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Autore: Bluemoon Desire    28/09/2012    5 recensioni
Un duplice omicidio apparentemente casuale che nasconde una verità raccapricciante...su questo sfondo si muovono i personaggi di questa storia, tra sentimenti nascosti, mezze verità ed enigmi insoluti...mentre il destino attende il momento giusto per scagliare la sua mossa!
Genere: Commedia, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Settimo
                   

                                           Please, don't go



Brooklyn Heights

New York 1.15 a.m.
 

L’automobile di Beckett imboccò il viale principale, parcheggiando a ridosso del marciapiede, proprio dietro l’auto di servizio di Esposito.

L’intero quartiere era praticamente immerso nell’oscurità e nel silenzio.                                  

Nessun lampione, insegna a neon o luce artificiale d’altro genere.                                                            

La pallida e fioca luce della luna si scorgeva a malapena, stagliata in quel cielo plumbeo e carico di nuvoloni grigi, mentre una leggera

coltre di nebbia che aleggiava indisturbata nell’aria.

Sembrava quasi lo scenario di un horror.

A Castle ricordò un po’ l’ambientazione del film “Amityville”.

“Proprio un bel quartierino” osservò sarcastico, scendendo dal veicolo.

Esposito e Ryan si affrettarono subito verso di loro.

“I nostro cervelloni informatici sono risaliti a questo indirizzo grazie al GPS del cellulare di Daniels” spiegò Ryan a Beckett e Castle “Non

sappiamo esattamente dove si trovi, perché il segnale era piuttosto debole … intermittente …”

“Magari si trova in una zona sotterranea, come un garage o un magazzino …” suggerì Castle “… lì il segnale non sempre si mantiene

costante … “gli altri gli rivolsero un’occhiata perplessa” … o almeno così fanno vedere nei film, non è che lo abbia mai constatato di

persona ! ” si affrettò ad aggiungere, con un’alzata di spalle.

“Possibile” confermò Ryan.

“Tu ed Esposito potete controllare i piani della palazzina e vedere se è nascosto da qualche parte” intervenne Beckett, sistemandosi la

pistola sul fianco “Io e Castle pensiamo ad ispezionare i sotterranei …”

Il volto di Castle si illuminò di colpo.

“Finalmente avrò anche io una pistola?” esclamò con tono eccitato.

“Certo come no” ribatté Beckett con un sorrisetto beffardo “Nei tuoi sogni …”

Imbronciato e visibilmente deluso, Castle afferrò al volo dal sedile posteriore il suo fedele giubbotto antiproiettile personalizzato e si

avviò con passo concitato verso il palazzo, seguendo fedelmente la scia della detective. Ryan ed Esposito, invece, come suggerito da

Beckett, si diressero rapidamente verso la scala anti incendio collocata su un lato dell’edificio.

Salirono ad uno ad uno tutti i gradini fino a raggiungere il primo piano della palazzina.

Si spinsero all’interno sfruttando la porta d’emergenza.

C’era talmente tanto silenzio in giro, che nelle loro teste cominciò ad emergere il dubbio che potesse trattarsi di un edificio abbandonato

da tempo.

Dieci minuti più tardi, raggiunsero il terzo piano.

Stavano perlustrando con cautela il corridoio, quando sentirono dei rumori provenire dall’interno di uno degli appartamenti.

Il 16 B.

Esposito si piazzò su un lato dell’uscio.

“POLIZIA, APRA LA PORTA!” urlò.

Nessuna risposta.

Provò ancora.

“APRA LA PORTA O SAREMO COSTRETTI A BUTTARLA GIU’!”

Si concesse qualche secondo d’attesa poi, dopo aver fatto cenno a Ryan di coprirgli le spalle, si piazzò davanti all’uscio e colpì con un

calcio violento la porta di legno, che crollò sul pavimento con un fragore sordo.

Con la massima cautela, entrarono.

Le finestre della sala da pranzo erano completamente spalancate, ma Daniels non poteva essere saltato giù da lì, non da quell’altezza

e non senza scala anti incendio. A meno che, ovviamente, non avesse intenzione di finire all’ospedale con qualche decina di ossa rotte

e un bel trauma cranico.

“Sembra proprio che qualcuno stesse per gustarsi la cena” osservò Ryan, sfiorando un piatto di minestra appoggiato sul tavolo “E’

ancora caldo ...”

“Se è così, non può essere andato lontano” fece Esposito sottovoce.

Stavano ancora ispezionando l’appartamento, quando il cercapersone di Esposito trillò.

Beckett gli aveva appena inviato un messaggio: IL TOPO E’ NELLA FOGNA.

A qualche piano di distanza, giù nel seminterrato della palazzina, Castle e Beckett erano appostati fuori dall’ingresso di un magazzino,

in attesa dei rinforzi per poter intervenire.                                         

Stavano pattugliando i sotterranei, quando Castle aveva sentito un vociare sommesso provenire proprio da quel magazzino.                                                                                          

La porta era socchiusa e si potevano distinguere distintamente due voci maschili.                                   

Una delle due sembrava piuttosto alterata.

Probabilmente fu proprio il tono ad allarmare Beckett.

“Ryan ed Esposito saranno qui a momenti, ormai” sussurrò Beckett a Castle.

Quest’ultimo intuì al volo ciò che le stava passando per la testa.

“No, Kate, non se ne parla … è pericoloso” obiettò con decisione.

“Shh” fece lei, appoggiandogli un dito sulle labbra “Ascolta, devo solo cercare di distrarre Daniels fino al loro arrivo… niente di

complicato …”

“Ma…”

“Castle, andrà tutto bene … tu rimani qui fuori, ok?”

E senza aggiungere altro, Beckett spalancò con una spallata l’uscio del magazzino ed entrò.

La stanza era immersa nell’oscurità.

Cercò con la mano l’interruttore della luce e lo premette.

La luce non si accese.

Avanzò a passo di formica, la pistola ben serrata tra le dita e lo sguardo che scrutava impaziente nel buio.

“Ci siamo, Becks …”

Sentì la voce di Esposito bisbigliare alle sue spalle.

Tirò un sospiro di sollievo e procedette.

Avevano quasi raggiunto il centro della stanza, quando Beckett la vide.

Una massiccia sagoma che si divincolava sul pavimento, a pochi metri dai loro piedi.

Si bloccò di colpo.

“C’è qualcuno laggiù, non riesco a vedere senza un po’ di luce” sussurrò ai colleghi.

Ryan ed Esposito la affiancarono, impugnando entrambi una torcia elettrica.

Mossero qualche passo, cercando di mantenere una minima distanza di sicurezza.

Daniels poteva anche essere potenzialmente innocuo ma aveva comunque abbastanza fegato da uccidere qualcuno.

E l’aveva già ampiamente dimostrato.

“Martin Daniels?” chiese Ryan ad alta voce.

Un gemito soffocato bastò a suggerirgli la risposta.

“Signor Cooper?” fece, avvicinandosi di più.

Con gli occhi ormai quasi del tutto abituati al buio, riuscì ad intravederlo.

Era legato mani e piedi con una corda piuttosto spessa e una striscia di nastro adesivo tirata sulla bocca gli impediva di parlare.

Esposito si protese verso di lui e delicatamente gliela tirò via.

“Tutto bene?” gli domandò.   

L’uomo asserì.

In quel preciso istante, qualcosa attorno a loro provocò uno spostamento d’aria talmente violento da far quasi barcollare Beckett sul

posto. Il repentino rimestìo di passi che seguì, suggerì all’istante una fuga ben congegnata del loro sospettato.

Doveva essere rimasto nascosto lì nel buio, in attesa di potersela svignare in tutta tranquillità.

“Ryan resta con Cooper, Esposito vieni con me! “ esclamò Beckett, precipitandosi fuori dal magazzino per rincorrere Daniels.

Esposito la seguì a ruota.

Castle, che aveva seguito l’intera vicenda nascosto dietro un mucchio di scatole, in un angolo del sotterraneo, riemerse lentamente.

Cercando di rialzarsi in piedi, per poco non inciampò nel suo stesso giubbotto anti – proiettile, appoggiato ai suoi piedi.

Tra pattugliamenti ed inseguimenti vari aveva dimenticato di indossarlo.

Fortuna che Beckett non si trovava nei paraggi, altrimenti glielo avrebbe fatto ingoiare a forza.

Lo afferrò con una mano e lo sollevò dal pavimento.

Si stava preparando ad indossarlo, quando udì un rumore alle sue spalle.

Il click inconfondibile di una pistola che viene caricata prima dello sparo.

“Non sareste dovuti venire qui..”

La voce di Daniels suonò come una specie di sibilo vibrante alle sue orecchie.

Muovendosi il più lentamente possibile, Castle si voltò verso l’uomo.

“Non potevamo permetterle di ucciderlo” disse.

“Lui DEVE morire, è un assassino!” ribattè Daniels, puntandogli la canna della pistola dritto contro il petto.

“Senta capisco quello che sta provando ma…”

“LEI NON CAPISCE NIENTE!” urlò l’uomo, gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia.

Castle cercò di prendere tempo, almeno fino all’arrivo dei compagni.

“Deve essere stato terribile perdere tua moglie” fece, comprensivo “Nessuno di noi può immaginare il dolore che stai provando. Quello

che devi cercare di capire è che niente potrà riportarla indietro, neppure uccidere colui che te l'ha portata via. Lei se n'è andata e anche

se il pensiero di averla persa ti lacera dentro, devi imparare a voltare pagina, ad andare avanti, altrimenti finirai per autodistruggerti e

distruggere la vita di quelli che ti vogliono bene..."

“Claire era l’unica cosa bella della mia vita e quel bastardo me l’ha portata via, perciò non mi importa di trascorrere il resto della mia

esistenza dietro le sbarre…voglio solo che quel mostro abbia ciò che merita!”

“Sarà punito, te lo prometto”

“NON E’ VERO, STAI MENTENDO!”

“La polizia aprirà un’inchiesta, la pagherà…”

“Si fidava di loro e me l’hanno ammazzata come un cane” singhiozzò Daniels.

Alle sue spalle, Ryan sgusciò silenziosamente fuori dal magazzino, con Micheal Cooper al suo seguito.

Fece segno a Castle di continuare a far parlare Daniels, mentre lui cercava un modo per renderlo innocuo.

“LO AMMAZZERO’ E FINIRO’ I MIEI GIORNI IN PRIGIONE” riprese Daniels, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

La mano che stringeva la pistola tremava sempre più.

D’un tratto, inaspettatamente, Michael Cooper ruppe il suo silenzio.

“Non dovete credergli, è soltanto un pazzo visionario!” esclamò indispettito.

Ryan lo fulminò con lo sguardo, mentre Daniels parve recuperare il vigore iniziale.

“STAI ZITTO, BASTARDO!” gridò, puntandogli la pistola dritto in testa “HAI AMMAZZATO MIA MOGLIE, PROVA A NEGARLO!”

Fece scattare una volta il grilletto a vuoto.

Cooper trattenne bruscamente il fiato.

A quel punto, Castle si frappose tra i due.

“Non dargli ascolto, Martin” fece rivolto a Daniels “Stà solo cercando di farti perdere la pazienza, ignoralo. Se lo lasci andare, ci

penseremo noi a rendere giustizia a te e a tua moglie, te lo prometto..."

"Ho visto come rendete giustizia voi rappresentanti del Governo!"

"Quando tu e la tua famiglia avete denunciato l'ospedale, loro hanno trovato il modo di affossare la verità e tutte le prove che avrebbero

potuto incriminarli. Adesso è tutto diverso. Sappiamo come si sono svolti i fatti e potremo testimoniarlo in aula. Non avranno scampo..."

"Come faccio a sapere che non stai mentendo?"

Castle sollevò entrambe le mani sulla testa, stringendo ancora il suo prezioso giubbotto antiproiettile in una di esse.

“Devi solo fidarti di me, Martin”

La sicurezza di Daniels parve vacillare.

“Ho ucciso un innocente” mormorò con voce rotta di pianto.

“Lo so, non devi preoccuparti di questo … la polizia farà tutto il possibile perché il giudice tenga conto dei fatti …”

L’uomo lo guardò.

"Mia moglie si sarebbe vergognata di me..." singhiozzò disperato "...odiava la violenza, in tutte le sue forme...era un pacifista convinta. La

chiamavo scherzosamente "la mia piccola figlia dei fiori" e lei rideva..."

Un rumore di passi in avvicinamento annunciò l’arrivo di Beckett ed Esposito.

Preso dal panico, Cooper cercò di approfittare di quel momento di distrazione per scappare via da quel posto e mettersi al sicuro.

Niente però andò come aveva programmato.

Daniels si rese conto delle sue intenzioni e, istintivamente, serrò maggiormente la mano attorno alla pistola che teneva ancora puntata

contro Castle.

Un attimo … e il grilletto si piegò inerme sotto il peso delle sue dita.

Il rumore sordo e penetrante dello sparo echeggiò tra le pareti del magazzino, rimbombandoli fastidiosamente nelle orecchie.

Castle non ebbe neppure il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Pochi istanti e avvertì un lancinante dolore al petto, come se qualcuno gli avesse appena

infilato a forza una mano nel torace per estirpargli il cuore.  

Provò ad urlare qualcosa ma tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un rantolo confuso e

soffocato. 

- OH MIO DIO...CASTLE! CASTLE! -
 
Sentì delle urla di terrore. 

Kate. 

- RYAN CHIAMA UN’AMBULANZA … PRESTO! –
 
Poi altri spari in lontananza.

Il dolore divenne talmente forte da annebbiargli completamente il cervello.

Non riusciva a pensare, a riflettere.

Non in quelle condizioni.

“Castle … Castle mi senti? Rick ti prego, apri gli occhi …”
 
Fece una lunga serie di espirazioni ed inspirazioni cercando di recuperare un minimo di

lucidità, ma ormai tutto ciò che riusciva ad avvertire erano i battiti del suo cuore. 

Lenti....cadenzati...appena percepibili...
 
Sentì le mani di Kate sfiorargli dolcemente il volto.
 
“Rick, apri gli occhi … resta con me, ti prego … resta con me …non mi lasciare, ti prego...”
 
La voce di Kate era sempre più lontana … confusa.

Sentì le forze abbandonarlo definitivamente e, senza più opporre alcuna resistenza, si

accasciò all'indietro, ricadendo inerme sul pavimento con il suo giubbotto personalizzato

con la scritta "Writer" ancora stretto in una morsa serrata nella mano destra. 








ANGOLO DELL'AUTORE: E come promesso siamo giunti quasi al finale di questa storia...ed ecco che ritorna l'incubo anticipato nel prologo! Castle ce la farà a sopravvivere o Beckett dovrà vedersi costretta a vivere senza di lui? Continuate a seguire la storia e lo scoprirete! Un ringraziamento speciale a chi continua a recensire i capitoli! ;)
   
 
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