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Autore: __Sabotage    27/09/2012    4 recensioni
Quinn, Santana, Brittany, Puck, Finn e Sam vivono sotto lo stesso tetto e sono diventati un gruppo affiatato e inseparabile. Tra occasioni perse, amori segreti, gelosie ben celate e fantasmi del passato che ritornano, ne vedremo delle belle.
FutureFic!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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QUINN.
Dal fatidico giorno al teatro, Quinn e Puck avevano deciso di ignorarsi. Nessuno dei due aveva mai trovato il coraggio di esporsi all’altro, anche perché, in amore come in guerra, chi mostrava le proprie debolezze al nemico, era finito. E così, era finita anche la loro tradizione del caffè del pomeriggio. Quinn però, per quel giorno non voleva rinunciarci, così si preparò e si diresse al solito Starbucks, vicino a casa.
Sembrava quasi che si fossero letti nel pensiero perché, seduto ad un tavolo a sorseggiare in solitudine il suo caffè, c’era il ragazzo con la cresta. I loro sguardi si incrociarono, e scatenarono una tempesta nel cuore di entrambi. Titubante, la bionda si avvicinò. Non poteva scappare, non poteva fare finta di niente, non dopo che gli sguardi che in apparenza non significavano niente, le avevano scatenato un uragano nel petto.
– Ehi. – disse la bionda, con un tono di voce quasi impercettibile.
– Ehi Q. – Era imbarazzante per Puckerman sentirsi così. Sentirsi innamorato, legato, incatenato ad un’altra persona.
– Posso sedermi? – Era assurda, quella formalità che c’era tra loro, ma era, al momento, l’unico modo che conoscevano per non sbranarsi.
– Certo. – annuì monocorde, cercando di evitare il contatto visivo con quegli occhi, color dell’oceano, che lo turbavano tanto.
– E’… assurdo. Ci comportiamo come se fossimo due estranei. – Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante, Quinn sbottò e non riuscì a trattenere le sue impressioni sui loro rispettivi comportamenti.
– E’ assurdo come il proprio benessere possa dipendere da un’altra persona. – Puck si ritrovò a pensare ad alta voce, si sentiva scoppiare dentro una serie di sentimenti contrastanti ed era davvero difficile scegliere che via prendere.
– Non voglio che finisca così tra noi, ti prego. – Quinn sollevò lo sguardo verso l’alto perché si sentiva le lacrime agli occhi e sussurrò la sua frase, come se fosse davvero una preghiera.
Possiamo riprovare ad essere amici. – tentò Puck, anche se sapeva che in quel modo, probabilmente sarebbe stato peggio.
– Non credo sarebbe una cosa sincera. Io… – Non riusciva ancora a dirlo, dannazione.
– Non siamo mai stati davvero sinceri. E non abbiamo più molto da dirci. – convenne il ragazzo, anche se si sentiva come in un’esperienza extracorporea. Come se fosse qualcun altro a dire quelle parole.
Ti amo. Non riesco ad andare avanti con la mia vita, senza te. Mi mancano tutte le nostre piccole tradizioni, le prese in giro, i sorrisi. Mi sento come se mi avessero strappato il cuore.” Pensò Quinn, eccome se ne aveva di cose da dire a Puck, però non si sa per quale ragione, le morirono in gola.
– Sono spaventata come te, Puck. – Spaventata da quel sentimento che, la stava divorando.
– Non sono spaventato, sto solo cercando di accettare la realtà. Tu e Mike. – Si portò il caffè alla bocca, nonostante l’avesse finito, come distrazione da quella situazione surreale.
– Credi che se volessi stare con Mike starei qui con lo stomaco in subbuglio? – chiese la bionda, con una punta di esasperazione nella sua voce.
– La verità è che, non lo dimenticherai mai. – annunciò il ragazzo, osservando i diversi colori delle piastrelle che costituivano il pavimento di Starbucks.
Hai davvero poca fiducia in me. Non è colpa mia se per due anni hai sofferto, tenendo nascosti i tuoi sentimenti. Io non lo immaginavo proprio che per te fosse più di un’amicizia! – esclamò Quinn, sbarrando gli occhi.
– Proprio perché non volevo rovinarla l’amicizia, come abbiamo fatto adesso! – ribatté, sbattendo il bicchiere del caffè sul tavolo. – Non volevo rischiare di sentirmi una merda, se tu mi avessi rifiutato, ma è ironico perché è proprio come mi sento adesso. – Il ragazzo fece una risatina amara.
– Oddio, sei tu che mi stai respingendo in tutti i modi possibili! Ti stai logorando con questa storia di me e Mike, quando in realtà non c’è nessuna storia, è stato lui a fare tutto, su quel palco. – Quinn era esasperata, non sapeva davvero più cosa dire per convincere Puck.
– Amici, ok? – ripeté il ragazzo, guardando Quinn, come se non avesse ascoltato una parola di quello che aveva appena detto. Puck era sempre stato il classico duro, il bullo della situazione, quello che non aveva paura di niente. Ed era davvero buffo che ora era terrorizzato della sofferenza che avrebbe comportato innamorarsi di Quinn. Meglio fingere che non era vero, meglio nascondere i problemi sotto al cuscino, era più facile.
Alla domanda di Puck, la bionda rimase molto delusa. Non voleva un’amicizia, non voleva far finta di volergli bene come ad un fratello, voleva imparare ad amarlo. Però quasi mai la vita le forniva quello che voleva, così accettò il compromesso, anche perché meglio riempire quel vuoto con una finta amicizia che con una vera assenza.
Amici. – annuì, sforzando un sorriso, prontamente ricambiato dal ragazzo con la cresta.
 
SAM.
Dopo alcuni giorni i medici avevano dimesso Sam e così era tornato a casa, con il braccio ingessato. Alcuni movimenti gli erano difficili da compiere con un braccio solo, quindi i ragazzi avevano deciso di mangiare tutti insieme, in modo da permettere a Sam di riprendere confidenza con loro. Due settimane dopo, tolse il gesso, ma continuarono a pranzare insieme. Pian piano si abituò alle prese in giro di Santana e riprese a riderci sopra, alla fine il dottore aveva detto che dovevano comportarsi normalmente per favorire il riacquisto della memoria.
Si abituò ad avere costantemente Brittany intorno, anche se non fu poi un grande sforzo. Si abituò a chiamare casa il proprio appartamento e a considerare amici il gruppo dei ragazzi. Il problema era che anche Brittany si stava abituando a considerare di nuovo Sam come il suo fidanzato. Non era più tornata dai suoi compagni di ballo, non voleva lasciare Sam, ma si era ripromessa che sarebbe ritornata ai suoi doveri quando il ragazzo sarebbe stato meglio.
 
– Ti dispiace accompagnarmi un attimo a casa? Devo prendere la borsa e poi possiamo andare! – chiese la bionda, sorridendo al suo vicino di tavolo. Avevano deciso di andare a farsi un giro al parco, data la bella giornata. A Brittany mancava molto l’aria di Lima e lo stesso valeva per Sam, anche per lui era come un grande ritorno nella sua città.
– Certo! – Si alzò dal tavolo, salutò i suoi amici e poi si affiancò alla ragazza durante il tragitto in corridoio. – Mi piace l’aria di ottobre, perché ti sorprende. Spesso il cielo è grigio, ma quando ci sono quei vari momenti di sole, ti rendi conto di quanto sia bello avere una giornata perfetta. – Britt si aprì in un sorriso radioso a sentire le parole di Sam, perché la riportarono indietro all’anno scorso, quando le aveva confidato una cosa simile.
– Lo so, me l’hai detto l’anno scorso. – Si scostò una ciocca, ridacchiando.
– Oh. – Sam rimase un attimo interdetto, non era una cosa che si era ricordato, solo gli era venuto spontaneo dirlo. – Io…non me la ricordo. Ma credo sia un buon segno, no?
Già il fatto che sei vivo, è un buon segno. – Britt sorrise ed estrasse le chiavi dalla borsa, per poi entrare nell’appartamento.
– Già. – Sam ridacchiò e si grattò la nuca, cercando di catturare tutti i particolari possibili di casa Pierce. – E così tu vivi qui… – Si maledisse subito dopo per la frase stupida appena pronunciata.
– Già, sai com’è, io non vado ad aprire appartamenti a caso. – rispose la bionda ridacchiando, prendendolo in giro.
– Allora, continuerai in eterno a prendermi in giro?! – domandò in maniera retorica, fingendosi offeso.
– Come sei perspicace! – lo punzecchiò un’ultima volta. – Torno subito! – esclamò, prima di scomparire nella sua stanza.
Il biondo si aggirò per il salotto e si fermò ad osservare una pila di cd impilati su un comodino. Ne prese in mano uno dei “The Maine”, adorava quel gruppo e si divertiva spesso a cantare le loro canzoni.
Brittany fece capolino dal corridoio e si affiancò a lui, sorridendo. – Me l’hai regalato tu, per il mio compleanno.
Sam fece un balzo indietro, era talmente immerso nei suoi pensieri che nemmeno si era accorto di essere stato raggiunto dalla bionda. – Scusa, non volevo spaventarti. – disse ridendo.
– Oh no, non mi hai spaventato! – ribatté, con finto tono da sbruffone. – Davvero, te l’ho regalato io? Quindi ti piacciono i “The Maine”? Io li adoro! – esclamò entusiasta, bombardando la ragazza di domande.
– Lo so, a furia di sentirtene parlare, li hai fatti apprezzare anche a me! Avevamo pianificato di andare ad un loro concerto, però poi… – Brittany lasciò cadere la frase, perché davvero, non voleva rovinare quel momento che si era creato.
– Andremo ad un loro concerto, parola di lupetto. – affermò Sam, alzando le due dita per imitare il simbolo.
– Andiamo, lupetto. – fece Brittany ridendo, dirigendosi verso l’uscio.
 
– Mi sono mancate le crepes di Lima! Sono davvero ottime, mai mangiato nulla di più buono! O forse sì, ma al momento non mi viene in mente niente. – esclamò la bionda, mentre mangiava soddisfatta la sua crepe. Avevano trovato un bel chioschetto al parco ed ora stavano camminando, praticamente in tondo.
– Oh, lo vedo. – ribatté ridacchiando, osservando le labbra ciccolatose della ragazza.
– Perché… Oddio, mi sono sporcata? – Britt inizialmente non capiva, poi si ricordò che non era molto “civile” quando mangiava qualcosa che le piaceva, soprattutto se era al cioccolato.
Nooo. – esclamò sarcastico, dando un morso alla sua crepe.
– Non è vero! Dammi un fazzoletto! – Rise, cercando di pulirsi con le dita.
– Ecco. – Gliene porse uno, ancora ridacchiando. – Sai che stiamo girando in tondo?
– E’ divertente! – esclamò la bionda, iniziando a saltellare in giro per il parco. Sam iniziò a ridere, non perché si prendeva gioco di lei, ma per il suo spirito libero ed allegro. Cambiò espressione quando sentì una goccia sul viso, poi due, tre, e dopo perse il conto.
– Ok, credo che qualcuno sia contrario al tuo divertimento. – esclamò ridendo, indicando il cielo e tirandosi su il cappuccio della felpa, dato che aveva iniziato a piovere per bene.
– Hai mai ballato sotto la pioggia? – chiese Brittany, incappucciandosi anch’essa.
– No, non è mai stato nella lista delle mie priorità. – Disse ridendo. – Vuoi ballare sotto la pioggia?
– Non è nelle tue priorità, e ci prenderemmo una bell’influenza. – esclamò, fissando Sam negli occhi.
– Non ho detto che non lo farei però, balla con me, Britt. – Le porse la mano.
– Non devi assecondarmi Sam, conosco le condizioni della tua memoria. – Affermò seria, senza prendere la mano del ragazzo.
– Non ti sto assecondando, vorrei ballare sotto la pioggia, ma stare qui a fare niente, credo davvero che sia controproducente.
Tu non mi conosci, Sam. – Faceva male dire quelle cose, ma Brittany voleva mantenere il più possibile i piedi per terra.
– Tu conosci me però, non mi piace fare le cose tanto per fare, per assecondare la gente. Lo sai che penso con la mia testa, o sono forse cambiato in questi tre anni? – chiese, mentre la pioggia scrosciava furiosamente sulle loro teste.
– N-no, non sei cambiato. – Mormorò esitante, così tanto che si domandò se Sam avesse sentito.
Allora balla con me. – Asserì serio, per poi stringere la delicata e soprattutto ghiacciata mano della ragazza. Appoggiò l’altra mano sul fianco della ragazza per poi improvvisare qualche passo incerto, seguendo il ritmo formato dal rumore incessante della pioggia e dei loro battiti accelerati. Si specchiavano, per quanto possibile, negli occhi dell’altro, senza dire niente. Ed era il silenzio meno imbarazzante che avessero mai avuto nella loro vita.
 
–––
 
Era ormai routine che Finn andasse a bussare alla porta della latina, per poi poter raggiungere gli altri ragazzi insieme.
– Hey bellezza. – Le diede un bacio sulle labbra quando Santana gli andò ad aprire.
– Cos’è quel bacio da verginello, Finn? Fate pure come se non ci fossi! – esclamò Sebastian, mentre era intento a guardare la partita dal divano.
La latina si voltò, parecchio infastidita, intenta a fulminare il suo ospite. – Guardati un porno, Sebastian. – esclamò acida.
Il ragazzo si fece una risatina, poi salutò il gigante – Hey amico. – Gli diede il cinque, che prontamente Finn ricambiò, sotto lo sguardo scioccato di Santana.
– No, un attimo… Cosa c’è tra voi? – Le sembrava davvero tutto surreale, Sebastian a casa sua, Finn che non le aveva detto niente, anzi ci socializzava con tranquillità. Alzò un sopracciglio, parecchio scossa dalla situazione.
Siamo amici, non siamo mica sposati! – affermò Sebastian ridacchiando, lanciando uno sguardo eloquente alla latina, la quale per tutta risposta, gli lanciò un’altra fulminata.
– Sì, Seb è divertente! – esclamò gioioso Finn, mentre il suo ospite se la rideva di nascosto. Ora lo chiamava Seb? Era più grave del previsto. – Probabilmente avrai già altri impegni, però noi ogni sera ci ritroviamo a casa di Puck, se vuoi farti una birra con noi! – propose il gigante, mentre la latina scuoteva ripetutamente la testa.
Sebastian è sempre pieno di impegni. – esclamò di getto la latina, non dando tempo al ragazzo di rispondere.
– In realtà, una birra tra amici, me la farei. – ribatté, guardando la latina in modo ammiccante, che ricambiò lo sguardo, schifata.
– Bene, allora andiamo! – fece pimpante, precedendo i due e aspettandoli in corridoio.
– Hai visto mogliettina, Seb è divertente. – Il ragazzo col ciuffo ribelle si avvicinò pericolosamente al suo orecchio per sussurrarle quelle parole, poi si allontanò con una risatina, raggiungendo il suo nuovo amico.
 
Lo strano trio giunse da Puck e quando Brittany notò il californiano che faceva da terzo incomodo strattonò Santana per un braccio e la prese da parte.
– Mi puoi spiegare che diavolo ci fa Sebastian qui? – le chiese a bassa voce, fissandola con i suoi occhi blu enormi. Brittany conosceva tutta la storia, anzi l’aveva anche vissuta, dato che c’era anche lei a quella vacanza, quello che non riusciva a spiegarsi era perché l’aveva portato alla loro serata, insieme a Finn.
– E’ stato Finn ad invitarlo, non so per quale scherzo divino siano diventati amici! – sibilò esasperata, osservando di sottecchi i due che si scambiavano battutine e Sebastian che si presentava agli altri ragazzi.
Che cosa?! – domandò la bionda sconcertata, alzando il tono di voce, anche se nessuno ne fece caso. – Per quanto ancora deve rimanere da te?
– Fino a quando non avrà soldi sufficienti per trovarsi un posto dove stare, ma te l’ho detto, devo tenermelo buono per via dei contatti con Peter Jackson. – spiegò Santana, passandosi una mano sulla fronte.
Ce la faresti anche senza di lui. – asserì seria, sorridendo alla latina. – Comunque tienilo d’occhio, prima che ti faccia qualche brutto scherzo. – la ammonì, per poi ritornare dagli altri.
 
– Allora, Sebastian, come vi siete conosciuti tu e Santana? – I suoi amici avevano deciso che era la sera “tortura di domande il ragazzo di cui non dovreste sapere niente” e Santana voleva morire. Aveva paura che Sebastian raccontasse del loro matrimonio lampo, o di qualche aneddoto strano. In pratica, le tremavano le ginocchia ogni volta che il ragazzo apriva bocca e non in senso buono.
– Las Vegas, eravamo in vacanza. Non smetterò mai di ringraziarla per essermi ancora amica e avermi aiutato , mentre altri “amici” che vedevo tutti i giorni, non mi hanno degnato di uno sguardo. – affermò, regalando alla latina uno sguardo riconoscente. Mentiva, Santana lo sapeva. Stava facendo il lecchino con i suoi amici, Sebastian non era un tipo gentile. La serata trascorse così, con il ragazzo dal ciuffo ribelle che raccontava i suoi aneddoti di quando viveva in California e di come Santana fosse l’unica vera amica su cui potesse contare. Tutti ridevano e si scioglievano al tempo stesso, mentre la latina era schifata. E confusa. Perché ogni volta che Sebastian le rivolgeva un complimento, Finn invece di ingelosirsi o fare qualche scenata che si era immaginata nella sua mente, le carezzava il braccio e le dava un bacino sulla tempia. Come se fosse orgoglioso di lei. Come se fosse orgoglioso del fatto che aveva fatto entrare Sebastian nella sua vita, senza un motivo preciso. Ma Finn non sapeva tutta la verità, si ricordò, anche se forse non avrebbe fatto più differenza.
Ritornò a casa, stravolta. Stanca per tutti i pensieri che avevano percorso più volte la sua mente. Gettò la borsa sul letto e fece una tappa in cucina per prendersi un bicchier d’acqua, cercando di calmare per un momento quel mal di testa lancinante che la stava torturando.
– Simpatici i tuoi amici. – commentò Sebastian seduto sul divano, intento a togliersi le scarpe. Per sfortuna della latina, il cucinino era compreso nel salotto, quindi dovette sopportare Sebastian ancora per un po’.
– A che gioco stai giocando, Sebastian? Perché fai il gentile con i miei amici, con il mio ragazzo? Dio, sei diventato il migliore amico del mio ragazzo! – esclamò, facendo una risatina ironica, senza riuscire a trattenere lo stupore.
– Credi davvero che sia amico di quel bambolotto alto due metri? – domandò retoricamente, ridacchiando e sollevando un sopracciglio nel contempo.
– Finn è una brava persona, non si merita i tuoi giochetti da egoista. – affermò Santana, fissando il ragazzo negli occhi.
– Da quando ti piacciono le brave persone, San? – domandò, assumendo un’espressione pensierosa.
– Da quando le cattive persone si riducono a non aver un tetto sopra la testa, come te.  – sentenziò acida, piegando la testa.
Touché. Però siamo più simili di quando pensi, ti stancherai delle brave persone, sono noiose. E in men che non si dica, ti ritroverai ad avere un fidanzato che ti annoierà e a doverlo tradire ogni notte, per riempire quella noia che ti si accumulerà dentro. – Non lo sapeva Sebastian, perché si preoccupava per lei. Non era cattiveria, era solo che non la vedeva per niente bene insieme a quel gigante e sentiva il bisogno di parlarne con lei.
Vaffanculo, Sebastian. – Santana si sentì davvero colpita nel profondo da quelle parole e sputò la sua imprecazione con pura rabbia, tanto che il ragazzo la sentì sulla propria pelle e cambiò espressione.
– Ehi, stavo scherzando… – Il ragazzo tentò di giustificarsi, smorzando il tono della voce.
– Fanculo. – Gli lanciò un’ultima occhiata gelida, per poi allontanarsi e dirigersi in camera.
– Buona notte! – Cercò di sdrammatizzare, ma la latina se n’era già andata.
Fottiti. – Disse Santana, prima di sbattere violentemente la porta, dietro di lei. Si buttò sul letto e affondò la testa nel cuscino, cercando di far uscire il più possibile le parole di Sebastian dalla sua mente.

Angolo autrice. <3
Alloooora, è passato tipo un millennio dal capitolo scorso, ma tra la scuola e tutto non ho avuto modo di scrivere prima D: e poi questo capitolo era interminabile, sono esattamente 3.002 parole! Ho raggiunto il mio record, siate fieri di me :')
Bando alle ciance, finalmente rivediamo i nostri Quick vjdfkdkf e mi è pianto il cuore a vederli tutti heartbroken ç_ç Dite che ce la faranno ad essere amici?
Niente, io con i Bram mi sciolgo sempre e Bram+pioggia= OTP, quindi niente, me lo dico da sola, ma comunque! Cosa ne pensate? Riusciranno a ricostruire il loro rapporto, nonostante la memoria vacillante di Sam?
Last but not least, una conclusione di capitolo tutta dedicata allo strano trio Finn+Santana+Sebastian! Santana riuscirà mai a liberarsi di lui? O ad andarci d'accordo? E perché quei due gnocconi sono diventati amici?
Tutto questo lo scoprirete nella prossima puntata..ehm capitolo!
Ringrazio la mia bollicina bellissima, damnhudson, per essere diventata la mia beta, così rischio di fare meno errori. Ringrazio come al solito tutti i miei lettori, avete un pezzetto di me.
Un bacio, __Sabotage.
   
 
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