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Autore: Sherm    27/09/2012    2 recensioni
Voleva chiedere un grido d'aiuto, ma loro erano dominati dal pregiudizio.
Attenzione, storia sull'autolesionismo, non descrive fatti in sè particolari.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La vita di un autolesionista non è una vita facile.
Quando firmi un contratto col sangue, è per sempre.
E io lo sapevo.
Sapevo che se accettavo di esserlo probabilmente non avrei potuto essere come gli altri. Avrei fatto una vita a nascondermi. Ad usare magliette lunghe in estate, a rinunciare alla piscina con gli ‘amici’, al mentire a tutti.
Quello non l’avevo messo in conto.
Quando ero una ragazza normalissima e non una depressa di prima categoria, non mi ero mai accorta di quanto la gente fosse cattiva nel confronto degli autolesionisti. Probabilmente anche io stessa ridevo a quelle battute. Ma non te ne rendi conto finchè non lo vivi.
Era tutto normale, quel giorno.
Mi alzai controvoglia, come al solito d’altronde. Chi mai avrebbe voluto andare a scuola?!
Nonostante tutto, mi resi conto che non era una controvoglia negativa. Non avevo voglia di andare a scuola perchè ero stanca e non perchè (come negli anni precedenti) la mia vita a scuola era un inferno.
Questo mi sorprese non poco. Mi vestii con la mia divisa e mi preparai per andare all’Istituto. Mi presentai davanti allo specchio della stanza, con la figura che si rifletteva.
Dopo il mio solito check-up mattutino composto nel controllare divisa, trucco, cicatrici e tagli ben coperti, capelli e quant’altro, sorrisi.
Ero in quella scuola da solo un mese e mezzo, ma mi piaceva un casino!
A parte qualche risatina in fondo alla classe come reazione al mio cognome abbastanza imbarazzante, nessuno mi prendeva in giro.
Alle elementari e alle medie era un inferno. Le odiavo.
Non mi era mai capitato di essere in una classe dove non ci si prende in giro fra loro.
Mi alzai le maniche, scoprendomi i tagli.
Forse avrebbero capito. Forse sarebbero stati lì per me.
Era un rischio dire una cosa del genere a degli estranei. Non erano esattamente estranei ma non li conoscevo da molto.
Fissai i miei tagli. ‘Verità o bugie?’
‘Rischio o sicurezza?’
‘Glielo dico o non glielo dico?’
Non volevo pensarci, così abbassai le maniche e mi diressi verso scuola.
 
 
Dopo aver raggiunto l’aula B2.17, tirai un sospiro di sollievo: la prof non c’era ancora. “Ehy Tal!” mi sentii chiamare.
“Giorno”
“Ciao”
“Hey”
Dedicai vari saluti alle persone sedute di fianco a me.
Non ero popolare a differenza di come sembrasse. Ero solo seduta davanti ai più popolari e dopo qualche scambio di battuta mi sono resa conto che non erano poi così male, ma non eravamo amici da ‘uscire’. La nostra amicizia si prolungava solo nell’edificio e probabilmente qualche momento isolato su Facebook.
Zoe e Lucas stavano discutendo, parlando e ridendo allo stesso tempo.
Mi intromisi poco dolcemente: “Ma di cosa state parlando?”
“Abbiamo una nuova missione: dobbiamo trovare Bloody Mary”
“In che senso, scusa?” chiesi spiegazioni.
“Bloody Mary è una ragazza della nostra scuola, una dark che è sempre vestita di nero. Si aggira per i corridoi ma è raro vederla. Una pazza insomma. Porta sempre le gonne nere e sulle gambe ha tutti quei tagli. Fa paura” disse Lucas
Tagli.
Tagli.
Tagli.
“Ho capito che sei depressa, ma controllati un attimo, come si fa ad arrivare a fare certe cose??”  continuò Zoe
“Sì infatti” confermai distrattamente e con una voce biascicata dalla paura.
‘Fa paura’ ricordai ciò che avevano detto poco prima. La mia idea di fargli vedere i miei dolori, fisici e psicologici era stata un idea assurda, me ne rendevo conto. Con quale testa volevo confidare a un gruppetto di estranei ciò che avevo passato? Dovevo essere proprio una pazza.
“Stai bene?” Mi chiese Zoe poco dopo, riportandomi alla realtà.
“Sì, sì, tutto a posto” risposi cercando di non destare alcun sospetto.
La prof di economia mi salvò, entrando, in quell’istante.
Folle. Completamente folle a pensare che qualcuno mi avrebbe capito. Come al solito, ero di nuovo persa. Di solito facevo sempre un sorriso durante la giornata per mascherare ciò che passavo, ma quella mattina era vero. Fino a pochi secondi fa.
Come al solito, ero la mela marcia caduta da un albero in frutto.




Sono sempre io, e questa è la mia seconda storia e seconda OS. Le altre FanFiction sono in cantiere ma per il momento ho scritto solo questo! Il titolo viene dalla canzone 'Breathe Me' di Sia e come l'altra OS anche questa è strettamente personale infatti è una mia esperienza, ho cambiato solo i nomi. Spero di non aver fatto errori di grammatica! Grazie pr l'attenzione :D
Baci, deepfede.
   
 
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