Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Giuacchina    28/09/2012    0 recensioni
Fissò a lungo i due correre avanti e indietro. Sembrava una scena davvero comica: il più veloce arrivava ad un certo punto, si guardava intorno e poi tornava dall'altro urlandogli qualcosa.
Candice iniziò ridere talmente forte che entrambi i ragazzi si voltarono verso di lei.
«Candice e John?» domandò quello veloce, Louis, respirando pesantemente. La corsa lo aveva stordito.
Il bambino, John, lo guardò torvo e urlò un «Eh?»
I due ragazzi si fissarono spaesati, quasi disperati. Poi Louis fece qualche passo verso l'amico e gli urlò esasperato: «Harry, ma dove diamine ci hanno fatti venire? Non sono loro!»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1.
The girl and the little boy

 


Manchester, ventesimo secolo, 1967.
Candice non si sarebbe mai aspettata una notizia del genere o almeno non da sua madre. Viveva con lei in un appartamentino troppo stretto, dato che la sua genitrice aveva dato alla luce ben sette pargoletti e, a quanto Candice potè appurare, ne era in arrivo un ottavo.  A volte, ingenua com'era, non capiva proprio come sua madre potesse sfornare così tanti bambini non avendo un uomo  e un lavoro stabile: forse pensava che finalmente avrebbe trovato l'uomo giusto, quello che l'avrebbe accettata per quella che era effettivamente. Una donna sola con a carico sette – quasi otto – figli, tutti cresciuti indipendenti proprio per evitare spiacenti inconvenienti, ecco cos'era. Un essere vivente come tanti che sperava in un «e vissero per sempre felici e contenti»ma che della felicità non vide mai l'ombra.
A diciassette anni il minimo che ci si può aspettare dalle parole di una madre è il consiglio per lo stare attenta a scuola o per strada e non accettare passaggi o quant'altro dagli sconosciuti. Candice, invece, aveva una madre che non le vietava niente: le permetteva di fare quel che voleva, peccato che la ragazza trasformasse questa libertà in un qualcosa che qualsiasi genitore amerebbe di una figlia: l'essere sempre disponibile per i suoi fratellini e lavorare a casa quando finivano le ore di lezione a scuola. Con i suoi insegnanti aveva imparato l'arte dello scrivere e da un po' chiuse in un cassetto il sogno di scrivere un libro. Ma lo chiuse ermeticamente, in modo che non la sopraffacesse: venivano prima i doveri.
Al mattino si svegliava prima di tutti e preparava la colazione, attenta a non far rumore: sua madre era tornata sicuramente tardi da lavoro.
Ecco, il lavoro della madre era il problema principale. Quanti di noi hanno una madre governante che non ha nemmeno il tempo di badare ai propri figli che deve crescerne degli altri attaccandocisi talmente tanto da reputarli come tali? Perché era così: Hannah Johann Leigh amava tutto incondizionatamente senza paura di niente. Donava il suo amore a chiunque, talvolta quello carnale, talvolta quello emotivo, ma lo donava. Diceva che solo con l'amore il mondo sarebbe andato avanti. E intanto sfornava, uno dietro l'altro, bambini a non finire. Fu proprio questo suo amore verso qualsiasi cosa che rese sua figlia Candice, la maggiore degli ormai otto figli, ancor più determinata nell'amare e nell'essere amata, magari con molto più contegno di sua madre. Avrebbe trovato un uomo intelligente che l'avrebbe fatta sentire desiderata, non per forza come una principessa: le sue umilissime origini le permettevano di tenere i piedi a terra e la testa sulle spalle.
Ma in quella casa di sogni, amore e speranze non potevano succedere solo cose belle. A quanto Candice aveva sentito dai discorsi di sua madre con la nonna, quell'ultimo figlio era stato procreato con il padre dei bambini a cui avrebbe dovuto badare: quindi la sua bellezza particolare non era passata inosservata nemmeno al suo nuovo datore di lavoro. Aveva deciso di allontanarsi dalla casa, dalla città: tutti ormai la evitavano, anche le sue vecchie amiche, accusandola di adulterio. Per carità, non che non fosse vero, ma lei aveva quello stile di vita così calmo e pieno di entusiasmo per ogni cosa che la rendeva unica nel suo genere, nessuno l'avrebbe mai capita.
«Andremo in un posto»sentì sussurrare dalla madre nell'altra stanza.
Nonostante le urla e le sbuffa della nonna, poi, captò qualche altra parola. «Ad Holmes Chapel, dove lavorai quando nacque Candice»
  
 
Immaginate un'adolescente nel bel mezzo dei suoi sbalzi ormonali, quando attacca chiunque perché non si sente mai all'altezza di qualsiasi cosa: Candice in quel momento era una di quelli.
Nessuno doveva dirle quel che doveva fare o meno. Lei sapeva quel che era bene per lei e per i suoi fratellini. E sua nonna questo non lo capiva, non l'aveva mai fatto.
La ragazza sapeva quando dare da mangiare ai piccoli, quando lavarli, quando aiutarli con i compiti e soprattutto riusciva a mantenere la calma: dopotutto erano tante piccole pesti a cui voleva un mondo di bene.
Quando tutti erano pronti a salire sulla carrozza del treno, il piccolo John, di soli sette anni, si accorse di dover correre al bagno.
Hannah chiese gentilmente alla sua figlia maggiore di accompagnarlo urgentemente perché il treno sarebbe partito a momenti. Lei annuì subito, notando il palese sforzo che sua madre stava facendo per tenere a bada gli altri sei bambini.
«Andiamo Johnny»lo incitò trascinandolo quanto più poteva. Purtroppo per lei, però, l'abito smesso di sua madre le andava un po' troppo corto, così dovette muoversi sistemandolo ogni passo, sotto lo sguardo divertito del bimbo al quale stringeva la mano.
«Perché la mamma non ti compra altri vestiti?» chiese il piccolo saltellando accanto a lei.
Quella sorrise e gli diede un buffetto sulla guancia. «Non era previsto che diventassi così alta»
Ed effettivamente Candice era alta per la sua età: un metro e settantacinque di intelletto e, perché no?, bellezza. Se la sua poteva essere chiamata bellezza, ovviamente: era una ragazza particolare, dai capelli bruni liscissimi – sua madre a volte pensava da chi avesse potuto prendere quella piega perfetta: non si era mai spiegata chi fosse il suo vero padre – e gli occhi sottili dai quali era emanata una luce intensa da quell'azzurro che ricordava il cielo limpido, cosa che la madre non aveva.
La ragazza aspettò pazientemente che il suo fratellino facesse tutti i suoi bisogni, battendo il piede ininterrottamente sul pavimento e controllando sempre l'orologio attaccato all'entrata dei bagni pubblici. Chiamò un paio di volte il piccolo che le rispose di avere qualche problemino con la zip dei pantaloni.
«Possibile che un ragazzino in gamba come te debba distruggere ogni cosa?» rise ansiosa Candice cercando di coprire il grosso buco che il bambino aveva creato incastrando il tessuto con la zip.
«Andiamo, ci aspettano» aggiunse poi, dopo avergli fatto sciacquare le manine.
I due si incamminarono verso i binari scansando tutti i ritardatari che correvano di qua e di là in cerca del proprio treno.
Tornarono nel punto in cui avevano lasciato il resto dell'allegra famigliola non trovando, però, la loro carrozza.
Candice controllò il biglietto che aveva tra le mani e fissò a lungo quelle due lettere che rappresentavano la sua postazione: 3C.
Bene, il treno tre non c'era, quindi nemmeno la rispettiva carrozza. Cadde in uno stato di confusione: com'era possibile? Erano già partiti? Dove diamine erano andati a finire gli altri?
John, nel frattempo, osservava sua sorella toccarsi i capelli convulsivamente e questo lo fece sorridere. Le chiese cosa non andava e lei lo guardò terrorizzata.
«Siamo rimasti soli»
Fortuna che quelle parole vennero spazzate da un altro paio di parole – quasi – rassicuranti.
«Candice, John!» la loro nonna si sbracciava per farsi vedere. entrambi i fratelli tirarono un sospiro di sollievo correndole incontro.
E subito la più grande cominciò a parlare a raffica.
«Come sono contenta! Pensavamo di essere rimasti a terra e che fossero partiti e-» si fermò d'un tratto, mentre sua nonna la guardava scettica come sempre «Un momento» sbattè le palpebre un paio di volte «Dove sono gli altri?»
La donnona davanti a lei emise una risata profonda, di gran gusto. Poi si ricompose e diede la spiegazione che per lei doveva essere la cosa più naturale al mondo.
«Quella sciagurata di mia figlia è già partita, non poteva perdere altro tempo. Abbiamo chiamato il proprietario della casa in cui sarete ospitati e verrà qualcuno a prendervi. Fino ad allora non parlate con gli estranei, chiaro?» detto questo voltò le spalle ai due.
Candice fece qualche passo in avanti. «Te ne vai?» balbettò.
L'anziana annuì soddisfatta ed indicò un punto non poco lontano da loro dove erano poggiate le grandi valigie.
Quando fu talmente lontana da sembrare una formica, la ragazza scoppiò a piangere.
Era forse spaventata? Lo avevano fatto apposta?
Era vero anche che qualcuno sarebbe andato da loro a prelevarli, ma non era stato di certo un bel gesto.
Il piccolo John, dal canto suo, non potè che sedersi accanto alla sua sorella preferita – da quel momento decise che sarebbe stata tale: la abbracciò come poteva, dedicandole parole di conforto.
«La mamma non poteva arrivare tardi al lavoro, non l'ha fatto apposta» e con quelle parole i due si lasciarono andare in un abbraccio amorevole, proprio come tutto quello che li aveva sempre circondati.
 
 
 
Erano due ore che, ormai, il piccolo John si era appisolato tra le braccia di Candice. All'apparenza sarebbero potuti sembrare una madre e un figlio, magari anche mendicanti. Ma poi la gente avrebbe visto le grandi valigie accanto ai due e avrebbe pensato che aspettavano semplicemente un treno alla ricerca di speranza, perché in realtà era anche vero.
La sorella maggiore stava accarezzando i capelli leggermente ondulati del bambino contemplando quella tenerezza inaudita, quando sentì dei passi veloci avvicinarsi.
Due ragazzi sfrecciavano come non aveva mai visto verso il suo lato. I due urlavano cose incomprensibili, forse data la lontananza, e scivolavano tanto erano veloci.
Con la coda nell'occhio notò che la stazione era ormai vuota e che gli unici rimasti erano proprio lei e John: probabilmente si era fatto buio e nessuno prendeva il treno a quell'ora.
Fissò a lungo i due correre avanti e indietro. Sembrava una scena davvero comica: il più veloce arrivava ad un certo punto, si guardava intorno e poi tornava dall'altro urlandogli qualcosa.
Iniziò a ridere talmente forte che entrambi i ragazzi si voltarono verso di lei.
La ragazza si maledisse per due motivi: John si era svegliato e quei tizi – che ora si stavano avvicinando – potevano essere anche dei killer e li avrebbero potuti far fuori. Strinse al petto il piccolo che ancora non capiva quel che gli stava succedendo intorno e sospirò sperando che quei due non si avvicinassero proprio a loro.
Ma la fortuna non gira sempre dalla nostra parte, no?
Quello più veloce le si parò davanti con il fiatone, poggiando entrambe le braccia sui fianchi a mo' di teiera, con gli occhi chiusi. Cercava palesemente di riprendersi dalla corsa.
L'altro, quello più lento, urlò qualcosa che finalmente la ragazza comprese.
«Louis, tu mi vuoi far morire!»
Anche lui cercava di riprendere fiato, piegato in avanti con le mani sulle ginocchia. Questo alzò leggermente la testa spostando i numerosi ricci che aveva intorno al viso diventato rosso per la corsa e sorrise sornione.
Candice rimase spiazzata: era un sorriso quasi mozzafiato.
Ma non doveva dar conto agli sconosciuti. Era un ragazzo, e si sa cosa i ragazzi vogliono dalle ragazze.
Il primo, Louis, si voltò prima verso l'amico, poi spalancò gli occhi verso i due fratelli ancora seduti sul pavimento.
«Candice e John?» domandò  ancora respirando pesantemente.
Il bambino lo guardò torvo e urlò un «Eh?»
I due ragazzi si fissarono spaesati, quasi disperati. Poi Louis fece qualche passo verso l'amico e gli urlò esasperato: «Harry, ma dove diamine ci hanno fatti venire? Non sono loro!»
Fu allora che la lampadina nel cervello di Candice si accese: erano coloro che li avrebbero accompagnati.
«Sì che siamo noi» constatò lei cercando di scrollarsi di dosso il fratellino che non la mollò un attimo, nemmeno quando si ritrovarono in piedi davanti ai due appena arrivati.
Louis ed Harry la guardarono un'ultima volta, passando poi ad analizzare le valigie: dovevano pesare davvero tanto.
Ovviamente la ragazza diede per scontato che le avrebbero portate i due, così iniziò a camminare verso l'uscita.
«Allora, andiamo?» li incalzò mentre i due, sempre facendola ridere, ricominciarono ad urlare cercando di trascinare quei pesi immensi dietro di loro.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Giuacchina