Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Dont_Cry_Kla    29/09/2012    0 recensioni
"Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto,parole nell'aria, qualcuno urla, chiede pietà. Oh la pietà è fuori moda da un po’ oramai, amico, non lo sapevi? Visi distorti si riflettono e nessuno sembra uguale all’altro, lo specchio di una vita che ha troppe facce per essere dipinta. Ancora urla, nessuno sembra preoccuparsi di quello che succede."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto,parole nell'aria, qualcuno urla, chiede pietà. Oh la pietà è fuori moda da un po’ oramai, amico, non lo sapevi? Visi distorti si riflettono e nessuno sembra uguale all’altro, lo specchio di una vita che ha troppe facce per essere dipinta. Ancora urla, nessuno sembra preoccuparsi di quello che succede.

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto. Silenzio, la gente vuole dormire! Ma il silenzio non arriva, non è possibile chiedere silenzio ad uno stormo di oche che scappano dal cacciatore.

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto. Ora tocca a te, un’ultima occhiata nello specchio. Tracce di sudiciume un po’ ovunque, cicche di sigarette appoggiate al lavandino ed un assorbente usato sulla tazza del cesso. Niente di anormale in quella situazione. Il rumore dei tacchi si avvicina alla porta. UN ATTIMO! Non puoi più aspettare, un altro filo di rossetto, come se non ne avessi già abbastanza. Smettila di compatirti! Non sei una di quelle ragazzine con un brutto passato alle spalle che viene costretta a fare delle cose contro la sua volontà! La tua vita l’hai scelta tu, ogni virgola. Ogni parentesi è stata selezionata minuziosamente da te.

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto. Sistemi la pistola sotto la gonna, togli il lucchetto ed esci, traballi su quei cosi alti 15 centimetri, non ci sei abituata, sei sempre stata tipo da converse ed ora ti senti un elefante brillantinato pronto per il circo. Passi davanti ad una porta chiusa, è da lì che provenivano quelle grida, non osi chiederti che cosa sia successo ed inorridisci  al pensiero che scoprirlo è il tuo compito.

La sala è in penombra i tuoi clienti sono tutti seduti intorno ad un piccolo tavolo, l’aria resa densa dal fumo delle sigarette è irrespirabile. Quanto vorresti che fosse tutto un brutto sogno e che stai per svegliarti, sudata, ma sollevata di trovarti nel tuo letto! Ma non ci sarà nessuno ad accarezzarti la testa fino a che non chiuderai gli occhi, se li chiuderai questa volta, sarà per non riaprirli più. È con la consapevolezza di questa cosa che avanzi verso di loro, che ti guardano come se fossi un animale da macello. Azzardi un sorriso, ma te ne penti subito quando vedi i ghigni che ti sono arrivati in risposta. Un tipo basso e tarchiato ti fa segno con la mano di sederti vicino a lui, deglutisci a vuoto e mantenendo quella finta sicurezza ti avvicini. Accavalli le gambe, ma le abbassi subito, terrorizzata dal fatto che la pistola possa essere notata. Gli uomini parlano tra di loro sorseggiando drink. Te ne viene offerto uno e tu lo prendi, ma non lo bevi, non puoi permetterti di perdere lucidità.

Senti una mano che si fa strada sulla tua coscia, trattieni un conato di vomito ma lo lasci fare, è il tuo lavoro in fondo. La mano supera l’orlo della gonna e si avvicina all’attaccatura delle autoreggenti, sai che non si accontenterà di sentire la consistenza della nylon delle tue calze. Provvidenziale è la musica che parte, è un pezzo ritmato, ballabile e ti viene naturale alzarti e trascinarti con te quel vecchio pezzente. Cominci una danza lenta, sensuale ed in poco tempo una piccola folla si è riunita attorno a te, ti fai toccare e non dici nulla sempre attenta a non far trovare il tuo piccolo segreto. Qualcuno ti tocca il seno e la reazione sarebbe di prenderlo a pugni. Che vogliamo fare, piccola? Sussurra al suo orecchio con un pesante accento dell’est  mentre prende a massaggiarle il fianco scendendo pericolosamente verso il sedere. Ecco il momento di agire è arrivato. Senza rispondere gli infili veloce la lingua in bocca. Urla di approvazione si odono attorno a voi. La sua bocca sa di tabacco e whskye, se fossero stati in una situazione diversa avresti potuto anche dire che baciava discretamente, ma ti ci è voluto pochissimo per renderti conto che stai baciando uno sconosciuto trafficante d’armi proveniente dalla Russia, non hai idea di che aspetto abbia perché la sala è totalmente buia, ti senti tirare via per un braccio, fischi ti giungono alle orecchie, indirizzati alla persona che aveva avuto la fortuna di giocare per primo con la donna che avevano chiamato, per fargli compagnia in quella calda serata italiana.

Esci dalla sala e ti ritrovi in una camera adiacente, leggermente più illuminata da una lampadina rossa appesa al soffitto. La stanza è arredata con letto ed un comodino, solo lo stretto necessario per consumare.  Con la luce ti accorgi che quello che hai davanti a te non è il vecchio che ti toccava la gamba prima, è un uomo più giovane, non bello ma alquanto prestante, con i tipici tratti modellati dal freddo di Mosca. Ti fai baciare, accarezzare, toccare, sai che non è ancora arrivato il tuo momento perché quello non è il tuo uomo. Sta per succedere quello che avevi sperato di evitare. Ti stendi rassegnata pregando di doverlo fare solo una volta e che almeno non fosse così sgradevole prostituirsi. L’uomo si stende su di te e all’improvviso un’illuminazione ti coglie: devi spogliarti da sola! Non puoi permetterti di farti scoprire. Prima che tu potessi fermarti succede qualcosa, l’uomo ti alza la gonna. Il cuore perde un battito e poi ricomincia ad esplodere nel petto: è finita. Questa consapevolezza si fa strada dentro di te, a nulla serviranno i tuoi compagni che faranno irruzione al primo segnale, li prenderanno ma per te è finita.

-lo sapevo- dice scendendo da te –tu troppo sicura per essere ragazza vergine- l’uomo si guarda intorno, controlla le finestre. Hai poco tempo, devi agire in fretta. Velocemente ti alzi, prendi la pistola e la punti contro di lui, non vuoi sparare, non ti è mai piaciuto farlo. Lui sgrana gli occhi per un attimo poi con  uno scatto fulmineo ti raggiunge, prende con una mano la canna della pistola, ti gira il polso e te la strappa dalle mani. – io amico! Io poliziotto…come si dice…coperto!- cerca qualcosa nelle tasche dei jeans ne estrae un distintivo placcato d’oro. Una corona d’alloro con un fiore dal pistillo rosso e blu.

Una cosa che ti ha sempre caratterizzata però è che difficilmente credi a quello che ti dicono. Alzi la gamba, lo cogli di sorpresa tanto che il calcio lo prende in pieno volto e la pistola gli sfugge dalle mani, ringrazi il cielo di essere riuscita a rimanere in equilibrio e velocemente la raccogli, ti inginocchi su di lui e lo fissi con l’arma alzata. Odi sparare e raramente lo fai, ma sei un asso con i calci e con i pugni.

-perché dovrei crederti?- gli dici. Alza le braccia in segno di resa. –mio nome è Sergej Popof- ti sfugge un ghigno sentendo quell’assurdo cognome.

-e che avresti in mente? Sentiamo.- il sudore comincia a bagnarti la fronte. Hai appena messo la tua vita nelle mani di uno sconosciuto.

L’uomo esce fuori, senti solo l’eco della sua voce -Vyzyvaet razocharovanie i ne devstvennitsa-  oltra la porta si sente un coro di - kakogo khrena ty govorishʹ?- e -net!- non hai idea che cosa possa significare e questo non fa altro che aumentare la tua ansia. L’uomo rientra –leva pistola! Presto!- ti affretti a  mettere di nuovo la pistola nella fondina al suo posto sotto la gonna. Il tempo di farlo e la stanza viene occupata da tutte le altre persone che prima stavano bivaccando attorno al tavolo. Primo fra tutti il vecchio che si era divertito a palparti. –tuo lavoro non serve più, vai, tieni soldi- dice lanciandoti un mazzo di banconote. Quello che si faceva chiamare Sergej ti prende per un braccio e ti trascina di nuovo verso lo stanzino dov’eri prima, quello con lo specchio rotto.

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto –perché vergini?- chiedi animata da una perversa curiosità. –non vuoi saperlo- ti risponde serio, perdendo quell’aria imbranata che lo ha distinto fino a questo momento. –tu adesso vai via e ritiri tutte gli agenti attorno all’edificio, non ho intenzione di perdere il lavoro di un anno per una imbranata che ha paura a puntare la pistola- sei talmente incazzata che non ti rendi conto che l’accento russo è totalmente sparito, rivelando un italiano perfetto, lo afferri per le spalle, lo sbatti al muro e gli dai una ginocchiata nello stomaco, non ti basta vederlo accasciarsi mentre si mantiene lo stomaco, lo colpisci in viso, e vedi uscire lentamente il sangue dal naso. –senti, sono IO che non ho intenzione di mandare a cagare un anno di lavoro per  colpa di un presuntuoso rus…un momento che fine ha fatto l’accento?- stavolta  è lui a ridere. Si asciuga il sangue con un pezzo di carta igienica dalla dubbia provenienza, che tu non avresti usato nemmeno per pulire il cesso. –era ora che te ne accorgessi-

-se non vuoi che il naso te lo rompa, dimmi la verità- stavolta puntare la pistola è più facile delle altre volte.  Il tuo difetto più grande è sempre stata la tua irascibilità, se perdi il controllo è molto difficile per te riacquistarlo.

-mia madre faceva la badante qui in Italia, poi è morta ed io sono tornato in Russia da mio padre- parole secche, senza un briciolo di sentimento, che contribuiscono a rendere questa situazione ancora più assurda, e a far aumentare la tua irritazione.

-e mi spieghi che diavolo di motivo c’era per fare finta di non sapere l’italiano?- la tua voce sale di un’ottava, devi calmarti.

Sorrisi spaccati davanti a questo vetro infranto, sta volta i sorrisi sono due ed il silenzio è assordante. Vorresti per una volta essere trattata come una persona normale e non come una ragazzina troppo piccola ed inesperta per la missione che le è stata assegnata.

-dovevo divertirmi un po’ anche io. No?- l’unica cosa che vuoi è stendere quel tipo e continuare con il programma.

-cambiati, vai fuori e torna a casa! Non è posto per le ragazzine-

-senti, ho lavorato sei mesi in questo squallidissimo locale nella speranza che il nostro contatto stesse dicendo la verità e che prima o poi Dimitri Strobowski e la sua squadra arrivasse davvero per la consegna, stavamo per abbandonare l’idea quando finalmente mi hanno proposto questo lavoro con degli importanti imprenditori russi. Non intenzione di farmi soffiare la missione da un poliziotto qualunque!- sempre perché i paesi stranieri non sono mai disposti a collaborare tra di loro. Sono come una coppia con difficoltà di comunicazione, sarebbe bastato poco per evitare che gli agenti di entrambe le nazioni non si compromettessero. Ma ha perso la speranza di un mondo coerente più o meno  quando hai perso la verginità: troppo  presto.

-calmati. Si può sempre raggiungere un compromesso- propone.

-nessun compromesso! Tu sei solo, io invece ho un’intera squadra appostata intorno al locale, con tanto di cecchini. Non hai speranze! – sta per replicare ma una vibrazione interrompe la discussione, il tuo capo ti ha persa di vista, la missione sta durando più del previsto. Sai che questo è il segnale: stanno per irrompere.

Sorrisi di spaccati davanti a questo vetro infranto. Un pugno si abbatte sul muro. I pezzi già rotti vanno a terra.  Sorrisi spaccati sul pavimento sudicio.

Bum! Dalla porta laterale si sente di nuovo baccano.

Bum! Bussano, chiunque ci fosse, si è ripreso.

Bum! Vuoi aiutarlo, ma hai paura che questo possa solo peggiorare la situazione.

Prima che arrivino gli altri agenti hai un’ultima domanda da fare.  –chi c’è lì dentro?-

-creditori insolventi, niente di preoccupante, non sono brave persone… TIKHIĬ!- altri tre colpi e poi silenzio.  Ora non vuoi più sapere che c’è li dentro vero?

-tra due minuti 20 agenti del ROS faranno irruzione qui dentro e nessuno gli impedirà di colpirti quando mi troveranno-

Bum! Bam! Spari! Urla, un coro di imprecazioni in italiano e russo. Come se il tempo si muovesse a rallentatore vieni trascinata fuori per il corridoio, verso il luogo da cui provengono gli spari, senza alcun timore, tenendo stretta l’arma e per la prima volta pensi a quanto potesse essere ridicolo quel piano, al fatto che facesse acqua da tutte le parti e che probabilmente non avevano abbastanza risorse per uscirne del tutto illesi.

Bang! Bum! Splash! Suoni onomatopeici ti arrivano alle orecchie, corri vedi alcuni tuoi compagni stesi sotto il bancone del bar. Meno male che il locale era chiuso, pensi.  Il rumore dei tacchi sembra stranamente rompere la bolla di sapone in cui erano finiti tutti gli uomini impegnati ad attaccare e a difendersi come potevano. Sergej  ti afferra per la gola e ti punta un coltello direttamente sulla giugulare. -Fermi o io uccido  lei- urla. I tuoi compagni sono terrorizzati e l’espressione di pura paura che si dipinge sul tuo volto non aiuta. Il tuo istinto te la diceva giusta, non dovevi fidarti di lui. Vorresti poter sfoderare qualche tua mossa di karate che ti hanno insegnato durante l’addestramento, di quelle che nei film sono di grande effetto, oppure sparare. Ma questo non è un film. Questa è la realtà e che tu lo voglia o no stai per morire.

-senti la ragazza non c’entra niente! Lasciala stare!- urla il capitano Sciavola mentre cerca di sfuggire alla pioggia di proiettili che attraversa l’aria.

-Lei poliziotta!- preme ancora un po’ sulla tua gola e tu senti la lama premere sulla gola. È un attimo, solo un attimo e il capitano nel tentativo di aiutarti viene colpito. C’è chi dice che le vere capacità di una persona si vedono nei momenti di crisi, quando l’adrenalina scorre nel tuo sangue e non si ragiona più. Senza nemmeno rendertene conto hai alzato la pistola, e hai sparato in aria. L’uomo che ti teneva prigioniera è rimasto talmente sorpreso che ha mollato la presa.

Quello che ti fa rabbia è che devi ricrederti di nuovo, Sergej corre da te e per proteggerti da un proiettile se lo prende dritto in petto. Si accascia a terra e sputa sangue dalla bocca, l’agente Popof ti aveva salvato la vita.

Spesso è proprio l’adrenalina che ci fotte. Se avessi pensato un attimo ti saresti resa conto che correre da lui era la scelta meno saggia, che avresti dovuto lasciarlo e limitarti a piangere la  sua scomparsa. Avresti dovuto prendere posto accanto alla tua brigata e contribuire affinché nessun’altro perdesse la vita. Ma questo non lo hai fatto.

Sorrisi spaccati in una pozza di sangue. 

 

 

Tin. Tin. Tin. È un suono familiare, non credevi che l’inferno  fosse così rumoroso, non credevi nemmeno che saresti finita all’inferno, ma non ti sei mai ritenuta un persona degna di essere salvata.

-si è svegliata!- senti dire da una voce conosciuta

Forse è questa la tua punizione sentire all’infinito la voce di tuo marito che ti cerca. Vederlo sorridere, mentre ti dice che è tutto finito, che adesso c’è lui con te.  

-amore! Sara amore! Sono io Andrea, ti ricordi?- continua a dire l’immagine sfocata che dovrebbe rappresentare l’uomo che in vita hai amato.

Ad un certo punto le immagini attorno a te diventano più nitide, una finestra su cui sbatte forte la pioggia, beh almeno non c’è il sole, una camera spoglia, bianca dalle pareti scrostate. Una flebo attaccata al tuo braccio ed un monitor, da cui proviene il suono che continui a sentire.

Tin. Tin. Tin. E tuo marito ti parla e tu lo vedi, senti il tocco della sua mano e continui a pensare che il destino è stato davvero crudele con te.

-Sara, tesoro, parlami!- continuava a dire, come una litania continua. Una lacrima di scivola sul viso, come puoi piangere? Anche i morti piangono?

-Andrea- sussurri e l’abbraccio che arriva dopo non potrebbe essere più vero. Una piccola folla si riunisce attorno a te. Uomini con camici bianchi e cartelline in mano. Un ospedale. Ecco dove ti trovi. Sei viva Sara! Sei viva!

I medici ti dicono che la pallottola ti ha colpito il polmone destro e che hai perso molto sangue, ti hanno dovuto operare d’urgenza. Ma adesso stai bene, ti sei svegliata dopo due giorni tra la vita e la morte.

Sembra infinito il tempo che passa prima che ti lascino da sola con tuo marito. Lui ti prende la mano ed il tuo cuore prende a battere come ogni volta che lo vedi.

-ho temuto davvero di perderti - dice dopo averti finalmente baciata sulle labbra  -dopo questa ti fai trasferire ai centralini- sono due anni  che ti ripete questa storia e tu sai dovrai accontentarlo, hai rischiato troppo, troppe volte.

Dopo una manciata di secondi di silenzio alla ricerca di una risposta da dargli, come un fulmine tutte le domande che non hai ancora fatto ti salgono alla gola

-Il Capitano? Come sta il capitano?-

-sta bene, è solo un po’ acciaccato, ha il braccio fasciato, nulla di grave- prova di nuovo a baciarti, ma tu lo scansi. C’è un’altra cosa che ti preme sapere. –e l’agente Popof? Il russo…ne sai qualcosa?-

-non capisco cosa ti importi di lui, era solo un agente corrotto!- è irritato ed ha ragione ad esserlo, agli occhi di tutti è un uomo che ha tradito i suoi ideali e la sua patria. Nessuno sa che se sei lì è solo grazie a lui.

-comunque è rimasto ucciso nella sparatoria-

-no! Non può essere- il tuo cuore perde un battito e vorresti urlare ma la voce ti manca. È morto senza che tu potessi dirgli almeno grazie.

-ma che ti prende!- è sconvolto dalla tua reazione ed il suo istinto da poliziotto gli fa intuire che c’è qualcosa che non sa. –c’è qualcosa che devi dirmi?- è il momento. Digli la verità. Digli che ti ha salvato la vita, digli che lo ha fatto due volte.

-mi ha salvato- ti guarda interrogativo e con quei suoi occhi blu che ti hanno fatto innamorare chiede spiegazioni. –lui si è buttato davanti a me per prendere un proiettile che altrimenti mi avrebbe uccisa. È morto per questo. È morto senza che io potessi ringraziarlo-

-forse questo gesto lo salverà nell’aldilà- è il suo unico commento.

Sorridi e sorride anche lui.

Sorrisi spaccati in una stanza d’ospedale.

 

Devo essere sincera: le note a fine capitolo non sono mai state il mio forte, quindi sarò breve.

Sono conscia del fatto che la storia non sia del tutto comprensibile e spero che non si arrabbi nessuno se dico che il mio intento era quello xD (no in realtà è una scusa sapete come si dice “la volpe quando non può arrivare all’uva dice che è acerba”). Quindi complimenti a chiunque abbia avuto il coraggio e la pazienza di arrivare fino alla fine. Dunque vi lascio un paio di appunti per chi possa essere interessato:

I ROS sono un corpo speciale dei carabinieri, specializzati negli affari di mafia, tra cui traffico d’armi, prostituzione etc, fanno spesso operazioni sotto copertura. Mi dispiace per chiunque si aspettasse una storia romantica tra la bella poliziotta italiana e lo straniero. La vita spesso è esattamente come sembra. per ulteriori informazioni http://it.wikipedia.org/wiki/Raggruppamento_operativo_speciale

Credo di aver finito. Spero di non avervi annoiato, un bacio!

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Dont_Cry_Kla