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CAPITOLO
2
THE
BOY WITH THE SWORD
Il
sole stava lentamente sorgendo all’orizzonte, tingendo il
cielo con
colori tenui e scacciando la residua oscurità della notte.
Un
ragazzino biondo osservava l’alba dalla cima di un alto
albero, con
le gambe a penzoloni da un ramo robusto e le mani strette attorno ad
esso. I suoi occhi azzurri iniziavano a bruciare per il contatto
prolungato con la luce del sole nascente, ma lui non ci faceva caso.
Era bravo a sopportare il dolore.
Cato
amava quell’ora del giorno. Il cielo, soprattutto, era
magnifico.
Da una parte vedeva il sole sbucare timidamente
all’orizzonte,
portando con sé la luce, che annunciava l’inizio
del nuovo giorno.
Ma se solo si voltava dall’altra parte opposta poteva
scorgere il
cielo ancora scuro della notte passata.
Nero
in lontananza, come i capelli della bambina che aveva conosciuto solo
qualche giorno prima. Il ragazzo non sapeva spiegarsi perché
lo
aveva pensato, ma quella ragazzina aveva qualcosa di particolare.
Una luce sfavillante, accesa in quei suoi occhi misteriosi. Sembrava
diversa dalle altre bambine e quando si erano visti per la prima
volta, lei lo aveva studiato attentamente, senza abbassare gli occhi
in quella sciocca maniera garbata che usavano le altre ragazzine. Era
come se lei lo avesse sfidato.
Ed era solo una bambina. Ma in quegli occhi profondi come il cielo
notturno, sembrava nascondersi un segreto, come qualcosa di
misterioso... qualcosa che aveva colpito Cato.
Ma
poco importava, tanto sapeva che non l’avrebbe più
rivista per
molto tempo e probabilmente quando sarebbe successo lei sarebbe
cresciuta e sarebbe diventata come tutte le altre. Non sono forse
così le persone? Fragili e mutevoli?
Il
ragazzino scosse la testa. Tanto non aveva alcuna importanza.
Così
tornò a guardare il sole.
Fu
in quel momento di pace assoluta che una voce lo richiamò
alla
realtà. Una voce che mai si sarebbe aspettato di sentire.
Suo padre.
«Cato!
Vieni giù, subito!» Il ragazzino
abbassò lo sguardo, con un
cipiglio scocciato. Amava arrampicarsi in posti dove sapeva che non
sarebbe stato trovato e quindi disturbato. Gli alberi vicino a casa
sua erano il luogo adatto. Cato aveva scoperto di potercisi
arrampicare lanciandosi anche dalla finestra della sua cameretta.
Certo, le prime volte aveva avuto paura di cadere, ma poi si era
fatto coraggio e aveva compiuto il balzo. Da allora non aveva
più
avuto paura, era diventato facile come respirare.
Vedendo
che il ragazzo non accennava a muoversi, l’uomo
urlò più forte,
con una certa irritazione nella voce. «Cosa
c’è? Non sei capace
di scendere? Muoviti, devo parlarti!»
Il
ragazzino aumentò la presa sul ramo fino a farlo
scricchiolare. Come
poteva anche solo pensare che non ne fosse capace?
Suo padre, che avrebbe dovuto conoscerlo meglio di chiunque altro,
non sapeva nemmeno quanto fosse diventato agile negli ultimi tempi.
Non si era mai accorto che di mattina, e spesso anche di sera,
sgattaiolava dalla finestra e spariva per ore intere? Non si
accorgeva mai di nulla?
Cato
credeva di non conoscere per niente suo padre. Lo vedeva
così poco
che per lui era quasi un estraneo. Era sempre al lavoro, la maggior
parte della sua vita la trascorreva fuori di casa e quando vi faceva
ritorno era scontroso e taciturno. Almeno quando non urlava insulti a
sua madre. O se la prendeva con lui. Negli ultimi anni aveva iniziato
a farlo.
Per
questo ora avrebbe dovuto essere felice nel vedere suo padre che lo
chiamava. Che lo aveva anteposto al suo prezioso lavoro. Che doveva
dirgli qualcosa.
Ma
a Cato anche questo non importava. Era da anni ormai, che
quell’uomo
aveva cessato di essere suo padre. Si comportava in modo civile solo
quando c’erano altre persone attorno, come al pranzo di pochi
giorni prima. Era solo una maschera, il suo essere cordiale con tutti
e anche con la sua famiglia, come se gli importasse qualcosa. Non era
mai così, nella vita reale. Come in quel momento; urlava e
sbraitava, di fretta come sempre.
Per
tutte queste ragioni Cato non riusciva a vederlo in altro modo se non
come un estraneo. Era solo una persona che di tanto in tanto arrivava
a casa sua e urlava. Tutto qui.
Per
questo quando scese dall’albero con pochi agili balzi non lo
fece
per obbedire al padre, ma solo per dimostrargli che era più
bravo di
quanto lui credesse.
L’uomo
tuttavia non parve impressionato. Quasi non lo guardò.
«Era
ora.» Disse seccamente lanciando uno sguardo al figlio.
«Ti ho
portato questa.» Disse estraendo da dietro la schiena quella
che
aveva tutta l’aria di essere una spada. Gli occhi di Cato si
illuminarono improvvisamente. «Voglio che inizi ad
esercitartici.
All’Accademia si entra al compimento degli undici anni, ma
credo
che tu ora sia abbastanza grande per iniziare. Voglio che arrivi
là
già preparato ed addestrato. Voglio che tu sia il migliore.
E’ chiaro?»
Cato
stava ancora osservando la spada che il padre gli porgeva. Era
un’arma bellissima e il ragazzino non vedeva l’ora
di metterci
sopra le mani e di utilizzarla.
«Ho
detto... è chiaro?»
«Sì.»
Alzò gli occhi azzurri sull’uomo e lo
osservò con freddezza. «Non
c’è bisogno che me lo dica tu. Io sono
già il migliore.»
Il
fantasma di una risata increspò le labbra
dell’uomo che gli
scompigliò i capelli con una mano, porgendogli la spada con
l’altra.
Cato la prese tra le mani con attenzione reverenziale, come se fosse
un oggetto di immenso valore.
«Così
mi piaci, ragazzo. Ma hai ancora molta strada da compiere. E tanto
lavoro da fare. Sei lontanissimo dall’essere il migliore.
Credi che
quel tuo trucchetto sull’albero possa impressionare qualcuno?
Devi
impegnarti molto più di così.» Cato lo
guardò, mascherando la
delusione e l’offesa. Ma non fece in tempo a ribattere
perché
l’uomo, senza aggiungere nulla, si era già voltato
e si
allontanava con passo svelto.
Il
ragazzo rimase fermo immobile a fissare l’uomo che
scompariva,
tenendo la spada stretta tra le mani. Suo padre voleva che lui fosse
il migliore. Ma come poteva pretendere questo da suo figlio? Come
poteva pretendere qualcosa da lui quando non lo degnava della minima
attenzione per tutto il resto della giornata? Come poteva pretendere
che imparasse da solo a maneggiare correttamente una spada? Aveva
appena dieci anni. Tutti i suoi compagni non avevano mai tenuto in
mano nemmeno un coltello, se non per mangiare. Cato sfoderò
la
spada, colto da un impeto di rabbia verso l’uomo che avrebbe
dovuto
essere suo padre. Non pensò nemmeno quando colpì,
semplicemente
seguì il suo istinto. Sentì il peso bilanciato
dell’arma, la
sentì fendere l’aria con leggerezza e conficcarsi
con precisione
nel tronco dell’albero che aveva scalato poco prima,
lasciandovi un
solco profondo.
Cato
estrasse la spada senza alcuno sforzo e fece roteare la lama.
Dopotutto non era così difficile. Era già
diventato agile con
coltelli e lance di piccola taglia. Una spada non doveva essere poi
tanto diversa.
Sì,
ce l’avrebbe fatta benissimo anche da solo. Sarebbe diventato
il
migliore. Sarebbe diventato il migliore con quella spada e lo avrebbe
fatto da solo. In
questo modo suo padre non avrebbe più avuto nulla da ridire,
una
volta visto quanto era stato in grado di fare. A
questo pensava il ragazzo, mentre affondava la spada nei tronchi
degli alberi con precisione letale.
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SPAZIO AUTORE
Salve
a tutti! Ecco finalmente il secondo capitolo! Come avrete capito,
è
anch’esso introduttivo. Nel primo ho introdotto soprattutto
il
personaggio di Clove; questo secondo capitolo invece mi è
servito
per presentarvi il personaggio del piccolo Cato e soprattutto la sua
famiglia. E suo padre.
Vi
dico subito che la parte introduttiva finisce qui! Finalmente dal
prossimo capitolo la storia potrà partire e vedremo Cato e
Clove
incontrarsi di nuovo, a distanza di qualche anno dal loro primo
incontro. Spero siate interessati e che leggiate anche il prossimo
capitolo che, tra l’altro, conto di aggiungere presto (scuola
permettendo -.-)
Ringrazio
moltissimo Dream Moan per
aver recensito e ringrazio di cuore anche tutti quelli che hanno
letto la storia e l’hanno messa tra le seguite o le preferite!
Spero
vi sia piaciuto il capitolo, ad ogni modo lasciatemi una recensione,
tanto per farmi sapere cosa ne pensate! Mi farebbe davvero moltissimo
piacere ;)
Ora
devo scappare a studiare! Alla prossima ;)
~ C