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Autore: _BibiPower_    27/09/2012    9 recensioni
Come vi sentireste se scopriste di essere una delle mezzosangue più potenti? Questa è la sotria di Bianca, la ragazza che vi darà la risposta a questa domanda. Insieme ai suoi nuovi amici del campo, intraprenderà un viaggio pieno di insidie, ma che la porterà alla scoperta della verità, che si sa, a volte fa male...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“Il serpente, conoscendo sé stesso, colpisce all’improvviso.”

Correvo.

E correvo.

E correvo ancora.

Senza pensarci, le mie gambe avevano fatto retromarcia e si erano messe in moto quasi da sole, come se avessero vita propria. Forse era stato l'istinto, forse la paura. I discorsi di Nico , tutto quello che mi aveva rivelato e spiegato, era proprio ciò che non avrei mai voluto sentire. Prima mia nonna, e poi lui. Chi altro sarebbe venuto a ripetermelo? Mio padre? Mia madre? La mia prof di educazione fisica?

 Quelle domande mi vorticavano furiosamente in testa, gettandomi nella confusione più totale. Ma ce n'era una che mi assillava più delle altre. Che cosa c'entravano tutti quei discorsi con me?

Il misterioso ragazzo mi aveva riferito tutto per filo e per segno, certo. Ma non aveva fatto altro che alimentare il mio sgomento.

 

Io, una mezzosangue, figlia di un dio. Io, che dovevo recarmi a quel fantomatico campo, del quale io non sopportavo neanche il pensiero e che stava dall'altro capo del mondo. Nico Di Angelo ,anche lui un Mezzosangue, figlio di Ade, che io conoscevo come il tenebroso re degli Inferi.

 

Correvo talmente forte che il vento mi colpiva come uno schiaffo in faccia.  E senza neanche accorgermene, i lacrimoni avevano cominciato a scendere dai miei occhi, mi annacquavano la vista e mi inumidivano le guance. Piangevo, ma non emettevo alcun singhiozzo. Avevo il fiato corto, e la mia voce sembrava essersi bloccata in un nodo in fondo alla mia gola.

Ero fuggita in direzione del cuore del giardino,e avevo inconsciamente preso un sentiero in mezzo a un'immensa e oscura macchia verde e ora stavo sfrecciando tra stradine sterrate, delimitate da muschiose rocce.

 

 

 

Ero stanca. Stanca di tutto. E di tutti.

Per un istante avevo avuto la vaga speranza-una piccola, piccolissima luce si era illuminata nell’oscurità dei miei pensieri-che finalmente la mia vita sarebbe potuta cambiare, prendere una svolta decisiva. Ma mi sbagliavo.

Nico non era l’angelo venuto a salvarmi da Lei, quella maledetta misteriosa voce che continuava a tormentarmi.

Davvero non mi sapevo spiegare la sua origine, da dove venisse, e perché continuasse a darmi ordini. Molte volte, mi autoconvincevo che fosse una vera fortuna che non avesse preso anche il controllo della mia mente. Mi dicevo in continuazione che non ci sarebbe stato scampo, che era solo questione di tempo, e presto si sarebbe impadronita di me. E questo mi terrorizzava.

Poi, il pensiero che il ragazzo che avevo creduto il mio salvatore fosse in realtà un suo emissario mi era balzato senza preavviso in testa. E mi aveva fatto perdere il barlume della ragione, per quanto contorta potesse essere, e il minimo filo di autocontrollo che avevo cercato di mantenere fino a quel momento.

Perseguitavo a correre; le mia gambe stavano diventando pesanti come due blocchi di cemento. Non sapevo dove stessi andando, ma una cosa era certa: non avevo nessuna intenzione di fermarmi. O Nico mi avrebbe preso. Chissà, forse mi stava inseguendo e stava già meditando su come uccidermi.

Alla fine, mi resi conto che se non guardavo dove stessi andando, mi sarei persa e questo non mi avrebbe aiutato. Perciò rallentai un po' il passo , e cominciai a guardarmi furtivamente attorno. Stavo correndo in mezzo a un'immensa foresta di alberi talmente alti che sembravano sfiorare il cielo.

Mi asciugai le lacrime con la manica della mia felpa, cercando di calmarmi. Se prima la foresta era più fitta della mia capigliatura, in quel momento, mano a mano che avanzavo, si stava diradando, e anche abbastanza rapidamente. Mi voltai un secondo indietro, per assicurarmi che quel ragazzo non mi stesse inseguendo. Ma non c'era nessuno, oltre a me, e a quel fitto esercito di pioppi alti come giganti. Dovevo averlo seminato.

Continuai ad avanzare, ma avevo smesso di correre. Camminavo a passo svelto; non volevo assolutamente cedere alla stanchezza.

All’improvviso mi ritrovai su un ampio prato, talmente grande che era impossibile vederne i confini. Gli alberi si erano fatti sempre più rari, fino a scomparire del tutto. La selva era talmente scura e ombreggiata che fui quasi accecata dal sole ardente che splendeva in cielo, quando uscii allo scoperto. L’erba era completamente verde, salvo qualche macchia di erbacce di qua e di là. Le cicale cantavano come forsennate.

Accennai prudentemente a un passo. La radura era talmente enorme che mi metteva a disagio.

Sentii qualcuno urlare il mio nome a distanza. Sobbalzai, e mi misi nuovamente in marcia. Nico doveva essere venuto a cercarmi.

Mentre procedevo calpestando le margherite che si nascondevano tra quei ciuffi d’erba, ebbi una brutta sensazione. Le cicale avevano smesso di cantare, ed era calato un silenzio di tomba inquietante.

Il cuore si mise a battere violentemente contro le costole della mia gabbia toracica.

Perché diavolo hanno smesso di cantare?, pensai , in preda all’angoscia.

-Fermati-Una voce femminile e minacciosa rimbombò nella mia testa come un eco.

La Voce. Di nuovo lei.

Per tutta risposta, non le diedi ascolto e cominciai a correre sempre più velocemente, cercando di scrollarmi la paura di dosso. Scappavo. Stavo commettendo un’azione vigliacca. Stavo scappando dai miei problemi, come sempre. Ma sapevo che non potevo affrontare Lei.

-Ti…ordino…di fermarti!-La voce ringhiò adirata.

Una dolore lancinante mi pervase la mente. Mi piegai in due sull’erba, tenendomi la testa con le mani.

-Questo è l’ultimo avvertimento-parlò con fare autoritario-Mi obbedirai, che tu lo voglia o no. Verrai con me.-

-No!-Le risposi gridando-No! Lasciami in pace, vattene!-

-Oh, ho buoni mezzi per convincerti, mia cara.- La voce si lasciò sfuggire una risata diabolica.

Come alzai lo sguardo, rimasi paralizzata in ginocchio dall’orrore. 

Un gigantesco serpente, dotato di arti dagli artigli affilati come rasoi, strisciava verso di me , frustando l’aria con la lingua. La sua pelle era lucida ,di un color giallo paglia, tempestata da macchie marroni simili a pozzanghere di fango .I suoi occhi , gialli e dalla pupilla stretta come quella dei gatti, mi fissavano come se fossi un prelibatezza rara. -Lo sai chi è , vero, Bianca?- La voce rise ancora più forte nella mia testa, e io rabbrividii al sentirla pronunciare il mio nome.

-Dovrebbero avertelo insegnato, quegli sciocchi mortali dei tuoi maestri. Ebbene, lui è Pitone. Obbedisci ai miei ordini. Lascia perdere il figlio di Ade, dimentica quel dannato campo , vieni via con me, e avrai salva la vita.-

Il serpente mi soffiò contro, mostrandomi la lingua biforcuta e i canini micidiali.

-Dopotutto lui non vorrebbe farti del male. Pitone si ciba solo di piccoli animali.Ma non mi hai lasciato altra scelta.- Aveva lo stesso tono di chi aveva dovuto prendere decisioni drastiche.

Pitone…Pitone... Ma certo. Il serpente che fu ucciso da Apollo, guardiano dell’oracolo di Delfi!, rimuginai tra me e me. Com’era possibile?

-Ma non era morto?- gridai alla voce.

-Non hai idea di quanto io sia potente-Me la immaginai, con un ghigno stampato in faccia, mentre mi diceva quelle cose-Allora, cosa decidi? Vivere o morire?-

Deglutii, fissando Pitone che incombeva su di me. Forse, se avessi accettato, mi avrebbe risparmiato la vita. Magari non voleva neanche tanto da me. Considerai la possibilità di unirmi a lei. In fin dei conti, bastava obbedire ai suoi ordini, e mi avrebbe lasciata finalmente in pace. Aprii bocca per rispondere, ma mi bloccai di colpo. Chi mi avrebbe assicurato che non stesse dicendo bugie? E come se non bastasse, era lei la causa di tutto quello che andava storto nella mia vita. No, non lo avrei fatto.

Mi feci coraggio, e parlai chiaro.

-No.-

-Come?- domandò la voce brusca.

-Mi hai sentito. Non contare sulla mia collaborazione. Non verrò con te. Io.. andrò al campo con Nico! -

-Molto bene-la voce s’incupì, dopo un breve istante di silenzio-Allora morirai. Pitone è molto affamato. E tu sei il suo pranzo.-

Non aspettai un secondo di più. Mi alzai da terra e mi misi nuovamente a correre più veloce che potevo in direzione della foresta. Alle mia spalle, sentii Pitone lanciare un ruggito spaventoso e lanciarsi al mio inseguimento.

Il mio cuore batteva all’impazzata, e stavo mettendo a dura prova le mie forze di corridore. Ma per quanto le mie gambe potessero essere scattanti e veloci , sentivo l’enorme serpente starmi alle calcagna, tanto che potevo sentire il suo respiro fetido tra i miei capelli. La foresta si avvicinava sempre di più davanti a me, ma non ce la facevo più. La corsa precedente mi aveva tolto gran parte delle mie energie. I miei arti stavano cedendo. E io non potevo farci niente.

Di fatti, la mia corsa durò poco, pochissimo. Inciampai , molto probabilmente su una fenditura del terreno, e caddi a terra rovinosamente. Mi ritrovai distesa su quell’immenso e morbido tappeto verde .Era finita. E già quell’ enorme serpente mi era praticamente addosso, sibilando. Terribile. Mostruoso. Arretrai, facendo leva sui gomiti.

Avvertii la voce ridere soddisfatta nella mia testa. -Sei morta, stupida ragazzina. Questa è la giusta punizione per te, e per tutti coloro che sottovalutano il mio potere.-

Mi rannicchiai a terra e mi parai il volto con le braccia, attendendo la mia fine.

Beh, potevi fare di meglio, ma hai vissuto un vita niente male dopotutto, Bianca.

 

-Attacca!-

Chiusi gli occhi più forte che potei.

Ma non ero pronta a morire. Non ancora.

Un calore sconosciuto mi invase il corpo. E tutto cominciò a tremare. Proprio quando l’enorme rettile stava per divorarmi in un sol boccone ,la terra si spaccò in due e un’immensa voragine lo ingoiò nelle sue profondità. Il rettile tentò di aggrapparsi a una fenditura nel disperato tentativo di salvarsi, ma non riuscì a trattenere la presa e cadde, emettendo un lamento strozzato.

Tutto era accaduto in pochi secondi. E in pochi secondi ritornò il silenzio.

Le cicale avevano ripreso a cantare.

Restai lì, seduta sul prato, ancora tremolante e in preda a un sincero stupore. Non me l’aspettavo davvero. Con gli occhi fissi sulla voragine che io stessa avevo provocato, mi rialzai lentamente.

Sì, ero stata proprio io a provocarla. Ero consapevole di avere questi poteri strani. Lo scoprii il primo giorno che la voce mi parlò, e a mie spese.

E ancora una volta, non riuscii a soffocare quel ricordo che tanto mi faceva soffrire e che mi ostinavo , mi sforzavo di cancellare dalla mia memoria. Come un salvagente che avevo cercato molte volte di affondare.

La solita noiosa giornata di scuola. Un giorno come tutti gli altri. La sfuriata contro le angherie della mia professoressa di matematica, la sua voce che mi intima di sedermi e che mi minaccia con un’imminente nota sul registro. La rabbia che avevo covato dentro tutto quel tempo. Esplodo. Come una bomba.

Un boato, e la terra comincia a tremare. Tutto si muove. Gli armadi che cadono con un tonfo violento, i vetri che si spaccano, tutti i ragazzi che strillano dalla paura e l’insegnante che urla loro di ripararsi sotto i banchi. E Lei, la Voce, che mi incita a ribellarmi, a liberare i miei poteri in tutta la loro forza. A certo punto, cominciano a cadere pezzi di intonaco, e tutto diventa buio. Nubi di polvere, macerie. Le sirene delle ambulanze mi assordano le orecchie. I pianti, i singhiozzi della gente mi affollano la mente. Poi, qualcuno che mi mette una mano su una spalla e che mi stende su un lettino, mentre un odore acre di sangue e anestetici mi riempie le narici.

Qualcuno chiamò il mio nome a gran voce, e mi accorsi di essere seduta sull’erba, sotto chock. L’eco del mio nome si fece sempre più vicino, perciò mi sforzai di ricacciare indietro le copiose lacrime che solitamente accompagnavano la rievocazione di quel brutto ricordo.

-…Bianca, stai bene?- Una voce maschile giunse alla mia spalle. Nico.

Mi voltai, impassibile.

Lui si avvicinò cauto, visibilmente preoccupato. –Tutto okay?-

-Sì, sto bene , grazie.- mormorai, pulendomi i pantaloni dai fili d’erba.

Mi osservò compiere quel gesto, e sospirò, sollevato. –Meno male.-

Continuai a ripulirmi dalla terra, senza rispondergli.

-Non sai quanto mi hai fatto spaventare. Ti ho sentita urlare dal bosco. Che è successo?-

A quelle parole mi bloccai, e alzai lo sguardo verso di lui.

-Le-Lei…Mi ha attaccato.- Balbettai.

-Lei chi?-

-La Voce.- Tremavo come una foglia.

Nico alzò un sopracciglio, inizialmente confuso, ma poi annuì. Che avesse capito…?

-Mi ha mandato…Mi ha aizzato contro Pitone. Mi ha minacciato dicendo che se non fossi andata da lei mi avrebbe fatto mangiare. E poi…- continuai, ma mi interruppi.

Il ragazzo mi sostenne con un’occhiata rassicurante, invitandomi a continuare.

-E poi…Io…-

-Fa’ nulla, Bianca. Mi racconterai più tardi, quando sarai più tranquilla.- Mi appoggiò una mano su una spalla.

-Io…Io l’ho ammazzato.-

Assunse un’ espressione incredula. –Come sarebbe….ammazzato? Ma …- La voce gli morì in gola. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Me ne accorsi perché i suoi occhi guardavano oltre le mie spalle e aveva schiuso le labbra, stupito.

 

-Per Zeus…- Sussurrò.

Mi voltai meccanicamente  in direzione del suo sguardo. L’enorme voragine che avevo provocato poco prima c’era ancora. Ma solo allora mi accorsi di quanto era ampia.

 

Si accostò ad essa, cercando di intravederne il fondo, sporgendosi lievemente: le tenebre più oscure vi regnavano indisturbate.

-Accidenti!-imprecò, e calciò un sassolino nel vuoto, con l’intenzione di misurarne la profondità. Passarono almeno dieci secondi, prima che il rumore del sassolino che toccava terra arrivasse alle nostre orecchie.

Si allontanò, ancora più sorpreso di prima, e si parò davanti a me, con l’angoscia impressa sul volto.

-Sei stata tu?-

Deglutii. –Sì. Ma io non volevo…Non l’ho fatto apposta! Ero terrorizzata e tutto ha cominciato a muoversi senza che io lo volessi…-

Mi ammonì, scuotendo la testa.

-Ho fatto un danno…Mi dispiace. Ti avrò messo nei guai. Scusami.- Abbassai lo sguardo, avvilita.

Nico mi prese per le spalle con una stretta decisa, costringendomi a guardarlo nelle pupille degli occhi. Sentii le guance avvampare. Non ero abituata al contatto fisico con un ragazzo. Ma mi disillusi: magari stava solo per rimproverarmi. E come biasimarlo.

-Wow.. Non ho mai visto una cosa del genere in vita mia-La sua voce aveva un che di euforico.

Lo fissai, interrogativa.

-Seriamente. Non ti devi scusare.-

-Ma ho fatto un danno…E se qualcuno ci ha visti?-

-Ne dubito. Non ho visto nessun altro qui. Ascoltami bene. Non è colpa tua di ciò che hai fatto. Ti sei solo difesa. Si chiama “istinto di sopravvivenza”. Le persone normali scappano, noi Mezzosangue reagiamo così. Non c’è assolutamente niente di male.-

-Io una Mezzosangue? Ma perché…-

-Fidati, lo sei. Hai dei poteri, e non è una cosa comune. Tu…Tu sei potente, Bianca.-

Restai in silenzio, imbambolata.

-Devi venire con me-disse-Al Campo Mezzosangue.-

-Ma io ho paura. Non voglio andarci.- Mi impuntai.

-Non devi aver paura. Nessuno ti farà del male.-

-Ma perché devo andarci per forza?- La mia voce era diventata quasi isterica.

-Nessuno ti costringerà, ma ti prego di rifletterci molto bene. Ti insegneranno a controllare i tuoi poteri, e poi ci sono tanti altri ragazzi, proprio come me e te.-

Mi tranquillizzai a quella affermazione.

-Come noi?-

-Sì. Proprio come noi.-

Un breve momento di silenzio cadde su di noi per l’ennesima volta. Tutto il mondo sembrava aspettare la mia decisione finale.

-Vengo-Buttai lì.

Nico  incurvò le labbra, compiaciuto. Ricambiai, cercando di non rendere il mio sorriso troppo forzato.

-Sarà meglio andarcene, prima che qualcuno ci trovi qui.- Si guardò attorno sospettoso-Intanto ritorniamo alla tua scuola, poi mi racconterai meglio che cosa ti è successo.- Anuii con il capo, e ci avviammo verso il sentiero di ritorno.

Mentre procedevamo tra le rocce muschiose, lo osservai di sottecchi: era pensieroso. Stava rimuginando su qualcosa; forse su ciò che gli avevo raccontato.

-Nico?-

-Sì?- rispose al mio richiamo.

-Non ti ha mandato qualcuno ad uccidermi, vero?-

Scoppiò a ridere. –Suppongo di no!-

Mi girai dalla altra parte, cercando inutilmente di non mettermi a ridere assieme a lui.

 

 

 

"Dimenticatoio di quella squilibrata che sarebbe l'autrice"

 Salve a tutti! Scusatemi per l' enorme stra-mega-ritardo con cui ho pubblicato il capitolo, ma ultimamente in questi mesi ho un sacco da fare! Spero che il capitolo vi aggrada lo stesso! :D
Dunque, avete capito chi il genitore di Bianca, mh? E poi,uuuh.... Abbiamo anche una piccola anticipazione sul fantomatico ricordo di Bianca, il motivo per il quale si considera un'assassina. Sapremo mai la verità? Leggere per credere!xD
Vorrei riservare un ringraziamento speciale alla mia amica _Mistral_ ,che mi ha dato un prezioso aiuto, tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite o tra le seguite, e a coloro che semplicemente la leggono!!! ^^
Alla prossima!! (Sperando di pubblicare il più presto possibile il nuovo capitolo!)
Baci-Baci,

_BibiPower_

  
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