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Autore: kithiara    28/09/2012    3 recensioni
[Sebastian/Thad]
Se un usignolo canta e monopolizza l’aria intorno a lui, gli altri usignoli, cosa fanno?
Cantano comunque.
Sebastian alle prese con una scoperta che lo sconvolgerà per sempre.
Leggete e se vi va lasciate un commento, grazie.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood, Un po' tutti, Warblers/Usignoli | Coppie: Sebastian/Thad
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti,
mi scuso veramente tanto per il ritardo, ma il caldo dell’estate ha fatto seccare la mia vena creativa.
Ho rimesso mano da poco alla storia e finalmente ecco qui il tanto sospirato, almeno da me, capitolo.
Ringrazio chi pazientemente ha atteso che mi rifacessi viva e chi mi ha spronato a continuare.
Per voi questo ultimo capitolo prima dell’epilogo.
Un abbraccio.
 
Chiara

 
 
 
CAPITOLO 13
CAN CHE ABBAIA NON MORDE
 
 
Come si dice…Tempus omnia medetur.
O qualcosa di simile, il latino non è mai stato il mio forte.
La sostanza però dovrebbe essere questa: il tempo sistema le cose.
Peccato che nessuno si prenda mai la briga di specificare quanto tempo.
Giorni? Settimane? Mesi? Anni?
C’è la sua bella differenza, non vi pare?
Soprattutto se, all’origine dei tempi quando è stata distribuita la pazienza, io ero andato a farmi un giro.
 
Così ho pensato che se volevo sistemare le cose, dovevo dargliela io una mano al tempo.
E così eccomi qui, sono passate ormai due settimane da quando abbiamo perso le Regionali e finalmente ho trovato il coraggio di farlo.
Fare cosa? Questo.
 
“Salve, il mio nome è Sebastian Smythe, sono qui per vedere l’avvocato Harwood.”
 
Un’arcigna segretaria dall’età indefinibile e coi capelli raccolti in un severo chignon solleva lo sguardo dalle sue carte e mi fissa con cipiglio corrucciato.
“La sta aspettando?”chiede infastidita
“Veramente no.”
“Mi spiace, ma non sono autorizzata a far entrare nessuno che non abbia un appuntamento.” E detto questo riporta la sua attenzione altrove, liquidandomi con un cenno della mano.
 
Avete presente la storia della pazienza che vi spiegavo poco fa?
 
“Mi scusi, ma ho veramente bisogno di parlargli, è una questione della massima importanza.”Dico appoggiando i palmi delle mani sul piano di legno della scrivania e chinandomi verso di lei per attirare maggiormente la sua attenzione.
Solleva gli occhi al cielo seccata, ammonendomi con tono piatto.
“Sono desolata, ma mi è impossibile accontentarla.”
 
Sì, desolata, certo.
L’unica desolazione che scorgo sul suo viso è quella del deserto di rughe che le incorniciano lo sguardo freddo e spento.
Sento veramente che vorrei sbatterle la faccia sulla scrivania per toglierle quell’espressione fastidiosa, ma mi sono ripromesso di fare il bravo, quindi…
“Senta, la prego, gli faccia almeno sapere che sono qui, ok?”
Vedo che corruga la bocca in una smorfia di disappunto.
“Farò quel che posso…si accomodi in sala d’aspetto e le farò sapere.”
“La ringrazio, lei è un vero…angelo.”Dico senza sforzarmi di celare il sarcasmo nelle mie parole.
 
La sala d’attesa della Harwood&Tompson Associates ha tutto sommato un’aria familiare, i divanetti in pelle nera e gli asettici tavolini in vetro e acciaio ricordano molto da vicino quelli dello studio di mio padre.
Infatti li odio.
La musica in filo-diffusione, che dovrebbe rilassare l’ambiente, mi penetra nella testa acuendo il mio senso di disagio.
I minuti passano, quaranta per la precisione e io ho già esaurito tutti i modi che conosco per tenermi impegnato…riviste di settore sfogliate fino alla noia, oroscopo consultato con esito positivo salvo poi rendermi conto che la rivista era di tre mesi fa e dulcis in fundo…il sudoku.
Sono alla frutta.
 
“Smythe.”
Scatto sull’attenti non appena sento pronunciare il mio nome, trovandomi davanti inaspettatamente non la cordialissima segretaria di poco prima, ma un distinto signore di mezz’età in completo scuro, la cui bassa statura nulla toglie all’aura di timore che espande tutt’attorno a sé.
Non ci sono dubbi.
“Signor Harwood.”Rispondo educatamente, non sapendo come altro continuare.
I suoi occhi scuri si fissano subito penetranti sul mio viso, ha un’espressione indecifrabile e improvvisamente mi ritrovo a deglutire più volte a vuoto in attesa che lui parli di nuovo.
 
“Quando la mia segretaria ha fatto il suo nome non volevo crederci.”Afferma serio
Non ribatto, non ancora, ho idea che non abbia finito.
E infatti.
“Non credevo che la sua faccia tosta si spingesse fino a questo punto. Presentarsi qui nel mio ufficio senza appuntamento e pretendere di ricevere udienza…la sua arroganza è pari solo alla sua maleducazione. ”
Ricambio il suo sguardo, con uno uguale al limite dell’irrispettosità.
“Non mi pare di essere stato scortese, ho solo chiesto di poter parlare con lei, in privato, di qualcosa a cui tengo molto.”
 
Sì, lo so che mi ero ripromesso di comportarmi bene, ma lo capite anche voi che me le tira fuori.
Al diavolo lui e la sua inspiegabile gelosia nei confronti di mio padre, qui stiamo incominciando ad esagerare!
 
“E sarebbe?”chiede incrociando le braccia al petto.
Non accenna minimamente a volermi far accomodare nel suo ufficio.
Conosco abbastanza l’etichetta per sapere che questo è il classico modo per far capire a qualcuno che non ti interessa minimamente quello che ha da dire. E poi quello maleducato sarei io…
Per fortuna so che i miei argomenti sono validi.
“Thad.”Dico solo e quando lo vedo sbiancare, so di aver fatto centro.
 
“Da questa parte.”Dice indicando finalmente la porta dell’ ufficio e potrei giurare di aver sentito una nota vibrante nella sua voce.
Entro nella tana dell’orso, chiedendomi se ho fatto veramente la cosa giusta andandolo a svegliare.
“Siediti.”E più che un invito suona quasi come un ordine.
Mi accomodo sulla morbida poltroncina di pelle, che risulta comoda quanto un letto di chiodi da tanto sono nervoso.
“Sentiamo, cos’avresti da dire su mio figlio.”Chiede sospettoso
Lo guardo fisso negli occhi e non ci provo nemmeno a girarci d’attorno.
“Thad mi interessa…molto.”ammetto
“E credo di interessargli anch’io…quando non mi comporto da perfetto idiota.”Aggiungo guadagnandomi un’occhiataccia accompagnata da una smorfia di disgusto.
“Quello che sto cercando di dirle, è che vorrei il permesso di frequentare suo figlio.”
Ecco, l’ho detto. Adesso mi sento dannatamente più leggero.
 
Fa una lunga pausa poi…
“Sebastian…posso chiamarti Sebastian, vero?”chiede con tono fintamente cortese.
Sto per rispondergli certo, è il mio nome, ma non lo sciupare, ma poi penso a Thad e mi mordo la lingua.
Mi sono ripromesso di fare le cose per bene questa volta, così annuisco.
“Sì signore.”
“Bene, Sebastian…quindi se ho capito bene tu sei venuto qui, hai interrotto il mio lavoro e stai rubandomi del tempo prezioso…per chiedermi il benestare per poterti infilare nella vita e nel letto del mio ragazzo?”
 
Inghiotto amaro, quest’uomo sa essere diretto e velenoso come una serpe, non mi stupisce che faccia l’avvocato.
Sono tuttavia parecchio irritato da questa sua arroganza e dall’aria di sufficienza che dimostra nei miei confronti, come se mi conoscesse o avesse già capito tutto di me.
Malgrado la promessa di comportarmi bene, mi ritrovo a rispondergli piuttosto sgarbatamente.
“Mi spiace, ma non ha capito assolutamente nulla.”Dico tanto per mettere le cose in chiaro.
Poi prendo un sospiro e continuo.
“Ecco come la vedo io, Thad è una persona speciale e io lo amo. Lui e tutto ciò che lui ama…compreso lei.”
Lo guardo fisso negli occhi.
Quindi, senza tanti giri di parole, quello che voglio è poter stare con lui, possibilmente col suo consenso…ma solo perché è lui a tenerci.” preciso “Su quello che facciamo fuori o dentro le lenzuola invece, non spetta a lei sindacare.”
 
Lo vedo torcersi le mani nervosamente, chiaramente turbato dalle mie parole.
“A quanto mi risulta però, tu e Thad ancora non vi parlate.”
“A questo sto già pensando io, non si preoccupi. Le chiedo solo di darci una possibilità.”Rispondo deciso
Le sopracciglia aggrottate rabbuiano ancora di più il suo sguardo, gli occhi scuri mandano lampi nella mia direzione e le labbra, nascoste sotto un paio di baffi scuri elegantemente curati, sono arricciate in una smorfia che mi ricorda molto da vicino quella del ragazzo che amo.
Anzi, ad essere sincero nel suo atteggiamento scorgo ben più di un tratto caratteristico di Thad, non ultima la testardaggine e l’alto senso del dovere.
Forse per questo sento che devo sforzarmi di ammorbidire un po’ i toni della conversazione.
“Senta…so di non esserle simpatico”continuo “probabilmente al suo posto neanch’io mi troverei simpatico, ma quello che ci tengo a farle capire è che le mie intenzioni sono buone, anche se a volte non sono molto bravo a gestire la situazione e le cose mi scappano di mano.” Ammetto
Sembra combattuto ora, non accenna a parlare e io non posso fare altro che aspettare che una parte di lui, speriamo quella a me favorevole, esca vincitrice da questo conflitto interiore.
 
Poi sospira e tutt’ad un tratto vedo i lineamenti del suo viso rilassarsi.
“Va bene, immagino che sarò costretto ad accettare le tue condizioni.”
Non percepisco ironia nella sua voce, né quell’astio che l’ha pervasa fino ad un attimo prima, solo…rassegnazione.
Poi scuote la testa e dice qualcosa che mi lascia completamente spiazzato, mentre un sorriso triste gli increspa le labbra e per un attimo arriva ad illuminargli gli occhi.
“Non c’è che dire, sai essere convincente…proprio come tua madre.”
 
Mia madre?
“Non capisco…lei conosceva mia madre? Elaine…sua moglie, mi aveva detto di non averla mai incontrata.”
“Infatti Elaine non l’ha mai fatto…”
Socchiude gli occhi come per ricordare.
“Ma io sì.”
 
Dire che sto pregando che si spieghi meglio è riduttivo, mi agito sulla sedia e lo sguardo interrogativo che gli lancio per fortuna va a segno.
“E’ stato molto tempo fa…lei e tuo padre si erano sposati da poco. Sembravano felici, ma una parte di me era ancora convinta che la storia con Elaine non fosse finita.”
Fa una pausa e mi guarda, probabilmente con l’intento di capire quanto già io sappia. Vedendo che non commento o chiedo nulla aggiunge.
“Vedo che il tuo rapporto con mia moglie è più profondo di quanto immaginassi, visto che ti ha raccontato già tutto…va bene, vorrà dire che sarà più semplice per me spiegarti.”
Annuisco invitandolo silenziosamente a proseguire.
Lui si alza dalla sedia e voltandomi le spalle si avvicina alla grande vetrata da cui si vedono la città e le sue luci, come un quadro sempre uguale e sempre diverso che fa da vivace sfondo al grigiore dell’ufficio.
“Ero giovane…insicuro.” continua“Non riuscivo a capacitarmi del fatto che una donna così meravigliosa avesse potuto scegliere me anziché…lui.”
 
Naturalmente non ho bisogno di domandare chi è il lui in questione, ma il modo in cui lo pronuncia mi fa chiaramente capire che, quand’anche il signor Harwood avesse un profilo su Facebook, mio padre non riceverebbe mai una richiesta d’amicizia da lui.
Resto in silenzio e lui prosegue.
“Ero talmente convinto che i miei sospetti di tradimento fossero fondati, che decisi di andarne a parlare direttamente con tua madre.”
“Lei ha fatto cosa?”
Si volta e lo vedo sorridere davanti alla mia totale confusione.
“Già, te l’ho detto ero giovane e in quel momento mi è parsa l’unica cosa da fare per placare il mio animo inquieto.”
“Si rende conto che poteva distruggere il loro matrimonio? Se mia madre avesse dato retta alle sue insinuazioni…”chiedo sconcertato
 
Gira intorno alla scrivania e si posiziona proprio di fronte a me, appoggiandosi al ripiano di vetro e continuando a torturarsi le mani.
“Tua madre nemmeno prese in considerazione le mie insinuazioni, come le chiami tu. Semplicemente lei…si mise a ridere.”
“A ridere?”chiedo faticando non poco ad immaginarmi la scena.
“Esatto. Mi guardò con quei suoi meravigliosi occhi verdi ed iniziò a ridere di gusto. Una donna molto sicura di sé tua madre, anche in questo pare che le assomigli molto.”
 
Ancora una volta questa affermazione mi colpisce.
Dovete capirmi, mi è sempre stato fatto notare quanto io sia simile a mio padre, quindi scoprire adesso di avere invece così tante cose in comune con mia madre…mi rende leggermente euforico.
“Ci siamo rivisti spesso dopo quel giorno, ma se me lo chiedi non saprei dirti per quale ragione. Forse ero io che avevo bisogno di sentirmi rassicurato costantemente o forse…forse era soltanto perché la compagnia di Simòne in fondo era veramente piacevole.”
Simòne.
Dal modo in cui pronuncia il suo nome, capisco chiaramente che le era affezionato.
E le lacrime che cerca di nascondere mentre parla di lei indicano che il suo ricordo ancora gli è caro.
“Quando si è ammalata avrei voluto poter fare di più, ma poi ho saputo che se n’era andata e non mi è restato altro che piangerla, in silenzio.”
 
Sono decisamente senza parole, veramente l’uomo che mi sta di fronte è lo stesso cinico bastardo di nemmeno venti minuti fa?
Stento a crederlo.
Mi muovo a disagio sulla sedia, poi mi schiarisco la voce.
“Davvero non immaginavo che lei e mia madre foste così intimi. Ma dopotutto non ho avuto modo di conoscerla a fondo, se n’è andata quando ancora per me robots e action-figures erano più impotranti dei sentimenti di chi mi stava vicino.”
Annuisce comprensivo, mentre si accomoda nella poltrona accanto alla mia.
“Lei però parlava spesso di te.” Aggiunge con lo sguardo apparentemente perso nel vuoto“Era così orgogliosa del suo…aspetta, com’è che ti chiamava? Ah già…Petit chou.” Dice sorridendo
Il mio viso si accende di ogni sfumatura di rosso, mentre quel nomignolo imbarazzante e così intimo mi riporta alla mente un passato non poi così lontano.
 
“Sebastian.”Sollevo gli occhi sentendomi chiamare, questa volta con tono gentile.
“Non sono così stronzo come mi si dipinge. Certo ammetto di avere i miei limiti, però…la verità è che voglio solo il meglio per il mio ragazzo. Proprio come tua madre lo voleva per te.”
Deglutisco amaramente.
“Questo significa che non mi reputa abbastanza adeguato per suo figlio?” chiedo
Sbuffa divertito.
“Bè per quanto io voglia illudermi di avere un qualche potere sulle decisioni di Thad, se lui ha veramente deciso di voler stare con te, dubito fortemente che riuscirò ad impedirglielo.”
Questo non risponde alla mia domanda.
“E comunque no, non ti reputo inadeguato, solo…bè lo sai, ad una certa età uno incomincia ad immaginarsi da vecchio e generalmente si vede con uno stuolo di nipotini da coccolare e così…”
 
Nipotini da coccolare? Mister sono-tutto-d’un-pezzo ha veramente velleità da nonno?
Pare leggermi nel pensiero.
“Lo so che non sembro proprio il classico nonno, ma…penso che potrei lavorarci su.”
Gli sorrido incoraggiante, sotto sotto quest’uomo dalle mille sfaccettature inizia a piacermi, ma da qui a promettergli dei nipoti…bè diciamo che non è proprio in mio potere.
“Chissà, magari potrebbe iniziare lavorando sopra al suo rapporto con Thad…magari ascoltandolo cantare, o vedendolo esibirsi.”
 
Lo so che sto tirando la corda e che il fatto che non mi abbia cacciato a pedate dal suo ufficio è già una conquista, ma dalle mie parti si dice che chi non risica non rosica quindi…
“Oh ma io l’ho visto esibirsi. Per la verità dovrei dire che vi ho visti.”afferma
“Non capisco…vuole forse dirmi che era all’auditorium per le Regionali, due settimane fa?”
Annuisce.
“In un angolo, ma c’ero.”
“Ma allora per quale motivo non si è fatto vedere? A Thad avrebbe fatto piacere.”
Scuote la testa.
“Avrebbe pensato che ero lì per controllarlo.”
Sorrido amaro.
“Dovrebbe dargli più credito, resterebbe sorpreso da quanto Thad sia capace di comprendere e perdonare.”
 
Mi punta contro i penetranti occhi scuri.
“La tua è una speranza?”chiede ammiccante
Lo guardo un attimo disorientato prima di scoppiare a ridere.
“Decisamente sì.”
Ridiamo insieme per qualche minuto e per la prima volta da quando sono entrato da quella porta, ho la sensazione di aver fatto la cosa giusta venendo qui.
“Sa stavo pensando…dopotutto bastava che minacciasse di svelare in giro il soprannome che mia aveva dato mia madre per impedirmi di provarci con Thad.”
Sorride ancora una volta divertito.
“Confesso di averci pensato.”
“Sa anche che adesso non funzionerà più vero? Non rinuncerò a Thad.”Affermo convinto.
Mi guarda serio.
“Devi ancora fare qualcosa per riprendertelo però.”
Ricambio lo sguardo senza esitazione.
“Ho già qualcosa in mente, è solo questione di…organizzazione.”
Sospira e a me quasi prende un colpo quando si avvicina e mi batte una mano sulla spalla.
“Sono tutt’orecchi, sorprendimi…figliolo.”


  
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