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Autore: xalittlething    25/09/2012    0 recensioni
Words will be just words.. Till you bring them to life..
I'll lift you up, I'll never stop, you know I'll take you to another world.
I'll build you up, I'll never stop, you know I'll take you to another world.
Everyday, in everywhere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Airport.

Pioveva. 
Le gocce d'acqua che cadevano sul parabrezza mi mettevano un'angoscia addosso, che non si poteva spiegare.
Ed io ero lì, nel sedile posteriore, vicino al finestrino.
Avevo le cuffiette alle orecchie. Stavo ascoltando la canzone ''Viva la vida'', dei Coldplay dal mio cellulare.
Un cesso.
Quando finiva, la rimettevo da capo. Per riascoltarla. Mi faceva uno strano effetto, ma non riuscivo a capire che tipo di effetto.
Ero nel bel mezzo dei miei pensieri. Insomma, dovevo trasferirmi a Londra. La città in cui avevo sempre sognato di andare a vivere.
La città che avevo sempre sognato poter visitare. Sin da piccola.
Oh, beh, mi chiamo Ellen, e ho 16 anni. Per gli amici sono semplicemente Elly, o, addirittura, El.
I miei amici.
Beh, l'idea di trasferirsi in casa di perfetti sconosciuti per me, anche se miei zii, non mi diceva niente, anzi, sarei stata anche in imbarazzo.
Vivere in quella meravigliosa città, come dicevo prima, era il mio sogno, sin da quando avevo 5 anni.
E ora? Ora che lo stavo realizzando, c'era qualcosa che mi bloccava.
Fissavo la valigia, accanto a me. E pensavo.
Pensavo a quanto potesse essere difficile, distaccarsi dalla famiglia, e dagli amici.
Distaccarsi soprattutto da mia sorella, Sophie.
Lei mi capiva sempre, e mi aiutava.
Stava cominciando a non piacermi più l'idea di andare a studiare in quel college.
Era successo tutto troppo in fretta.
Troppo.
Il giorno prima non sapevo neanche di dover partire, e il giorno dopo mi ritrovavo a guardare fuori dal finestrino. 
A godermi gli ultimi attimi in Italia.
Stavo ascoltando quella canzone.
Di nuovo.
Mi faceva riflettere molto. Ma qualcosa interruppe i miei pensieri.
- Siamo arrivati, tesoro. - disse mio padre, andando alla ricerca di un parcheggio.
Tolsi le cuffiette dalle orecchie, e misi a posto il cellulare, nella borsa a tracolla che avevo.
Finalmente, mio padre si intrufolò nello spazio che c'era fra due auto. 
Spense la macchina, aprì lo sportello posteriore per farmi scendere.
Avevo la nausea dopo 3 ore di automobile.
- Grazie, papà. - dissi, malinconicamente.
Lui mi sorrise, prese la mia valigia, chiuse lo sportello, e ci incamminammo insieme verso l'entrata dell'aeroporto.
Oh cavolo. Eravamo in ritardo. Me ne accorsi solo sbirciando sul mio orologio da polso, il volo c'era a mezzogiorno. Erano le undici e 55.
Mi feci prendere dal panico.
- Ah, per Londra è quella l'entrata. - disse mio padre.
Mi feci forza, presi un respiro profondo, ed entrai nel percorso che mi avrebbe portato all'aereo.
Mi girai. 
Mio padre era l'unico che mi voleva veramente bene. 
Non feci in tempo ad alzare una mano per salutarlo, che sentii: ''Volo 403 in partenza. 2 minuti.''
Con una lacrima che mi scese lungo gli occhi corsi verso il mio aereo.
Entrai, cercai un posto a sedere. Ero sola.
Mi misi seduta, e portai le cuffiette alle orecchie, ancora una volta. Ascoltando sempre la stessa canzone.
Mi avrebbe ricordato l'Italia.
Non credevo di regger molto: ero stanca.
L'aereo stava partendo ed io stavo cominciando a chiudere gli occhi, quando un urlo maschile attirò la mia attenzione.
- Aspettate! 
Alzai lo sguardo di colpo e vidi un ragazzo salire di corsa sull'aereo, imbarazzato.
Come lo capisco, pensai. Stavo per fare la stessa cosa.
Mi guardai intorno, i posti a sedere erano tutti occupati.
Lui si guardò intorno.
Sembrava imbarazzato a mettersi seduto vicino a me, forse voleva stare un po' da solo. 
Alla fine si sedette vicino a me, dicendomi un semplice 'ciao'. Accompagnato da un sorriso accennato appena. Io risposi con un indifferente 'ciao' appoggiando la testa al sedile per cercare di dormire. Ogni tanto aprivo gli occhi, e lo vedevo guardare fuori dal finestrino, così decisi di non fare l'asociale, e rompere un po' il ghiaccio.
- Da dove vieni? - chiesi, togliendomi le cuffiette e mettendole a posto.
Vidi i suoi occhi azzurri intensi incrociare i miei. Mi sentii in imbarazzo. 
Si grattò la nuca, arrossendo.
Forse non ero l'unica a sentirsi in imbarazzo.
- Dall' Irlanda. Vengo dall' Irlanda, ma, ero in Italia in vacanza dai miei nonni, visto che non c'ero mai stato, ho approfittato. - rispose, accennandomi un sorriso.
- Scusa se non sono affari miei, ma.. Ecco, perché hai preso l'aereo che porta a Londra? - domandai.
- Lì ho i miei amici. Dovrò alloggiare in un hotel. Quindi, trovarmi un lavoro per potermi permettere di pagare tutte le notti. - mi rispose, con occhi stanchi.
- Hai sonno eh? - gli chiesi sorridendo.
- Sono leggermente stanco.. - rispose.
- Beh, anche io. Farò un leggero sonnellino. - affermai.
Ma lui, si era già addormentato.
Lui.
Biondo, occhi azzurri, sorriso perfetto.
Il principe azzurro che ognuna di noi avrebbe voluto avere.
...
Scossi la testa.
Ero diventata matta? 
Appoggiai la testa al sedile, e mi addormentai.
Nel sonno, la testa, mi scivolò sulla spalla di quel ragazzo, di cui non conoscevo il nome.






  
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