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Autore: EnricoZapping    26/09/2012    1 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alle undici, mi decisi a uscire dalla casa numero dodici. Uhhh, che dolore alla testa. Ieri sera ho decisamente esagerato. Ero sull'uscio e le case stavano danzando e fondendosi davanti ai miei occhi. Wow, una sbronza epocale. Rischiando di vomitare succhi gastrici ad ogni passo e barcollando un po’, andai verso il falò. Spento, mi ero logicamente persa la colazione, grazie al Caspio, alle undici.
Mio padre si stava facendo imboccare di frutta da dei satiri. Fragole, pesche, albicocche, un po’ tutto tranne l'uva, anch'essa proibitagli.
"Salve padre", lo salutai, massaggiandomi le tempie.
"Ciao, Airyn! Non mi dire, un'altra sbronza.", disse, facendomi una TAC completa con gli occhi.
"Indovinato."
"Ah, dannazione. Vorrei poter bere io. Non posso io e possono i miei figli! Dannazione, che ingiustizia!"
"Ehm, padre..."
"Sì, sì, mai giudicare le decisioni del padre Zeus, bla, bla, bla. Bah!!"
"Non è che mi faresti... passare 'stò cerchio alla testa?"
"E a che pro, se fra mezz'ora ti sarai già scolata abbastanza vino da ubriacare cinque mortali?"
"Uffa..."
"Niente uffa, Airyn. Dovresti andare ai campi, a cercare di far crescere le fragole."
Reprimendo un conato, borbottai un incerto "Sì, padre" e mi recai mogia mogia verso i campi di fragole.

Ai campi, i miei fratelli e sorelle e quelli della casa 4 stavano cercando di velocizzare la crescita delle fragole e di raccoglierle in fretta quanto crescevano. Sì, fatichiamo a tenere il passo, ma non produciamo tantissime fragole perché i nostri campi sono piccoli.
Mi recai in un lotto di terreno dove un figlio di Demetra piantava i semi delle fragole, poi li faceva crescere e una sua sorella raccoglieva i frutti a falciate.
"Cavolo, Anthea! Dovresti raccogliere le fragole in maniera più ortodossa!"
"Conosci una maniera più ortodossa della falce ed altrettanto veloce? Se sì, fammi uno squillo."
"Vai all'Ade.", borbottò quello.
Mi avvicinai.
"Oh, salve! Tu devi essere della casa 12..."
"Da cosa lo deduci, dal fiato a 20° di gradazione alcolica o dall'andatura?"
"Eddai, una volta in vita tua non essere così scortese!"
"Ah, sì, sennò cosa mi fai?"
"Ti infilo la lama della falce in posti che non posso nominare, che domande!"
"Ehm, perché non la piantate di litigare?", dissi io, dopo una breve guerriglia contro il mio stomaco.
"Oh, sì, mi sembra giusto.", disse il ragazzo, e gettò un'occhiataccia ad Anthea.
"Posso darvi una mano?", chiesi.
"Sì", rispose Anthea, "potresti raccogliere le fragole."
"Raccoglierle? E come? Io le so far crescere, mica sono abituata a raccoglierle...", risposi io.
"Con la falce?", mi offrì Anthea, porgendomi la sua arma.
"Eh, no, a mani nude!", rispose il ragazzo.
"Falce!" "Mani!" "Falce!!" "Mani!!" "Falce!!!" "Mani!!!" "BASTA!!!", sbottai io.
Mi guardarono storto. Erre as korakas, Demeter. ("Vai ai corvi, Demetra", e per chi se lo stesse chiedendo, è un insulto pesante.)
"Sentite, secondo me dovremmo fare così. Le fragole le facciamo crescere io e te,", dissi, indicando il ragazzo, "mentre una volta cresciute le raccogliete entrambi, Anthea con la falce, tu con le mani, possibilmente senza mutilarlo, Anthea."

Il lavoro, almeno inizialmente, sembrava procedere abbastanza bene, qualche volta Anthea e l'altro ragazzo si stuzzicavano, ma non degenerò nulla. Almeno non troppo. E durante un ciclo di raccolta e l’altro, bevevo dalla mia personale fiaschetta. Basta chiederle un vino, e lei si riempie di quel vino. E te ne può dare quanto vuoi. Solo vino, però, non birra né altri alcolici, a me piace solo il vino. Un regalo di papà.
Il lavoro di raccolto era noioso e faticoso. Poi, per me che ero continuamente in preda a sbronze, risultava anche peggiore di mattina. Ma vabbè.



“Ehi, ti va di allenarti con me?”, mi chiese una voce alle mie spalle.
“Uh? E tu chi sei?”, chiesi, voltandomi. Era un ragazzo con capelli scuri scarmigliati come se si fosse appena svegliato, e una volta svegliato avesse messo le dita in una presa, più un paio di occhi gelidi come scaglie di ghiaccio.
Sorridendomi, il ragazzo rispose. “Christian Derflinger, sono nuovo di qua.”
“Uhm, capito. Vorresti allenarti, quindi?”
“Esatto.”
“Però c’è un problema, io come arma uso un arco.”
“Ahio, mi sa che non puoi aiutarmi, allora. Sei figlio di Apollo, giusto?”
“Sì, tu?”
“Oh, io … Sono ancora … Indeterminato, capisci.”
“Casa undici, eh?”, e sorrisi.
“Già.”
“Ad ogni modo … Credo di conoscere chi ti può aiutare.”
“Chi?”

Lo portai verso la casa numero 15. Solo starle vicino era narcotico, dannazione!
Entrai, di soppiatto. L’atmosfera era piena di odore pesantissimo di papaveri, e tutto taceva tranne qualcuno che russava e qualche piccolo insonne. Lo sport preferito nella casa di Hypnos è dormire, anche se esistono le eccezioni, come Austin. E una volta trovata la sua branda (che sembrava comoda da morire), difatti, lo trovammo sveglio che cercava di risolvere i cruciverba in greco antico della Settimana Mistica.
“Antico nome di Candia, primo alleato commerciale di Atlantide … Uhm, Herakleion …”
“Ehm, Austin?”, dissi, e mi palesai agli occhi del mio amico.
“Oh, ciao, Robert. E questo chi è?”
“Christian Derflinger. Chiamami Chris.”, rispose lui.
“Vorrebbe qualcuno per allenarsi a combattere con la spada.”
“Oh, capisco, l’ha chiesto a te e hai pensato a me.”
“Ehm, già.”
“Io uso una lama di stocco, Chris. Per te va bene?”
“Mh, suppongo di sì.”

Ok, dopo qualche futile giro di parole, andammo tutti e tre al campo d’allenamento. Austin prese delle armature per sé e per Christian (che sembrava stesse scoppiando di caldo, sotto tutto quel metallo), e io mi sedetti sulla gradinata stile teatro greco.
“Sei pronto? Cominciamo?”, chiese Christian ad Austin. Si, Christian ad Austin, non viceversa. Strano, vero? No, semplicemente Chris era ansioso, no, ansiosissimo.
Iniziarono ad allenarsi.



“Anf! Anf! Anf! Non te la cavi male, per essere un nuovo arrivato!”
“Nemmeno tu!”, rispose Chris.
Si tolsero le corazze e poi Chris anche la maglietta, doveva sentire davvero un caldo boia. In fondo era giugno. Si asciugarono la fronte e un po’ tutte le zone sudate con degli asciugamani, dopodiché si sedettero sulla gradinata per un po’ di relax.
Chiacchierando, mi misi una mano sul mento e notai di avere.. la barba. Oh, wow, me la devo fare di nuovo? Christian lo notò.
“Ehi, stai pensando di raderti?”
“Eh, già. Ho una bella barbetta.”
“Secondo me sarebbe una buona cosa farsi fare una barba sagomata,nel tuo caso. Ce l’hai bionda, ti starebbe benissimo.”
“Se lo dici tu.”, risposi io poco certo.



‘Ok, lucidalabbra messo, capelli piastrati, fondotinta messo, manca l’ombretto e l’eye-liner’, riflettei.
La mia seduta di bellezza fu interrotta da un “toc toc”, evidentemente qualcuno stava bussando. Non senza incazzarmi un pelino, andai ad aprire la porta.
“Chi scoccia?”, dissi con l’aria di una vipera pronta a mordere.
Ok, me ne pentii subito dopo. Era Christian. Con un amico. Uno più bono dell’altro, ma sono dettagli!
“Oh … Salve Chris. Chi è questo? Un tuo amico?”
“Sì, Louise. Si chiama Robert, è della casa sette. Vorrebbe qualcuno per fargli la barba, e ho pensato che una figlia di Afrodite non può fare a meno di sapere come occuparsene …”
Mi sentii un po’ lusingata. Forse era questo che voleva, ma lo lasciai fare.
“Oh, va bene, entra.”
“Grazie”, disse Robert, e si accomodò.
Chiusi la porta.
“Ma sei sicuro di volere solo la barba? Non vuoi anche shampoo e capelli?”, dissi. Cioè, non lo dissi in maniera normale. Usai lo “charmspeak”, che è una capacità di noi figli di Afrodite. Possiamo incantare le persone solo con le parole, e una volta incantate farebbero qualsiasi cosa gli chiedi, dal passarti il sale al prestarti la macchina. Comodo!
“Mh, certo. Come vuoi”, rispose Robert un po’ spiritato. Perfetto, il mio charmspeak funziona bene come sempre.
Gli feci lo shampoo, poi gli tagliai un po’ i capelli e li acconciai e cerai con la cera per capelli. Dopodiché presi un rasoio e gli rasai la barba con cura, lasciando un pizzetto biondo sul mento. Smack, al bacio.
Ruppi lo charmspeak (sennò si sarebbe trovato bellissimo anche con un facocero sulla testa) e gli porsi uno specchio. “Guardati.”
Lui si rimirò allo specchio. Sembrava entusiasta.
“Non ti dispiace se quando ho bisogno torno da te, vero?”
“No, certo che no.”, risposi io.



Quello che avete letto sopra è tratto dalle due settimane precedenti al giorno in cui Chirone annunciò un altro particolare evento sportivo: la gara di caccia alla bandiera. La notizia aveva parecchio scosso l'intero campo, in positivo, intendo. Avete mai visto qualcosa tipo 200 semidei euforici? Credetemi, bastano a replicare l'effetto di uno stadio da concerto, con alcuni interessi distruttivi da parte delle case più turbolente. Questa volta volevo vincere, ero disposto a tutto pur di farlo, non come la figuraccia di due settimane fa.
L'aria al campo mezzosangue fremeva d'eccitazione. Il tempo volò, e dopo una cena tesa come corde di violino, fu (finalmente!) giunta l'ora.



Chirone si pose al limitare della foresta, e l'intero campo, armato di tutto punto, si radunò attorno a lui.
"Semidei!", la voce di Chirone tonò nei dintorni sopra il brusio eccitato che pervadeva l'ambiente.
"Le regole della Caccia alla Bandiera sono semplici! Si affronteranno due squadre, la blu e la rossa! Indos-sate gli elmi a seconda degli accordi presi!"
I figli di Ares, Apollo, Efesto, Dioniso, Hypnos, Nike e Tyke indossarono un elmo dal pennacchio blu elet-trico.
I figli di Ebe, Nemesi, Ecate, Atena, Demetra, Ermes e Afrodite invece indossarono un elmo con un pennac-chio rosso vivo.
Chirone dovette urlare per farsi sentire sopra il brusio degno di un alveare.
"Ogni squadra ha una bandiera, e può posizionare un massimo di due semidei a difesa della bandiera! Gi altri devono difenderla da distanza ostacolando chi si avvicina all'area della bandiera. Le due squadre cer-cheranno di prendere la bandiera dell'altra, e chi ci riuscirà vincerà la gara! Ricordiamo che tutti gli ogget-ti magici e i poteri sono consentiti. Chi ferirà verrà punito severamente, e per severamente intendo che non riceverà il dessert per un'intera settimana!"
All'orecchio di Louise, sussurrai: "La coca-cola non conta come dessert, vero?"



La caccia era iniziata, e io, come al solito, non sapevo assolutamente cosa fare. Ero un attaccante della squadra rossa, probabilmente l'ultimo ruolo adatto a me.
Camminando per il bosco del campo, incontrai una bellissima ragazza, con occhi verde smeraldo, capelli lunghi, biondi, setosi e piastrati, dal fisico perfetto, un volto fantastico e un cu...Ehm, posteriore magnifico. Era una figlia di Afrodite, e purtroppo, era una nemica. Per istinto tirai fuori lo stocco, pronto ad un probabile combattimento. Ma soprattutto, quello che dovevo temere era lo charmspeak, che rendeva i figli di Afrodite tanto belli quanto letali. Lei mi guardava con un sorrisetto di sfida, i suoi bellissimi occhi erano fissi su di me. Io invece la guardavo con aria indifferente, o almeno è quello che diedi a vedere, visto che, in realtà, ero quasi del tutto ammaliato dal suo incantevole corpo. "Austin, no, non farti ammaliare, no!" mi ripetevo nei miei pensieri. L'unica cosa che potevo fare era addormentarla prima che lei mi incantasse col suo charmspeak, ma dovevo coglierla di sorpresa e, soprattutto, non dovevo ascoltarla.
Si avventò su di me con mosse e salti mortali degne di una ginnasta, e io, confuso, feci appena in tempo a parare un calcio diretto allo stomaco. Io cercai di prenderla in contropiede colpendola con un calcio, ma lei si abbassò e sfoderò in un attimo due pugnali, coi quali quasi mi colpì. A quanto pare avrebbe rinunciato al dessert pur di vincere. "Tu... devi... dormire...", pensavo, nel tentativo di ipnotizzarla. Lei, nel frattempo, si massaggiò la gamba borbottando qualcosa di tremendamente simile a un "vaffantartaro" e mi caricò coi pugnali. "Perché non posi la spada e ti fai colpire, caro? Lo faresti, per me?", disse una voce suadente come il suono di una cascata di miele, che usciva... dalla sua bocca, la sua bocca così rosea, così bella, così desiderabile. Abbassai la guardia con il cervello ridotto in pappa. Poi riuscii a riguadagnare l'autocontrollo e parai giusto in tempo per parare. "Ma perché ...", continuò la voce suadente, "non ti fai colpire? Prometto che se lo fai ti do ... un bacio.”
Feci cadere l'arma a terra, le ginocchia mi si sciolsero e caddi in ginocchio sulla nuda terra, sbattendo le ginocchiere al terreno. Mi sentivo inerme. Lei afferrò saldamente i pugnali e urlò un "SEI MIO!", che mi fece gelare il sangue nelle vene. Riuscii a riprendermi dallo charmspeak a causa di questa frase non più così suadente e intercettai il suo colpo. Le toccai la fronte, e chiuse gli occhi. Peccato che, non appena toccò terra con tutto il corpo, si svegliò di soprassalto.
"Questo sarà uno scontro bellissimo.", pensai.



"Grazie!", dissi ad Anthea.
"Figurati, se non ci si aiuta tra compagni!", mi rispose lei con un sorriso onesto.
Ringraziai Demetra per aver procreato quella ragazza, che mi aveva appena salvato dall'ultimo avversario prima della bandiera.
Dopo ore di schermaglie, sgattaiolamenti nelle linee nemiche e altro, eravamo finalmente giunti alla bandiera blu.
Fermai Anthea con un braccio, per pianificare qualcosa, ma sia lei che il nostro alleato, un figlio di Ermes che avevo intravisto qualche volta gironzolare per la casa, si svelarono al nemico.
"Ma che fate?", sussurrai da dietro l'albero
"Un vero guerriero non usa queste tattiche, né si nasconde, quando arriva la battaglia finale: cerca la gloria!", mi rispose il nostro alleato figlio di Ermes ,con aria fiera, "E ora esci fuori da lì!"
"Su forza, piccolo fifone! Esci fuori da lì!", disse una voce familiare ma allo stesso tempo inquie-tante. Era Nathan!
"Accidenti", dissi, uscendo dal mio nascondiglio, "Devo presumere che chi non muore si rivede!"
"Beh,allora credo che io e te non ci rivedremo più!", disse Nathan. Deglutii per la paura
"E' un tuo amico, Nathan?", chiese una ragazza dalla pelle abbronzata e lineamenti che potevano essere di un solo posto al mondo: le isole Hawaii.
"Ma quando mai, Ailani! Non hai sentito che voglio spaccargli le ossa?"
"Evita, già solo per ferirli stiamo rinunciando al dessert. Non voglio saltare tutti i pasti, grazie."
Il nostro alleato della casa 11 sfoderò una daga dalla cintura e gridando "Per Ermes!", caricò la ragazza.
Quella si limitò a schivare e poi dare un calcio ben assestato all'altezza dei reni di quel povero ragazzo.
"Non l'ho mai provato di persona, ma deve fare male. Non è vero?", chiese Ailani al ragazzo di Ermes con un sorrisino sarcastico.
Anthea mi comunicò con labiale di caricare Nathan. Modalità kamikaze, on! Schizzammo verso il figlio di Efesto brandendo la falce e la spada sguainate e pronte all'uso.
Provai a colpirlo al fianco destro mentre Anthea provò a colpirlo alle gambe, ma Nathan li schivò en-trambi con destrezza sorprendente retrocedendo. Nathan oscillò il piatto della scure verso di noi, ma, for-tunatamente, il colpo andò a vuoto.
Anthea continuò il suo assalto, iniziando ad attaccarlo con dei veloci colpi della sua falce, mentre io andai alla carica solo dopo, dandole manforte.
Nel frattempo, Ailani stava picchiando a suon di calci e ginocchiate il figlio di Ermes, che nonostante fosse armato stava avendo la peggio. Tuttavia, mentre lei l'aveva buttato a terra ed era intenzionata a prenderlo a calci lì dov'era, lui col pugnale le ferì la gamba. Sapete che dolore crea una ferita? Molto, immaginate be-ne. E sapete quanto si incazzò Ailani? Molto, esatto.
"Questo... Non l'avresti... Mai... Dovuto... Fare...", scandì Ailani con un'aria che sembrava quantomeno inviperita.
Si tolse dal braccio un polsino color rosso sangue con una grande A ricamata e quello si trasformò in una sorta di mazza, anzi, un claymore. E non un claymore qualsiasi. Sembrava incandescente, emanava calore chiaramente percepibile, ed era circondato da un leggero alone fiammeggiante. Iiiih, avrei volentieri fatto a meno d'essere picchiato con un'arma simile.
"Se sei fortunato Esculapio ti saprà guarire senza neanche lasciarti i segni.", disse, dopodiché calò la pe-sante arma sulle sue gambe. Credetti di sentire un disgustoso "crick!", inequivocabile segno che gli si era rotto un osso.
"Sotto a chi tocca.", disse lei, sorrise carica di sfida e pronta allo scontro, ed impugnò saldamente il cla-ymore ardente.



Il combattimento procedeva, e io mi stavo stancando sia di lei che fisicamente. Fortunatamente, lei era nella mia stessa condizione, aveva la fronte sudata e il fiato corto proprio come me. "Perché non ti arrendi!?" disse lei furiosamente, correndo verso di me con uno dei coltelli pronto a colpire il mio stomaco. Mi mossi di lato appena in tempo, ma il suo assalto non era finito, e continuò sferrandomi un veloce calcio diretto al mento, ma fortunatamente riuscii a deviare il colpo con il manico dello stocco, ma in ogni caso non riuscivo a contrattaccare, perché ora la semidea, invece di concentrarsi sullo Charmspeak, si concentrava sullo scontro diretto, attaccandomi senza riserve.
"Non posso continuare a parare e schivare, devo fare in modo di riuscire ad addormentarla" mi dissi tra me e me. Azzardai un affondo con lo stocco, che lei schivò abilmente con una ruota a sinistra. Non dovevo darle, tempo, anzi, dovevo mantenere una certa pressione su di lei, così continuai con una serie di tagli, affondi e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente lei schivò tutto, come previsto. Ma non ebbe il tempo di contrattaccare, anzi, non ce la faceva più nemmeno a fare quelle maledettissime acrobazie che stavo iniziando ad odiare. Finalmente avevo abbastanza tempo, mi concentrai, questa volta più forte del normale, e riuscii ad addormentarla, finalmente. Un po' ci rimasi male, ma finalmente potevo rilassarmi un po'.



Tok! Tok! Tok!
E un altro semidio era stato appena bloccato ad un albero per le maniche con delle frecce mirate al millime-tro. Mi feci largo fra fronte, frasche, cespugli, rampicanti e robaccia varia. Arrivai ad una radura. Oltre la radura, senza gli alberi a bloccarmi la vista, vidi una collinetta sulla quale svettava... un drappo rosso.
"Tombola"
Lo ammetto, ero eccitato come poche volte in vita mia. Camminai per la foresta in direzione della monta-gna. Un mezzosangue mi tese un agguato dietro un albero brandendo una mazza chiodata. Prima che me la schiantasse sulla testa, gli diedi una ginocchiata all'inguine e lui si accasciò a terra in preda a dolori lan-cinanti. "Poco ortodosso, ma efficace!", pensai.
Arrivai al monte, che era circondato di persone svenute.. Inquietante. Ma non c'era nessuno in piedi. Mi avvicinai alla bandiera... E prima che potessi prenderla, una ragazza si alzò da terra. Capii che era un bluff, si era confusa con le sue vittime per trarre in inganno.
"Sei la guardia, eh?", le chiesi.
"Complimenti, l'hai capito quasi subito. C'è gente che è scappata credendomi un morto vivente."
"Divertente.", dissi, e senza esitare presi l'arco e incoccai una freccia.
Avvenne tutto come al rallentatore.
La freccia che sibila e scatta...
La ragazza che si sfila un anello...
L'anello che diventa uno scudo...
La freccia che si scontra contro lo scudo...
La freccia che si riduce in polvere!!!
"Ma che cos-", non feci tempo a chiedere che mi rispose.
"Carino, vero? Questo scudo ha una maledizione. Di quelle pesanti. Tutto ciò che lo tocca, di inorganico, si riduce in polvere. E tutto ciò di organico che tocca, lo scortica!"
"Bel souvenir", le dissi, e l'attimo dopo mirai con precisione millimetrica alla mano con la quale non reg-geva lo scudo. La volevo ferire, ma avrei evitato ferite mortali alla testa.
Però lei alzò rapidissimamente lo scudo e intercettò la freccia a mezz'aria. Anche questa si ridusse in nient'altro che polvere.
"Non l'hai capito? Non puoi vincere.", disse lei, rivolgendomi un sorriso euforico e un po’ sadico, tipico di chi sa di avere una vittoria schiacciante in pugno.
Mi rimanevano cinque frecce. Rivolsi una preghiera silenziosa nei riguardi della dea Tyke.



"Tyke, tu mi odi!", pensai dentro di me mentre schivavo una calda vampata di calore. Accidenti, quella Ailani era totalmente trasfigurata da quando il mio compagno di squadra l'aveva ferita. Ora sia lui che Anthea erano occupati a trattenerla,mentre io dovevo occuparmi da solo di Na-than, e come affrontare questa impresa senza una bella aggiunta di fiammate random che ri-schiavano di colpirmi da un momento all'altro?
"Sudi freddo, eh pivellino?", disse Nathan, che da quando Ailani si era infuriata stava pigramente rispondendo ai miei colpi per prendermi in giro.
"Non sudo certo per te!", dissi ... mossa sbagliata! Nathan assunse un cipiglio furioso, e mi carico con la sua ascia, facendomi volare via la spada.
"Oh, cavolo! Anthea!", urlai in preda al panico, ma era troppo impegnata a evitare di essere car-bonizzata.
"Fine dei giochi, amico! Non verrà nessuno a salvarti stavolta!", concluse Nathan, e calò su di me la sua possente ascia.
"Questa scena mi è troppo familiare!", pensai, bloccando ancora Nathan,ma stavolta per le brac-cia.
"Ah, credi di potermi fermare così! Guardati, sudi come un matto, non resisterai a lungo!"
Aveva ragione. Chiusi gli occhi. Il caldo non era mai stato troppo un problema per me, nemmeno in estate. Non in Canada,dove ero nato. E ora ero lì,con una gigantesca arma in fiamme che ri-scaldava l'ambiente e stava per arrostire i miei compagni. Mi rivennero in mente i ricordi della mia infanzia. Il vento fresco del Canada. Lo scroscio delle cascate del Niagara. Le foreste ventilate.
Il vento freddo ...
"NATHAN! COSA TI SUCCEDE?", urlò all'improvviso Ailani.
Riaprii gli occhi.
Nathan era sbigottito,e inizialmente non capii perché. Poi sentii una frescura vicino alle mie ma-ni,e mi volsi a guardarle. Le vidi, ma non mi sorpresero loro, quanto piuttosto lo strato di ghiaccio che aveva ricoperto gli avambracci di Nathan, immobilizzandoli.
Non so perché, ma all'improvviso persi la testa.
"Aaaaaaaaaaaaah! Che succede? Per Zeus, le mie mani sono fredde, sento il gelo che mi pervade, che stregoneria è mai questa?"
Iniziai a sventolare le mani in giro,come se andassero a fuoco, anche se era tutto il contrario, mentre Nathan cercava di rompere il ghiaccio (in senso letterale).
"Calma Chris! Non agitarti in questo modo!", mi urlò Anthea, che però aveva altro a cui pensare, come evitare di diventare un pollo fritto.
"Calmarmi? Sto diventando un ghiacciolo alla Coca Cola!"
"Attento!"
Non capii cosa intendesse, finché non mi accorsi di essere arrivato proprio sul ciglio di una picco-la discesa rivestita di erba e fiori, e vi ruzzolai giù. Poi mi rialzai, e corsi alla cieca cercando aiuto, sia medico che psichiatrico: non credevo che sarei riuscito a calmarmi facilmente!



Christian ci passò davanti correndo come qualcuno perseguitato da un demone, urlando come un ossesso.
"Se me lo vuoi chiedere, io non lo conosco...", dissi alla ragazza con lo scudo. Eh? Come? Come si chiama? Oh, certo... Mi ha detto come si chiama mentre lottavamo... Jasmine. Ok, siete soddisfatti? Andiamo avan-ti!
Incoccai la prima delle cinque frecce e la mirai alla spalla. Anche stavolta, la parò e questa si disintegrò.
"Erre as korakas, Jasmine!", le urlai.
Lei mi caricò come un toro, e sfortunatamente non riuscii a schivare in tempo. Al solo contatto, armatura e maglietta si disintegrarono, dopodiché lo scudo toccò la mia pelle. Sentii un dolore che spero di non risenti-re mai più. Avete presente la sensazione di dolore di quando vi tirano i peli delle sopracciglia con la pinzet-ta? Leggermente dolorosa, no? Ecco. Immaginate che vi stiano strappando un'infinità di peli dalla pelle colpita con un miliardo di pinzette infuocate. Direi che come descrizione, calza. Cacciai un urlo disumano di dolore. Mi accasciai al suolo sopraffatto dal dolore tremendo. Il mio petto, privo di pelle, sanguinava.
"Il mio dono, Robert. Il mio dono."
Avrei giurato di aver sentito un sussurro, nella mia testa. Da terra, alzai una mano e me la posi sul petto scorticato, ricavandoci un bel surplus di dolore. Dopodiché chiusi le palpebre, respirai e mi concentrai. Sentii la sensazione di benessere tipica di quando il Dono di Esculapio ti cura, e il dolore sparii. Mi guardai il petto, avevo creato un sottile strato di pelle (che si distingueva da quella non intaccata poiché privo della benché minima abbronzatura). Mi alzai.
"... Sei capace di curarti, ma non mi sconfiggerai lo stesso!", disse lei, che era sbiancata nel vedermi curare.
Fece di nuovo per caricarmi. Dopodiché, si sentì una musica in lontananza. Jasmine ebbe un fremito, ab-bozzò un sorriso. La musica si fece più forte, e riuscii a distinguere le note del Kefka's theme, suonato col flauto, ora si distingueva. Una semidea dai capelli fulvi (eccetto una ciocca bianca sul lato destro) emerse dai boschi, suonando un flauto traverso. Ora Jasmine si stava sbellicando. Rideva come una pazza isterica.
Si avvicinò ancora di più, e Jasmine si piegò in due, si rotolò per terra come in presa a convulsioni, ridendo fino a piangere come se qualcuno la stesse sottoponendo a una tortura del solletico.
Non persi l'occasione. Mi arrampicai in fretta e in furia sulla china, e... presi la bandiera!
Un pegaso, che ci stava sorvolando dall'alto, atterrò. Una semidea scese e dichiarò: "La bandiera rossa è stata catturata! La squadra blu VINCE!!"
La sua voce risuonò come amplificata di cento volte, in tutto il bosco.
Il drappo, che era rosso, divenne improvvisamente una bandiera color oro con un disegno del sole al centro, una lira a destra e un arco e freccia a sinistra.
“Complimenti!”, mi disse la semidea con i capelli fulvi, e mi sorrise. “Uhm, come ti chiami?”, poi chiese, dubbiosa.
“Robert Shane, e tu?”
“Airyn Phantom, sono della casa 12.”
“Continuerete la vostra chiacchierata attorno al falò”, ci riprese la semidea discesa dal pegaso.



Finalmente, riuscii a trovare la via per uscire dalla foresta. Trovai Chirone seduto attorno al falò spento.
"Chirone!! CHIRONE!", sbraitai.
Quello si alzò sulle sue zampe equine e mi raggiunse.
"Cosa c'è, qualcuno si è ferito gravemente?", chiese.
"No, cioè sì, cioè... Insomma... Ehm... Ho congelato... Il braccio di Nathan! Sì, ho congelato il braccio di Nathan!", risposi, ripetendo il concetto per autoconvincermene.
"Capisco.", disse Chirone. Mi accorsi che non mi guardava negli occhi, ma guardava dietro di me... O sul-la mia testa.
Alzai lo sguardo. Su di me fluttuava una sorta di ologramma di una gigantesca bussola con l'ago puntato a Nord, circondata di fiocchi di neve.
"Ave, Christian Derflinger, figlio di Boreas, dio del Vento del Nord.", disse Chirone.


Angolo dell'autore bis. Ormai inizia ad essere un'abitudine.
Questo capitolo è stato scritto con la collaborazione di due nuovi scrittori che si sono iscritti al gruppo originale: Whitemushroom, inventrice del personaggio di Airyn, e RoxasXIII95, inventore dei personaggi di Christian e Louise. Ailani è stata creata da Lisaralin, e Jasmine da Nothing~, che però non hanno voluto/potuto/dovuto/vomitato scrivere insieme a noi. Peccato.
Ah, l'avevo detto? Robert appartiene a me, Austin appartiene a Jenoma97 (detto anche zexion4ever) e Nathan a Xariod.

Quindi, per non confondervi le idee, facciamo uno schemino dei personaggi e loro vari creatori.

Robert Shane, figlio di Apollo: Io, EnricoZapping
Austin Neword, figlio di Hypnos: Jenoma97
Nathan O'Neil, figlio di Efesto: Xariod
Anthea Elderoots, figlia di Demetra: Io, o in alternativa nessuno. Fate voi. (No. Non intendo Ulisse.)
Christian Derflinger, figlio di Boreas: RoxasXIII95
Louise Westwood, figlia di Afrodite: RoxasXIII95
Ailani Kanaka, figlia di Ares: Lisaralin
Airyn Phantom, figlia di Dioniso: Whitemushroom
Jasmine Proofsteel, figlia di Ebe: Nothing~

  
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