Un tavolino, una sedia, un
cappuccino, un uomo biondo seduto a rigirare la tazza tra le dita, pensieroso,
ed un cameriere moro con una curiosa
cicatrice sulla fronte a forma di saetta, pronto a servirlo diligentemente.
Così inizia questa storia…
Gli occhi grigi dell’uomo seduto al tavolino
studiarono attentamente il paesino dove era capitato.
C’erano alcuni anziani che discutevano di politica o
della maleducazione giovanile animatamente, seduti all’ombra. Altri, invece,
giocavano con delle carte di fattura antica,
accompagnate da birre alla spina piuttosto scadenti per i criteri
dell’osservatore.
Alcune donne gridavano stridule ai figli di tornare a casa,
mentre giocavano a nascondino.
I bambini fingevano di non udire le madri e
continuavano a giocare.
Il panorama….
Il panorama era tipicamente campagnolo: c’erano alti
monti verdi la cui erba si lasciava trascinare dai capricci del vento. Alcune
costruzioni antiche si ergevano nelle foreste fitte. Le nuvole circondavano le
montagne più alte in uno spettacolo suggestivo.
Il tavolo a cui era seduto era leggermente logoro e la
plastica, che lo ricopriva, era stata strappata via dal tempo o dalla
maleducazione della gente.
Su questo tavolo, faceva sfoggio di se una tazza
apparentemente nuova o poco utilizzata, all’interno vi era schiuma color panna
che emanava vapore dato il calore della bevanda.
Le dita lunghe e diafane dell’uomo, giocherellavano
con il manico, ricamando la forma riccioluta che possedeva.
Il vento leggero gli scompigliò leggermente i capelli,
che gli cadevano dolcemente sul viso, con eleganza.
Il suo sguardo, una volta studiato il posto in sé, cadde nel vuoto, perso nei suoi
pensieri.
Era un uomo tormentato. Questo pensava il barista che,
lavando un bicchiere, lo guardava con attenzione.
Era raro avere in paese gente estranea, tutti si
conoscevano e, quindi, un nuovo arrivo suscitava scalpore, un piccolo
pettegolezzo da estendere a tutti, per rendere più interessante una giornata
altrimenti uguale alle altre.
Ognuno, in quel piccolo paese, aveva la sua storia e
suoi segreti che, puntualmente, sapevano perfino i bambini più sprovveduti e
distratti, ma nessuno sapeva cosa ci facesse lì quell’ uomo, dall’apparenza totalmente fuori posto, dato
l’aspetto principesco e snob.
Era un mistero incarnato e l’interessamento era ovvio.
La fantasia galoppava e le voci, del tutto infondate, iniziavano a diffondersi
a macchia d’olio.
Tutti volevano sapere cosa ci facesse
quello sconosciuto lì, in un posto sperduto, a bere un cappuccino, ma nessuno
osava avvicinarsi.
Lo stesso cappuccino lo aveva servito la cameriera
che, con noncuranza, aveva chiesto l’ordinazione, sempre dopo averlo
radiografato con gli occhi, così da raccontare poi alle sue amiche i dettagli
sull’aspetto di questo.
La cosa che più destava curiosità nella gente già
fantasiosa di sé, era il fatto che quel cappuccino chiesto non era nemmeno
stato toccato. Era tanto tempo che guardava il vuoto lasciandolo a se stessa e la
bevanda, prima bollente, ora era tiepida, se non totalmente fredda.
Le dita iniziarono a tamburellare
infastidite, nervose. Sembrava aspettare qualcuno.
Ma chi? Nessuno conosceva quel ragazzo.
Il cameriere nuovo, giunto in sostituzione dell’altra,
si accostò al suo tavolo e richiamò la sua attenzione,
sorridendogli tranquillo.
- Vuole altro?– chiese indicando la tazza ormai
fredda.
Gli occhi grigi dello sconosciuto si puntarono
velocemente su di lui e le dita immediatamente fermarono il ticchettio, dato
dall’impatto con il tavolino logoro.
Per un attimo l’aria fresca e l’atmosfera tranquilla
svanirono nel nulla…
**
La giornata era meravigliosa, prettamente primaverile.
L’aria era fresca, ma non umida. Il sole dava allegria
ai prati e alle distese d’erba incolta del paesaggio.
Tranquillità, nient’altro che mera tranquillità,
traspariva da quella vista così naturale e genuina.
Ogni giorno, James Evans, si affacciava alla finestra della sua stanza e
osservava rapito i monti estendersi fino all’orizzonte, meravigliandosi ogni
volta di quanto fosse spettacolare quel paesaggio,
dolce e sereno.
Si stiracchiò ben bene prima di vestirsi e, così,
uscire.
La vita di James era una vita semplice. Lavorava, tornava a casa, usciva
a farsi due giri nella piazza del paese, poi tornava a casa sua a
dormire, per poi risvegliarsi e rifare le stesse cose.
Stranamente la cosa, seppur monotona, non lo annoiava, anzi, ogni giorno ringraziava il cielo di quella
fortuna e di tanta felicità insperata piovutagli dal cielo.
Quelle giornate semplici e monotone erano
tutta la sua vita. Aveva vissuto solamente così, per quanto la sua
memoria andasse a ritroso.
La verità, era che lui non rammentava nulla degli anni
precedenti. Da due anni, infatti, aveva perso ogni ricordo di ciò che gli
riguardava.
Ogni cosa: dov’era nato, dov’era cresciuto, il perché
avesse una cicatrice sulla fronte a forma di saetta, il suo stesso nome…tutto per
lui era un mistero.
Ma questo non gli impediva d’essere felice e godere di
ciò che aveva.
Accettava. Semplicemente accettava la sua condizione
attuale, comprendendo di non poter fare altrimenti.
Aveva provato a ricordare i primi tempi in un letto d’ospedale,
però alla fine aveva concretizzato l’idea di non avere nemmeno il più vago
sentore su chi fosse stato un tempo e, che forse, mai
lo avrebbe avuto.
Forse, un giorno, avrebbe riacquistato tutti i suoi
ricordi di colpo e tutto sarebbe riaffiorato nel bene
e nel male…ma, in attesa di quel giorno, trascorreva quella esistenza, senza
troppi problemi.
Non voleva restare intrappolato in un sogno che non
ricordava.
Sorrise al nuovo giorno e continuò la sua giornata
come sapeva sarebbe andata.
Ma qualcosa cambiò quel giorno.
Nel negozio dove lavorava c’era sempre la solita
gente, il solito tram tram,
i soliti sospetti…
James adorava quel locale: aveva quella
tipica aria familiare e comica, con la gente che scherzava tra loro,
conoscendosi tutta.
Appena arrivò a lavoro, dette il
cambio alla collega. Il superiore
gli sussurrò la nuova diceria della giornata: pare che fosse
arrivato uno straniero in paese che destava la curiosità di tutti, soprattutto delle
donne del paese dato che sembrava avere un personalino
niente male.
James sorrise serenamente realizzando
che anche quel piccolo mondo del pettegolezzo era parte della sua nuova vita
che adorava sotto ogni aspetto.
- Ecco è lì… - indicò l’uomo – E’ più di un’ora che è
lì e non ha bevuto il cappuccino, va da lui e chiedigli se ne vuole un altro. –
gli ordinò.
James si voltò, osservò il tanto acclamato sconosciuto e lo
squadrò per bene.
Era un ragazzo dell’aria piuttosto aristocratica, ad occhio e croce alto quanto lui, capelli biondi che
risplendevano ai raggi del sole perfettamente puliti e curati, la pelle sembrava
tanto chiara e delicata che pensò fosse la sua prima volta sotto il sole.
Ad osservare quella figura, seduta più
o meno elegantemente sulla sedia logora di quel vecchio bar, James provò una sensazione nuova, strana. Era come se
avesse già osservato quella persona, come se una parte di sé ricordasse
d’averla già squadrata tanto attentamente, se non di più.
Ma era un tempo tanto lontano quanto illusorio e
inafferrabile. La sensazione era vaga ed eterea come se fosse inconsistente nuvola.
Sposò la sua attenzione su ciò che si apprestava a
fare e, con passo sicuro, si avvicinò a lui, richiamando la sua attenzione.
- Vuole altro? – chiese con voce tranquilla e pacata.
Lo sconosciuto alzò gli occhi e li incatenò ai suoi color verde speranza.
Anche per lui il mondo intero svanì per pochi, fatali,
istanti.
Note:
Devo fare delle piccole,
minuscole, considerazioni:
Sono consapevole che come
trama principale e scontata trita e ritrita…
Sono consapevole che non si
può giudicare da un cap tanto mini mignon…
Sono consapevole che non è
granché su tutti i fronti...
Ma ha dispetto di ciò…!
Io scrivo quello che mi pare,
che piace a me, chi legge, legge, altrimenti sia pregato di non scocciare con
commenti negativi attinenti a questi tre punti!>.>
Comunque credetemi sulla fiducia se vi dico che, nonostante le
apparenze, sto cercando di elaborare una trama tutt’altro
che scontata!