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Autore: _Eleuthera_    29/09/2012    33 recensioni
«Credi che non sia più un prigioniero?» domandò Loki, fissandola negli occhi pieni di orgoglio. «Credi che io adesso sia libero? Ti svelo un segreto, Sigyn. La libertà è la più grande menzogna che ti sia mai stata raccontata. Qui dentro non deciderai mai per te stessa. La prigione non è quella che hai visto nei sotterranei. Asgard lo è. Tutto il mondo è una prigione».
[Post Avengers][Loki/Sigyn]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THE PROMISE

Sussultò e strinse forte il braccio di Loki, cercando ansiosamente il suo viso. Si era voltato verso la porta, immobile come una statua, gli occhi spalancati, e la fissava come se qualcuno stesse per entrare da un momento all’altro. La porta rimase chiusa, ma c’erano passi e rumori metallici e grida lontane al di là della stanza. Sigyn si rese conto di trattenere il fiato.
Poi Loki la guardò con un’espressione tanto grave da farle venire i brividi.
«Devo andare», disse soltanto, ma a Sigyn bastò. Schiuse le labbra per replicare, ma era scivolata in un vortice di vertigini e freddo e nessuna voce usciva dalla sua gola. Si aggrappò a lui, cercando di recuperare la lucidità. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul suo petto nel tentativo di allungare quell’istante anche solo di una briciola di tempo. Loki le sfiorò la schiena con dolcezza, quasi con rimpianto. Poi la scostò con decisione e l’istante finì per sempre.
La prese per mano e uscì dalla porta insieme a lei. Il corridoio era deserto, ma l’eco del clangore risuonava tra le pareti lucide. Per la prima volta Sigyn pensò che quel posto era spettrale, con quel suo modo di catturare i suoni e le voci, con quelle sue pareti che riflettevano le immagini imprigionandole sotto la superficie. Improvvisamente le sembrava tutto spaventoso.
Loki la trascinò con sé nei meandri del palazzo camminando con passo deciso, senza voltarsi. C’erano così tante cose che Sigyn avrebbe potuto sentire, in quel momento, eppure non ne provava neanche una. La sua mente era immersa nella nebbia, in un limbo ovattato. Il battito del cuore pulsava nei timpani.
Iniziò a reagire quando vide il primo drappello di soldati tagliare loro la strada. Se li vide davanti e pensò che avrebbero potuto non tornare; poi pensò lo stesso di Loki e il rumore del proprio battito nei timpani divenne un rombo sordo. Una sorta di silenzio, quasi. Si voltò verso Loki, osservando la sua fronte corrugata e gli occhi seri. Avrebbe voluto che si fermasse e l'abbracciasse forte, che la baciasse promettendole che non gli sarebbe accaduto nulla, ma non lo fece. Ricacciò indietro le lacrime mentre si dirigeva con lui verso la Sala del Trono.
Un attimo dopo incrociarono Thor. Non appena li vide si illuminò di una luce scura. Si affiancò al fratello e iniziò a confabulare qualcosa che Sigyn non riuscì a sentire.
Aveva l’impressione tremenda di non avere alcun appiglio su tutto quello che stava succedendo. Il tempo scorreva attorno a lei, senza controllo. Si trovò nella Sala del Trono quasi senza accorgersene. Odino indossava un’armatura da battaglia; era una vista che ispirava rispetto e Sigyn chinò il capo in segno di saluto. Frigga si ergeva accanto al marito con un’ombra di preoccupazione nel suo portamento regale. I Tre Guerrieri e Sif rivolsero le rivolsero uno sguardo grave, ma parvero dimenticarla in fretta.
«Thor ha detto che Heimdall è riuscito a scorgerlo», stava dicendo Loki.
«Sì», confermò Odino. «Heimdall ha intravisto Thanos viaggiare tra gli universi. Sarà qui a breve. Dobbiamo partire immediatamente».
Loki si voltò verso di lei e Sigyn si accorse di tenergli ancora la mano.
«Lady Sigyn». Odino aveva lo sguardo severo di chi si sta preparando ad una guerra e non cambiò espressione nel rivolgerle la parola. «Vi recherete subito ai rifugi destinati alla famiglia reale. Vostra cugina vi sarà scortata al più presto».
Subito Frigga fu accanto lei, una mano sul suo braccio. «Andiamo, mia cara».
Sigyn si guardò intorno, smarrita. Era come se nel bel mezzo di tutta quella confusione avesse improvvisamente intravisto da una certa distanza il momento che stava vivendo, chiaro e definito.
Si voltò di nuovo verso Loki e vide nei suoi occhi la conferma dei propri pensieri. Era quello il momento dell’addio, l’istante che aveva atteso per tutta la notte sperando che non arrivasse mai.
Invece era arrivato, così come il matrimonio, come la prima notte di nozze. Arrivò come arrivano tutte le cose che sembrano impossibili.
Sembrava che tutti avessero una gran fretta, ma lei voleva solamente che quel momento rallentasse il più possibile. Si strinse a Loki, pensando ossessivamente che quella poteva essere l’ultima volta in cui avrebbe sentito le sue braccia attorno a sé.
Loki la guardò con gli stessi occhi seri di prima.
«Resta al sicuro», le intimò con un tono così autoritario che Sigyn annuì d’istinto. Sentiva il tempo scivolare via ed ogni istante era un tesoro bruciato. Le sembrò che Loki stesse per aggiungere qualcosa, ma non lo fece, e lei pensò disperatamente a cosa dirgli.
Ma non c’era tempo. Loki si chinò su di lei, le impresse un breve bacio sulle labbra e un istante dopo Sigyn aveva oltrepassato la soglia insieme a Frigga, diretta quasi di corsa verso una meta di cui era ignara.
Combatté con ogni sua forza per non voltarsi e tornare indietro, finché non si rese conto che era troppo tardi. Rifiutò con rabbia il dolore sordo che le pesava nel petto. Era furiosa perché aveva la sensazione di essere stata strappata via da Loki da un momento all’altro, ancora prima di accorgersene. Era furiosa perché non gli aveva detto nulla. Seguì la Regina come un fantasma, perduta in sé stessa. Lungo la strada Grete si unì a loro. Tremava di paura e abbracciò Sigyn in lacrime.
«Che cosa sta succedendo?», mormorò.
«Ci sarà una battaglia», rispose stancamente Sigyn. «Ci stanno portando al sicuro».
«Ma perché sei tornata?», chiese Grete. Poi spalancò gli occhi, e abbassò la voce per non farsi sentire dalla Regina. «È… Loki, vero? Ha attaccato Asgard e-»
«No!» esplose Sigyn, senza permetterle nemmeno di finire di parlare. «La sta difendendo. Là fuori, insieme a tutti gli altri».
Grete rimase di stucco e non aggiunse altro. Sigyn guardò il vuoto, sentendosi divorare dalla rabbia e pensando che Loki stava difendendo Asgard perché lei glielo aveva chiesto. Il groppo in gola la lasciò senza fiato. La sua mente era annebbiata come dalla nostalgia, una malinconia aspra e dolorosa. Un nodo nel cuore, qualcosa che non era riuscita a dirgli, ma non capiva che cosa…
Fu proprio allora che lo vide.
Stavano scendendo al livello inferiore del palazzo. L’unica finestra del breve corridoio era grande e luminosa. Sigyn guardò distrattamente oltre il vetro, scoprendo che la visuale s’apriva su un cortile interno gremito dai soldati. Alcuni di loro stavano varcando i cancelli in fila compatte, e Loki e Thor sbucarono in quel momento dal portone di quella che Sigyn capì essere la scuderia.
Si fermò lì dov’era, attonita. I due principi stavano conducendo le proprie cavalcature, le briglie in mano e lo sguardo pesante. Indossavano entrambi elmo e armatura. Sigyn li osservò senza respiro. Pensò che Loki avrebbe alzato lo sguardo su di lei senza preavviso, proprio come quando lei lo aveva visto varcare i cancelli di Asgard e lui l’aveva inchiodata con i suoi occhi di ghiaccio. I pochi istanti che passò alla finestra le sembrarono eterni. Continuò ad aspettare che Loki alzasse lo sguardo verso di lei, anche quando sentì Grete e Frigga chiamarla. Poi, quando capì che Loki non l’avrebbe guardata - perché queste cose non succedono mai quando devono - si voltò e corse verso le scale.
La voce di Grete la inseguì lungo la scalinata e allora Sigyn corse più forte, cercando l’uscita con una lucidità che fino a poco prima non aveva neanche sperato di avere. Trovò la porta che dava sul cortile, spalancata, la soglia affollata dal via vai dei soldati. Sgattaiolò fra loro, cercando un passaggio e lottando quando qualcuno tentò di fermarla. Non seppe come, ma ad un certo punto oltrepassò l’ingresso e si trovò inghiottita nella calca. Cercò con lo sguardo la sagoma imponente di Loki, sentendo un brivido di disperazione quando si rese conto di non riuscire a trovarlo. Poi all’improvviso non ci fu più nessuno di fronte a lei. Quando si trovò davanti Loki capì che era stato lui a vederla e che tutti si erano spostati per lasciarlo passare. Rimase senza respiro, perché Loki era davvero impressionante, con quell’elmo che lo faceva sembrare ancora più alto e gli occhi privi di sorriso. Per un attimo pensò che fosse arrabbiato, ma quando lo abbracciò lui non oppose resistenza.
«Sigyn, quale parte di “restare al sicuro” non ti è chiara?», le domandò Loki scostandosi da lei ma tenendola sempre vicina, e Sigyn si sorprese a sorridere alla nota d’ironia che aveva ammorbidito la sua voce.
«Perdonami», disse. «Ti ho visto dalla finestra, e… Prima io non…»
«Sigyn». Loki la interruppe e Sigyn si accorse che il suo sguardo era cambiato. C’era un’ombra di impazienza. Di fretta, come se il tempo avesse potuto rubargli le parole prima di poterle pronunciare. Loki si chinò in avanti, abbreviando la distanza tra di loro e celando il proprio dialogo a chiunque li circondasse. «Ti ricordi quando ti dissi che non mi importava nulla di te».
Non era una domanda, ma Sigyn rispose lo stesso. «Sì».
Era un episodio lontano, ma scoprì di ricordarlo benissimo. Faceva ancora male, e lei abbassò lo sguardo.
Loki fece una pausa. «Mentivo», rispose.
Sigyn alzò gli occhi, incapace di aggiungere nulla, perché con quella parola Loki le aveva detto tutto.
Con il cuore in fiamme, lo baciò a lungo consapevole che quello poteva essere l’ultimo bacio. Lo impresse nella memoria e quando si scostò da lui lo guardò con tutta la forza e la decisione di cui era capace. «Uccidi Thanos», disse. «E ritorna da me».
Loki non rispose, ma nel suo sguardo Sigyn capì che le aveva fatto una promessa. La guardò ancora a lungo, lo sguardo nervoso di chi deve andarsene ma vorrebbe restare; poi le lasciò un breve bacio sulle labbra, e andò.
Sigyn lo osservò salire a cavallo mentre una nausea feroce le stringeva lo stomaco. Sentì dei passi dietro di sé, una mano sulla sua spalla: era Grete, pallida e preoccupata. Sigyn non riuscì a fare altro che ignorarla. Non perse di vista Loki nemmeno per un secondo. Adesso, tutt’ad un tratto, riviveva nella sua mente ogni memoria di loro due, rivedeva il suo sguardo folle e la museruola, le sue parole astute e il sorriso di cui lei non aveva più paura.
Fu quando Loki varcò il cancello e sparì dalla sua vista che Sigyn si rese conto di amarlo, e di non averglielo detto. 



Mentre raggiungeva il Padre degli Dei in testa all’esercito, Loki provava una tale amarezza quasi da dimenticarsi di avere di nuovo i poteri. Era stata una sensazione inebriante, in principio. Era stata questione di un attimo. Prima di lasciare la sala del trono Odino aveva proteso lo scettro verso di lui e gli aveva restituito la piena padronanza dei suoi poteri magici. Tutti quei mesi passati a rimpiangere l’assenza della magia e adesso, in meno di un istante, era tornato tutto come prima. Si era lasciato travolgere dall’euforia, incredulo, mentre ascoltava dentro di sé lo scorrere dell’energia di cui era stato privato così a lungo. La padronanza della magia era qualcosa che lo aveva definito da sempre, che faceva parte di lui. Adesso che la possedeva di nuovo, era come essere tornato sé stesso.
Il suo entusiasmo però non era durato a lungo. I preparativi per la battaglia lo avevano travolto e finalmente si era reso conto che il pericolo era lì, era arrivato, ed era per lui. Aveva fatto appello ad ogni frammento di autocontrollo per mantenersi saldo e vigile e per non cedere all’angoscia. Aveva cercato disperatamente di non pensare a Sigyn e ci era riuscito, finché non se l’era trovata davanti.
Adesso, mentre cavalcava davanti all’esercito con Thor e con Odino, Loki combatteva in silenzio per nascondere dentro di sé l’immagine di Sigyn che lo cercava tra la folla, per far tacere la sua voce.

Torna da me. Sarebbe tornato. Voleva tornare. Ma se Sigyn avesse saputo ciò che stava per accadere sul campo di battaglia, forse non gli avrebbe chiesto di tornare da lei.
Il pensiero gli fece molto più male di quanto avesse immaginato. Non era arrivato soltanto il momento della battaglia, era arrivato anche il momento in cui Sigyn avrebbe capito che si era sbagliata su di lui, che si era
davvero sbagliata. Il momento in cui avrebbe cambiato idea.
Per questo Loki sapeva che, se fosse tornato o meno, era stato comunque un addio. Per questo le aveva detto la verità. L’aveva detta a sé stesso da molto tempo, ma mai a Sigyn. E voleva che lei la sapesse, prima di cambiare idea, prima di dimenticarsi di lui, di com’era stato, prima di scoprire com’era veramente.
Non c’era un alito di vento nel luogo prestabilito per lo scontro. Heimdall aveva saputo prevedere il punto di arrivo di Thanos e del suo esercito e loro lo avrebbero aspettato lì, sulla cima di una collina spoglia. Avevano parlato di tattiche e di strategie, avevano orchestrato la battaglia rapidamente ma con precisione, eppure Loki si rese conto che la sua mente era vuota. Quel falso silenzio che precedeva lo scontro s’insinuava sotto la pelle. Non era l’assenza di vento, il mormorio dei soldati: era un silenzio nella testa, un deserto dei pensieri. Loki lo aveva già sentito molte volte e sapeva che c’era chi ne impazziva e non se ne liberava mai più.
Attese. Si ritrovò a pensare di essere diventando alquanto bravo ad attendere – in fondo non aveva fatto altro per tutta la vita. Poi però pensò che questa volta non era il solo ad aspettare. C’era qualcun altro che attendeva al sicuro, nascosta nel palazzo le cui torri splendevano indifferenti nell’alba fredda. Aspettava il suo ritorno.
Loki si chiese se quel nodo tremendo nel petto fosse il prezzo da pagare per non essere più solo.
«Non ti ricorda i vecchi tempi, fratello?» Thor, accanto a lui, forzò un tono baldanzoso che Loki giudicò subito irritante.
Alzò un sopracciglio. «No, affatto».
«La differenza è che un tempo ero io a trascinarti in battaglia. Questa volta, invece, è stato il contrario», proseguì Thor. Loki gli lanciò uno sguardo di pietra.
«Se la cosa non t’aggrada, avresti potuto consegnarmi a Thanos» ribatté aspramente. L’espressione di Thor cambiò all'istante. Perse ogni traccia di spavalderia e si velò di tristezza.
«Non avrei mai potuto fare una cosa simile», mormorò. Loki distolse lo sguardo. Dentro di sé sentiva affiorare un magone che sapeva di non poter sopportare.
«Se ancora dubiti del nostro affetto, guardaci adesso», proseguì Thor. «Combattiamo insieme il tuo nemico-»
«Difendete Asgard e il Tesseract», lo corresse Loki con voce stentorea.
«Difendiamo te», replicò Thor. Prima che l’altro potesse reagire, gli mise una mano sulla spalla. «Loki, so che mai più vorrai essere mio fratello. Ma per questa volta, combatti al mio fianco come se lo fossi».
Loki si scrollò di dosso la sua mano, gli occhi ridotti a due fessure, nel cuore la malinconia che aveva cercato di evitare. «Io non…»
In quel momento il cielo esplose.
L’alba si squarciò come pelle contro un coltello e Loki fissò stupefatto la voragine aprirsi davanti ai suoi occhi. Era calato un silenzio terribile. Non era più la quiete prima della tempesta, era l’istante immediatamente precedente, era l’ultimo singhiozzo di attesa. Il cielo sventrato rimase immobile per una manciata di secondi, rosseggiando come una ferita. Poi arrivò un gran fragore e un attimo dopo il varco brulicava di Chitauri, i loro corpi squamosi che si urtavano l’un l’altro nella foga di uscire.
Loki si accorse di aver la bocca secca. Deglutì, scambiò senza volerlo uno sguardo con Thor e scoprì che gli occhi del fratellastro erano lo specchio dei propri, sgranati e pieni di quella luce che illumina lo sguardo prima della battaglia, una luce scura, un misto di terrore e adrenalina.
Odino gridò qualcosa, probabilmente un incitamento alla battaglia. Loki non ci fece nemmeno caso. La sua testa si stava svuotando, un pensiero alla volta, un gesto graduale ma assoluto. Quando si lanciarono contro i primi Chitauri, già pensava solo a vivere.
Il primo assalto della cavalleria Asgardiana si infranse bruscamente contro le fila disordinate dei nemici. Loki si trovò presto inghiottito nella marea indistinta di corpi, e quando la sagoma di un Chitauro lo sovrastò ringhiando non esitò e lo colpì con forza dove sapeva essere più vulnerabile, in un piccolo spiraglio della corazza tra il collo e il cuore. Loki lo trafisse, ed estrasse la lancia in un unico movimento fluido, spostandosi prima che il corpo si accasciasse su di lui e colpendo allo stesso modo un altro Chitauro alla sua destra.
Ripeté il colpo una, cinque, dieci volte, meccanicamente, senza pensare. Quando una carica dei Chitauri lo disarcionò da cavallo, si rialzò e continuò a colpire. La densa sostanza scura che fuoriusciva dai corpi dei suoi avversari era calda e appiccicosa. Non era sicuro che fosse sangue. Si pulì le mani sugli avambracci, ma la sensazione vischiosa rimase.
Loki non era mai stato un guerriero. Era Thor quello che amava combattere e mostrare la propria forza in ogni occasione. Loki possedeva un altro genere di forza, meno apprezzata e più temuta, una forza potente ma spaventosa. Una forza invisibile di cui Asgard aveva paura. Così, nonostante fosse micidiale nella sua arte, non avevano chiamato lui “guerriero”, ma Thor.
Eppure Loki aveva combattuto e sapeva che c’era un momento, durante la battaglia, in cui ogni uomo era solo con sé stesso. Così quando quel momento giunse e Loki si alzò da terra e per un istante incredibile rimase immobile e ignorato, vide il riflesso della guerra sul suolo, i cadaveri e il sangue e le membra sparse e confuse, e pensò che era colpa sua. Gli sembrò che l’istante durasse all’infinito dentro alla sua testa, che la battaglia attorno a lui rallentasse fino a diventare un’ombra sfuggente. Pensò che sarebbe morto e pensò con rabbia che tutti ne sarebbero stati felici.
Poi si rese conto che quello era un pensiero a cui si era abituato, un pensiero antico, ma che le cose non stavano più così. Non sarebbero stati
tutti felici.
Schivò per un pelo il colpo di un Chitauro e lo uccise senza nemmeno accorgersene.
A quel punto combatté per sé stesso, perché era colpa sua ed era la sua battaglia. Massacrò con foga ogni Chitauro gli si parasse davanti, decimando l’avanguardia di Thanos. Ogni fendente era una soddisfazione, ma la sua mente restava fredda e lucida e forte nei suoi propositi. Non stava combattendo soltanto una battaglia. I suoi occhi vigili non perdevano di vista né Thor, né Odino.
Ancora una volta, Loki stava solo aspettando il momento giusto.


La stanza segreta era silenziosissima, scavata in profondità, più giù delle prigioni e della cripta segreta dove si era tenuto il rito di fertilità. Un rifugio inespugnabile, aveva detto Frigga tentando di rassicurare Grete. Sigyn invece aveva pensato ad una tomba.
Quando aveva ripreso il controllo di sé stessa ed era tornata indietro risalendo le scale insieme a Grete, Sigyn aveva trovato lo sguardo severo di Frigga ad aspettarla. Le aveva detto che non c’era tempo da perdere e che doveva farsi forza. Sigyn avrebbe voluto rispondere che si stava facendo forza fin da quando la Regina l’aveva mandata a far visita a Loki, assegnandole un compito al di sopra delle sue capacità, sacrificandola per il bene di qualcun altro. Invece era rimasta in silenzio e aveva seguito Frigga sempre più giù percorrendo scale e passaggi poco illuminati. Era certa che solo la Regina e le guardie che sorvegliavano la stanza fossero a conoscenza di quel posto. Il rifugio era una grande stanza rettangolare allestita per una lunga permanenza. C’erano giacigli, candele e cibo a sufficienza per settimane. Da ciò che Sigyn aveva capito il rifugio era stato costruito appositamente per la famiglia reale e i nobili erano stati scortati verso un’altra camera segreta. Non aveva idea di quali misure di sicurezza fossero state prese nei confronti della popolazione.
Si era rannicchiata su un letto, le braccia serrate attorno alle ginocchia. Si sentiva le palpebre pesanti per il sonno perduto della notte prima, ma non voleva addormentarsi. Concentrò i propri pensieri sulle fiammelle delle candele che danzavano nella semi oscurità, perdendo il senso del tempo.
Grete era seduta accanto a lei, in silenzio. Frigga camminava avanti e indietro nella stanza come se si aspettasse da un momento all’altro di ricevere notizie. Un soldato era stato incaricato di monitorare la situazione e di comunicare alla Regina l’andamento della battaglia, e Frigga lo aspettava con ansia evidente. Sigyn pensò che anche lei avrebbe dovuto mostrare la stessa irrequietezza, ma dentro di lei non c’era nulla. Un vuoto doloroso. Era il silenzio di quanto trattieni il respiro, il silenzio che soffoca. Sigyn aveva iniziato a capire che quando qualcosa le faceva veramente molto male, era quel silenzio era la sua difesa, ma anche se ne conosceva la causa non le piaceva per niente. Un brivido continuo le percorreva il petto, un tintinnio nello stomaco, ed era difficile stare ferma ma ci provava lo stesso perché le sembrava che fosse l’unico controllo che ancora poteva esercitare su di sé. Teneva strette le gambe ma le sentiva fremere, e le tremavano le mani. Se si fosse addormentata non avrebbe più sentito nulla, ma voleva essere sveglia per udire le parole del messaggero se fosse arrivato. Non voleva perdersi nemmeno un istante di quell’attesa, non mentre Loki era là fuori. Non voleva addormentarsi e dimenticarsi di lui.
Un rumore di passi brevi echeggiò nella stanza, il rumore di una corsa attutita dalle pareti di marmo. Frigga si fermò di colpo e si voltò verso la porta, immobile come una statua. Sigyn si rese conto aver cessato di respirare. Quelli erano i passi di qualcuno che stava scendendo le scale, forse del messaggero. Fissò la porta, immaginandola spalancarsi e riversare dentro un mare di mostri, creature nemiche che lei non conosceva e che l’avrebbero fatta a pezzi. Tra loro, per qualche motivo, c’era Loki. L’avrebbe vista mentre veniva massacrata. Non avrebbe fatto in tempo a raggiungerla, lei non sarebbe riuscita neanche a sfiorarlo…
Si sentì soffocare e scoprì di aver trattenuto il respiro troppo a lungo mentre dipingeva nella mente gli scenari peggiori. Serrò le palpebre, ma anche nel buio degli occhi chiusi non vide altro. Non si accorse che il rumore di passi era cessato e non era preparata quando la porta si aprì.
«Maestà…» mormorò il messaggero, lo sguardo ampio e doloroso di chi ha visto cose orribili.
Frigga gli si avvicinò a grandi passi. Era più bassa di lui, ma Sigyn ebbe l’impressione che lo sovrastasse.
«Quali notizie dal campo di battaglia? Parla!»
Il soldato non sembrava così desideroso di parlare, ed esitò, guardando a terra. «Il nostro esercito combatte valorosamente. Il Padre degli Dei e i vostri figli non si risparmiano in battaglia».
Loki era vivo. O almeno lo era stato, l’ultima volta che il soldato si era affacciato alla torre di vedetta. Sigyn sentì un brevissimo sollievo accelerare il battito del cuore.
«Le forze di Thanos, però, sembrano inesauribili», proseguì il soldato, lo sguardo sempre fisso a terra. «E sicuramente di numero maggiore rispetto alle nostre».
«Le truppe di istanza al nord saranno ormai quasi arrivate», replicò Frigga. «Rinforzeranno le nostre difese. Torna di vedetta e avvertici di ogni mutamento della sorte».
Il soldato annuì, si richiuse la porta alle spalle e il rumore dei suoi passi veloci risuonò ancora tra le pareti marmoree. Piombò un silenzio grave. Avevano tutti paura, e lo sapevano.
Grete cercò la mano di Sigyn e lei se la lasciò stringere. Quando la cugina si accoccolò tremando nel suo abbraccio, la accolse con dolcezza, ma senza parlare.
Aspettava. Imparava l’attesa. Il tempo non passava e lei cercava di spingerlo, di farlo andare più veloce, di farlo sparire, di riportarle Loki. Lottava contro il tempo, ma il tempo non perdeva mai. Restava immobile nella penombra della stanza segreta. Sigyn si chiese se l’eternità fosse qualcosa di simile.
«Perché non sei rimasta a Vanaheim?» le chiese Grete flebilmente, incrinando il silenzio. «Saresti stata lontana dalla battaglia».
«Il mio posto non era lì», rispose Sigyn, meravigliandosi della propria voce come se non la sentisse da tanto tempo.
«Ma a Vanaheim saresti stata al sicuro», piagnucolò Grete. «E io potevo venire a stare da te…»
«Siamo al sicuro anche qui». Sigyn si sforzò di indossare al meglio la propria maschera di consolatrice, ma dentro di lei c’era una rabbia sottile, un fastidio pungente, e il pensiero soffocante di Loki che forse in quel momento non era nemmeno più vivo. «Il nostro esercito ci sta difendendo e qui sotto nessuna forza nemica potrà nemmeno trovarci. Non devi temere per noi, Grete. Temi piuttosto per chi è là fuori».
Grete si zittì all’istante. Sigyn pensò di aver parlato troppo duramente, ma scoprì di non pentirsene. Avrebbe voluto scambiare il suo posto con Loki, essere lei fuori sul campo di battaglia e sapere che lui stava bene. Rivoleva indietro le mattine in cui si era svegliata abbracciata a lui e non aveva saputo che cosa fare. Voleva riprendersi quella strana euforia che provava quando sentiva il suo abbraccio. Voleva parlargli e ascoltarlo. Voleva essere vicino a lui, e sebbene tante volte avesse avuto l’impressione che Loki fosse lontano, troppo lontano da lei per essere raggiunto, adesso lo era veramente e non c’era rimedio. Non questa volta.
«Com’è successo?»
Sigyn si voltò verso Grete, corrugando la fronte. «Cosa?»
«Tu lo odiavi», sussurrò Grete. «Volevi fuggire, eri disperata quando ti hanno detto che lo avresti sposato. Come… hai fatto a innamorarti di lui?»
Per un attimo Sigyn la fissò sconcertata. Fece per risponderle, ma dalle sue labbra non uscì voce. Un dolore di una dolcezza indescrivibile le stringeva la gola.
«Non lo so», rispose alla fine. «Suppongo che fosse destino».


Thanos era comparso proprio mentre l’armata dei Chitauri costringeva l’esercito asgardiano ad una momentanea ritirata. Loki lo aveva visto sbucare dalla gola slabbrata nel cielo, in piedi su un carro da guerra, seguito dal suo luogotenente. Per un istante Loki ricordò le sue mani artigliate stringerlo nel sogno. Ricordò il dolore che sapeva di non aver solo sognato e serrò le labbra in una smorfia, mentre retrocedeva spinto dalla furia dei Chitauri. Per ogni nemico ucciso ce n’erano tre a prenderne il posto. Il cielo restava divelto e le profondità dell’universo continuavano a rigettare Chitauri. Loki si chiese se fosse possibile chiudere il passaggio, e che cosa lo avesse provocato. Se avesse fermato l’avanzata avrebbero avuto qualche speranza.
Nella confusione intravide Sif lottare mentre retrocedeva, e Volstagg poco più in là. Fandral e Hogun dovevano essere ancora tra le prime file. Ma lo sguardo di Loki era fisso su Thor e Odino, e nella furia della battaglia si guardava intorno ansiosamente per impedirsi di perderli. Combattevano con valore, come ci si aspettava da loro. E Loki, a sua volta, aspettava.
Adesso però era arrivato Thanos e lui doveva rapidamente riconsiderare le sue priorità. Bastò un attimo - si voltò per vedere dove si stesse dirigendo il suo nemico - e già Thor era sparito dalla sua vista. Loki imprecò, difendendosi con rabbia dall’assalto di un Chitauro. Aveva pensato che, una volta liberatosi da Odino e Thor, sarebbe riuscito ad accordarsi con Thanos e a consegnargli il Tesseract. Al che Thanos se ne sarebbe andato a conquistare i mondi che desiderava, e ogni cosa sarebbe tornata come prima. Anzi, meglio di prima. Alla fine, lo faceva per il bene di tutti. Forse Sigyn avrebbe capito.
Ad ogni modo niente di tutto questo si sarebbe realizzato se lui non fosse riuscito a incastrare perfettamente ogni frammento del suo piano. Doveva crearsi un’occasione, e quando vide Thor avvicinarsi con quella luce negli occhi fin troppo familiare, capì che, forse, era il momento giusto.
Thor lo prese per un braccio, trascinandolo al sicuro nelle retrovie.
«Ho intenzione di tentare di sbaragliare Thanos», disse.
Loki fece una smorfia. «Dubito che Miolnjr sia sufficiente».
«Come puoi saperlo?», ribattè Thor. Loki non rispose. «Thanos deve essere sconfitto», proseguì l’altro imperterrito. «Qualcuno deve provarci».
«Che cos’hai intenzione di fare?» chiese Loki.
Thor lo guardò dritto negli occhi. «
Nornheim».
Loki ricordava Nornheim. Per un po’ di tempo quell’episodio era stato motivo d’orgoglio per lui, la timida speranza che lui stesso sarebbe stato ricordato per quella battaglia. Poi, col tempo, si era reso conto che nemmeno l’aver praticamente salvato la vita a Thor era stato sufficiente a cambiare le cose. Aveva osservato tutti dimenticare, mentre lui, come sempre, aveva ricordato.
Thor voleva che evocasse la nebbia che lo aveva celato agli occhi dei nemici durante la battaglia di Nornheim, e Loki lo avrebbe fatto solo perché sapeva che nessuna nebbia, nessun incantesimo, nessun trucco sarebbe stato abbastanza contro Thanos. Thor stava aiutando Loki a compiere il suo inganno senza nemmeno rendersene conto.
Thanos si era appostato su di un’altura e osservava la battaglia come un demiurgo contempla il suo creato. Loki seguì Thor ad una certa distanza, tenendosi momentaneamente lontano dalla lotta. Lo vide radunare Sif e i Tre Guerrieri e spiegare loro qualcosa. Poi gli lanciò uno sguardo e annuì.
Loki fece un gesto con la mano e una nebbia sottile scaturì dal terreno. Risalì verso l’alto, addensandosi e rallentando la battaglia. Penetrò nella figura di Thor, celandola del tutto. Loki soltanto poteva vedere la massiccia nuvola di nebbia che lo avvolgeva, e l'osservò vide approfittare della confusione per dirigersi ai margini della foresta che costellava l’altopiano e che conduceva all’altura dove si trovava Thanos.
Loki lo seguì con cautela, celando sé stesso con la medesima nebbia. Si mosse nella semi oscurità con una terrificante sensazione di euforia nel petto. Improvvisamente tutto andava secondo i piani. Forse quella volta ce l’avrebbe fatta davvero e allora, finalmente, avrebbe potuto mantenere la sua promessa.
Sarebbe tornato.
Notò che la battaglia si stava dirigendo verso di loro. Innervosito, guardò verso Thor: era già abbastanza lontano, ma lui non sarebbe riuscito ad allontanarsi in tempo. Ancora celato dalla nebbia, uccise un Chitauro troppo vicino. Iniziava a sentire la pesantezza dell’incantesimo ingombrargli la mente e in un attimo di panico si rese conto che non sarebbe resistito a lungo.
La battaglia, adesso, incombeva sotto l’altura, ma Thanos non si era spostato di un soffio. Loki s’inoltrò tra gli alberi alle spalle di Thor, perché doveva essere presente al momento della sua disfatta, doveva controllare che tutto andasse per il verso giusto, riproporre l’alleanza a Thanos, promettergli il Tesseract. C’era un margine di fallimento nel suo piano, ma confidava di riuscire a convincerlo.
Fu in quel momento che ogni sua certezza fu spazzata via.
In quel momento le sue energie vennero a meno e l’incanto su Thor svanì per un istante. In quel momento l’Altro lo scorse e allungò una mano per sgozzare il Dio del Tuono. In quel momento Loki vide la sua vendetta dispiegarsi di fronte ai propri occhi, vide la morte di Thor tessere la sua trama e adagiarsi nell’aria.
In quel momento il tempo si fermò, come spesso ama fare quando ci si trova ad un bivio.
Fu in quel momento che Loki uscì dalla nebbia per trafiggere l’Altro. Lo colse alle spalle e squarciò la carne della creatura con un suono terribile.
Si rese subito conto di aver rovinato ogni cosa e per un istante rimase smarrito, la lancia ancora conficcata nella schiena del luogotenente di Thanos, le braccia in tensione. Quando realizzò di aver appena salvato la vita di Thor, un rombo cupo gli invase la testa e spazzò via ogni altro pensiero. Quella che sentì dopo fu piuttosto una sensazione, la percezione di non essere stato capace di compiere la sua vendetta, di nuovo - solo che questa volta non era stato nessuno ad impedirglielo. Era stato lui, e non capiva. Non capiva perché aveva improvvisamente agito in preda all’istinto, in un momento in cui il controllo della propria mente era stato tanto ferreo. Non capiva perché, nonostante odiasse suo fratello così tanto, non fosse stato capace di lasciarlo morire.
Non era rimasto immobile che per pochi istanti, ma aveva l’impressione di aver perso troppo tempo. Estrasse la lancia con forza, spingendo a terra il corpo dell’Altro. Si voltò e subito si sentì afferrare per il collo. Annaspò mentre la mano di Thanos si serrava sulla sua gola e la sollevava da terra. L’improvvisa mancanza di ossigeno lo stordì, e quando riuscì a mettere a fuoco si trovò davanti il volto rugoso del suo nemico, i suoi occhi scintillanti.
«Ho atteso a lungo questo incontro, piccolo Dio», sussurrò Thanos con una calma serena, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo.
Loki sentì la propria voce uscire dalle sue labbra senza rendersi conto di parlare. «Ti darò il Tesseract. Lascia solo che…»
Thanos scosse il capo. «Non sono qui per il Tesseract. Sono qui per te».
Sentì Thor gridare da qualche parte. Forse l’Altro non era morto sul colpo, e ora stavano combattendo.
«Non hai mantenuto la tua promessa, Dio degli Inganni», proseguì Thanos con la stessa voce tranquilla. «Io, però, manterrò la mia».
Loki cercò di fare qualcosa, qualunque cosa, perché davanti alla morte è questo che fai, cerchi di vivere. Tentò di liberarsi, di respirare, di concepire l’idea che lo avrebbe salvato. Nell’istante brevissimo che seguì l’unica cosa che riuscì a pensare fu che anche lui avrebbe mantenuto la sua promessa. Avrebbe lottato fino allo stremo per mantenerla. Era la sola cosa di cui aveva coscienza dentro di sé. Era il suo ultimo desiderio, e quando sentì la mano di Thanos afferrargli il petto ed
entrargli nel cuore, Loki gridò non tanto per il dolore, quanto per la rabbia, perché in quel momento capì che non avrebbe potuto mantenere quella promessa.
Non sarebbe tornato.















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Prima che esclamiate indignati "Ah, Eleu ha fatto fare una terribile cosa OOC a Loki, poi se n'è pentita e quindi lo ha fatto fuori!", lasciate che vi spieghi perché il gesto di Loki secondo me non è affatto fuori dal personaggio.
Io e una mia amica abbiamo sviluppato una teoria basata su The Avengers secondo la quale Loki non ha affatto intenzione di uccidere Thor. Nel film ne ha l'occasione per ben due volte, ma in entrambe non porta a termine il tentativo. Loki, sotto sotto, non lo vuole affatto uccidere. Non ce la fa. Non si impegna nemmeno. Il vero lato tragico di Loki è la sua impossibilità a realizzare quei suoi piani malvagi, a vincere. Nel sistema di forze cosmiche, è destinato a fallire. Inoltre, un conto è odiare Thor e progettare il suo assassinio, un altro è ammazzarlo. A Loki le cose sembrano sempre perfette, nella sua testa. Poi, però, quando arriva il momento di metterle in pratica...
Ho cercato di trattare questo momento nella storia con la dovuta cura, per renderlo plausibile (infatti qualche timido tentativo di avvicinamento tra Loki e Thor c'è stato), e spero di avervi convinti.
Se dopo aver letto l'ultima scena vi state chiedendo se faccio sul serio... la risposta è sì.

Ringrazio chi ha recensito l'ultimo capitolo: _Elentari_, Chrisscolfersara, KikkaMj, Aires89, Liz_23, LittleBulma, xAlisx, dama greenleaf, SvaneH, Evilcassy, Alkimia187, Elweren, Dietrich, TsunadeShirahime, Bored94, Nat_Matryoshka, Artemis Black, Efy, _Zazzy, FrancescaAkira89, Hiddle
Immagino che a lungo andare ci si possa stufare di recensire ogni singolo capitolo, quindi veramente mille grazie a voi che arrivati quasi alla fine della storia continuate a farmi sapere che ci siete e che apprezzate ciò che scrivo, con un affetto incredibile. Siete meravigliosi. Grazie!

Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi - se volete lasciare un commento, sapete quanto è importante per me e quanto mi faccia piacere - e ricordo che se volete mi potete fare la richiesta di amicizia su facebook: https://www.facebook.com/eleuthera.efp

Ho pubblicato una flash fiction su Loki, The green-eyed monster. La trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1283331&i=1

Au revoir,
Eleu

   
 
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