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Autore: TheFirstMrsHummel    28/09/2012    2 recensioni
Kurt riusciva a vedere le lacrime che si stavano formando negli occhi di lei. Oh, merda, in che cosa mi sono immischiato? pensò.
Dave continuò a parlare con la stessa freddezza, senza alcuna inflessione particolare. “Non ti voglio qui. Te l’ho detto migliaia di volte, non ti voglio vicino a me.”
“Questa volta è diverso, David,” spiegò, mentre una goccia salata le scivolava lungo la guancia. “Non sono qui solo per una visita. Ho lasciato L.A. e sono tornata a Lima. Voglio provare a riaggiustare le cose con te e so che ci vorrà del tempo. Sono tornata per restare, David. Non significa niente per te?”

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All'inizio dell'ultimo anno, compare una donna sconosciuta che chiede di David Karofsky. Kurt la aiuta a trovarlo e strada facendo scopre qualcosa sul passato dell'ex-bullo.
[Fic Kurtofsky tradotta da LaGrenouille | Traduzione rivista il 6/11/15]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Nuovo personaggio | Coppie: Dave/Kurt
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie di nuovo per tutte le fantastiche recensioni! Tengono la musa eccitata e pronta all’azione, LOL!

 

 

Sandy e Blaine camminavano lentamente lungo il corridoio, così che Kurt avesse tutto il tempo di raggiungerli una volta che avesse finito di rimettersi in ordine dopo un’altra faticosa prova. Blaine le piaceva: era estremamente educato, talentuoso e sembrava che trattasse bene il suo ragazzo. La loro relazione non le sembrava molto appassionata, ma chi era lei per parlare? La passione le aveva portato solo problemi, che si trattasse di quella per Paul, che l’aveva intrappolata in una famiglia che non aveva pianificato, o di quella per la danza, che l’aveva inesorabilmente allontanata da suo figlio. Almeno i due ragazzi non si potevano ingravidare a vicenda, grazie a Dio. Non aveva con lui il forte legame che aveva con Kurt, ma avevano molte cose in comune e andavano piuttosto d’accordo.

“Allora, hai programmi per questo pomeriggio?” chiese lui tutto d’un tratto.

“In effetti no,” rispose. “Ho solo quattro lezioni il mercoledì e la prima inizia alle sei. Perché, volevi andare a prendere un caffè o qualcosa così, tutti e tre insieme?”

“No, speravo che volessi venire a primo incontro del PFLAG,” affermò, sorridendo ampiamente. “Sono sorpreso che Kurt non ti abbia invitato, ma lui e Dave sono stati così occupati a organizzare tutto che probabilmente gli è sfuggito di mente. So che gli piacerebbe moltissimo se tu ci fossi, è così fiero di essere davvero riuscito a farlo diventare realtà.”

Impallidì. Pensa, pensa! s’impose, ma la sua testa era una tabula rasa. Aveva appena detto di essere libera, come poteva fare dietro front e improvvisamente non esserlo più solo un secondo dopo? Sarebbe stato molto più semplice se Blaine avesse saputo che era la madre di Dave, ma lei e Kurt avevano promesso di non dirlo a nessuno, neanche al ragazzo con cui lui usciva da quasi un anno. “Ehm…” temporeggiò. “Non sono tanto sicura che sia una buona idea.”

“Perché?” chiese lui con aria molto confusa.

Sandy non riusciva davvero a pensare a una sola cosa da dirgli che non l’avrebbe insospettito sul vero motivo per cui non voleva andare all’incontro. Non poteva certo far finta di essere a disagio con la ‘gaytudine’ dell’iniziativa: Blaine sapeva fin troppo bene che lui e Kurt fossero ben lungi dall’essere i suoi primi amici omosessuali. Dannazione, perché non si era ricordata che era oggi e non aveva dedotto che era quella la cosa alla quale voleva invitarla? E perché lei e Kurt non si erano aspettati un’eventualità simile e non si erano inventati una balla, come quella sul loro incontro? Era ancora lì impalata con lui che la fissava in modo confuso, quando Kurt li raggiunse.

“Cosa c’è che non va?” chiese, accorgendosi immediatamente dell’imbarazzo di lei.

“Non ne ho idea,” rispose Blaine. “Le ho solo chiesto di venire con noi al PFLAG.” Poi li guardò entrambi: la sua espressione passò dal perplesso al guardingo vedendo l’identica reazione di panico sul volto del suo ragazzo. “Sta succedendo qualcosa che mi state tenendo nascosto?” domandò con un pizzico d’irritazione a velargli la voce.

Sandy guardò l’altro, che sembrava tanto in difficoltà quanto lei su come affrontare la situazione. Le sue iridi verdi la stavano pregando di fare qualcosa, così lei agì. “No, certo che no,” gli assicurò, schiaffandosi un sorriso smagliante e completamente artefatto in volto. “Mi piacerebbe da matti venire, non c’è problema.” Pensò che magari avrebbe potuto guadagnare abbastanza tempo per far finta che le fosse arrivato un SMS urgente. “Quando inizia?”

“Eh… adesso,” rispose Kurt, cercando di nascondere il suo orrore. “Ci stavamo proprio andando, volevamo solo accompagnarti all’uscita mentre ci passavamo davanti.”

“Oh,” fece lei. Oh, merda, vorrai dire.

Continuarono ad attraversare l’atrio: Blaine apparentemente si era calmato per il momento, ma continuava a guardarli stranamente, di tanto in tanto. Né lei né Kurt aprirono bocca, entrambi al centro di un turbine di pensieri su come potessero uscire dalla situazione potenzialmente esplosiva. Mentre si stavano avvicinando all’aula, lui parlò. “Ehi, perché non mi fate entrare prima e voi mi aspettate un attimo? Voglio solo assicurarmi che sia tutto pronto, okay?” Senza aspettare una risposta, corse di filata verso la porta.

Dave era lì in piedi, a versare biscotti in un piatto. Si voltò verso il compagno con un sorriso, ma lo perse all’istante. Gli si avvicinò con un’espressione preoccupata in viso. “Cosa c’è, Kurt? Stai bene?” Gli posò le mani sulle spalle. “Qualcuno ti ha dato delle rogne per via del PFLAG venendo qui?”

Quello scosse la testa, abbassando lo sguardo. Alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi, supplicante, sperando che capisse in qualche modo. “Sandy è proprio qua fuori,” confessò piano. “Sta venendo all’incontro, Dave.”

Lui ritrasse di scatto i palmi, come se si fosse scottato toccandolo. Assottigliò gli occhi e indietreggiò di qualche passo. “Di che cazzo stai parlando?” chiese in un aspro sussurro.

“Mi dispiace, mi dispiace,” cominciò Kurt. “Non ho molto tempo per spiegare. Blaine glielo ha chiesto, giusto un paio di minuti fa. Nessuno di noi è riuscito a pensare a un modo di farle rifiutare senza rivelare la vostra parentela.” L’altro lo stava guardando in modo così diffidente che gli si strinse il cuore. Cercò di evitare che le lacrime – molto vicine, ora – gli invadessero gli occhi e la voce. “Ti prego, Dave. Ti prego, credimi. So che non ti fidi di lei, ma io? Lo sai che non ti ferirei mai così, non di proposito. È solo che non sapevo come fare. Blaine aveva un’aria così sospettosa e io… la mia testa si è svuotata di colpo.”

Dave lo guardò e, quando la solita nebbia rossa si dissolse, riuscì a vedere la sua sincerità. Dio, sembrava sul punto di scoppiare a piangere e lui non voleva essere mai più la causa delle sue lacrime. “Va tutto bene,” mormorò, e l’altro lo guardò pieno di gratitudine. “Ho bisogno di andarmene. Fammi sapere come va; mandami un messaggio o roba così, quando è finito.”

“No!” esclamò quello. Dave iniziò a superarlo e lui gli afferrò una mano, facendolo girare verso di sé. “Dave, non puoi non essere qui. Non per il primo incontro. Ci abbiamo messo entrambi così tanto impegno… Per favore, resta,” lo pregò. Lui abbassò lo sguardo e d’impulso Kurt gli posò una mano sulla guancia e gli fece risollevare la testa. Rimasero lì in piedi per qualche momento, guardandosi a vicenda negli occhi. Dave stava facendo fatica a non perdersi in quelle profondità verdi, nella sensazione delle sue lunghe dita che gli toccavano così gentilmente la pelle. Poi una lacrima si staccò dalle ciglia del compagno e lui seppe di essere in trappola. “Per favore Dave,” ripeté in un sussurro incerto. I loro visi erano così vicini che riuscì a sentire il suo respiro sulle labbra, così chiuse gli occhi.

“Resterò,” bisbigliò in risposta. Sollevò le palpebre e fu troppo: la soffice mano bianca sulla guancia, il sorriso grato, quelle ciglia così incredibilmente lunghe bagnate dalle lacrime… non riuscì a trattenersi. Avvicinò il volto a quello dell’altro e guardò come ipnotizzato la sua testa inclinarsi leggermente di lato, le sue labbra schiudersi.

“Va tutto bene qua dentro?” la voce di Blaine echeggiò forte nell’aula deserta. I due ragazzi sussultarono, allontanandosi, e Kurt si voltò, cercando di cancellare ogni traccia del suo pianto. Si spostò di fronte al tavolo e cominciò a mettere altri biscotti nel piatto, continuando a dare le spalle alla soglia e cercando di rimettersi in sesto. Sentiva quanto dovessero essergli arrossite le guance e stava respirando pesantemente. Che diavolo stava succedendo? pensò.

Dall’altra parte della classe, Dave si stava facendo la stessa domanda. Anche lui era accaldato e aveva la nuca era tutta sudata. Espirò profondamente e si voltò per guardare in faccia il nuovo arrivato. Se prima era sospettoso, come aveva detto Kurt, ora era estremamente guardingo. Continuava a passare lo sguardo da lui alla schiena del suo ragazzo, con la fronte aggrottata. Improvvisamente, Dave vide una brillante sagoma azzurra comparire dietro a Blaine e si ritrovò di fronte sua madre. Quand’è che questa giornata si è trasformata in un disastro totale? si chiese.

Vide la donna mimare le parole Mi dispiace. C’era preoccupazione nei suoi occhi, ma poi gli sorrise in modo smagliante e tese la mano verso di lui. “Ciao, sono Sandy Girard, un’amica di Kurt e Blaine,” disse con fin troppo brio. “Tu devi essere David; Kurt mi ha parlato così tanto di te.”

Le strinse la mano, lasciandola andare il prima possibile. Si rese conto in quel momento che, nonostante la sua abitudine di comparire e scomparire irregolarmente nella sua vita, questa era la prima volta che toccava davvero Sandy da quando aveva sei anni. Non sapeva come sentirsi a riguardo, ma ‘strano da morire’ sembrava una buona descrizione. “Dave,” disse, cercando con ogni fibra del suo essere di rimanere educato. “Piacere di conoscerti.”

“Dave,” gli fece eco lei, annuendo. “È un piacere anche per me.” Proprio quando il silenzio che seguì iniziò a farsi imbarazzante, furono salvati dall’arrivo di altre persone. Ciò infranse la tensione e Blaine andò a parlare con Kurt, il cui colorito era finalmente tornato normale. Lui rimase vicino alla porta per accogliere chiunque entrasse.

Dopo qualche minuto, cominciò a disporre le sedie in circolo, indicando ufficialmente l’inizio dell’incontro. Burt, Finn e Carole erano venuti, come anche la maggior parte delle Nuove Direzioni, il prof Schuester, la signorina Pillsbury, la coach Beiste e tre ragazzi più piccoli. E, ovviamente, Sandy, che sedeva il più lontano possibile da lui. Kurt cominciò la riunione dando il benvenuto a tutti e leggendo poi il Manifesto degli Obiettivi del PFLAG: “Parents, Families and Friends of Lesbians and Gays promuove la salute e il benestare di persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender, delle loro famiglie e amici attraverso la tutela, per terminare la discriminazione e assicurare diritti civili equanimi; l’istruzione, per illuminare un pubblico malinformato; e il supporto, per far fronte a una società a noi avversa.” Mise via la scheda e sorrise agli astanti. C’era stata una grande affluenza, migliore persino di quello che si erano aspettati.

“Dunque, quello che faremo adesso è un giro di presentazioni,” annunciò. “Direte il vostro nome e, se volete, quello che vi ha spinto a venire a questo incontro. Ma potete anche solo dire il nome se non vi va di condividere altro o potete anche dire ‘passo’ e basta. A volte limitarsi ad ascoltare è la cosa più utile di tutte e non c’è niente di male, in ciò. Inizierò io,” affermò, facendo una pausa di silenzio e tirando gentilmente l’orlo del gilè. “Io sono Kurt Hummel, uno dei cofondatori del capitolo del PFLAG al McKinley. Sono un figlio e un fratello gay,” dichiarò, rivolgendo un ampio sorriso alla sua famiglia.

Tutti quanti parlarono a turno e la maggior parte aggiunse qualcosa oltre al nome. Una degli studenti più piccoli, che faceva il secondo anno e si chiamava Michelle, disse di essere lì perché era lesbica, ma non pensava di poterlo dire ai suoi genitori ultra-religiosi. Rachel, ovviamente, partecipò dicendo di essere la figlia di due papà gay. Sandy disse semplicemente: “Sono abbastanza fortunata da avere avuto molti amici nella mia vita, di vari orientamenti sessuali. Sono felice di scoprire che trasferirmi a Lima me ne ha portati di nuovi.” Rivolse un gran sorriso a Kurt, che la contraccambiò.

Arrivarono finalmente a Dave. Lui e il compagno avevano pianificato accuratamente quello che avrebbe detto. Era nelle speranze di entrambi che riuscisse a fare coming out in questo gruppo. Ma a prescindere da quanto lui lo volesse, non era pronto per la data della prima riunione. Kurt, naturalmente, gli aveva assicurato che c’era tempo in abbondanza e che doveva essere paziente con se stesso. “Sono Dave Karofsky, l’altro cofondatore. Fin dall’anno scorso ho cercato di rendere il McKinley un luogo sicuro per tutti, indipendentemente da chi siano o da chi siano attratti. Spero che far parte del PFLAG possa aiutare a migliorare la situazione.” Lanciò un’occhiata a Kurt, che annuì e gli sorrise. Sperò che ciò significasse che non aveva incasinato troppo il loro rapporto con quel… qualsiasi cosa fosse, che avevano condiviso poco prima.

Venne il turno di Santana, che sedeva di fianco a Brittany. “Mi chiamo Santana Lopez. Sono venuta perché…” lasciò la frase in sospeso, guardando prima verso la compagna, poi verso di lui. Tutti quanti aspettarono in silenzio mentre lei faceva evidentemente fatica a decidere come proseguire. Alla fine sbuffò una risata amara, quindi alzò lo sguardo con il suo tipico cipiglio da stronza. “Sono venuta perché ho sentito che ci sarebbero stati dei biscotti,” affermò. Incrociò le braccia e si stravaccò sulla sedia, fissando Kurt con aria di sfida, come se si aspettasse che la buttasse fuori. Quest’ultimo si limitò a sollevare un sopracciglio, spostando poi lo sguardo sulla compagna al suo fianco, che sembrava triste e delusa. “Britt?” la incoraggiò gentilmente.

“Io sono Brittany S. Pierce,” disse, guardando verso il basso. “Sono qui perché sono un po’ confusa riguardo a quello che sono. Quando mi piace qualcuno, non sto davvero a pensare se siano un ragazzo o una ragazza. Non è che m’importi. Credo che ciò mi renda… non lo so, ho sentito la parola ‘bisessuale’, una volta. Ma non sono sicura di essere proprio quello.”

“Molte persone sono confuse da questo tipo di cose,” le assicurò dolcemente Kurt. “Non è poi così raro, davvero.” Fu sconvolto di sentire un grugnito di scherno accanto a sé.

Tutti nell’aula fissarono Blaine, che aveva un’espressione insolitamente incazzata. “Caspita, Kurt,” cominciò, con un tono quasi pungente. “Pensavo che tu non credessi nella bisessualità.”

Il viso gli si tinse di rosso, ma Kurt non disse niente. Perché sta cercando di imbarazzarmi così? pensò. Poi però guardò nella sua direzione e si accorse che il suo ragazzo fosse seriamente arrabbiato con lui. Quanto ha visto di quello che è successo tra me e Dave prima? si chiese. Oh, merda. Lanciò un’occhiata a quest’ultimo, che aveva l’aria di stare per attraversare la stanza e strangolarlo. Cercò di mettere da parte i suoi drammi relazionali, non volendo far deviare su di sé l’incontro, e decise di essere onesto, dato che era quello lo scopo del gruppo. E se lui non riusciva a esserlo, come poteva aspettarselo da persone come Dave e Santana? “Credo che le persone possano essere confuse,” ammise. “Ma faccio ancora fatica ad accettare che qualcuno non abbia una preferenza verso l’uno o l’altro sesso. Sembra più che, non so… che ci si lasci trascinare indietro da quello che si aspetta la società, piuttosto che essere ugualmente attratto da entrambi i sessi.” Si guardò attorno: alcuni, come suo papà, sembravano confusi dalla conversazione in generale. Un paio di persone apparivano essere totalmente d’accordo con lui; e qualcun altro sembrava essere stato ferito dalle sue parole, cosa che lo rattristì. Specialmente Brittany. Passò lo sguardo su Sandy e si bloccò. La sua espressione era… inorridita. Sgomenta. Lo stava guardando come se avesse appena confessato di voler provare uno di quei campi correttivi durante l’estate. Arrossì, immediatamente a disagio. La donna non aveva mai espresso alcun tipo di disapprovazione nei suoi confronti ed era sorpreso di quanto bruciasse. “Cosa c’è?” chiese altezzosamente.

“Non credi nella bisessualità, Kurt?” chiese, gli occhi spalancati.

“È quello che ho appena detto, mi pare,” rispose lui, stando sulla difensiva.

Lei rise sguaiatamente. “È come non credere nell’aria!” esclamò. Si voltò, guardando Brittany. “Certo che la bisessualità esiste, tesoro,” le assicurò. Si rivolse di nuovo verso di lui, immobilizzandolo con lo sguardo. Chiaramente aveva toccato un qualche nervo scoperto. “Lo sai, Kurt,” cominciò con falsa vivacità, “se hai intenzione di andartene a zonzo con un arcobaleno della comunità LGBT che ti spunta dalle chiappe, magari sarebbe meglio che iniziassi ad avere rispetto per tutte quelle lettere. La B è lì per un motivo, sai.”

Abbassò lo sguardo, vergognandosi di se stesso. Non sapeva cosa dire. Pensò al Manifesto che aveva appena letto, a come il PFLAG avesse lo scopo di istruire i malinformati e porre termine a ogni discriminazione. Quelle erano solo parole per lui o ci credeva davvero? Pensava che il gruppo esistesse solo per migliorare le vite delle persone esattamente come lui? Con rimorso crescente, pensò a tutte le volte che aveva stuzzicato Dave per non essere gay nel modo giusto, perché non ascoltava Lady Gaga o non gli piaceva fare shopping. Non puoi essere gay se non sai chi è, ricordava di avergli detto una volta, e fece una smorfia al tono condiscendente che ora sentiva di aver usato in modo sconsiderato.1 Risollevò la testa, rendendosi conto che tutti lo stavano guardando, in attesa. Dave aveva un’aria preoccupata e lanciò un’occhiataccia alla madre, la quale per una volta si rifiutò di farsene avvilire. “Mi dispiace,” disse Kurt. “Hai ragione, pensare che la sessualità di un altro sia in qualche modo inferiore rispetto alla mia non è affatto in linea con quello per cui questo club lotta. Scusami, Brittany.”

La ragazza gli sorrise dolcemente. “Va tutto bene, Kurt. Come ho detto, è difficile. Sono felice di non essere l’unica che si confonde.” La sua risposta imperturbata e piena di perdono infranse la tensione e una piccola marea di risate percorse la classe.

“Ho parlato spesso di quanto siano ignoranti gli abitanti di questa città, in fatto di omosessualità, e di come abbiano bisogno di essere educate.” Guardò brevemente l’altro cofondatore, sperando che cogliesse la scusa implicita. Si sarebbe assicurato in seguito di dirglielo di persona, comunque. “Chiaramente, io ne ho bisogno proprio come chiunque altro. E questa è esattamente la ragione per cui esiste questo gruppo.” Si volse verso Sandy, che ora gli stava sorridendo, il volto privo di ogni traccia di rabbia. Sembrava fiera di lui, e Kurt era felice che fossero riusciti a risolvere così in fretta la loro prima discussione. Anche se aveva dovuto aver luogo davanti a tutti, per il suo imbarazzo. E Blaine e io faremo una bella chiacchierata, dopo.

“Potresti essere bisessuale,” spiegò la coreografa, cercando di portare l’incontro su una rotta produttiva, rivolgendosi a Brittany. “Ma da quello che hai detto, sembra più che tu sia pansessuale.” Alla fila di volti confusi, elaborò. “Si tratta di persone che credono che il sesso della persona che scelgono come partner sia completamente irrilevante. Potresti essere attratta o innamorarti di ragazzi o di ragazze. O anche di persone che non s’identificano con nessuna di quelle categorie.”

Con la coda dell’occhio, Kurt vide un altro dei loro compagni più giovani – un ragazzo mingherlino che aveva solo detto di chiamarsi Jamie – girare di colpo la testa per fissare la donna.

“Non sono un’esperta,” continuò lei, voltandosi per guardare lui e Dave. “So solo quello che ho imparato nel corso degli anni da amici e conoscenti. Magari potreste pensare di invitare un relatore, qualcuno che ne sappia di più e sia in grado di spiegare meglio le cose. Dubito che troverete qualcuno a Lima, ma sono certa che potreste riuscire a far venire qualcuno da Columbus o Cleveland.”

“Mi sembra un’ottima idea,” affermò lui. “Qualcuno ha qualche idea da dove dovremmo iniziare oppure vuole darci una mano?” Rachel disse che pensava che i suoi genitori potessero avere qualche risorsa e il resto della riunione venne usato per discuterne e per pensare a quali altri tipi di oratori avrebbero voluto invitare al PFLAG.

Le quattro arrivarono molto più in fretta di quanto non si fossero aspettati. Kurt dichiarò l’incontro concluso, ma esortò tutti a rimanere per i biscotti e il punch che aveva portato Dave. La maggior parte delle persone accettò e si divise in gruppetti. Dave osservò il ragazzino – Jamie – avvicinarsi a sua madre, all’altro lato della stanza, e dirle qualcosa. Lei gli mise una mano sulla spalla, annuendo con fare comprensivo. Prendendo una decisione, s’incamminò per attraversare l’aula, fermandosi occasionalmente quando qualcuno lo ringraziava o si congratulava con lui per il successo della prima riunione. Rimase nei paraggi, aspettando che la conversazione tra Sandy e il ragazzo finisse.

“… non sei solo, hai capito?” sentì dire alla donna. “Resisti e torna settimana prossima, okay?”

“Tu ci sarai?” chiese lui.

Esitò. “Non ne sono sicura. Il programma delle mie lezioni è… un po’ imprevedibile, a volte.” Vedendo la delusione sul suo viso, però, proseguì: “Ma ce la metterò tutta. Lo prometto. Tu verrai comunque, vero?” In modo riluttante, lui annuì. Sandy gli diede una pacca sulla spalla mentre quello si allontanava. Voltandosi, sussultò vedendoselo di fianco.

“David!” esclamò, senza fiato. “Mi hai spaventata! Non avevo visto che eri qui.”

Lui rimase lì in piedi, silenzioso. Era difficile far uscire le prime parole. Non aveva mai sostenuto di sua volontà un dialogo con lei, prima, non da quando era quasi troppo piccolo per ricordarselo. Finalmente parlò. “Sai molte cose,” disse burberamente. “Sull’essere gay eccetera.”

Oh mio Dio, mi sta davvero parlando? pensò, sconvolta. Stai calma, non essere stramba o pesante. Mantieni la conversazione leggera. Qualsiasi cosa tu faccia, non spaventarlo. Potresti non avere mai più un’opportunità del genere. “Beh,” spiegò, “non è esattamente il mio primo PFLAG.”

“Davvero?” fece lui, chiaramente sorpreso.

“Tra i miei amici il rapporto gay-etero è circa di sessanta a quaranta, a favore della squadra di Kurt,” sostenne. “Se ci limitiamo solo agli amici maschi, allora parliamo di ottanta-venti.” Sorrise notando come le sopracciglia perfettamente delineate dell’altro, così simili alle sue, si sollevarono fin quasi all’attaccatura dei capelli. “I ragazzi sono scarsetti, tra le ballerine di fila, e questo è dire poco.” Aspettò, cercando di vedere se la sua menzione della danza lo turbasse.

Suo figlio invece si limitò a sorseggiare il punch. “Ci scommetto,” le rispose, sorprendendola.

 

Kurt era insieme alla sua famiglia, quando fece scorrere lo sguardo per la stanza e vide che Sandy e Dave erano impegnati in quella che inspiegabilmente sembrava una conversazione civile. Per poco le ginocchia non cominciarono a tremargli per lo shock. “Porca troia,” disse, neanche lontanamente piano quanto avrebbe voluto.

“Kurt! Le parole!” lo redarguì Carole.

“Scusa,” mugugnò, registrando a malapena il rimprovero. “Ho solo… visto una cosa che mi ha sorpreso. Potete scusarmi per un minuto?” Senza aspettare un permesso, si mosse furtivamente lungo la parete, arrivando tanto vicino ai due quanto avesse osato, quindi estrasse il telefonino e fece finta di digitare velocemente un messaggio.

“Ascolta,” sentì dire al ragazzo. “Sono venuto solamente per dire…” Ci fu una lunga pausa di silenzio imbarazzante. “Non ti volevo qui. Mi sono incazzato vedendoti spuntare dal nulla.”

“Lo so,” affermò lei disperatamente. “E mi dispiace così tanto. Se fossi riuscita a pensare a un modo di tirarmi indietro, l’avrei fatto. Era solo una situazione senza scampo, sia per me che per Kurt. Spero che tu non sia troppo arrabbiato con lui. Non farebbe mai niente per ferirti.”

“Lo so bene,” ribatté lui, come se la sola idea fosse ridicola, e Kurt non riusciva a credere a quanto si sentisse sollevato. “Non è quello di cui volevo parlare, comunque.”

“Di che cosa, allora?”

“Questo incontro… e il PFLAG in generale… Non ruota attorno a me. Io l’ho organizzato, insieme a Kurt, ma non ne sono il centro. Tu li hai aiutati, oggi. Brittany e Jamie. E perfino Kurt.” Portò le dita al ponte del naso e lo strinse, un gesto che lei associava così tanto al suo ex che la nostalgia le strinse il cuore in una morsa. Lui rise con tono amaro. “Non posso credere di stare per dirlo. Devo essere fuori di testa, cazzo.”

“Cosa?” domandò, non osando neanche sperare che fosse qualcosa di positivo.

La riguardò con occhi troppo vecchi per appartenere a un adolescente. “È stata una buona cosa che tu sia venuta. Ha migliorato la riunione, l’ha resa più utile di quanto sarebbe stata senza di te.”

Lo fissò sbalordita. A Kurt per poco non cadde di mano il cellulare, mandando completamente all’aria la sua copertura. Si arrese e guardò a bocca aperta Dave e sua madre.

“Puoi tornare settimana prossima, se vuoi,” dichiarò. “Jamie ti vuole qui. Penso che abbia bisogno della tua presenza per tornare, almeno per adesso. E so che anche Kurt ti vuole con noi.”

“Dici sul serio?” bisbigliò la donna, totalmente incredula.

“Così pare. Potrei anche non parlarti. Probabilmente non lo farò. Ma se puoi continuare ad aiutare, non ti ostacolerò. È troppo importante. Non è giusto che io incasini tutto facendo l’egoista.”

Lei continuò a fissarlo. C’erano così tante cose che voleva dirgli.

Sono così fiera dell’uomo che sei diventato.

Mi dispiace di essermene andata. Capisco se non mi perdonerai mai.

Ti voglio bene, anche se non mi credi.

Sei una persona migliore di quella che potrei mai sognare di essere. Sei straordinario, David. Non riesco a credere che qualcosa di così bello possa essere uscito da me.

Ma sapeva che non volesse sentirle dire alcuna di quelle cose. Non se n’era guadagnata il diritto. Quindi cacciò indietro le lacrime e sorrise. “Grazie, Davi- Voglio dire, Dave. Ci sarò, allora.” Quindi si voltò e si allontanò, non disturbandosi neanche a cercare Kurt per salutarlo. Pensava che se ce l’avesse fatta ad andare direttamente allo studio, avrebbe potuto concedersi una mezz’ora di pianto prima di doversi rimettere in sesto per la lezione con le bambine di otto anni e per le loro madri.

Lui la guardò andarsene, quindi si girò. Solo per ritrovarsi davanti Kurt che lo fissava con la bocca spalancata. Arrossì. “Cazzo, Kurt,” mormorò. “Non sapevo che fossi qui.” Si chiese quanto avesse sentito del suo scambio con Sandy. Dall’espressione stupefatta, immaginò che fosse un bel po’.

Dopo un momento, quello chiuse le labbra e gli si accostò. Parlò con una voce che superava di poco un sussurro e lui dovette sporgersi in avanti per sentirlo come si doveva. “Quella è la cosa più coraggiosa e altruista che abbia mai visto fare, Dave.” Dapprima non riconobbe l’espressione che gli stava rivolgendo. Era quasi come se fosse meravigliato da lui: era reverenziale. Non aveva senso. Era Kurt quello incredibile. Lui era solo… straordinariamente ordinario, come gli aveva detto l’anno prima. Okay, era abbastanza sveglio da capire che la presenza di Sandy migliorava gli incontri. E allora? Doppio urrà! Gli occhi gli si allargarono, però, quando il ragazzo gli venne ancora più vicino.

“Come ti pare,” farfugliò, con una scrollata di spalle che voleva essere noncurante.

“Non lo farò,” continuò Kurt, mentre il verde delle iridi prese una profonda sfumatura smeraldo che non credeva di avere mai visto prima. “Ci sono un sacco di persone qui e non voglio attirare attenzione indesiderata su di te. Imbarazzarti. Ma giusto per fartelo sapere… vorrei poterti abbracciare, Dave. Voglio farlo così tanto che impedirmelo mi sta quasi uccidendo.”

“Puoi farlo,” confessò lui. “Non mi dispiace. Ma Blaine-” la frase venne interrotta dalle sue braccia che lo avvolsero calorosamente.

“Chi se ne frega,” lo sentì sussurrare. Sorrise, stringendo la presa su di lui. Entrambi si accorsero lontanamente del mormorio delle conversazioni che scemava. E, un minuto dopo, lo schianto di una porta. Ma soprattutto udirono i rispettivi battiti e respiri, mentre si aggrappavano l’uno all’altro come se ne dipendesse la loro vita.

 

 

Spero che nessuno si sia offeso per il fatto che Sandy se la sia presa un po’ con Kurt. Sono io stessa una Kurtsie al 100%, ma penso che il suo personaggio abbia dei difetti che lo rendono ancora più adorabile e reale per me. Per quanto sia gay dichiarato e fiero di esserlo, c’è ancora un pizzico di ragazzino cresciuto nell’ambiente protettivo di Lima in lui, e devo ammettere che mi irrita quando a volte esprime lo stesso tipo di credenza stereotipata di cui lui è stato vittima.

Pare che ci siano altri due capitoli, forse, per completare la storia. Nel prossimo ho in mente di far entrare in scena Paul Karofsky, per conoscere la sua opinione su tutta la faccenda. Vi sembra interessante? Lasciate una recensione e fate sapere alla musa che avete voglia di farle usare la frusta! XD

 

 

*N.d.T.

1 – Non puoi essere gay se non sai chi è è la frase che Kurt dice a Dave in presidenza nell’episodio Born This Way. Si riferisce a Eva Harrington (paragonandola al comportamento di Santana e al suo complotto per diventare reginetta): è la principale antagonista del film Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz. [La giovane] si presenta a Margo Channing, famosa diva di Broadway e, con finto candore, le esprime la sua ammirazione […]. Convinta della buona fede della ragazza, Margo l'assume come segretaria. […] Fingendosi vittima della crescente isteria [dell’attrice], […]ottiene il ruolo di sostituta di Margo nel suo ruolo più applaudito. Favorita dalle recensioni del critico Addison DeWitt, divenuto suo amante, Eve da un giorno all'altro diventa una stella del palcoscenico, offuscando l'astro declinante della rivale. Fonte.

 

V.d.T.

Allora, che ne pensate del primo incontro del PFLAG? È quello che vi aspettavate? E anche a voi ha dato fastidio l’atteggiamento di Kurt verso la bisessualità?

Fatemi sapere! E nell’attesa del prossimo capitolo, vi avverto: preparate i fazzolettini. Entrambi i Karofsky in un solo aggiornamento promettono cose straordinarie, no? ^__^

Inoooltre vi annuncio che la fantastica RenoLover, che già sta traducendo la fic Kurtbastian del millennio – A Change in the Weather – si occuperà di Barista Confessions, la fic sullo stesso pairing di TFMH!! Spero che le darete un caldo benvenuto e che darete una chance alla storia anche se il pairing non vi ispira, perché ora sapete come scrive questa autrice e vi assicuro che potrete aspettarvi meraviglie anche da quella. *__* Per chi ha già detto di non avere problemi a essere multishipper, non parlo neanche: so già che ve la godrete alla grande. XD

Grazie a chi legge e segue (bentornati a LaTuM e ArabaFenice!)!

A sabato prossimo!

   
 
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