‘Papà no, attento!’
‘Papà, rispondimi, ti prego papà. Perché l’hai fatto? Papà, apri gli occhi, dimmi: ‘non vado da nessuna parte, piccola mia’. Papà, ti prego.’

Nuovamente così si svegliò quella mattina Karen.
Quell’incubo ormai proiettato nella sua mente ogni notte, come un film. Un film spaventoso.
Si tolse le lenzuola da dosso e il freddo vento di quel 3 Dicembre, proveniente dall’aria umida di Londra che penetrava dalla piccola fessura della sua finestra, la fece rabbrividire all’istante.
Si sedette sul bordo del letto e si massaggiò un po’ la tempia, per poi asciugare i suoi grandi e splendidi occhi azzurri dalle lacrime.
Andò in bagno per darsi una rinfrescata e svegliarsi un po’, poi pettinò i suoi lunghi, lisci capelli neri.
Scese in cucina e preparò la sua colazione quotidiana: succo di frutta e pancake. Ne prese uno e ci spalmò sopra un po’ di marmellata alle fragole. ‘Che delizia! Potrei benissimo vivere solo di pancake!’ pensò Karen.
Era sul punto di addentare il secondo boccone, quando il campanello di casa la fece sobbalzare.
Si pulì gli angoli della bocca dalle briciole rimaste e si diresse verso la porta. Sempre con molta lentezza, con molta paura. Paura di chi potesse essere, paura che potesse essere qualcuno che voleva rapirla, farle del male. I pensieri peggiori e più ambigui li aveva solo lei.
Aprì la porta senza togliere la catenella in alto e cautamente si affacciò.
Un signore sulla quarantina, vestito in giacca e cravatta, con vari fogli in mano, le sorrise e vedendo che Karen, come sempre, non diceva una parola, cominciò a parlare.
‘Tu sei Karen, Karen Smith?’ chiese il signore.
Karen si limitò ad annuire.
‘Questi fogli, scritti 5-6 anni fa, ci sono giunti solo in settimana e..sono fogli..scritti da tuo padre’.
La ragazza spalancò gli occhi e fulminò con uno sguardo l’uomo e quei fogli.  Poi guardò nuovamente il signore, volendo sapere che cosa contenessero quei pezzi di carta.
‘E’ più che altro una lettera, una richiesta, che dice: ‘se verrò a mancare nel bel mezzo dell’adolescenza di mia figlia, voglio che vada a vivere in una casa-famiglia, non voglio che stia sola’.
Karen rimase scioccata da quelle parole, lei non era a conoscenza di quelle parole.
‘Tieni’ disse il signore porgendole i fogli ‘qui c’è scritta la famiglia in cui dovrai andare, dove si trova, qui la lettera di tuo padre. Insomma, c’è tutto. Hai il tempo di leggerli e quando avrai deciso, basterà che vai da questa famiglia e le dici chi sei. Chiaro?’ continuò.
Karen annuì, tenendo lo sguardo fisso sui fogli e restando a bocca aperta.
‘Bene, buona giornata signorina’.
La ragazza chiuse la porta alle sue spalle e si diresse in salone, si sedette sul divano e lesse tutto ciò che c’era scritto su quei pezzi di carta bianca.
Non sapeva cosa fare. Perché doveva andarci? Ogni cosa che la circonda, la spaventa, quindi figuriamoci gente estranea. Aumenterebbe solo la sua paura e il suo dolore. Ma era il volere del padre, un qualcosa che lo rassicurava.
‘Forse cosi lui sarà più tranquillo, vuole il mio bene, forse pensa che sia la soluzione migliore, anche se io non penso sia cosi..’ pensò tra sé e sé.
Alla fine decise.
Ci sarebbe andata.
Sarebbe andata a vivere dalla famiglia Horan.





spazio autrice:
so che è molto corto come capitolo, ma mi serve per dare il via a tutta la storia (?)
VI CHIEDO CON IL CUORE IN MANO DI RECENSIRE, ANCHE UN COMMENTO PICCOLO, MA FATELO. VOGLIO SAPERE COSA NE PENSATE,
SE DEVO CONTINUARE O MENO. VI PREGO.
bye c: 
se volete seguirmi su twitter, sono: @xhoransnose