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Autore: Revysmile    26/09/2012    1 recensioni
Incatenato alla monotona quotidianità di un'esistenza condotta tra molto lavoro e pochi svaghi, Arthur Kirkland era convinto di essere un ordinario giornalista nella vivace Londra del 1969. Cambierà idea quando, trovatosi ad indagare su una serie di sanguinari omicidi, scoprirà di essere molto più coinvolto rispetto a qualsiasi altro normale essere umano. Figure arcane e millenarie vengono alla luce, ed un fosco complotto viene svelato.
[Personaggi principali: Inghilterra, Francia, OC!Scozia, OC!Irlanda, Russia, Prussia, Sud Italia, altri.]
[Pairings: FrUk, a sorpresa.]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
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Attenzione: da questo capitolo in avanti mi prendo la libertà poetica di cambiare un po' la Storia! In ogni caso i mutamenti che farò li spiegherò sempre con delle note.

 

04. Incontri. (Parte uno)

 

 

Arthur arrossì vistosamente e guardò con occhi pieni di stupore quelli del bimbo che lo fissavano incuriositi. Nella sua manina teneva ancora ostinatamente stretto un lembo della suo cappotto.

Il biondo si guardò attorno per vedere se nelle vicinanze ci fossero i genitori del pargolo, invano. La via sembrava essersi improvvisamente svuotata.

Ovviamente ciò gettò l'inglese nel panico. Già aveva grosse difficoltà a relazionarsi con gli adulti, figurarsi con i bambini. Dopotutto gli unici infanti con cui avesse mai avuto a che fare erano quelli che aveva incontrato all'orfanotrofio.

-Ehm.. Che cosa c'è?- chiese Arthur in tono gentile ma il bambino, come risposta, inclinò leggermente la testa mostrando un espressione confusa.

-Che cosa c'è? Hai bisogno di qualcosa?- ripetè nuovamente l'inglese scandendo bene le parole. Ancora una volta dal piccolo non giunse risposta, anzi scosse leggermente la testa.

Che non capisse l'inglese?

Il biondo sospirò rasseganto. Quella non era il momento adatto per occuparsi di bambini. Non solo aveva il viso imbrattato di sangue ed aveva appena avuto un collasso ma era tremendamente in ritardo. Però gli dispiaceva andarsene abbandonando il piccolo, che non solo non accennava minimamente ad andarsene ma si teneva ancora ostinatamente ancorato al suo cappotto.

L'inglese decise che innanzitutto doveva almeno provare a stabilere un approccio.

Arthur si abbassò all'altezza del bambino e disse appoggiandosi una mano sul petto -Arthur.- poi fece un segno verso di lui.

Fortunatamente il piccolo, almeno questa volta, sembrò comprendere e cinguettò felice -Feliciano.-

Feliciano? Che razza di nome era?

Arthur non fece in tempo ad aggiungere una sola parole che Feliciano, ammesso che si chiamasse realmente così, si frugò nelle tasche ed estrasse un fazzoletto di stoffa. Successivamente lo porse ad Arthur indicandogli il naso.

-Grazie ma non posso accertarlo, lo sporcherei.- disse l'inglese con voce bonaria scuotendo la testa.

Il bambino, dal canto suo, rimase deluso dal rifiuto del ragazzo ed il suo viso si contrasse in un'espressione triste mentre i suoi occhi incominciavano a velarsi.

-Va bene! L'accetto!- si affrettò a dire prima che quello cominciasse a piangere afferrando il fazzoletto e tamponandosi il volto, rialzandosi e girandosi imbarazzato.

Ci mancava solo un infate urlante alle nove del mattino.

Arthur si voltò per ridare il pezzo di stoffa, orrendamente sporco di sangue, al bambino ma quello era già sgattaiolato dietro al cancello di provenienza. Appoggiandosi alle sbarre di ferro, esibendo un dolcissimo sorriso, fece di no con la testa dicendo qualcosa in un'altra lingua.

Dalla cadenza sembrava italiano ed ovviamente Arthur non riuscì a comprendere una sola parola. Poi Feliciano lo salutò con la mano sparendo in un secondo dietro la siepe del giardino.

L'inglese fece per seguirlo. Sarebbe stato giusto restituire il fazzoletto almeno ai genitori e scusarsi per le macchie di sangue ma proprio in quel momento arrivò l'autobus e quindi non ebbe scelta che salire sul veicolo per tornare al lavoro.

Si sedette nel primo posto libero e, continuando a tamponarsi il naso, guardò la casa allontanarsi mentre un'inspiegabile malinconia si diffondeva nel suo animo.

Una volta che il naso smise finalmente di sanguinare si concetrò sul piccolo fazzoletto appena ricevuto in dono. Era di cotone completamente bianco tranne che per un ricamo in rosso in un angolo recitante le due lettere L.V.

Probabilmente erano le iniziali del proprietario.

Un'espressione poco contenta si dipinse sul volto di Arthur. Quel bamibino aveva detto di chiamarsi Feliciano, o qualcosa di simile, ma sul fazzoletto non c'era alcuna F ergo non apparteneva a lui, quindi doveva assolutamente restituirlo. Sicuramente era dei genitori.

L'autobus arrivò finalmente a destinazione dopo una decina di minuti lasciando il povero inglese in mezzo al marciapiede in perfetto ritardo ed almeno con un centinaio di metri da percorrere a piedi per arrivare alla piccola redazione.

Aggiustandosi la tracolla, Arthur cominciò a camminare velocemente promettendosi di procurarsi una macchina o una moto, anche usata, e dire finalmente addio agli incovenienti del viaggiare con i mezzi pubblici.

Nonostante la fretta che l'animava non potè, tuttavia, fare a meno di rallentare leggermente la marcia passando davanti ad un tabaccaio dove in vetrina vi erano esposte le prime pagine dei quotidiani.

Tutte le facciate parlavano di un ragazzo che per protesta al regime sovietico si era dato fuoco davanti al parlamento di Praga. *[1]

Fece per riprendere il suo passo quando la sua attenzione venne attratta nuovamente da un altro titolo, il quale, occupava anch'esso prepotentemente la pagina.

"Novità nel giallo del professore di lettere fiorentino. Ritrovata la sua auto nell'Arno. Scoperta una nuova foto shock".

Arthur tuttavia non perse ulteriore tempo: era mostruosamente in ritardo, avrebbe letto quell'articolo più tardi.

Riprese a camminare con ritmo sostenuto per la via londinese verso la redazione.

Doveva assolutamente arrivare almeno prima del direttore altrimenti avrebbe rischiato di ricevere una sonora strigliata e di offrire su un piatto d'argento un ottimo motivo per ridurgli ulteriolmente lo stipendio, già non particolarmente elevato. Infatti con quella misera busta paga Arthur riusciva appena a pagare l'affitto per quel buco di trenta metri quadrati che costituiva il suo minuscolo bilocale.

Nel giro di pochi minuti arrivò trafelato sul luogo di lavoro e, precipitandosi su per le scale, rischiando inoltre di inciampare almeno sei volte nei gradini, riuscì finalmente ad arrivare alla redazione. Aprì la porta con un furore quasi teatrale attirando l'attenzione di tutti i presenti che interruppero il proprio lavoro per fissare il nuovo arrivato.

-Oh mio Dio!- una voce familiare in fondo alla stanza ruppe il silenzio creatosi -Arthur che arriva in ritardo! Ora sì che il mondo sta per finire! Altro che crisi dei missili di Cuba!-*[2] disse Brian scatenando l'ilarità fra i presenti.

-Ma quanto siamo simpatici.- rispose seccato il biondo, attraversando la stanza rettangolare d'ingresso sulla quale si affacciavano le porte dei vari uffici. Mentre i suoi colleghi tornavano ognuno al proprio lavoro Arthur raggiunse l'amico.

-Come mai questo ritardo? Non è da te!- commento Brian dandogli una pacca amichevole sulla spalla.

-Perchè grazie ad un PARANOICO ho perso l'autobus per chiamare lo strizzacervelli.- rispose acido a bassa voce per evitare di essere udito dagli altri, anche se fece in modo che la parola paranoico fosse ben udibile.

-Hai chiamato quindi? Bene!- rispose l'altro seguendo Arthur, il quale, si stava dirigendo verso l'ufficio dove si trovava la sua scrivania -E quando ci vai?-

-Fra due settimane. E no. Non puoi accompagnarmi.- rispose prevedendo la futura domanda dell'amico.

-E chi ti accompagnerà a casa?- chiese Brian con voce smielata fermando il biondo prima che entrasse nell'ufficio.

-L'autobus.- rispose Arthur seccato aprendo la porta con un po' troppa enfasi, colpendo qualcuno che sostava dall'altra parte. Un piccolo tonfo ed un gemito femminile seguì lo "stock" della porta contro il corpo. Entrambi si sporsero sulla soglia con cautela per vedere il povero malcapito e trovarono Mary inginocchiata per terra con i fascicoli sparsi sul pavimento e gli occhiali storti mentre si massaggiava la fronte.

-Kirkland! Sta attento!- urlò un collega con tono di rimprovero.

-Mary, mi dispiace. Tutto a posto?- chiese Arthur chinandosi per aiutare la segretaria.

-Oh, niente non preoccuparti! Io sto benissimo!- rispose completamente rossa radunando alla rinfusa i suoi fogli sparsi sul pavimento.

-Lascia che ti aiuti.- disse il biondo aiutandola a raccogliere i documenti. Il volto di Mary era completamente paonazzo e sfoggiava una tonalità di rosso alquanto accesa che, incredibilmente, diventò ancora più marcata quando le sue mani sfiorarono quelle di Arthur nel tentativo di raccogliere la stessa cartella.

- Uaoh! Come nelle migliori clichè cinematografiche!- disse Brian fischiando mentre osservava divertito la scena.

-Invece di fare battute idiote portresti darci una mano, brutto cretino.- disse acido Arthur voltandosi verso l'amico, infastidito dell'ennesima insinuazione di una sua presunta relazione con la ragazza.

- Arthur!- esclamò improvvisamente la ragazza con fare quasi sdegnato, prendendolo per una manica.

-Non ti preoccupare, mica si offende.- rispose il biondo guardando in modo torvo Brian, il quale stava ridendo sguaiatamente.

-No, non mi riferivo a quello!- disse con voce acuta lasciando la giacca del ragazzo, giudicando "troppo audace" il suo gesto .

-Come? Non ti preoccupavi per me?- chiese Brian con un falso tono offeso, scostandosi i bei capelli castani con un gesto teatrale. -Il solito cascamorto.- borbottò Arthur alzandosi da terra ed offrendo una mano a Mary per aiutarla a fare lo stesso.

-No! Cioè! E' che... Arthur!- balbettò accettando l'aiuto, arrossendo vistosamente a causa del loro contatto - Ti sanguina il naso!- esclamò sciogliendo celermente la presa ed aggiustandosi gli occhiali.

-Cosa? Davvero, Arthur?- l'inglese non fece nemmeno in tempo a rispondere alle domande che si trovò con la sua testa fra le poderose mani di Brian, il quale lo stava osservando preoccupato.

-Mi è sanguinato prima! Mollami!- disse il biondo sottraendosi alla vigorosa stretta, enormente infastidito.

- Che cosa hai fatto?- chiese preoccupato l'amico, mentre Arthur tentava di ritirarsi dietro la sua scrivania, al sicuro da quella soffocante preoccupazione.

-Niente. Sono andato a sbattere.- mentì il biondo, cominciando ad innervosirsi.

Non aveva intenzione di dirgli quanto fosse stato male quella mattina.

- Andato a sbattere?- chiese il moro con scetticismo -Sicuro?-

-Sì.- rispose semplicemente Arthur togliendosi il cappotto e sedendosi alla alla sua scrivania.

-Ma sei- provò a dire nuovamente Brian ma venne interrotto dall'inglese -Sì, stavo guardando da un'altra parte e sono andato a sbattere. No, non mi fa male.Sì ne sono sicuro.- disse tutto d'un fiato in modo duro al fine di zittire l'amico.

Gli altri occupanti della stanza, che stavano assistendo alla scena, guardarono in malo modo Arthur bisbigliando fra di loro parole poco lunsighiere, e nemmeno tanto celate, su di lui, commentando il suo comportamento ritenuto da tutti insopportabile.

Arthur, infatti, rientrava assolutamente nella top-five delle persone più odiate dall'ufficio.

La maggior parte dei suoi colleghi non lo vedevano di buon occhio in quanto era uno dei giornalisti più apprezzati dal redattore ed anche uno dei più giovani. Inoltre il loro capo si era ritrovato a dover chiudere entrambi gli occhi su alcuni dettagli che invece per tutti gli altri giornalisti era stato determinante per l'assunzione: Arthur non possedeva nessuna laurea o master. Tutto ciò con cui si era presentato il ragazzo in ufficio erano la sua vasta cultura e le sue doti nello scrivere.

Era stato pescato dal redattore sia tramite un programma che sponsorizzava l'inserimento nella società degli orfani, in cui Arthur rientrava e da cui era raccomandato, sia per la fortuna di aver conosciuto per caso Brian in un bar dove aveva lavorato per qualche tempo come cameriere.

Arthur fin da piccolo era risultato portato ed appassionato per lo studio delle materie umanistiche e linguistiche, in particolare se riguardavano la Gran Bretagna.

Grazie a queste sue abiltà, durante le superiori, aveva vinto diversi concorsi giornalistici che avevano permesso la pubblicazione di alcuni suoi articoli, scritti inizialmente per il giornalino dell'istituto, ed addiritura di un suo piccolo libro.

Era riuscito nell'impresa grazie alla vincita di un concorso editoriale per giovani dotati. La critica l'aveva discusso a lungo: alcuni non ne capivano il senso mentre per altri era un testo rivoluzionario.

Peccato che fra il pubblico non fece praticamente alcun successo, se non per qualche eccezione.

Due di quelle poche eccezioni erano Brian che era stato il suo primo, e unico, fan ed il redattore del giornale che era stato convinto da quest'ultimo sulle grandi abilità di Arthur.

Infatti, per pura casualità, Brian aveva cominciato a frequenare il bar dove lavorava e l'aveva riconosciuto subito grazie alla sua foto stampata sulla copertina del libro.

Quindi, se già Arthur si presentava come una figura poco chiara all'interno dell'ambito lavorativo, il suo pessimo carattere certamente giocava a suo sfavore nell'arduo compito di catturare la simpatia dei coleghi. Non che la cosa contasse poi molto per il ragazzo. Era abituato a stare da solo. Ormai la solitudine non rappresentava più un dramma per lui.

L'unica persona alla quale invece importava qualcosa di Arthur Kirkland era appunto Brian, che sembrava completamente immune al suo malumore.

Inoltre sembrava non gli interessasse che il biondo soffrisse probabilmente di schizzofrenia.

Brian con il tempo, da presenza fastidiosa, era diventata gradita, fino a rimanere l'unica persona al quale al biondo affibiava l'appellativo di "amico".

L'altra persona a cui sembrava stare a cuore Arthur era Mary. Cosa di cui il biondo avrebbe fatto volentieri a meno. Sinceramente trovava la ragazza alquanto inquietante.

Dopo diversi tentativi e parecchie discussioni l'inglese riuscì finalmente a convincere i due delle sue attuali buone condizioni fisiche e dopo, finalmente, potè mettersi al lavoro.

Peccato che lungo la mattina, fu spesso interrotto da vari colleghi ed amici apprensivi, ed alla fine il povero giornalista si trovò due ore dopo con un forte mal di testa e nemmeno una riga scritta. Le condizioni di Arthur si sarebbero potute definire penose: aveva la testa riversa sul tavolo appoggiata ad una pila di fogli che costituivano tutti i documenti in suo possesso.

In quel momento la porta della stanza si aprì al passaggio di qualcuno.

-Kirkland?- si sentì chiamare da una voce che identificò come quella di Edmund Stark, un suo collega.

-Dimmi.- rispose alzando la testa dalla scrivania ed assumendo una posizione composta.

-Prima mi hanno detto che ti sei scontrato con Mary.- disse l'uomo sfogliando una serie fogli -Lei aveva in mano questi documenti che mi servono. Avrebbe dovuto esserci anche una fotografia che dovrei inserire nell'articolo, che però adesso mi manca. Non è che per caso è caduta qui?- chiese avvicinandosi all'inglese.

-Una foto? Non ne ho viste.- rispose Arthur alzandosi in piedi ed osservando il pavimento alla ricerca della foto.

-Dannazione senza quella non posso finire il pezzo. Sei sicuro?-

Arthur cominciò a girare attorno alla propria scrivania un paio di volte, imitato dal collega, con gli occhi fissi a terra alla ricerca del pezzo di carta ma niente. Il pavimento era lindo.

-Qui non c'è.- disse infine il ragazzo con tono rassegnato.

-Edmund, che foto era? A me ne hanno date diverse proprio questa mattina, magari è finita mischiata alle mie.- disse un altro occupante della stanza mentre frugava in alcune cartelle che aveva appoggiato sul proprio tavolo da lavoro.

-Riguarda il caso del professore italiano scomparso a Firenze. Ci sono state delle novità ed una riguarda proprio quella foto.- rispose l'uomo.

-Hanno ritrovato l'auto giusto?- chiese Arthur.

-E non solo. E' spuntata fuori una fotografia, scattata casualmente da una turista americana, che lo ritrae assieme ad un bambino sconosciuto che gli somiglia incredibilmente esattamente due giorni prima della sua scomparsa. O del suo presunto suicidio visto che hanno recuperato l'auto nel fiume. - disse il giornalista sospirando -Peccato che l'abbia persa.-

Arthur tornò stancamente a sedersi alla sua scrivania. Nonostante tutti i media avessero gli occhi puntati sulla Scandinavia anche il caso del professore di Firenze si era ritagliato il suo piccolo spazio fra la cronaca nera.

A quanto dicevano i giornali riguardava una serie di omicidi avvenuti a Firenze.

In particolare il sudetto docente si riteneva coinvolto in un duplice omicidio avvenuto a fine dicembre scorso il quale era probabilmente collegato, per analogia del modus operandi, con un altro avvenuto in agosto.

Peccato che, a quanto pare, il sospettato era scomparso nel mezzo delle indagini e se ora avevano ritrovato la sua auto nel fiume...

Mentre i suoi colleghi cominciarono a parlottare sul caso l'inglese guardò verso i suoi piedi, in un ultimo distratto tentativo di cercare la fotografia. Dopo aver fatto vagare lo sguardo per la stanza per un paio di volte la sua attenzione venne attratta da un basso e piccolo archivio, posto a fianco alla porta.

Un'idea gli balzò alla mente e stancamente si alzò, dirigendosi verso il mobiletto il quale era rialzato da terra giusto un paio di centimetri.

Arthur si chinò fino a guardare sotto, ed infatti...

-Trovata!- disse ad alta voce richiamando l'attenzione su di sè.

- Davvero?- disse Edmund radioso mentre si avvicinava al biondo.

Arthur si rimise in piedi mentre gli si affiancava il collega e, dopo essersi spolverato i pantaloni, girò la fotografia che teneva in mano.

Appena vide il contenuto dell'istantanea per poco non la fece cadere nuovamente per lo stupore.

Ciò che ritraeva era una donna in posa in una via ed a fianco passava casualmente un giovane uomo, che riconobbe come il professore , con le spalle all'obiettivo ma il volto voltato di tre quarti. Teneva per mano un bambino il quale era invece completamente voltato verso il fotografo.

Era proprio sul piccolo che Arthur teneva puntati gli occhi.

-Kirkland che hai? Come mai questo silenzio?-

L'inglese ignorò la domanda incapace di staccare lo sguardo dal viso di Feliciano immortalato in quell'istantanea mentre camminava in una bella via di Firenze.

 

 

 

*Note:

 

[1]- Jan Palach era uno studente ceco( della Repubblica Ceca, eh!) che per protestare contro il regine sovietico si diede fuoco a Praga il 16 gennaio del 1969 in piazza San Venceslao. Morì tre giorni dopo e tutt'oggi è considerato un eroe e patriota nazionale.

 

[2]- La crisi dei missili di Cuba avvenne nell'ottobre del 1962 e si arrivò vicino allo scoppio di un conflitto aperto fra USA e URSS. In tutto il mondo si temeva l'inizio di una nuova terribile guerra colpi di testate nucleri.

 

 

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Salve a tutti!

Ecco il quarto capitolo.

In realtà è la metà del capitolo originale e siccome stava diventando troppo lungo ho deciso di dividerlo in due parti.

Da questo capitolo in avanti, come ho già accennato, alcune cose apparteneti alla storia verranno modficate al fine della storia. Vi prego vi chiedo di concerdermi questa piccola licenza poetica senza picchiarmi! XD

Grazie di aver letto e magari anche recensito o di aver aggiunto questa fic fra le preferite o seguite!

Baci

Rebecca

  
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