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Autore: Valu Valonsa    29/09/2012    1 recensioni
Incontrare due stronzi nella vita non è sempre un male!
AVVERTENZA: presenza di parolaccie :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La mattina seguente mi ritrovai stesa sul letto con gli stessi abiti del giorno prima,probabilmente mi ero addormenta mentre tra le lacrime mi autoconvincevo a depennare Stefano dai miei pensieri. Il cellulare continuava a vibrare sul comodino,riuscì a prenderlo giusto in tempo prima che cadesse. Avevo gli occhi gonfi,lo percepivo nella difficoltà ad aprirli e anche perché sapevo quali erano le conseguenza principali di una nottata intera a piangere. Ripresi il telefono tra le mani e trovai 7 chiamate di Stefano,un messaggio e una chiamata in entrata sempre dello stesso soggetto. La voglia di sentirlo,di discutere,di spiegare era pari a zero,così lo lasciai squillare ancora un po’.Appena si arrese lo spensi e lo lanciai nel cassetto della scrivania,sicura che lì sarebbe rimasto fino a lunedì. Mi alzai dolorante dal letto e con i vestiti stropicciati scesi al piano di sotto.
Le attività mattutine erano nel pieno e si svolgevano come in una tipica domenica mattina: mamma canticchiava le canzoni di Nada preparando la colazione,papà la stringeva a se tra le sue braccia e Carla guardava pensierosa la tv. Mi sedetti a tavola e iniziai distrattamente a seguire il cartone di due fratelli super intelligenti che occupavano le loro giornate estive costruendo oggetti immensi, parco giochi, ristoranti, castelli…Insomma si divertivano!
Nella sala da pranzo dopo 2 episodi del cartone entrarono mamma e papà,la prima con i capelli tutti sconvolti e il secondo con un ghigno soddisfatto.
Avevo un leggero voltastomaco dovuto in parte da quelle dimostrazioni d’affetto,che stonavano moltissimo con il mio stato d’animo. Mamma e babbo si sedettero vicino e tenendosi per mano iniziarono la loro colazione,seguiti a ruota da Carla. Mi alzai lentamente scusandomi e dicendo che dovevo prepararmi per la cerimonia. Tutti fecero finta di crederci,perché avevano capito che quando era nella fase post-pianto era meglio lasciarmi stare. L’ultima cosa che desideravo era far preoccupare i miei genitori,che già mi avevano vista in una stato catatonico a causa di un bastardo,quindi mi concentrai affondo per trovare la faccia meno schifosa che potessi indossare quel giorno. Quella che avrei mantenuto per tuuuutta la giornata. Lentamente mi spogliai e mi chiusi in bagno,una bella doccia gelida era quello che ci voleva! Dovevo svegliarmi in tutti i sensi,evitare di sembrare uno zombie e mostrare il viso di una giovane donna fiera di sé stessa,in procinto di laurearsi e di scappare in Spagna. Certo era anche una donna ferita,che si comportava da stupida e s’infatuava anche del cane della vicina di casa,ma era meglio tenerselo per sé questo particolare. Rientrai in camera molto più sicura e rilassata,avevo buone probabilità di riuscita!
L’appuntamento con i parenti era alle 12 in Chiesa,Stefano sarebbe arrivato mezz’ora prima. Erano le 10 e mezzo e non avevo ancora iniziato l’opera di ristrutturazione.Indossai un abito verde acqua che arrivava leggermente sulle ginocchia, infilai anche le scarpe di un colore molto simile. Alby mi aveva convita a comprare un paio di tacchi,non troppo alti,ma per me restavano comunque dei trampolini. Li provai e dovetti ammettere che erano comodissime,come aveva detto la commessa. Scesi al piano di sotto per mostrare per la prima volta a mamma il vestito e vedere se c’erano delle modifiche da apportare. Pensavo di trovarla in cucina,ma sentì dei rumori in sala da pranzo così cambiai rotta e mi diressi nell’altra direzione.

“Mamma cosa ne pensi?”
Entrai in sala spalancando la porta e guardandomi il vestito.Ero ancora incerta se fosse quello l’abito che avrei messo durante la cerimonia in Chiesa.
Quando alzai il volto in direzione di quella che doveva essere la posizione di mia madre,trovai invece Stefano. Mi fissava tra lo scioccato e il dispiaciuto. Beh sfidavo chiunque a non provare pietà per un’illusa dagli occhi gonfi!
Mi schiarì la gola e chiesi dove fosse mia madre e lui cordialmente,fin troppo per i miei gusti e per i miei nervi, disse che era in cucina. A passo svelto entrai nella stanza accanto e chiesi di nuovo il parere a quella che stavolta era davvero mia madre. Mi fece i complimenti per la scelta del colore,che risaltavano i miei occhi.Ringraziai per i complimenti e mentalmente benedì Alberto per il consiglio che mi aveva dato. Stavo per uscire dalla porta della cucina,evitando accuratamente di passare per la sala da pranzo,quando mia madre mi richiamò chiedendomi se cortesemente potessi portare il caffè a Stefano. La implorai di spedirmi sopra e di evitarmi il supplizio,ma lei ignorò le mie richieste,anzi suppliche e mi spinse in sala. Mi mossi meccanicamente posando la tazzina sulla tavola e iniziando a camminare in direzione della porta. Ero praticamente arrivata, altri tre secondi e sarei stata libera.


“Aspetta.”
Maledetti tre secondi di letame!
Mi voltai nella sua direzione immaginandolo ancora seduto a debita distanza,invece mi sbagliavo enormemente. Era ad un palmo di naso da me,come si fosse mosso così velocemente e silenziosamente non ne avevo idea…Forse il fatto che ero talmente concentrata sul traguardo-porta fece svanire tutto il resto.
Comunque trovandolo così vicino mi allontanai un po’ toccando con la schiena la porta. Non parlavo,non avevo grandi cose da dire o nemmeno piccole cose in realtà.Stavo lì come una cretina,di nuovo, a fissarlo,pregando che entrasse qualcuno così da poter scappare. Ero così impegnata nella supplica silenziosa,che non feci subito caso alla sua mano sulla mia guancia.

“Hai pianto?”
Mi chiese dolcemente continuando ad accarezzarmi e a fissarmi fin troppo intensamente.
Ingoiai a vuoto,ormai la saliva non c’era più e neanche il respiro. Provai a prendere fiato e il suo profumo mi colpì in pieno,sperai addirittura di svenire pur di scampare a quella figura di niente che stavo facendo. Avvolta dal suo profumo e da una strana e inaspettata sicurezza ripresi coscienza di me.

“No.Non ho pianto,è allergia.”
Sulla scusa dovevo lavorarci un po’ su,ma il tono era stato perfettamente calibrato. Continuavo ad essere tranquilla,pur essendo vicinissima al suo viso,sapevo che non avrei fatto nulla che avrebbe fatto soffrire Carla, non volevo. Oltretutto Stefano era innamorato di lei e non sarei stata di certo io a rovinare la loro relazione.

“Non sai mentire,ma apprezzo il tentativo di non farmi preoccupare.”
Riprese dopo un lungo silenzio.
Gli puntai gli occhi addosso,stava succedendo esattamente l’opposto di quello che era giusto. Lo avevo influenzato con quella stupida dichiarazione e adesso lui,con i suoi precedenti dubbi, aveva tratto conclusioni ancora più errate delle mie.
Lo spinsi via con un gesto di rabbia dovuto all’ennesima cazzata fatta.

“Non volevo far preoccupare nessuno,tanto meno te.Mi dispiace per ieri avrei dovuto tenere la bocca chiusa.Immagina come se non ti avessi detto nulla,ok? Tu sei il ragazzo di Carla, non voglio assolutamente che lei soffra a causa mia e nemmeno tu devi perdere tempo con me.Ti chiedo solo di dimenticare quello che ho detto ieri e di andare avanti.”
Non dovevo piangere!
Era tassativamente vietato farlo di nuovo e fortunatamente,grazie a qualche intercezione celeste,non avvertì nessuna sensazione di cedimento. Ero stata sincera,nessuno doveva soffrire a causa mia tanto meno loro,che erano una coppia bella e felice. Io potevo sopportare le fitte nello stomaco ogni volta che li vedevo vicini,quando si sfioravano, quando si baciavano. Sarei stata bene anche se sentivo un dolore lancinante nel petto al solo pensarli insieme.

“Quindi quelle di ieri cos’erano?Dove finiscono adesso?”
Chiese immobile sul posto,non si era spostato di un centimetro da dove lo avevo spinto.

“Da nessuna parte.Le devi solo dimenticare.”
Ero già di spalle pronta ad uscire e non attesi un attimo in più per farlo.
Una volta in camera respirai a pieni polmoni,con una calma preoccupante mi truccai,misi il profumo e attesi che mi chiamassero per scendere. Evitavo di stare nella stessa stanza da sola con Stefano. Verso le 12 e mezza mi chiamarono,anzi urlarono che eravamo in ritardo,così in fretta e furia scesi le scale. Decisero di andare con una sola auto,speravo ardentemente che saremmo andati con quella di Stefano,così lui,costretto a guidare,non mi sarebbe stato accanto. Ovviamente optarono per quella di famiglia,allora iniziai a pregare tutti i santi,e non solo quelli,affinché a lui fosse ceduto il posto del passeggero davanti,ma l’infinita e bastarda gentilezza di Stefano convinse mamma a prendere posto accanto a papà,che guidava. L’ultima speranza era quella di stare seduta accanto a Carla,ma anche quella fu distrutta quando mia sorella chiese di stare vicino al finestrino. Stefano si offrì di sedersi al centro.Sentirlo così vicino non giovò alla mia sanità mentale,messa a durissima prova quel giorno.Girai la testa e il corpo verso il finestrino e non mi voltai dall’altro lato per nessuna ragione.
La Chiesa distava una ventina di minuti circa.
I più lunghi di tutta la mia vita.
Una volta arrivati scesi dall’auto tutta indolenzita per l’orrenda posizione che avevo assunto durante tutto il tragitto. Mi stiracchiai per bene sentendo il suo sguardo addosso che non mi aveva lasciata neanche per un secondo.Scivolai vicino a mio padre e vi rimasi fino all’inizio della cerimonia. Papà aveva indossato un semplice abito grigio con giacca e cravatta,cosa per lui indispensabile. Mamma aveva un bellissimo abito rosso scuro,che le faceva risaltare le forme giuste,Carla,invece, indossava un vestito color panna. Stranamente era di lunghezza normale e non lasciava intravedere pezzi di intimo o altro. Lasciai il meglio per ultimo: Stefano aveva indossato gli abiti che avevamo scelto il pomeriggio precedente, pur avendolo visto più volte con quel abbigliamento non potei evitar di pensare,per un attimo,che era davvero perfetto. Mi voltai immediatamente dal lato opposto quando quei pensieri poco casti stavano prendendo possesso di me.Carla lo presentò a tutta la famiglia,nipoti,cugini…tutti! Mentre io morivo in silenzio. Fortunatamente dopo una mezz’ora iniziò la cerimonia,mi posizionai vicino mamma,dal lato opposto della navata rispetto a dove si erano seduti Stefano e Carla. Non volevo vederli, neanche per sbaglio.
Mi concentrai sull’omelia e su nostro cugino Michele,troppo alto e bello per la sua età! Avevamo sempre avuto un bel rapporto,non vedevo l’ora di abbracciarlo e di riempirlo di baci,cosa che odiava a morte se a farlo non era una ragazza che gli piaceva.Mi divertito come una matta con lui.

“Chissà cosa avrà dimenticato.”
Tentò di sussurrare mia madre a mio papà.

“Ma chi?Michele?”
Era confuso anche lui dall’improvvisa affermazione di mamma.

“Ma no Michele,Stefano!Continua a guardare di qua ogni tanto,forse avrà dimenticato di dirci qualcosa.”
Spiegò tranquilla mamma,babbo annuì semplicemente e ritornarono alla cerimonia. Invece io rimasi immobile nella stessa posizione,non potevo credere al fatto che stesse cercando me.Era impossibile. Un’altra illusione che dovevo scacciare via. Cercai anche io di ridedicarmi alle parole del vescovo,che continuò per un’eterna ora. Dopo il rito finale e le foto uscimmo tutti dalla Chiesa e ci organizzammo per andare al ristorante. Avevo chiesto a mia cugina Stella,sorella di Michele, se c’era un posto libero nella loro auto,perché volevo evitare di stare dietro con i novelli fidanzatini e preferivo di gran lunga stare appicciata a loro due.Chiesi ai suoi genitori,miei zii, i quali dissero che non c’erano problemi. Li ringraziai e proposi a Stella di aspettarmi così avremmo raggiunto la macchina insieme,lei annuì andando ad avvisare i genitori. Mi avvicinai a mamma e papà quando erano nel bel mezzo di un focoso bacio,era il lieve effetto che le cerimonie in chiesa scaturivano in loro.Per non parlare delle reazioni ai matrimoni! Tralasciando le oscenità tossì un paio di volte cercando di catturare la loro attenzione,a pochi passi da noi c’era la nuova coppia che parlava fitto fitto. Li ignorai,anzi lo ignorai! Alla fine scocciata scrollai mamma da dosso a papà.

“Eh per Dio vi sto chiamando da 2 ore!”
Con tutto il rispetto parlando davanti ad una Chiesa,non ne potevo più di tutti quei baci.

“Scusaci amore.Cosa volevi dirci?”
Rispose babbo il più lucido in quella situazione.Gli spiegai brevemente tutto,mentendo sulla motivazione del passaggio.

“Volevo stare un po’ con Michele e Stella,durante il pranzo li vedrò poco già lo so…quindi volevo approfittare!”
Mentì spudoratamente,ma grazie all’euforia che ancora li avvolgeva non si resero conto della colossale bugia.

“Vabbene cara! Noi faremo una sosta a casa perché Carla deve cambiare l’abito,ha detto che con questo non può di certo andare anche al pranzo.”
Rispose divertito babbo,anche lui condivideva con me le risate sulle follie di Carla per l’abbigliamento. Risi con lui fin quando non vidi che “la coppia del secolo”,come li aveva definiti nonna Carla,si stavano avvicinando. Mi defilai immediatamente salutando altrettanto frettolosamente, udì in lontananza solo una voce che chiedeva dove stessi andando.
Dopo 24minuti esatti arrivammo al ristorante. In macchina Michele mi aveva confessato che gli sarebbe piaciuto vedere il prossimo abitino di Carla,mentre Stella lodava il suo nuovo “Boyfriend”. Che dire?Preferivo sentirlo nominare che averlo vicino. Poi fortunatamente dopo i primi minuti concentrati solo su mia sorella e il ragazzo,passamo a trattare come tematica il tradimento di Luis.
Di bene in meglio,pensai.
Li liquidai subito,senza mezzi termini usando anche qualche colorita espressione per descrivere il mio felice stato d’animo.Finalmente quando oramai eravamo arrivati affrontammo l’argomento ragazzi/e che piacevano a Stella e Michele. Michele usciva da un paio di settimana una compagna di classe,ma dal suo punto di vista non era niente di che. In effetti era troppo giovane per impegnarsi già.Stella invece,che aveva compiuto 5 mesi fa diciotto anni era ancora fidanzata con il ragazzo del primo liceo. Mi raccontò che era stato amore a prima vista,s’innamorarono il primo giorno di scuola e da allora non si erano più lasciati. Recuperammo giusto in tempo gli ultimi aneddoti amorosi delle loro vite,che fummo costretti a scendere dall’auto perché eravamo arrivati. Già alcuni invitati erano lì,cioè quelli che erano usciti dalla Chiesa 15 minuti prima per saltare la fase delle foto. Cosa che volevo evitare anche io.Farmi immortalare con Stefano nella “foto di famiglia” mentre bacia Carla non era nella lista delle”cose emozionanti da fare prima di morire” e l’avrei evitato molto volentieri. Chi me l’aveva impedito? Ovviamente mia madre! Non potevo non partecipare a quel ricordo tanto felice e pieno d’amore,potevo io non trasmettere tutto l’amore e la felicità per Michele? Non avevo il coraggio di privarla di cotanta gioia e così a malincuore avevo fatto quella dannatissima foto.
Comunque il ristorante,che per inciso era a dieci passi da casa mia, era piccolo ma molto accogliente. Il fotografo appena arrivati sequestrò Michele e la famigliola felice per tempestarli di foto in ogni angolo del ristorante,ci mancavo solo la foto sotto il tavolo e il catalogo di vendita era al completo. Mi sedetti in disparte cercando di non catturare l’attenzione delle vecchiette pettegole e sbirciando in cerca del tavolo dove mi sarei seduta. Ovviamente non scoprì dove sarei capitata e fui interrogata dalle pettegole, iniziarono l’interrogatorio con il matrimonio dei miei per finire con quello futuro di Carla. Con la scusa del bagno scappai via dalle loro grinfie e fortunatamente per me quando tornai avevano sotto torchio un’altra cugina di Stella.Poverina non la invidiavo per nulla!
Erano arrivati,in quel frangente, anche i miei,con meno ritardo rispetto a quanto mi aspettassi.Il cambiamento d’abito di Carla aveva previsto sempre un vestito color panna,ma nettamente più corto e scollato.Senza saperlo aveva fatto il più bel regalo che Michele desiderasse ricevere.
I miei genitori li vidi prendere posto accanto agli zii “preoccupati”.
In pratica mia madre era figlia unica,papà invece aveva due sorelle:una era la mamma di Michele e Stella,Zia Mia(Mirandola),l’altra,che non aveva potuto avere figli, era zia Giò(Giovanna!). Zia Giò in casa era circondata da cani,che erano per lei come dei figli,ma la sua preoccupazione per la loro salute era sempre troppo eccessiva. Scherzando papà li soprannominò “La coppia preoccupata”,perché con il passare degli anni anche zio era stato influenzato.I tempi erano cambiati,ma il nome era rimasto fisso e immutato,infatti venivano continuamente chiamai i “preoccupati”.
Comunque i miei genitori erano capitati con loro,il tavolo affianco a quello centrale,dove risiedeva la famiglia del festeggiato. I tavoli restanti erano stati posizionati in fila ai lati della stanza,per permettere ai più audaci di azzardare qualche passo di danza durante i festeggiamenti. Sulla fila di sinistra notai tutte coppie appena sposate o semplicemente fidanzate e fu proprio al terzo tavolo di quella fila dove si sedettero la coppia Stefano-Carla. Tirai un sospiro di sollievo sapendo che ero scampata al pericolo ”vicino di tavolo”.Ovviamente cercai il mio posto: il terzo tavolo della fila di destra. Vedendo la combriccola felice catalogai immediatamente il tavolo come quello delle “single”.
Sempre meglio dei due amorosi.
Le gentili donzelle mi avevano lasciato libero solo un posto,in pratica non potevo scegliere,così mi sedetti un po’ scocciata,ma pur sempre sollevata. Dal mio posto potevo vedere benissimo i due del presepe,ma con un po’ di sforzo personale avrei evitato di far cadere lo sguardo in quella direzione. Uno sforzo ed una volontà nel fingere che non esistessero, che il signorino di fronte non mise in pratica nei miei confronti. Mentre parlava con Carla mi fissava,mentre ridevano guardava nella mia direzione,addirittura la baciava rivolto verso di me. Cosa voleva dimostrare? Che non potevo essere paragonata a lei,che perdevo sotto ogni punto di vista? Voleva farmi ingelosire? Forse provava addirittura piacere sapendo che io impazzivo di gelosia? Il cretino non aveva capito che bastava che sfiorasse Carla per risvegliare un senso di vuoto al centro del mio stomaco! Tentai di ingorarli,ci provai con tutte le mie forze,ma dopo il primo secondo non ce la feci più. I suoi sguardi insistenti non solo mi mettevano ansia,ma non mi permettevano neanche di concentrarmi sulle futili discussioni dei commensali. Era una calamita per me,lui lo aveva capito e ci marciava sopra. Cambiare posto non era possibile e non potevo di certo chiudermi in bagno fino alla torta,così scelsi l’unica soluzione possibile e fortunatamente realizzabile: andarmene.
Cercai di sembrare più malata possibile,quando mi avvicinai al tavolo dei miei genitori.Sussurai all’orecchio di papà che mi sentivo poco bene,forse a causa di qualcosa che avevo mangiato e che preferivo andare a casa. Cercò di farmi cambiare idea in ogni modo e maniera,ma non cedetti per nulla al mondo. La mia stramaledetta fortuna era abitare vicini al ristorante,quindi davvero c’era la possibilità di tornarmene a casa senza far preoccupare nessuno. Ero talmente felice di sapere che casa mia era così vicina,che non ci pensai su e appena papà mi diede l’ok scappai a gambe levate.Mi diedi giusto il tempo di salutare Michele e Stella e poi corsi fuori da quella trappola.
Bastò uscire da quella sala e sottrarmi a quello sguardo,che non aveva perso un mio movimento e tanto meno una mia battuta del dibattito con i miei,per sentirmi mille volte meglio. Tirai un enorme e liberatorio sospiro di bellissimo sollievo e m’incamminai diretta verso casa.
Più mi allontanavo,più l’atmosfera intorno migliorava.
Più mettevo distanza tra me e l’energumeno, più ero libera di potermi deprimere, senza sentirmi in colpa per aver rovinato la giornata a più persone.
Prima di giungere realmente nella mia dimora,feci una lunga passeggiata nel parco di fronte casa. La giornata era davvero perfetta : il sole caldo della primavera,il fresco venticello,i primi fiori che sbocciavano; il parco,pur essendo le 15 di domenica pomeriggio, era pieno di bambini che giocavano sugli altaleni,gli scivoli o nella sabbia. Era una semplice domenica di aprile e non avevo un grande voglia di rinchiudermi tra quattro mura probabilmente a piangere per colpa della mia stupida attitudine a fidarmi di tutti. Così decisi di sedermi su una panchina,chiamai i miei per rassicurarli che ero sopravvissuta a quei dieci passi di distanza e mi rilassai. Mi lasciai cullare dalle risate dei bambini,dal vento che mi scompigliava i capelli e dal sole che mi sfiorava le gambe.
Forse ero in paradiso. Non c’era Stefano quindi niente problemi d’amore; non c’era Carla,quindi niente sensi di colpa; non c’era neanche la mia coscienza,quindi neanche speranze vane. Mi alzai dalla panchina dopo tre quarti d’ora circa e mi convinsi che era ora di tornare realmente a casa,sicuramente sarebbe stato un sollievo restare lì,ma se qualcuno dei miei carissimi parenti mi avrebbe chiamato a casa avrei fatto una pessima figura.Proprio quello di cui non avevo bisogno. Mi incamminai lentamente verso l’uscita del parco ancora beata da una pace interiore molto piacevole, attraversai la strada e con le mani e la testa nella borsa cercai le chiavi del cancello.


“Dove diavolo eri?Mi sono preoccupato.”
Alzai di scatto la testa terrorizzata non solo dal tono ansioso utilizzato,ma anche perché avevo immediatamente riconosciuto quella voce.
Addio pace interiore,bentornati casini, problemi, dolore fisico e gelosia.

“E-ero al parco. Cosa cazzo ci fai TU qui??”
Parlai quasi urlando,in quanto ero rimasta scioccata nel trovarlo lì,dove non doveva assolutamente essere.

“Sono venuto a cercarti per sapere come stavi...Ho detto a Carla che c’erano stati dei problemi a casa e che dovevo un attimo andare via.”
Rispose più calmo e tranquillo, forse immaginava che volessi suicidarmi per lui?


“Mentire ti viene naturale,eh? Comunque sto bene,adesso puoi anche tornare al ristorante,DOVE DOVRESTI ESSERE!”
Lo scansai con l’intento di entrare in casa e provare a recuperare quella pace che piano piano stava andando a farsi friggere.

“Non ho nessuna intenzione di andare via.Dobbiamo parlare.”
Continuò sicuro,forse incazzato per la battuta molto sarcastica che gli avevo lanciato,ma poco importava perché…

“Io non ho niente da dirti,lo vuoi capire? Quello che dovevo dirti lo sai già e ti ho anche chiesto di dimenticarlo,ma tu sei recidivo forse.”
Continuai a rivolgermi a Stefano sempre di spalle,non avrei saputo fronteggiarlo faccia a faccia,avrei ceduto dopo i primi tre secondi di guerra.

“Allora ascolti me.Possiamo parlare anche qui se vuoi,se non ti fidi.”
Dopo averlo studiato involontariamente per bene avevo capito che quando si fissava le scarpe,come faceva anche in quel momento, era agitato,ma sincero.Nonostante questa convinzione,non volevo concedergli più di quanto fosse lecito.

“Vabbene dai parla.Adesso ti ascolto.”
Respirai affondo e mi voltai con tutto il corpo.
Ritrovare quegli occhi non fu particolarmente sconvolgente,in quando non mi avevano mai lasciato per tutta la giornata,ma il velo di dispiacere che vi lessi in quel momento fu destabilizzante. Avrei fatto di tutto per evitargli quel dolore,qualsiasi fosse la ragione che lo scaturiva.
Stefano era pronto per parlare.
Ed io ero pronta per ascoltare. 

   
 
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