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Autore: kazuha89    26/09/2012    2 recensioni
come è successo? non ricordo nulla..come è potuto accadere, senza che me ne accorgessi? come sono passati, in una sola notte..10 anni?!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tempo fa, mi è capitato di imbattermi in un documentario su dei tipi che di mestiere facevano i pescatori di granchi. Mestiere a dir poco sorprendente. L’inferno è nulla a confronto di quello che quei marinai devono sopportare durante una battuta: tempeste, maree infuriate, climi al limite dell’umano e, a volte, spietata concorrenza da parte di altre barche. Non mangerò più un granchio con troppa leggerezza, garantito.
In una di queste “giornate tipo” da pescatore di granchi, uno dei marinai ha avuto un incidente sul ponte. Mentre cercava di far ripartire il generatore di corrente zompato per colpa di un calo di pressione, involontariamente ha messo le dita su un filo scoperto, e si è beccato una scarica di corrente in tutto il corpo. Ci è rimasto, ho pensato. Invece no. Il marinaio è riuscito a portare a casa la buccia grazie agli stivaloni in gomma. L’elettricità non lo ha colpito a pieno per via dell’isolamento della gomma. Però non è che stesse bene. Ha barcollato senza meta sul ponte della barca finché un collega, notando la cosa, gli si è avvicinato e, come riferisce lui stesso, ha sentito odore di bruciato. Proprio l’odore gli ha fatto capire la dinamica dell’incidente, perché la vittima non era in grado di proferire parola sensata, solo un mucchio di versi sconnessi. Il poveretto ha passato un tre - quattro giorni in branda sorvegliato a vista, per paura che avesse un qualche attacco dovuto al sovraccarico di corrente nel corpo.
Mi sono impressionato a vedere quell’uomo. Sarà stato due volte me sia per altezza che per stazza, eppure sembrava su un altro pianeta, dopo la scarica. Dondolava, ciancicava, il suo sguardo era perso nel vuoto. Non riuscivo a smettere di pensarci: chissà che cosa provava..
Beh, chi l’avrebbe detto, sto nella sua situazione, adesso. Non ho subito alcuna scarica, ma con la bella sorpresa che mi ha aspettato stamattina al mio risveglio, lo shock è papale papale.
Ieri sera, mi sono messo a letto che avevo 7 anni, lo ricordo benissimo. Ma stamattina, sa dio come, sono adulto!
Si, ormai non c’è margine di errore: Conan Edogawa è diventato un adulto.
Mi sento da bestia. Sto camminando come quel pescatore folgorato per le strade di una città in cui so di essere cresciuto, ma che non riconosco. Si, pure quello, ci voleva.
La mia città, la mia Beika, è cambiata dal giorno alla notte: i negozi, i locali, gli edifici..tutti sbagliati, non corrisponde niente! Riconosco il quartiere, la morfologia delle strade, ma non portano più dove sapevo io.
Il giornalaio dove prendevo le figurine da piccolo, ora è un negozio di cd, il mini market ha messo su minimo tre taglie, e il mio amato negozio di libri e fumetti..una boutique! Questo poi, lo prendo sul personal. Perfino la fruttivendola, che era li dai tempi delle elementari, dove ran sin da piccola si fermava a prendere frutta e verdura era sparita..
Mi lasciavano un vuoto incolmabile, questi cambiamenti. Magari se il tutto fosse avvenuto più gradualmente, avrei pure potuto abituarmi, ma cosi era inconcepibile.
E le persone erano pure peggio.
Camminavamo in giro per la città da circa mezz’ora, quella mattina, Ran aggrappata al mio braccio e il piccolo Arthur appeso alla mia mano, intenti a svolgere le commissioni. Durante queste, mi ero imbattuto in diverse persone di mia conoscenza, alcune con cui Ran si era pure soffermata a parlare. Io le osservavo sconvolto. I loro visi..sembrava ci fosse un velo sopra, un velo opaco. Vedevo sulle loro facce un alone di vecchiaia innaturale. Non ero quasi stato in grado di parlarci.
Come era potuto accadere? Come aveva fatto, il tempo, a passare senza che me ne accorgessi? Ran e gli altri in casa non davano segno di alcuno stupore per nulla. E allora come?..
Ran. Mentre Arthur si crogiolava davanti ad un negozio di modellini, mi soffermai a guardarla. Grazie a dio, su di lei quel velo di vecchiaia non era calato. Lei era rimasta uguale, col suo sorriso dolce e quell’aria da bambina che mi piaceva tanto. Però si vedeva che in qualche modo era cambiata. La guardai osservare Arthur, e vidi nei suoi occhi la classica luce della mamma brillare vivace. Mamma..
Mi voltai verso il bambino, che in quel mentre cercava di appiccicare il più possibile il naso alla vetrina senza spaccarsi il setto. Ran era diventata mamma, vero, ma anche io..ero diventato..papà.
Mi sentì lo stomaco contorcersi come le spire di un pitone. Io, padre? Ma in che mondo deviato era successo? Eppure lui era lì, davanti a me.
“Hei, fratellone, butta un occhio, è la macchina di papà..dio, che sballo!”
Mi prese per la manica della giacca e mi trascinò al suo livello indicandomi un modellino piuttosto bello di una Ferrari Dino. La mia macchina, vero..i miei me l’avevo presa per i miei 21 anni già quando ne avevo 14. Papà non aveva resistito ad un affare, me lo ricordo bene. Mamma aveva urlato per ore, quella volta..
“Io..Shinichi la guida davvero?” chiesi.
Arthur annui, luminoso.
“La nonna non è molto contenta ma si, la guida. Non vedo poi perché criticare, dal momento che lei stessa ha una guida pressoché omicida..”
Mise su un espressione esasperata, scosse la testa e si ripiantò col naso sul vetro. Mi sorpresi a ridere. Lui mi guardò confuso.
“Perche ridi, adesso?”
Io scossi il capo.
“Niente. Pure..pure tuo padre faceva quella stessa faccia, parlando della guida della m..della nonna. Tu..gli somigli tantissimo, sai?”
Arthur si grattò il naso imbarazzato.
“Lo so..ne vado molto fiero, infatti..” e mi sorrise. Mi si strinse il cuore. Fiero.. Arthur era fiero di essere..mio figlio..
Mio figlio..ora capivo molte cose. Per il resto della mattinata, mi trastullai nella compagnia di quella creatura, confuso e felice allo stesso tempo. Non avevo mai nutrito particolare simpatia per i bambini, specie dopo la trasformazione. Eppure Arthur..Arthur era come una droga per me. Ogni suo movimento, ogni espressione, ogni parola o modo di dire e fare..ai miei occhi erano straordinari. Era spaventoso quando fosse simile a me. Il modo che aveva di camminare, di esprimersi, i suoi gusti in fatto di svariati argomenti..ero io in miniatura!
Però era strano..non mi ero mai soffermato sul mio aspetto, quando ero piccolo..in nessuna delle due occasioni in cui lo ero stato. Mi ero sempre trovato ordinario, francamente, nulla di che. Eppure, più guardavo Arthur, che era la mia copia sputata, più pensavo..che fosse il bambino più bello del mondo. Soprattutto il viso. A un primo sguardo, si sarebbe detto che aveva preso tutto da me. Invece aveva in serbo una sorpresa, che per poco non mi spinse alle lacrime. Un soffio di vento un po troppo forte gli aveva spinto una foglia umida sulle lenti degli occhiali, ed era stato costretto a toglierli per pulire via l’acqua. Tolta per bene, si era voltato verso di me protendendo gli occhiali puliti per vedere se erano rimati aloni, e per la prima volta lo avevo visto senza i vetri sulla faccia. Gli occhi..non erano i miei. Arthur non aveva preso il bizzarro color cobalto tipico dei maschi Kudo. No, gli occhi di Arthur erano di quel color indaco che conoscevo fin troppo bene..
Si, Arthur era il mio stampo..ma aveva preso gli occhi di sua madre, gli occhi della mia Ran.
Non c’erano dubbi, Arthur, con il mio naso arricciato e gli occhi di Ran era uno spettacolo per gli occhi. Decisamente incoerente, il punto di vista di un padre, direi..
“Oh grazie a dio, è finita. Mi faccio tutti i gironi dell’inferno, la prossima volta, piuttosto..”
Ran era sfinita. Avevamo passato la mattinata a girare come degli invasati per negozi comprando qui e la varie cose. Carichi come muli, a pochi minuti dall’una, eravamo sprofondati in una panchina.
“Ah non venire a batter cassa qui, mamma, io non ti ho certo spinta a rimandare tutte le commissioni fino a limite, hai fatto tutto da sola..”
Ran inarcò le sopracciglia aprendo un occhio.
“Dio..e sto anche a chiedermi come mai a volte tuo padre non mi manca..”
Arthur mandò il naso per aria con fare stizzito.
“Se fosse qui, non ti permetterebbe simili errori. Ridursi all’ultimo minuto per tutte queste cose..meno male che il fratellone è rimasto a casa per aiutarti. Ma ho la sensazione che gli avresti faccio bigiare la mattinata comunque, se anche non avesse potuto. Da sola, saresti affogata nei sacchetti e nelle buste molti negozi fa, credo bene..”
“Oh chiudi il becco, avvocato del diavolo! Tuo padre nemmeno si sarebbe ricordato che a tuo zio servivano queste cose, sai  saputello? E lo vorrei  proprio vedere, il signorino, a fare spese con le massaie inferocite a caccia di saldi che ti intasano le corsie dei negozi. Farebbe una strage, conoscendo la microscopica particella di pazienza che ha..”
Mai verità più vera fu detta. Se non fosse che ero distratto dai cambiamenti attorno a me e dal bambino, avrei fuso molte ore prima..
Arthur decise di patteggiare.
“Te la do per buona..almeno lo zio non potrà lamentarsi, gli abbiamo preso pure roba extra..”
Mi riscossi dai dolori di quella frenetica mattinata di shopping. Lo zio.. anche stamattina avevo sentito nominare questo fantomatico “zio”. Da che ne sapevo io, i genitori di Arthur erano entrambi figli unici, quindi doveva essere uno zio metaforico. Ovviamente chiedere, però, poteva suonare strano da parte mia, per cui, decisi di tacere. Comunque se Arthur e Ran lo conoscevano, e il piccolo lo chiamava addirittura zio, non doveva essere un estraneo o una persona di scarsa fiducia.
Arthur guardò l’orologio al polso di sua madre.
“All’una aveva detto, no? una e dieci, è in ritardo.. Ok che comunque parlare di orari con quell’uomo, è un paradosso..”
“Polemico come il tuo amato paparino, eh, arty? A strozzarvi entrambi, il mondo farebbe un affare..”
Mi si seccò la gola. Quella voce..conoscevo perfettamente quella voce. Ma non avevo il fegato di voltarmi. E se anche lui fosse cambiato?
“Non sono polemico, sono coerente, zio..”
“Sei un tarlo nel mocassino! È stata colpa del treno, tanto perché tu e il fisco lo sappiate. Ora, hai altre sentenze da sputare, o mi è concesso un abbraccio dal mio amato nipotino?”
Arthur fece una smorfia, poi però rise e spiccò la corsa. Lo sentì ridere di gusto.
“Mi sei mancato tanto anche se non rispetti gli orari, zio..”
“Anche tu mi sei mancato, piccolo mio. Fammi dare un occhiata.. Dio..ogni minuto che passa, diventi tuo padre un po di più. Ran, amore mio, mettiti una mano sulla coscienza, e metti fine a questa cosa prima che sia troppo tardi..”
“Temo sia già troppo tardi, mio caro. Alla genetica non si può scappare, lo sai meglio di me. Lo posso avere anche io, il mio abbraccio? Sei mancato molto anche a me..”
“Per te la luna se me la chiedi, bambolina mia..”
Bambolina. Ora avevo fondamenta per mi miei sospetti..e ancor meno voglia di guardare in faccia la realtà.
“Sembri in forma, Ran, un peso in meno per le mie spalle, benone. Vorrei però avere questa certezza ogni giorno, piccola. Sei davvero sicura di non voler venire con me al paesello? Mi farebbe dormire meglio, sapere sempre che tu e il bambino state bene, e a casa mia lo sai che siamo tutti dello stesso avviso..”
Sentì ran sospirare.
“Lo sai che non posso. Arthur ha la scuola, papà ha bisogno di me, e..”
La sua voce ebbe come una nota incrinata. Lo “zio” parve captare il pericolo.
“No, no,no, ok, va bene, tranquilla, va bene anche così, non mi cambia spostarmi, ogni tanto. Hai ragione, sballottare il piccolo sarebbe sbagliato, il vecchio Goro poi lo troveremo sul giornale se marchi visita per più di due giorni e..lui mi tirerebbe il collo, se sapesse che ti ho portata via con me, lo so..”
Lui..bene, sono entrato ufficialmente nel discorso. Questa cosa non era cambiata, ti pareva. L’unica cosa che avrebbe dovuto sparire..era rimasta.
“Hei tu.. hai in mente di rimanere là ancora per molto? Sarai pure immerso fino all’orlo nella pubertà, ma non sono disposto a scendere a compromessi, voglio il mio abbraccio!”
Sentì un passo sicuro e pesante incedere verso di me. Oddio..potevo sopportare il viso invecchiato di chiunque, ma il suo..
Una mano sulla mia testa. Persino la presa, era inconfondibile.
“Hei, moscardino, parlo con te.”
Ingoiai l’aria, presi fiato, e mi voltai.
Un tuffo al cuore. Era lui, l’abbronzato detective del Kansai che aveva sempre millantato di essere il mio migliore amico, e che poi effettivamente lo era davvero: Heiji Hattori, in persona.
Rimasi qualche secondo a guardarlo, in piedi davanti a me, sperando di non passare per matto. No, non si poteva dire che non era cambiato, in effetti. Oddio, ovviamente si capiva che era lui, stesso sorriso luminoso, stessi occhi pieni di vitalità, stessa faccia da schiaffi. Era lui, il solo e unico Heiji Hattori, diffidare dalle imitazioni, come diceva sempre lui. Però in qualche modo, sembrava diverso. La sua aria da sbarbatello era stata surclassata da un qualcosa di adulto, in un certo senso. Anche il fisico e il look erano notevolmente cambiati: non indossava più jeans slavati, felpe e quel cappellino SAX. No, il nuovo heiji indossava una giacca color panna, una maglietta nera e dei jeans bianchi. Ed era anche più alto e meno magro. E la sua mano, sulla mia testa, mi sembrava più grande e più forte del solito. Era sempre il vecchio Heiji, ma era inequivocabilmente diventato un uomo.
“Allora? Sto diventando vecchio..”
“Lo vedo..” mormorai, e lo cinsi forte a me. Era da tempo, che non capitava. In genere, mi sistemava sulle sue spalle o sotto al braccio per portarmi in giro, ed era parecchio umiliante. Quello, invece, era un abbraccio da pari a pari, ed era decisamente meglio.
“Oh si, ci siamo, ragazzino..come stai, eh? Tutto ok?”
Io lo guardai, e nel suo sguardo, vidi qualcosa che mi fece annodare la gola. Una nube..di tristezza. Che significava? Perché quella faccia.
“Heiji..” mormorai.
“Dica.” Disse lui, facendomi un cenno di invito a parlare. Io lo guardai, eloquente. Chissà se si capiva lo stesso, con un altro viso..
Lo vidi osservarmi circospetto per qualche istante, poi fece un cenno leggerissimo, e batté le mani.
“Le sigarette! Maledetto cervello, papà mi arrostisce se me le scordo..però vi ho fatto vagare come mendicanti di Calcutta fin troppo, per i miei comodi..va beh, mea culpa, meo danno, le prendo io..”
“Ma no, Heiji, tranquillo, le vado a prendere io!” disse pronta Ran.
Heiji sorrise amabile.
“No, tesoro, lascia fare a me. Tu porta il ranochietto a casa, che sono certo ne abbia avuto abbastanza di shopping per tutte le vite di un gatto. E poi..vorrei poter bene al più presto quel tuo caffettone con la panna, che a me stessi lì una settimana, non viene mai..”
Ran sorrise ammirata.
“Beh tu non sei me, per cui..”
“Ecco, quindi tu che hai il talento, ti becchi il lavoro. Fila a farmi il caffè! Io e l’amico Jo qui non tarderemo, promesso..”
Heiji mi agguantò per la vita e mi trascinò nel traffico. Ran e il piccolo ci fecero dei brevi saluti, poi presero una laterale, e sparirono alla vista. Che strana sensazione di vuoto, mi diede, separarmi da loro..
“Bene, le orecchie indiscrete sono andate. Ora, sputa il rospo, soldato, che ti preme?”
Io lo guardai, quasi esasperato.
“che mi preme? Guardami, secondo te, che mi preme?”
Lui fece un passo indietro, scrutandomi.
“Non vedo niente, francamente..ti sei dimagrito, forse?”
Io sbuffai.
“No, anzi, ho buttato su peso..”
“Ah bene, ti serviva un po di roba appesa a quelle ossa tremolanti..”
“Eh si..pensa, ho buttato su in una notte la bellezza di 50 chili!”
Heiji mi guardò interdetto. “Che?” disse.
“Heiji..ti prego..dimmi chi sono!”
Drastico, lo ammetto. La risposta avrebbe potuto benissimo causarmi il più grosso shock della mia vita, ma quel limbo ormai era invivibile, per me.
Heiji mi guardò un po stralunato. Poi però sorrise conciliante, e mi prese il viso tra le mani.
“Certo che ti dico chi sei, finché non mi si seccano le vie respiratorie te lo dirò. Tu sei il mio fratellino, il mio migliore amico, la persona che è lo specchio della mia anima. Tu sei Shinichi Kudo, il grande detective.”
Per un secondo provai a resistere, poi però i nervi cedettero e mi abbandonai contro la sua spalla. Era un sollievo immane, saperlo. Non ero pazzo, ero davvero io. Ma allora..
“Heiji, non capisco più niente. Perché se tu dici che sono Shinichi..tutti mi considerano Conan?”
“Beh..perchè tu per loro sei Conan, Kudo, lo sai..”
“Ma..guardami! non sono Conan, sono palesemente Shinichi, dai!”
Heiji mi mise le mani sulle spalle.
“Kudo..mi spieghi che diavolo cerchi di dire?tu sei Shinichi Kudo, su questo non transigo, ma..questo qui è il corpo di Conan, non il tuo, lo sai! Ovvio che sono simili, dato che Conan è la versione di Shinichi da piccolo, ed è quindi ovvio che adesso che sei grande, tu sia uguale a prima del farmaco, quando avevi come adesso 16 anni, no?”
Lo fermai.
“Cosa?” dissi, un filo di voce.
“Ho detto che è ovvio che siano si..”
“Quanti anni hai detto che ho?”
Heiji fece una smorfia di sorpresa.
“Come quanti anni hai? Ne hai 16, 17 ormai..ah beh però se intendi da Kudo, ne hai quasi una trentina, come me..Kudo, ma che fai!?”
Ero crollato, li sul marciapiede davanti al parco. 16 anni.. Conan Edogawa aveva 16 anni. Mi ero svegliato..10 anni..nel futuro?
Heiji mi raccattò da terra di tutto peso.
“Kudo, che hai? Santo cielo..ok, calmo, adesso ti porto a casa..”
Lo afferrai per la giacca.
“No, niente casa..posto sicuro..dobbiamo parlare ancora..” biascicai, senza fiato.
Lui mi guardò un po allarmato, ma mi accontentò. Mi trascinò nel mezzo del parco, su una panchina isolata sotto un salice, lontano da occhi indiscreti. Li, lentamente, presi fiato, sorseggiando piano l’acqua fredda di una fontanella. Dopo un po, la frescura di quelle fronde e l’acqua, mi ridiedero energia.
“Ok, sto bene, adesso..” mormorai, e mi lasciai cadere lungo sulla panchina. Heiji appallottolò la sua giacca e la infilò sotto la mia testa, ancora un po’ preoccupato.
“Gesù, Giuseppe, Maria e tutto il presepe, Kudo..se hai in mente di ammazzarmi per levarti la concorrenza pesante di torno, infila il phon nella mia vasca da bagno:  fa meno male e me ne vado al creatore bello profumato, e non sudaticcio per colpa di un dolorosissimo infarto,ok?”
“Scusami..” mormorai, ancora supino con lui che mi guardava seduto sull’erba vicino a me. “Non ti sedere sull’erba con i pantaloni bianchi, li macchi..”
“chissene, almeno mi libero di altre macchie molto più imbarazzanti. Quando hai girato gli occhi e sei caduto per terra, me la sono letteralmente fatta sotto..”
Avevo le forze di un gattino, ma non resistetti a scoppiare a ridere. Heiji mi seguì a ruota.
“Ah kudo, non smetterò mai di farmi venire la neve nelle vene con te, eh? Comunque, si può sapere che ti è preso? Prima mi chiedi chi sei, poi quanti anni hai, e quando ti rispondo, finisci lungo sull’asfalto. Che succede, eh?”
Sospirai, e mi tirai a sedere. Heiji mi si mi sedette di fronte, serio, in attesa.
“Ok, libero di non credermi, in primis, ma..io non ricordo..non ricordo niente di quello che è successo negli ultimi dieci anni. Non è mai successo, per me, in pratica..”
Heiji inarcò le sopracciglia.
“Prego?” disse.
“senti, lo so che è assurdo, ma è la verità! L’ultima cosa che ricordo è che mi hai telefonato prima che mi mettessi a letto, ieri sera..”
“Esatto..” disse lui, annuendo. “ti ho chiamato per dirti che sarei arrivato all’una, ritardo dei treni permettendo, certo..”
“No! non era per i treni, per niente! Tu ieri sera mi hai telefonato inferocito e biascicante, dicendo che nel pomeriggio eri stato dal dentista a farti togliere il dente del giudizio, che Kazuha per passarti Guerra e Pace dalla scrivania, ti aveva preso in pieno sui punti, e che prevedevi la nottata in bianco per il dolore..questo mi hai detto ieri sera, e io avevo solo sei anni, quando tutto questo accadeva, ieri sera!”
Heiji aveva sbarrato gli occhi, mentre parlavo, allibito. Poi,lo vidi passarsi la lingua da qualche parte in fondo alla bocca, riflettendo. Poi, lo vidi assumere piano un ‘espressione sbalordita.
“E’ così..Kazuha mi ha fatto saltare i punti in bocca, quella volta..mi ha passato il libro convinta che la stessi guardando, e invece ero di spalle.  L’ho visto arrivare tardi, e l’ho preso dritto in faccia..ma Kudo..ho tolto il dente del giudizio 9 anni e mezzo fa..non ieri sera..”
“Vedi?  eppure io ricordo che era ieri sera! Io di quanto sta succedendo qui, non so niente! Non riconosco i luoghi, i negozi..le persone, Heiji!
“Ok, calma, adesso, fammi capire..mi stai dicendo che tu, da quella sera in poi..non ricordi niente? La nascita di tuo figlio, il tuo matrimonio.. Mai successo?”
Io denegai.
“Bestie mai viste. Stamattina stavo collassando, quando mi sono specchiato e ho visto il me sedicenne, credevo di essermi trasformato nel sonno, vedi tu! Poi Ran ha iniziato a chiamarmi Conan, e sono andato in crisi. Sono andato da Goro, e pure lui mi dava del matto, se dicevo di essere Shinichi..”
“Hei, no, piano..hai detto al vecchio chi sei? Sei diventato matto, per caso?! Già quello non tollera ti si nomini in casa sua, figurati se il suo adorato figlioletto, che lui sa perfettamente a chi somiglia, va a dirgli che è il suo nemico giurato! È un miracolo che non ti abbia freddato..”
“Si ma il punto è..perchè io ieri sera avevo sei anni e stamattina sedici, eh? Me lo spieghi?”
Heiji si passò le mani nei folti capelli castano scuro, meditabondo.
“Fratello mio di madre diversa, non so che dirti. Io ieri sera ti ho parlato, ma eri cosi, non un pargolo. Uff..no, l’unica che può fornirti la risposta che cerchi so io chi è..”
“Chi?” chiesi, ansioso.
Lui aggrottò la fronte e assunse un tono lugubre.
“la sposa di Satana..” disse, agitando le mani con fare mistico. “Meglio nota come..Ai Haibara.”
Io picchiai un pungo sul tavolo. Ma si, certo, chi meglio di lei!
“sfortunatamente, mi risulta che sia nel Sapporo con il suo centauro, al momento..tonerà domani, per l’inizio della scuola, immagino..”
Io lo guardai, sgomento.
“Ce..centauro?”
Heiji mi guardò, poi scoppiò a ridere.
“Ok, lascia stare, se partiamo da li, non serve a un tubo. No, per sapere come, serve lei, ma..per sapere cosa..basto io!”
Tuffò la mano nella giacca e ne estrasse un coso minuscolo tipo mini televisore.
“Che hai, e solo un palma..oddio, nemmeno della tecnologia moderna, ti ricordi?” disse, con fare sorpreso.
Io denegai. Lo guardai destreggiare con le dita, scivolando su quel piccolo computer con fare tranquillo, incapace di capire che diavolo stesse facendo. Wow, ecco come si sentiva mia madre quando impazziva per mandare i messaggini..
“Oh ecco qua..non sono tutti i dieci anni che ti servirebbero, però..è un riassunto dei migliori episodi, diciamo, un medley..ci sei?”
Io annui, un po nervoso. Chissà se ero davvero pronto..
“ok..partiamo dall’evento meno recente. Qui, avevi si e no 10 anni, tenerino..”
Toccò un quadratino su quel suo mini PC, e un immagine si ingrandì a tutto schermo. Era una festa, a casa di Heiji.Mi visi seduto sul tavolo, abbracciato da Ran e Kazuha, un orrendo cappellino a punta in testa, l’espressione di chi ha appena baciato una capra in viso.
“Ecco..questa è la festa dei miei 20 anni. Che serata! Mi hai regalato questo,quella volta, il più bello dei regali ricevuti..”
Mi mise il polso sotto al naso. Un bel braccialetto in oro giallo pendeva luccicante. Al centro, una targhetta.
“C’è inciso il mio nome, Heiji. E sotto, il nostro sogno..
Girò la targa. C’erano incise le parole: Hattori & Kudo.
“Anche tu, in gran segreto, avevi compiuto 20 anni, ma non avevi potuto festeggiare. Cosi, di nascosto, io e te siamo andati a festeggiare: ti ho portato a fare un giro della stazione di polizia di Osaka, quella dove da sempre volevi andare a fare un giro. E’ stata una giornata super..”
Mi morsi il labbro. La stazione di polizia di Osaka..perchè non me lo ricordavo?!
“E’ stato allora che ci siamo fatto la promessa: io e io, fianco a fianco, a combattere il crimine. Una filiale a Osaka e una a Tokyo, per stare più larghi durante le indagini. Nella tua filiale il cognome Kudo è davanti, ma nella mia..”
E indicò il bracciale.
“Davanti c’è il mio..”
Io sorrisi. Che bel sogno, era..
“Poi, vediamo..Beh, molto vorrei che lo vedessi coi tuoi occhi, per cui non rovinerò tutte le sorprese..ok, passiamo alla roba tosta..oh,il tuo matrimonio!”
Mi parve di avere un fico d’india nella carotide. Il mio..matrimonio!
“Eccoci qua..ahaha, guarda che branco di contadini, uno più fuori dell’altro..”
Apparve sullo schermo una foto che ritraeva un gruppo di persone. Riconobbi Sonoko, decisamente brilla in un vestitino pesca orrendo. Il suo ragazzo Makoto, col suo inconfondibile fare da “fuori posto”. Poi vidi Kazuha, allegra e sorridente appollaiata contro la spalla di..
Il mio cuore ebbe un fremito. Ran.
Visione celestiale. Ran in abito sa sposa era pressoché divina. Un abito semplice, tipico di lei, ma incantevole, col suo velo e una piccola tiara tra i capelli sciolti.
“Bella, eh? E guarda lo sposino..”
Mi individuai alla destra di Ran. Ero vestito di un tenue color sabbia e del tutto diverso da uno sposo. Sicuramente, il modello era opera di mia madre, che odiava il tradizionalismo. Osservai il mio viso..sembravo strano.
“Ah non badare alla tua faccia, normali sia verde..avevi appena vomitato l’anima..” disse Heiji, ridendo.
Io lo guardai.
“Ah beh, logico che per esserci, avevi dovuto prendere due o tre pilloline per fare in modo che lo sposo avesse l’età giusta per convolare. Però, a sentire il dottor Frankenstein, devi aver avuto una reazione all’antidoto.. e ti è venuto un  virus intestinale insieme alla febbre. Non ho fatto altro che raccattarti per tutto il giorno. Pensa, ti tenevo su io mentre sposavi ran, sennò cascavi con la faccia sul leggio del prete..”
Rideva come un matto mentre raccontava. Io invece, dal canto mio, volevo solo morire. Anche nel giorno del mio matrimonio, maledetto farmaco!
“Olee, è nato il baby Sherlock Holmes..ahaha, sempre tutto tranquillo, ovviamente..”
Altro bel quadretto di persone. Riconobbi i genitori di Ran, commossi e felici, i miei nello stesso stato e..
Altro bel giro della morte per il mio cuore. Ran era stesa in quello che pareva un letto da ospedale, con un fagottino tra le braccia. Che meraviglia..questo si lo dovevo ricordare, ad ogni costo.
“Tu sei..ah eccoti qui!”
Spostò l’immagine, e dall’angolo sbucai io..seduto su una sedia vicino a Ran, con Heiji alle spalle.
“Ah..io non sono lì per caso, ti stavo facendo da piedistallo..”
“Fammi indovinare? Non sono arrivato san neanche alla nascita di mio figlio, vero?”
Heiji sospirò.
“No, il travaglio è durato poco, hai preso il farmaco troppo presto. Appena Ran ha rotto le acque, hai buttato giù il pastiglione e sei corso all’ospedale, con me. Poi però mentre entrava in travaglio, tu sei entrato nella fase “ritorno Conan” e hai dovuto correre ai ripari, prendendo una capsula per il raffreddore. Uff, quando hanno urlato le infermiere, quando hanno visto che avevi 39 di febbre e ti colava il naso..”
“Sono arrivato con le mie maledette gambe da qualche parte, negli ultimi dieci anni o no? mi sono rovinato i momenti più belli della mia vita, ma almeno un qualcosa di buono ci sarà rimasto..”
Ero abbattuto. I momenti più importanti della mia vita, li avevo passati aggrappato a Heiji per evitare di perdere i sensi..
“Dai, non abbacchiarti, adesso..ah guarda,qui stavi alla grande, per esempio..”
Mi mostrò un’immagine che sembrava molto il mio disastroso matrimonio. Però la gente era diversa.
“Che occasione è?” chiesi.
Heiji sorrise gongolante.
“Il mio matrimonio..”
Io sussultai.
“Ti..ti sei sposato?” chiesi.
Lui annui. Era raggiante.
“Fammi vedere..” dissi, curioso. Se non potevo essere felice per me, perlomeno volevo esserlo per lui.
“No! stasera ci sarà una festa a casa tua, e mia moglie verrà, quindi vedremo il resto delle foto più tardi. Ahaha, pensandoci bene, ci sono un sacco di sorpresine in serbo per te a parte questa, stasera, bello mio..”
Non sapevo dire perché, ma avevo la sensazione, dal riso malefico di quel buffone di Heiji, che sarebbero state sorprese affatto gradite..
  
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