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Autore: Libra Prongs    28/09/2012    9 recensioni
“Allora, dov’è Harry?”
Ti limiti a scuotere la testa, lo sguardo perso nel calice di Vino Elfico ancora colmo.
“Credevo facesse un salto qui, no? Non verrà?” insiste timidamente.
“Mi dispiace, Neville, non ho la minima idea di dove sia Harry, né di dove andrà o se verrà qui stasera”.
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"Da un certo punto in avanti non c'è più modo di tornare indietro. E' quello il punto al quale si deve arrivare. Quando si supera un certo confine, quando si valica il limite, non è possibile fare dietrofront. Hermione l’ha imparato a sue spese."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'It could have gone that way, 'cause Harmony is the way. '
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Tu ignori dove vado, io dove sei sparita;
So che t'avrei amata, e so che tu lo sai!

-C. Baudelaire

 


 
“Allora, dov’è Harry?”
Il faccione di Neville Paciock riempie il tuo campo visivo.  Non è cambiato affatto.
 “Noi… non so, mi dispiace” rispondi. Laconica.
E tu? Quanto sei cambiata?
“Oh. Ho saputo che parte, speravo di sapere qualcosa di più da te” si giustifica, probabilmente intimidito dal tuo tono sbrigativo. 
Ti limiti a scuotere la testa, lo sguardo perso nel calice di Vino Elfico ancora colmo.
“Credevo facesse un salto qui, no? Non verrà?” insiste timidamente.
 “Mi dispiace, Neville, non ho la minima idea di dove sia Harry, né di dove andrà o se verrà qui stasera”.
“C-credevo solo… va bene, Hermione, non importa. Vado a salutare…”
Neppure lui è in grado di sostenere la tua compagnia, questa sera. Non puoi biasimarlo. Ti concedi una risatina mentre Neville sparisce tra la folla lasciandoti sola nell’ampio vano della finestra. La Sala Grande non ti è mai parsa meno familiare. Eppure il fuoco scoppietta come un tempo negli enormi camini; gli stendardi pendono dalle travi colorando l’ambiente di oro e bronzo, zaffiro e vermiglio; i tavoli strabordano di prelibatezze; la musica si diffonde morbida e avvolgente. Persino il soffitto è lo stesso di sempre, ma le magiche stelle che riproduce non sanno illuminarti, questa notte. Ti guardi intorno, scorgendo di quando in quando qualche rossa chioma Weasley: ecco Ginny che chiacchiera con delle vecchie amiche; George, in fondo alla sala, che ride con Lee Jordan e Angelina. Intravedi anche Ron accanto a Dean e Seamus, ma distogli immediatamente lo sguardo. Non hai voglia di sentirti ancora addosso quell’espressione rancorosa, né di sentirti ancora in colpa per avergli mentito di nuovo. Allontani il pensiero della lite di questo pomeriggio insieme al peso di avergli fatto credere che il motivo del tuo disappunto fosse davvero il modo rumoroso in cui mangiava a pranzo. Pessima scusa, non c’è che dire, ma sei stanca di cercare giustificazioni al tuo malumore degli ultimi tempi. Vorresti solo startene un po’ da sola, tutto qua. Ron non riesce ad accettarlo e non fa che stuzzicarti, domandare, insistere. E’ il tuo ragazzo, certo, e si comporta come tale. Ma, dannazione, deve per forza essere tanto pressante?
Devi per forza essere tanto arrabbiata?
Il punto è questo. Ed è davvero un punto, non riesci ad andare oltre questo stato di insoddisfazione, agitazione, confusione. La verità è che ti senti vuota e vorresti che fosse Ron a poterti riempire. Lo vorresti intensamente, ma le sue premure, i suoi tentativi di avvicinarsi, di mettere persino da parte l’orgoglio non fanno che infastidirti. Ti stai allontanando, stai scivolando piano dalle sue braccia, dalla sua vita. Stai scivolando e basta. Senza controllo. Non sei più la stessa Hermione, disposta a stringere i denti e ad andare sempre avanti per il bene di tutti. Quella ragazza è perduta da un po’, se n’è semplicemente andata cedendo il posto a una giovane donna sfuggente, irritabile, indecisa. Tutti quelli che credevi essere baluardi di certezza nella tua vita si stanno pian piano sgretolando.
Sei fissa in un limbo di inazione, impassibilità. Vivi per il lavoro. Mangi poco e male. Respiri piano, dietro l’ennesima corazza che hai fabbricato ad arte, ancora una volta. Sorridi di rado, abbassi lo sguardo, ti fingi impegnata al Ministero fino a sera inoltrata. Ti lasci baciare da Ron. Talvolta ti senti disperata al punto da chiedergli di passare la notte con te, nascondendo il malessere tra le pieghe delle lenzuola. Ti culli nell’ipocrita speranza che la sua pelle sfregata contro la tua, le mani sulle tue gambe, le labbra sul tuo corpo ti aiutino a desiderarlo con l’anima, a convincerti di amarlo ancora. Ma di giorno, alla luce del sole, ti rendi conto che quello che avete consumato non è amore, non da parte tua, non più.
Sospiri, chiedendoti quanto tempo manchi prima che Ginny si avvicini per sapere come stai. E’ stata lei a insistere per trascinarti a Hogwarts questa sera –“Il professor Vitious sarà felice di vederti, Hermione, non puoi mancare alla sua festa di pensionamento!” - nonostante tu abbia provato con pazienza a spiegarle che avevi discusso con Ron e non ti andava di uscire. Ginny ha sbuffato, decisa a non sentire ragioni oltre alle proprie. Ha obiettato che una serata in compagnia di vecchi amici ti avrebbe giovato e avrebbe sicuramente aiutato suo fratello a sbollire la rabbia; si è fiondata in camera da letto e ha scelto per te l’unico abito dell’armadio che non avresti voluto indossare, opponendosi strenuamente alle tue rimostranze.
Ed eccoti a fare cenni di saluto e sorrisi forzati alle vecchie conoscenze di Hogwarts, avvolta in un vestito raffinato di seta leggera che ben poco si addice al peso che grava sul tuo animo. Rimpiangi il confortevole maglione e i pantaloni della tuta nei quali ti saresti volentieri infagottata per trascorrere una serata di solitaria lettura.
“Gradisce un canapè di drago, signora?”
La vocina acuta di un’elfo domestico ti fa sussultare, distogliendoti dai tuoi pensieri. Lo fissi con dolcezza  scuotendo la testa in segno di diniego e continui ad osservarlo mentre dondola via, reggendo due vassoi troppo grossi per la sua statura e sicuramente troppo pesanti. Provi pena e rabbia al contempo, sempre più convinta della campagna che stai portando avanti con il C.R.E.P.A. Non riuscirai mai ad accettare il trattamento riservato a queste creaturine, né smetterai di lottare per i loro diritti, nonostante le difficoltà che stai incontrando. Sola, lo sguardo perso oltre la vetrata fino al Lago Nero, ti abbandoni alle tue riflessioni.
 
“Non hai mangiato nulla, vero?”
Ginny è alle tue spalle e ti squadra con preoccupazione.
“Dovresti assaggiare almeno i dolci, sono incredibili!” esclama, indicando il buffet.
“Ho preso qualche canapè” menti, abbozzando un sorriso.
“Oh, avanti, Hermione. Non sono mio fratello, mi accorgo immediatamente se stai mentendo!”
E’ una battuta, non c’è traccia di accusa nelle parole di Ginny, eppure ti infastidiscono enormemente. Lotti con te stessa per mantenere la calma; sai bene che sta solo cercando di aiutarti, a suo modo.
“Sul serio, Ginny, sto bene così. Non mi va di mangiare, sai, quando sono nervosa” cerchi di spiegare.
“Oh, d’accordo, fa’ come vuoi. E… so che non devo impicciarmi, sul serio, ma cerca di parlare con Ron. Qualunque cosa abbia fatto, ora mi sembra parecchio giù”.
“Lo farò” prometti, chiudendo il discorso.
“Spero proprio che Harry riesca a fare un salto” dice Ginny tutto d’un tratto e l’aria che respiri sembra gelare. Deglutisci, la gola si annoda all’istante.
“Credi che verrà?” articoli, assumendo un’espressione sufficientemente sorpresa.
“Gli ho inviato un gufo due giorni fa per chiederglielo. Mi ha scritto che non era sicuro di tornare in tempo, ma avrebbe fatto il possibile” rivela, visibilmente eccitata.
Sorridi debolmente, mentre nella tua testa –nel tuo cuore- la battaglia infuria. Una parte di te desidera rivedere Harry con tutte le forze, parlargli. Ma l’altra parte spera ardentemente che lui non venga. Ti sconvolgerebbe anche il solo vederlo da lontano, ti instillerebbe nuovamente e con più vigore il dubbio e l’incertezza. Ti spezzerebbe. E l’unico in grado di rimettere insieme i pezzi sarebbe proprio colui che ha provocato la frattura. Harry. No, non puoi farlo, non puoi permetterti di cedere, non qui davanti a Ginny, Ron e tutti gli altri. Harry non deve venire, ripeti, non verrà. Un mantra doloroso nel tuo cervello, che rimbomba e cozza contro le membra. Non venire.
“Hermione, va tutto bene?”
 “Un… un capogiro, nulla di grave. Stasera non sono in forma” ridacchi, decisa a cambiare argomento.
Ginny sembra perplessa, ti scruta interrogativa.
“Allora, chi hai incontrato di bello? Calì? Ragazze del tuo anno?” domandi cercando di apparire sinceramente interessata e Ginny ti sorride, probabilmente sollevata dal tuo cambio d’umore.
“Oh, sì, devi proprio venire a salutarle! E c’è persino quell’oca di Romilda Vane, hai presente?”
Ti lasci condurre al centro della sala dove la nutrita combriccola chiacchiera allegramente. Ron è l’unico taciturno, ma si illumina quando incontra il tuo sguardo. Allora ti senti in colpa, una volta di più, perché sembra un bambino mentre ti si accosta timidamente e ti cinge i fianchi, prendendoti in disparte. 
“Mi dispiace” bisbiglia. E’ ferito. “Mi dispiace, d’accordo? Ultimamente non facciamo che discutere e, miseriaccia, non riesco a capirti per niente. Mi dispiace se non sono il fidanzato modello o cosa, ma… ecco… ti amo. Non voglio che tu stia male per colpa mia, e…”
“Oh, tu non c’entri, Ron. Sono solo un po’ nervosa e non è a causa tua, passerà. Davvero” lo interrompi, incapace di ascoltarlo ancora addossarsi colpe che non ha. Non del tutto, almeno. Ti guarda negli occhi Ron, forse alla ricerca di quello stesso amore che prova lui per te. E allora lo baci. Come se potesse risolvere tutto, come se potesse annullare i tuoi tormenti. Ti stringe forte, ti sussurra all’orecchio che stasera sei bellissima, ma nessun brivido ti percorre la schiena, il cuore non perde alcun battito.
“Hermione, Ron, venite qui! Guardate chi c’è” esclama Neville, mentre accanto a lui una sgargiante Luna Lovegood agita allegramente la mano in segno di saluto. Incroci lo sguardo raggiante di Ginny e la sua espressione, rasserenata nel vederti di nuovo apparentemente felice tra le braccia di Ron, ti stringe il cuore. Capisci che devi provarci, che la vecchia Hermione deve tornare. Ti odieresti definitivamente se dovessi ferire Ron e Ginny con qualche decisione sconsiderata. Non puoi lasciare che tutto ti scivoli tra le dita in questo modo, non per una cosa senza futuro, una follia, un madornale errore di valutazione. Allora respiri, rilassi il viso in un sorriso, stringi la mano del tuo ragazzo e insieme vi avvicinate ai vostri amici. Sì, sei decisa a riprendere le redini della tua vita accanto a Ron, ce la metterai tutta. Ma poi il sorriso di Ginny diventa troppo ampio, le teste di tutti si voltano verso l’ingresso, esclamazioni di giubilo si elevano dal gruppo di persone accanto a te.
E muori un po’, mentre osservi Harry Potter varcare la soglia. 
 
“Oh, Harry! Vieni qui, entra, sarai congelato!”
Potevi vedere la pura gioia del tuo viso riflessa nei suoi occhi. Un abbraccio, un bacio deposto con fretta sui suoi capelli gelidi. La neve cadeva lenta, il cuore batteva all’impazzata.
“Devo ammetterlo, sai?” aveva detto, srotolando la spessa sciarpa che gli avvolgeva il collo e abbandonandola sul divano.  
“Cosa? Dammi il cappotto, avanti!”
Allegra. Eri allegra, su di giri per il suo arrivo improvviso e già ti spostavi, frenetica, da una parte all’altra del piccolo salotto per fare spazio. Sgombrando il tavolo, il pavimento, il divano dai libri.
“Che mi sei mancata, Hermione.”
Si era guardato intorno con curiosità, spostando lo sguardo da te  al camino, alle graziose foto incorniciate appese alle pareti.
“Anche tu mi sei mancato! Ma racconta, com’è andata? La tua prima missione, cielo, ero così in pena…”
Avevate parlato molto, guardato il fuoco consumare fino all’ultimo pezzo di legna.
Avevate ordinato degli Spring Rolls e del pollo alle mandorle al ristorante cinese sotto casa e tu avevi insistito perché usaste le bacchette come posate. Il tentativo era stato disastroso. Harry aveva riso, desistendo quasi subito e Appellando un paio di forchette dalla cucina.
“Dio, quanto avevo bisogno di una serata così…” aveva sospirato, soddisfatto, mentre si stiracchiava.
Una strana sensazione ti aveva pervaso, ma non avevi saputo darle un nome. Ti eri limitata a sorridere, godendoti il benessere che la compagnia del tuo migliore amico ti procurava ogni volta.
 
Cammina velocemente, troppo velocemente perché tu possa anche solo pensare di Smaterializzarti e ripeterti che no, non ci si può Smaterializzare entro i confini del castello. Non hai letto Storia di Hogwarts, Hermione? Vorresti tanto distogliere lo sguardo dalle labbra sottili, dai suoi occhi verdi, dal suo incedere nervoso e così terribilmente da Harry, ma non riesci. Lo guardi avvicinarsi, salutare qualcuno lungo il percorso, stringere mani, ricambiare pacche sulle spalle. Lo vedi lasciarsi abbracciare da Ginny, sorridere a Ron, rispondere con garbo alle domande di tutti gli altri sulla sua ultima missione. Lo fissi rigida mentre ti si accosta, ti scompiglia i capelli e mormora un saluto.
“Ciao, Hermione”.
 
L’avevi salutato con convinzione, decisa a non riversargli addosso i tuoi problemi. Era solo una sciocca discussione con Ron, non era poi così importante da sfogarti con Harry. Ma lui aveva capito che qualcosa non andava ed era deciso ad approfondire la questione. Quel pomeriggio l’avevi trovato ad aspettarti sulla soglia di casa, armato di tutta la determinazione necessaria per indurti a parlare, anche se ciò avrebbe significato attendere tutta la notte. Era da Harry. Voler risolvere i tuoi problemi, preoccuparsi per te. L’avevi lasciato entrare perché sapevi che non avresti potuto fare altrimenti e gli avevi parlato del tuo rapporto con Ron, del fatto che fosse sempre così infantile e superficiale, che non riuscisse a capirti fino in fondo. Ti saresti aspettata sostegno da parte di Harry, ma anche un tentativo di vedere le cose in maniera obiettiva per non condannare Ron. Nulla di tutto questo era accaduto. Harry era rimasto stranamente silenzioso e non aveva smesso di tormentarsi le mani. Quando aveva parlato ti era sembrato tranquillo, ma in qualche modo rassegnato.
“Anch’io ho dei problemi con Ginny. Solo che lei non lo sa, o non lo vuole sapere” aveva detto a bruciapelo.
L’avevi guardato incredula.
“Mi dispiace tanto, Harry. Non immaginavo che…”
“Non immaginavi? Ah, Hermione, neppure io. Ma era tanto tempo fa. Adesso so che tra me e lei non può funzionare.”
“Harry! Cosa stai dicendo? Non puoi dire sul serio, sono sicura che è una cosa momentanea e…” ti eri interrotta. Harry era scoppiato a ridere e quasi stentavi a riconoscerlo.
“Hermione, credimi. Se sono arrivato a dire questo vuol dire che ci ho riflettuto parecchio, ho i miei motivi.”
“Ma, santo cielo, quali motivi? Non… oh!” avevi esclamato, portandoti una mano alla bocca.
“Harry, non c’è un’altra, vero?”
Aveva abbassato lo sguardo e in quel movimento avevi letto l’ammissione inequivocabile della sua colpevolezza.
 
E’ elegante nel suo abito scuro in contrasto con la camicia candida. Attraente. Chiacchiera con tutti con disinvoltura, ride alle battute di Ron, si complimenta con Lee Jordan per la sua rubrica sportiva sul Profeta. Ginny, che gli si è letteralmente incollata al braccio, non fa che guardarlo estasiata. Abbassi lo sguardo e all’improvviso rammenti di avere delle mani, benché insensibili, e noti con sorpresa il calice di vino che avevi dimenticato.  Ti costringi a bere giusto per impegnarti in qualcosa.
“Pensieri tristi, Hermione?” domanda Luna avvicinandosi con l’abituale espressione sognante.
“Sono solo un po’ stanca” butti lì, in un tentativo malriuscito di affabilità.
Lei ti osserva con i profondi occhi azzurri e annuisce poggiandoti una mano sulla spalla.
“Avresti bisogno di un infuso di foglie di Serenella e bacche di mirtillo selvatico, sai? Dovresti provarlo, è un toccasana per la stanchezza e l’umore” osserva gentile.
Non riesci a trattenere un sorriso, anche se non hai la minima idea di cosa sia la Serenella –ammesso che esista.
“Ti ringrazio, Luna, proverò con l’infuso” dici e lei sorride a sua volta, contenta.
“Oh, dovresti consigliarlo anche a Harry. Lui sì che sembra davvero triste!”
Annuisci distratta, gli occhi già rivolti in direzione di Harry. Per un attimo puoi davvero scorgere un velo di tristezza sul suo viso, che però svanisce nel gesto casuale con cui si riavvia i capelli già scompigliati. Prendi congedo da Luna con qualche frase di circostanza, cerchi lo sguardo di Ginny e le fai capire a distanza che hai bisogno del bagno. Ti fa un cenno complice con la mano; sai che per un po’ non verrà a cercarti, soprattutto non ora che ha Harry tutto per sé. Ron sembra tranquillo mentre discute di Quidditch con i ragazzi, così ti allontani senza dare nell’occhio e raggiungi l’ingresso. E’ più silenzioso, ma la presenza di alcune coppiette appartate ti mette a disagio e comunque hai bisogno d’aria. Così esci in giardino, dove puoi finalmente emettere un sospiro di sollievo. Sapevi perfettamente che rivedere Harry sarebbe stato difficile, ma nemmeno l’eventualità peggiore tra quelle che avevi preventivato contemplava tanta difficoltà. Ripensi al tono neutro col quale ti ha salutato, ma non puoi non considerare il modo strano in cui ti ha scompigliato i ricci. E’ stato un gesto innocuo, una dimostrazione d’affetto che agli occhi di chiunque sarebbe parsa naturale tra due amici –tra voi due-, ma non è così per te. Inspiri ed espiri con lentezza, cercando di placare l’ansia che ti divora da quando Harry è arrivato, ma l’affanno non accenna a diminuire.
Harry. Ancora una volta ti ha destabilizzata. Non fa che disorientarti, confonderti, perché in quel tocco fugace tu hai sentito qualunque cosa. Disagio, rabbia, scuse, possesso, tenerezza. E parole, troppe parole non dette. Parole spezzate, come te.
 
“Signora Weasley, penso io ad apparecchiare!”
“Harry, caro, ne sei sicuro? Non devi disturbarti, sai che…”
“Nessun disturbo. Mi diverto.”
Harry era così ostinato. Ostinato come un mulo. Avevi tentato per giorni di cavargli qualche parola in più sulla causa dei suoi problemi con Ginny, ma era stato bravissimo ad evitare ogni occasione di parlarti a quattr’occhi. Tu, d’altro canto, eri risoluta a non lasciar cadere il discorso, sebbene non volessi essere troppo pressante. Lo avevi lasciato in pace per qualche giorno, soffermandoti però ad osservarlo quando era con Ginny. Davanti agli altri si comportavano come sempre: si tenevano per mano, sedevano a tavola l’uno accanto all’altra, talvolta parlottavano. Eppure non vedevi più le iridi verde chiaro di Harry accendersi quando lei lo sfiorava, non percepivi la vecchia complicità che li aveva uniti.
“Non si preoccupi, Molly, lo aiuto io” ti eri offerta, raccattando una pila di piatti dalla credenza e raggiungendo Harry nel giardino della Tana.
“Ah, Hermione!” aveva sospirato, dandoti un buffetto delicato sulla guancia.
“Mi passi quei piatti?”
“Sto ancora aspettando di sapere cosa ti sta succedendo, Harry” avevi detto porgendogli un piatto per volta. “Non credere di riuscire a farla franca con me!”

“Non crederei mai di riuscirci, tranquilla. Vado a prendere i bicch…”
“Accio bicchieri! Harry, voglio capire. Sono preoccupata per te!” avevi esclamato accorata, indirizzando ogni bicchiere  levitante al posto di ciascun commensale con piccoli colpi di bacchetta.
“Non sono malato, Hermione.”
Ti aveva guardato con intensità, le mani sulle tue spalle in un tentativo di calmare più se stesso che te.
“Io… sto solo rivalutando alcune scelte passate, mettiamola così. Non è il caso che ti allarmi, dico sul serio.”
“Vuoi veramente lasciare Ginny?” avevi bisbigliato allora, ricambiando il suo sguardo con altrettanta intensità. Non sapevi perché, ma da quando  ti aveva messa a parte del segreto ti sentivi complice di una vera e propria congiura contro Ginny e la cosa ti innervosiva.
“Hermione…”
“Hai veramente un’altra?”
Volevi solo assicurarti che Harry non facesse scelte avventate, impulsivo com’era.
“Io… Hermione, senti…”
“Ragazzi, siete pronti? Sto per arrivare con la zuppa!” aveva esclamato la signora Weasley, raggiungendovi immediatamente con un enorme calderone di zuppa bollente. Ponendo fine al discorso.
 
“Fa freddo qui.”
Sbarri gli occhi, stringi i pugni. Non hai bisogno di voltarti per identificare il proprietario di questa voce.  Senti l’adrenalina entrare in circolo, insieme a una buona dose di quello che riconosci essere puro terrore. Provi a parlare, ma la tua bocca semiaperta pare incapace di produrre alcun suono.
“Hermione” ti chiama, in un soffio.
Lo senti avvicinarsi, di più, sempre di più, le scarpe che si sollevano e atterrano sul prato morbido un passo dopo l’altro. E’ qui. Hai paura. Paura di guardarlo e cadere, come l’ultima volta.
 
Avevi litigato con Ron, di nuovo. Pioveva a dirotto e avevi litigato con Ron per l’ennesima volta. Eri tornata a casa delusa e arrabbiata, non avevi voglia di vedere nessuno. Nessuno ad eccezione di Harry.
Ti eri Smaterializzata da lui nel cuore della notte a dispetto di qualunque etichetta. Avevi bisogno soltanto di un suo abbraccio, uno di quelli che davano risposte senza che tu ponessi le domande.
Avevi bussato forte e Harry si era precipitato giù in pigiama, la fronte corrugata e il segno del cuscino sulla guancia. Ti aveva guardata e, senza una parola, l’abbraccio era arrivato. Caldo, avvolgente, intenso. La tua testa aveva trovato immediatamente il suo posto sul petto di Harry e tu avevi chiuso gli occhi, lasciandoti cullare dalle braccia del tuo migliore amico. Uno dei motivi per cui adoravi Harry era che rispettava i tuoi silenzi, comprendeva quando avevi bisogno di sfogarti e quando, invece, preferivi tacere. In questo non era affatto come te, dovevi dargliene atto. Ti aveva semplicemente condotto al piano di sopra e ceduto il suo letto, facendoti sdraiare comodamente tra i cuscini.
“Ecco, questa dovrebbe andare” aveva detto poi, porgendoti una tuta affinché la usassi come pigiama.
“Grazie” avevi mormorato guardandolo uscire dalla stanza.
Era tornato dopo una manciata di minuti con un vassoio di biscotti e due tazze.
“Ho fatto una tisana.”
E allora avevi bevuto lentamente, con gusto, e ogni cruccio era stato spazzato via. Non esistevano più le parole pungenti di Ron, il suo costante sfuggire ai problemi, la tua rabbia. Tutto quello a cui riuscivi a pensare era il modo tenero e spontaneo in cui Harry si prendeva cura di te.
“Quando vorrai parlarne sarò qui ad ascoltarti, lo sai vero?” aveva chiesto, serio.
“Ora però sarà meglio che tu dorma, Hermione, è tardi.  Riposa.”
Avevi annuito, lasciando che ti rimboccasse le coperte e, come una bambina, avevi allungato le braccia per ricevere un ultimo abbraccio. Harry aveva sorriso nel chinarsi su di te e ti aveva stretto dolcemente, posandoti un bacio sulla fronte.
 
Ti sentivi una ladra, ma era così eccitante. Eri una pessima migliore amica, senza dubbio. Frugare nei cassetti di Harry non era stata una buona idea –soprattutto non era da Hermione Granger -, ma non avevi resistito. Dopo qualche ora di sonno agitato ti eri svegliata e avevi preso a vagare per la stanza.
Eri ancora nervosa, tesa. Non volevi disturbare di nuovo Harry, ma non riuscivi a dormire. A un certo punto, la cassettiera semiaperta aveva stuzzicato la tua curiosità, così ti eri detta che non poteva esserci nulla di male nel dare un’occhiata. Il primo cassetto custodiva due cinture e alcune magliette, un paio di vecchi occhiali troppo piccoli e il distintivo da Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro. Nel cassetto successivo era sistemata la biancheria intima di Harry. Dopo la scoperta eri avvampata violentemente e l’avevi richiuso di scatto, non prima di aver notato che si trattava per la maggior parte di boxer scuri. Avevi preso a ridacchiare, pensando che tutto sommato Harry avesse buon gusto nella scelta dell’intimo, ma l’attimo dopo ti eri sentita arrossire dalla vergogna. Era strano pensare alle mutande di Harry, ecco. Non l’avevi mai fatto –perché avresti dovuto? Per Merlino, era il tuo migliore amico, tu non avresti dovuto neppure immaginare le sue mutande. Ma la curiosità era un viscido, crudele serpente e in un momento avevi riaperto il cassetto per dare una sbirciatina, solo una… Ron indossava degli improbabili boxer a strisce, santo cielo! Li avevi sempre trovati poco sexy, mentre quelli di Harry, be’, adesso che li vedevi erano…
“Da te mi sarei aspettato molte cose, Hermione, ma non questo.”
Ti eri voltata di scatto ed Harry era lì, poggiato allo stipite della porta con un’espressione curiosa. Non sembrava arrabbiato, ma ti fissava con un mezzo sorriso interrogativo.
“Santo cielo, Harry! I-io… cercavo solo… un paio di calzini” avevi farfugliato desolata, distogliendo lo sguardo.
“Calzini? Be’, sono nel terzo cassetto, credo. Ma vedo che ti sei fermata prima” aveva ridacchiato e tu avevi sbarrato gli occhi, sconcertata.
“Hermione, sta’ tranquilla. Non è un problema che tu abbia visto le mie… “
“Harry! Non serve che continui, è… è già imbarazzante così, e… be’, ecco i calzini. Sono a posto!”

“Uhm. Va bene. Io ho sentito dei rumori e mi sono preoccupato, così sono venuto a vedere, tutto qui. Hai bisogno di altro?” aveva chiesto, premuroso. Ti eri sentita una totale sciocca.
“Non riesco a dormire. Vorrei che restassi qui.”
 
“Harry?”
“Mhm.”
“Mi dispiace di aver ficcanasato, sul serio. Non so cosa mi sia preso, io…” avevi bisbigliato.
Eravate seduti sul letto fianco a fianco, le gambe penzoloni. Harry sembrava piuttosto irrigidito e  avevi attribuito il suo atteggiamento al fastidio di averti scoperta a frugare tra le sue cose.
“Hermione, vuoi smetterla di scusarti? Davvero, non sono arrabbiato.”
“Ma dovresti. Non avevo il diritto di… be’, solo Ginny dovrebbe vedere…”
Avevi sospirato, imbarazzata. Il discorso “Ginny” era ancora un tabù, sapevi che lui non intendeva parlarne e così un velo di silenzio denso era calato su di voi. Poi Harry aveva riso, si era morso il labbro.
“Ginny non vede le mie mutande da un po’, in effetti.”
L’avevi guardato sgranando gli occhi, la consapevolezza che no, non volevi affatto sapere quanto spesso Ginny vedesse le mutande del suo ragazzo. Non riuscivi a credere che la conversazione stesse prendendo una piega simile, era alquanto surreale. Ma l’imbarazzo era reale, reale e insostenibile.
“Che c’è? Non sei tu quella che insiste da giorni per sapere cosa succede tra me e Ginny?”
“Be’, sì, ma non pensavo… non immaginavo che il problema fosse, insomma… questo.”
“Non lo è” aveva detto, scrollando le spalle.
Avevi tratto un sospiro di sollievo.
“Ma potrebbe diventarlo” aveva aggiunto. Ancora silenzio.
“Okay, Harry. Okay. Ammetto che questa volta non riesco a capire che succede. Sei strano ed eviti di parlarne. Poi mi dici che tra te e Ginny le cose non sono idilliache, io sospetto che tu abbia un’altra e non dici niente per smentirlo. E adesso lasci intendere che tu e Ginny… insomma…”
“Non faccio l’amore con lei da un pezzo.”
“Ma prima hai detto che il problema non è questo, non ancora, almeno.”
“Non faccio l’amore con Ginny, Hermione. E’ rimasto il sesso, quando non riesco a evitarlo, ma non faccio più l’amore con lei.” Ancora quell’espressione rassegnata, come qualche giorno prima.
Harry ti aveva guardato a lungo, in silenzio. Non amava più Ginny, era questo che ti stava dicendo? E se non la amava, era a causa di un’altra? Non volevi saperlo.
“Harry. Non so che dire, in effetti, perché anche tra me e Ron le cose fanno schifo, sono la persona meno adatta a darti un consiglio. Non so cosa stia accadendo, non so perché le relazioni su cui entrambi avevamo scommesso stiano andando in pezzi, ma penso che Ginny ti ami, dovresti fare uno sforzo.”
Avevi scosso la testa, ti dolevano le tempie. Un’ombra scura aveva attraversato il viso di Harry, l’avevi guardato senza capire.
“Hermione, per favore. Io, uno sforzo? Credi che ci si debba sforzare per amare? Ginny non si sforza, no. Ma lei ama Harry Potter, non Harry. Ama l’idea di stare con me per quello che crede che io rappresenti. Ama il pensiero di salvare il Prescelto dalla sua smania di salvare il Mondo Magico!”
Ti eri sentita a disagio, perché una bestiolina remota dentro la tua testa aveva improvvisato un balletto vittorioso. Era quello che avevi sempre creduto e temuto, sebbene sperassi che, col tempo, l’amore di Ginny superasse la fase di idealizzazione adolescenziale e si trasformasse in un sentimento concreto.
“E’ per questo che non puoi amarla?”
Harry aveva esitato a lungo volgendoti le spalle. Ti eri avvicinata senza sapere bene cosa fare, sfiorandogli la mano, ma lui ti aveva allontanata bruscamente.
“Harry, capisco come ti senti…” avevi tentato.
Nessuna risposta.
“Sei il mio migliore amico…”
Ancora silenzio.
“Harry, parlami…”
 “Ti amo.”
Il cuore aveva perso un battito, procurando la prima crepa.
 
“Scusami. Scusami, Hermione. Lo so che è complicato, non te l’avrei detto, ma…”
Non lo ascoltavi. Il tuo cervello, che di solito lavorava freneticamente, sembrava spento.
“Dimentica quello che ho detto, davvero. Non avrei dovuto. Sono un egoista, non posso trascinare anche te in questo casino, non posso.”
Sembrava che stesse combattendo una guerra interiore molto cruenta. Si era alzato di scatto dirigendosi in corridoio e a quel punto avevi dovuto seguirlo, prendergli le mani, tentare di interpretare la sofferenza nei suoi occhi. Accarezzargli una guancia, poggiare la fronte sulla sua. Baciarlo.
 
Avevi la vaga percezione del muro freddo contro la schiena, di che ora fosse o delle conseguenze che avresti dovuto affrontare il giorno dopo. Eri troppo occupata a sentire su di te le braccia di Harry, le labbra, i denti, la lingua di Harry. Il respiro affannato di Harry che ti solleticava l’orecchio.  La barba appena accennata di Harry,  che forse sarebbe sparita la mattina dopo come l’impulso che adesso vi premeva l’una contro l’altro. Più di ogni altra cosa erano le mani di Harry sotto la maglietta, lungo i fianchi, sulle cosce. Erano le sue mani decise ma gentili, avide ma non frettolose. Era il suo sguardo limpido, ora offuscato da un velo di autentico desiderio che non avevi mai colto nei suoi occhi.
Ma eri tu a chiedere di più, eri tu a volerlo disperatamente.
 
Vi eravate amati quella notte. Contro il muro, sul pavimento, sulle scale. Senza parlare, perché le parole non erano mai state il vostro forte. Voi eravate complicità, silenzio, abbracci, sguardi in lontananza. Eravate Harry e Hermione e questo bastava. Alle volte era persino troppo e spaventava, e lo ignoravi. Quante cose avevi ignorato, negli anni? Amici. Vi consideravate amici perché ne avevate passate tante insieme, vi eravate sostenuti quando nessun’altro c’era; tu lo avevi aiutato a fare i compiti e a trovare gli Horcrux, lui ti aveva dato affetto e adrenalina. E c’era bisogno di una definizione, perché il confine era troppo labile e non andava bene superarlo, non per voi due. Amici, ma quella notte vi eravate amati. Ti aveva amata con vigore e disperazione e dolcezza e intensità.  L’avevi amato con passione e  stupore e dolore e paura. L’avevi amato finalmente come non avresti mai pensato di poter fare. E non era stato giusto, non era stato onesto né sensato, solo perfetto. Perfetto.
Come ogni cosa perfetta, non poteva durare.
Ginny era piombata in casa di mattina presto. Avevi sentito dei rumori all’ingresso, la sua voce in fondo alle scale e il panico ti aveva immobilizzata. Harry dormiva placidamente, un braccio abbandonato sui tuoi fianchi, i capelli arruffati sul cuscino. L’avevi guardato intensamente e poi avevi distolto il viso, raccattando in fretta i tuoi vestiti e smaterializzandoti un momento prima che Ginny raggiungesse la stanza. Il rimorso era tutto ciò che desideravi. Speravi che ti divorasse, che ti costringesse a pentirti, ma, per quanto lo invocassi, non arrivava. Avevi agito come avresti voluto, consapevole di quanto fosse sbagliato, estremo, complicato. Ma l’avevi fatto perché Harry meritava di essere amato esattamente per quello che era, solo Harry, così come lo conoscevi tu. L’avevi fatto perché ti aveva detto ‘ti amo’ e avevi avuto per la prima volta il coraggio di guardarlo come ti eri sempre imposta di non fare. Eri sempre stata convinta di dover essere per Harry un punto di riferimento, un sostegno, un’amica fidata perché era quello di cui aveva bisogno. Così ti eri davvero innamorata di Ron, avevi sentitamente incoraggiato Ginny. E adesso che avevi finalmente capito di aver sbagliato era troppo tardi, perché Ron e Ginny c’erano davvero, la loro presenza non poteva essere cancellata in una notte, non dopo tanti anni. La sola cosa sbagliata agli occhi del mondo sarebbe stata quella che era accaduta tra te e Harry, perciò non avreste potuto fare altro che dimenticarla. Tutto sarebbe tornato come prima. O quasi.
 
Hai le dita intorpidite, del tutto prive di sensibilità e serri le nocche con forza, arrivando a conficcare le unghie nei palmi. Il suo sguardo lungo la schiena. E’ una sensazione incredibile, non avresti mai creduto di poterla associare a lui. Gioia, terrore, rabbia, passione: un miscuglio di forze violente e contrapposte ti ribolle nel sangue e ti lascia senza fiato.
“Hermione, guardami.”
Sai che sta per allungare una mano verso di te, posarla sul tuo collo. E’ questione di attimi, ma il tempo pare essersi dilatato e puoi sentire ogni alito di vento tra i capelli, ogni scricchiolio delle sue scarpe di pelle sul terriccio umido, ogni martellata del cuore contro la cassa toracica.  Sebbene te lo aspettassi, il tocco deciso di Harry ti fa sussultare; contro la tua pelle ha un effetto più potente di un Imperio e ti costringe a voltarti lentamente. Ti detesti mentre rabbrividisci, il suo respiro sulla tua nuca.
 
Avevi cominciato a evitarlo. Non apertamente, o Ron e Ginny si sarebbero insospettiti. Ti limitavi a scongiurare qualunque eventualità di restare da sola con lui, qualsiasi occasione di parlare che non si limitasse a un saluto frettoloso o qualche chiacchiera distratta. Ecco perché ti trattenevi in ufficio oltre l’orario, tenendoti impegnata per non pensare, per non incontrare Harry e per non dover parlare con  Ron, verso il quale provavi un colossale senso di colpa. Harry aveva cercato a lungo  il tuo sguardo, le tue mani, un qualunque modo di avvicinarti, ma avevi lottato con te stessa per non cedere. E dopo la cena alla Tana, alla vigilia della sua missione di due settimane in Norvegia, avevi sentito allargarsi la crepa sul cuore mentre Harry si allontanava destinando a te l’ultimo sguardo ferito.
 
“Non dovresti essere qui. Ginny si chiederà che fine hai fatto” lo informi, più aggressiva di quanto dovresti, meno di quanto vorresti. 
“Come stai?” ribatte, inchiodandoti con gli occhi.
Avevi sperato scioccamente di dimenticare quanto fossero verdi. E’ sinceramente preoccupato per te, al solito, il che complica le cose. Prendi un respiro e cerchi di apparire disinvolta, anche se sai che con Harry è inutile fingere.
“Sto bene, Harry. Molto bene. Il lavoro mi soddisfa, credo di aver raggiunto un equilibrio con Ron. Tutto bene, come vedi.”
“Certo. E io non ho sconfitto Voldemort e Gazza odia la sua gatta.” Abbozza un sorriso e inclina la testa di lato, lievemente imbarazzato. Provi quasi un dolore fisico nel constatare che la sottile ironia che lo contraddistingue persiste, nonostante la tensione palpabile che c’è tra di voi.
“Puoi ridere, Hermione, è una battuta.”
“Non mi sembra appropriato ridere, onestamente.”
“Allora potremmo parlare.”
“Noi… lo stiamo facendo, Harry. Stiamo parlando, sebbene io non ne abbia affatto voglia” menti.
“Intendo parlare sul serio, non fingere di conversare come due estranei, Hermione.”
“Non ho nulla da dire, Harry, mi dispiace” esclami, volgendogli di nuovo le spalle e facendo per andartene. 
“Ehi, Hermione, ti stai divertendo, per caso?” sbotta, cambiando bruscamente tono.
“Divertendo… c-cos…”
“Be’, io no. Che diavolo ti è preso? Siamo sempre noi, Hermione! Qualunque cosa sia successa, sono sempre Harry, mi vedi? Sono quello che non ti dice quanto sei saputella per non ferirti, sono quello che apre la porta di casa alle due di notte e ti ascolta. Sono quello con cui hai volato su Fierobecco e mangiato da McDonald’s, quello che hai nominato segretario del C.r.e.p.a. e non ha discusso, quello a cui hai salvato il culo un sacco di volte e non smetterà mai di essertene grato. E tu sei prima di tutto la mia migliore amica, lo sarai a prescindere da tutto e sto male, sto male senza parlarti, senza poterti abbracciare. Lo so, lo so che ti ho detto che ti amo, so cosa è successo. Ma credi che fuggire così, evitarmi, risolva le cose?”
Ti sta guardando come non avresti mai voluto che facesse. E’ distrutto e sai che è per colpa tua.
“Hermione, non ti sto chiedendo nulla. Non ti sto dicendo di lasciare tutto e fuggire con me, sapevo fin dall’inizio che non potevo aspettarmi niente. Ti sto solo dicendo che voglio poterti stare accanto, sono disposto a starti accanto come ho sempre fatto, purché tu me lo conceda. Sei troppo importante per pensare di perderti, ma se tu… se sono un peso, se per te è difficile anche solo vedermi lo capisco. Mi hanno offerto un posto come Auror Capo in Scozia. Per due anni. Ecco, sto pensando di accettare. Se non mi vuoi fra i piedi, io me ne vado. Basta una tua parola.”
Le lacrime sgorgano senza che tu possa fermarle, mentre l’uomo che ami ti sta dicendo che è disposto a sparire purché tu ritrovi la serenità. Sai che Harry non se ne sarebbe mai andato perché questo è il suo posto, è qui che vuole stare. Ripensi alle parole di Neville, quando ti ha detto di aver saputo che Harry sarebbe partito. Era a questo che si riferiva? Ti rifiuti di crederlo, Harry non può andare, non può lasciarti, anche se tu hai lasciato lui. Sei stata ancora una volta così sicura di te stessa, così supponente da credere di sapere cosa fosse meglio per entrambi senza pensare nemmeno di chiedere il suo parere. Hai evitato le conseguenze delle tue azioni come un’adolescente sconsiderata. L’hai ferito e ti sei presa in giro da sola, ma non è servito. Ti stringi nelle spalle, avvolgendoti le braccia intorno al busto per non gettarle al suo collo, abbassi lo sguardo. Non riesci a parlare.
“Harry! Hermione! Siete lì? Tornate dentro, c’è la torta!”
Non distingui la voce. Potrebbe essere quella di Ron, o Fred, o Neville. Che importanza ha?
Harry ti fissa, ma non riceve risposta e si gira sconsolato in direzione del castello. Poi ci ripensa e torna indietro, si sfila la giacca e la posa con cura sulle tue spalle, come un gentleman d’altri tempi. Come Harry. Ti rivolge un sorrisetto triste e si allontana senza più voltarsi.
“Ti amo anch’io” sussurri, troppo piano perché possa sentirti.
 
Quando riesci a rientrare in Sala Grande trovi Ginny in lacrime attorniata da uno stuolo di persone. Nessuno pare far caso a te a eccezione di Luna, che si avvicina e ti prende la mano. Sai quello che sta per dirti un istante prima che schiuda le labbra.
“Harry ci ha appena detto che ha accettato un trasferimento in Scozia per due anni.”  
 
 

***

 
Da un certo punto in avanti non c'è più modo di tornare indietro. E' quello il punto al quale si deve arrivare.* Quando si supera un certo confine, quando si valica il limite, non è possibile fare dietrofront. Hermione l’ha imparato a sue spese.
E’ andata a King’s Cross e ci è tornata tutte le settimane. Il treno Londra-Edimburgo la attende ogni sabato, da un anno a questa parte. Harry la aspetta ogni giorno di ogni settimana nel suo appartamento in affitto, sul vecchio divano di pelle marrone. Parlano molto, mangiano ancora Spring Rolls, ma con le mani. Bevono Burrobirra e guardano il fuoco del camino, fanno l’amore sul tappeto e si addormentano abbracciati. Qualche volta lei piange nel sonno. Continua a chiedersi dove questa relazione clandestina li porterà, se avrà un futuro, se avranno la forza. Harry le ripete quello che avrebbe detto Silente, che un giorno, quando lui tornerà in Inghilterra, dovranno scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Hermione annuisce, Harry la abbraccia.
Quando si supera un certo confine non è possibile fare dietrofront. E va bene così, perché non potrebbe essere altrimenti, perché loro sono Harry e Hermione.  Perennemente in bilico su un filo troppo fragile, costantemente sospesi tra dovere e volere. Mano nella mano.





Nda:  
* Da un certo punto in avanti non c'è più modo di tornare indietro. E' quello il punto al quale si deve arrivare. -Kafka
Questa storia mi frulla in testa da un bel po', lo ammetto. Non ho molto da aggiungere sulla trama, in realtà. Come immagino abbiate capito, le parti in corsivo sono ricordi, attraverso i quali ho tentato di spiegare il precedente della storia, ma che in realtà costituiscono buona parte della storia stessa. Quanto alla scelta di scrivere in seconda persona, be', è stata abbastanza automatica. Ho cominciato di getto a scrivere così e ho deciso di non cambiare, sebbene non fossi del tutto convinta. Mi piacerebbe molto avere un parere sul risultato, quindi scatenatevi con le recensioni! :)
AVVISO: sono momentaneamente evaporata da Facebook, ma non vi allarmate. E' una misura provvisoria, avevo bisogno di staccare la spina. 
Ma qui ci resto, ah se ci resto! Non vi libererete mai del tutto di me. :D 

Libra 
 

 

   
 
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