. Ti sto chiedendo un favore personale.»
«Ciao Nathan, prenditi cura di lui.» Fece lei, ricacciando ancora giù quelle lacrime amare.
«Grazie May. Buon proseguimento e sarà fatto.»
E allora andò avanti, lasciandosi Nathan alle spalle. Se non parlava con Jay, avrebbe parlato con Tom. Perché anche Tom faceva parte della sua vita, una vita precedente, ovviamente. Bussò alla porta, con le nocche, producendo un rumore piacevole. Aspettò, staccandosi dalla porta. Tom rimase ad osservarla, non appena se la trovò davanti, incapace di dire qualcosa di realmente sensato.
«Ciao Tom... - Allora provò lei, armandosi di tutto il coraggio che aveva, - Sono passata a salutarti. Eh, mh... Vado via tra... - E poi scoppiò a piangere. Non scoppiò in tutti i sensi, perché sentì solamente scenderle dagli occhi, ma non fece nessun rumore in più, anzi... - non lo so, tre ore forse... E volevo dirti che mi mancherai e che... ti ringrazio per quest'estate bella o brutta che sia.» Col dorso della mano si asciugò le lacrime, soffiò sputando un po' d'aria che aveva in corpo e alzò gli occhi al cielo, tirando su col naso.
«Buon viaggio, May... Mi ha fatto piacere rincontrarti.» Fece lui sorridendo, avvicinandosi per abbracciarla. May scoppiò in una risata nervosa. Anche a lei aveva fatto piacere conoscerlo. Nonostante tutto. Ricambiò l'abbraccio, sorridendo anch'essa.
«Non fare casini Parker. Almeno, non senza di me. Okay?» Gli sussurrò.
«Promesso!» Rispose lui ridendo. La ragazza si allontanò dal ragazzo, sorridendo. «May, stai su. Sei più forte di tutto.»
«Anche tu, Tom. Ricordati.»
Il ragazzo annuì e May gli fece un altro sorriso, asciugandosi le lacrime che continuavano a scendere ma che per fortuna si erano calmate ora.
*
«Hai parlato con Jay?» Chiese Sofia, guidando verso l’aeroporto, May si morse il labbro, guardando fuori dalla finestra mentre ogni pensiero era concentrato su quello che stava vedendo… o meglio, su quello a cui non voleva pensare.
«No.»
«Perché no?» Chiese allora, paziente.
«Perché ho incontrato Nathan nella hall e mi chiesto come favore persona di non parlare con Jay e abbiamo concordato che è stato meglio così.» Fece May, grattandosi la fronte.
«Sai perché hai concordato con quel ragazzo, che tra parentesi sembra davvero Sid de la era glacial, perché sei una codarda e avevi una paura boia di parlare con Jay. Ma tranquilla, May… adesso che tornerai a casa non ci parlerai mai più, forse, e starai bene.» Sofia parcheggiò davanti all’entrata dell’aeroporto, scendendo dalla macchina. Aprì il cofano prendendo la valigia di May che nel frattempo scese dall’auto. Probabilmente era vero, lei era partita con la cosa che con Jay non ci voleva parlare e così le era andato bene ciò che le disse Nathan.
«Grazie» disse poi, prendendo di mano la valigia a Sofia, che le fece un sorriso di cortesia. Non poteva davvero essere arrabbiata con lei per quella ragione, non oggi che se ne andava. Dovevano abbracciarsi e dirsi quanto, a vicenda, si sarebbero mancate non portare il muso come una specie di trofeo. May non voleva rovinare del tutto quella vacanza, era già, in parte, andata male. «Sofia, sono affari miei se parlo o no con Jay, se non ci parlerò mai più, se ho ascoltato Nathan solo per fare un piacere a me stessa, se sono egoista o no nei confronti del mondo… Non tuoi, okay? Se vuoi smettere di parlarmi, fallo perché ti ho rotto un vestito o un fermacapelli, ma non per questo.» May prese a camminare senza che la ragazza le rispondesse o che ne avesse il tempo e si andò a sedere davanti al tabellone degli orari, infilando le cuffie che le avevano fatto compagnia durante le notti insonne, quando tutto andava a puttane e iniziò a muovere la testa a ritmo, com’era solito fare mentre osservava la gente passare davanti a lei. Sofia le si sedette affianco e poggiò la testa sulla sua spalla, era tutto di nuovo come prima come se non avessero mai litigato, era meglio così, effettivamente, May aveva bisogno di lei.
I secondi, i minuti, passarono e così l’ora che doveva aspettare prima di prendere l’aereo, senza mai dire niente, tornava la stessa ragazza che era prima, così non avrebbe sofferto troppo intensamente. Sentì l’altoparlante chiamare il suo volo: Londra. Scostò gentilmente Sofia e si tolse le cuffie.
«Grazie per tutto, Sofia. Sei... – May lasciò che la voce le tremasse un po’, perché lei era la sua fedele compagna di viaggio, tutto quello che una persona poteva desiderare di avere affianco. Oliver era fortunato a stare con lei, a starle intorno ogni giorno. - …Grazie, Sofia.» Concluse perché non sapeva cosa dire effettivamente, mentre quegli occhioni la osservavano. Sofia la cinse in un abbraccio, mentre anche le sue lacrime scendevano.
«Chiamami su Skype appena arrivi, ti voglio bene.» May annuì e inizio a mettersi in fila per lasciare quel posto, dispersa tra gli altri turisti, fu lì che lo vide, fu lì che il suo cuore passò all’altra parte e le causò un arresto cardiaco quasi… Jay si faceva spazio tra la folla, la stava cercando, forse, per parlarle. Si guardò intorno, ancora, Nathan dietro di lui che lo inseguiva, assieme a Tom, Max, Siva ed Oliver che doveva averli accompagnati, chiudendo per un po’ il posto. May uscì dalla folla in cui era imprigionata, trovandosi fuori aspettando che Jay le andasse incontro, si piegò sulle ginocchia perché aveva il fiatone. Era stata una lunga corsa.
«Non sei passata a salutare, May.» Disse lui, mettendosi di nuovo in posizione eretta.
«Ho convenuto non fosse necessario… Ho salutato Nathan, ti avrebbe passato i miei saluti, ne sono sicura.» Fece lei, sorridendo malinconicamente il ragazzo che non aveva un cappellino quel giorno, ma i capelli al vento che al momento non c’era…
«May… mi dispiace tanto, per tutto… Ma non lasciarmi qui, da solo…» Fece il ragazzo, guardandola, respirando a fatica e con la bocca. «Cazzo... – si passò una mano tra i capelli, smuovendoli. – Cazzo. Le relazioni a distanza non funzionano, non me n’è mai importato un cazzo e sono sempre stato del parere che non durassero, le trovavo per sfigati… Ma adesso io voglio stare con te… May…» May si morse l’interno della guancia, non sapendo cosa dire, guardando il ragazzo.
«Jay, non è niente di buono, tu non sai com’è essere me…» Iniziò la ragazza, ma l’altro la interruppe.
«No, io non so com’è essere te, May. Io non allontano le persone di proposito solo per provare quanto sono scortese, solo per mantenere viva una fottuta reputazione che, fattelo dire, fa schifo. Io amo parlare con la gente, fanculo se non mi ascoltano, sai cosa me ne importa. Fanculo se la gente non ci ascolterà cantare, chi se ne importa, a noi piace farlo… E non mi dire che non ti è piaciuto parlare con me, perché non ci credo, perché è sempre bello parlare con qualcuno, quindi vaffanculo May, perché io, ora, ti sto chiedendo di provare a parlare con me, di restare…»
«Jay… io… Ho l’università…» Provò lei. Aveva ragione Sofia era una codarda, ma di quelle paurose, di quelle che si preservavano il diritto di vivere solo perché pensavano di aver fatto qualcosa di brutto in una vita passata e di non meritarlo. Lei era la cogliona per eccellenza, perché quando guardava quegli occhi tanto gentili di Jay che al momento le chiedevano di stare con lui, l’unica cosa che le era uscita dalla bocca era: ‘ho l’università’.
«Fanculo, May. Ho buttato un’estate!» Fece lui, guardandola. Non si ricordava più com’era rivivere in tranquillità con qualcuno che ti rendeva felice affianco? Non si ricordava più la felicità nel sapere che qualcuno l’accettava per quello che era… Che poteva essere anche la regina delle stronze che Jay le avrebbe voluto bene lo stesso, per quello che era… Lui aveva detto che aveva sprecato un’estate con lei e queste parole fecero male… Molto più di quando, per comune accordo, decisero di concludere la pseudo relazione che si era creata tra di loro… Si sentiva uno schifo! Tutto quello che aveva costruito era crollato come fosse un castello di carte in mano ad un bambino e, ancora una volta, era tutta colpa sua. C’era stata qualcosa, durante quella vacanza, che non fosse accaduta per colpa sua? Niente, si era cercata tutte le situazioni e poi si era trovata a piangere per quella ragione. Jay le voltò le spalle, tornando indietro da dove era arrivato, tornando dai suoi amici che lo avrebbero sempre appoggiato, voltando le spalle alla sua ‘rovina-estati’ bionda. Sofia, in piedi, la osservava. Aveva riconosciuto quello sguardo. Era lo stesso di quando Nick non si era fatto più sentire e lei, in mille pezzi, glielo aveva raccontato in webcam. Era lo stesso di quando aveva realizzato che Tom alla fine non era la persona giusta per lei… Le fece un cenno col capo, sperando che capisse. May socchiuse gli occhi e deglutì.
«Aspetta, Jay.» Lo disse talmente ad alta voce che anche qualcun altro la sentì e si girò. Ma quella era paura. Paura di poter perdere, come sempre, tutto da un momento all’altro. Stava perdendo Jay e perdere Jay era come perdere tutto ciò che non aveva ma che poteva avere e non c’era nulla che ti faceva stare peggio di quando perdevi qualcosa che non avevi. Come quando pensi al concerto a cui non potrai mai andare e che hai perso. Hai perso qualcosa che non potevi avere e ti ha fatto male il doppio.
«Ho aspettato quasi tre mesi, May…» Il ragazzo si girò, era una scena molto teatrale, effettivamente e la gente di tanto in tanto si girava a guardarli.
«Io devo andare Jay… Non puoi chiedermi di saltare un anno di università per stare qui… E poi, quando tu avrai finito la promozione del probabile disco qui e dovrai andare via io cosa farò? Cosa farò quando vedrò le tue foto bello sorridente mentre baci una persona che non sono io? Cosa farò quando sarai dall’altra parte del globo e io dovrò guardarti dalla tv? Se hai una situazione per tutti questi problemi, Jay, allora c’è una speranza per noi… E io sarò ben lieta di ascoltarla e seguirla alla lettera, perché anch’io, al contrario di quanto pensi, ho puntato tutta la mia estate su di te e me.» Disse May, guardandolo. Era uno dei discorsi più lunghi che avesse mai fatto. Jay si dondolò sulle gambe.
«No, May… Non c’è una soluzione…» Rispose lui, solamente, facendo rattristare lei ancora di più. Nemmeno lui aveva una soluzione, forse, quella storia non doveva sussistere e basta. Il volo venne richiamato e lei doveva andare via, non c’erano soluzioni… Doveva andare.
«Ciao, Jay. Salutami Tom e gli altri… E dì a Nathan di mantenere la promessa. »
«Che promessa?» Chiese il ragazzo, correndole incontro, nuovamente.
«Non ho tempo, devo andare.» Rispose invece lei guardandolo. Si tirò la tracolla davanti e fece un cenno con la mano. Jay deglutì, guardando tutto sparire in un secondo, fece un passo avanti… Era un fottuto tira e molla e questo era molto noioso e soprattutto faceva più male di quanto May avesse mai potuto immaginare. E anche Jay. Ma questa era probabilmente l’ultima volta che la vedeva e voleva provarci del tutto… E le aveva dato un unico motivo per provare ed era lui. Si avvicinò ancora una volta, solo una, tra la fila che cominciava a formarsi e la girò verso di se, non aspettando niente, assolutamente niente, baciandola sulle labbra, facendole sentire tutto quello che sentiva.
 
*ciao!*
Ciao, prima di tutto… Secondo di tutto mi scuso per il ritardo, la scuola è iniziata da una settimana circa e io sto già morendo sotto tutti gli appunti che sto prendendo, lentamente anche di noia, sì. BTW. Ecco il dodicesimo capitolo… Dovete assolutamente scusarmi per la lunghezza di questo capitolo, sarò estremamente noiosa ma dovevo raccontare determinate cose, scusatemi… C’è taaaanto May+Jay, May+Nathan, May+Tom, May+Sofia&Oliver. Non me ne vogliate. Ehhhh, nulla. Vi ho lasciato sulle spine, eh? Lo scoprirete nell’ultimissima parte di questa FF, che giunge davvero al termine…
Love u all, tutti quelli che mi seguono ogni aggiornamento e che non si stancano mai del mio continuo blaterare… Siete voi questa FF. Marti.
   
 
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