Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |       
Autore: endlosenacht    29/09/2012    4 recensioni
Non è previsto che le macchine per uccidere abbiano sentimenti. Negli Hunger Games, i Favoriti sono quelli a cui più si fa affidamento per avere un bello spettacolo. Nessuno pensa alla loro storia. Ma Cato e Clove hanno avuto un passato prima dell'arena, un passato che è impossibile dimenticare.
*** Disclaimer ***
Questa è una storia incompleta. Vi chiedo scusa se per disgrazia l'avete cominciata.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Capitolo I
In backyards, winning battles with our wooden swords






La vita era dura, nel Distretto 2.
Essere fra i favoriti di Capitol City aveva degli obblighi severi. Non solo molti giovani erano arruolati tra i ranghi dei Pacificatori, ma era una verità riconosciuta e accettata che per mantenere il trattamento di favore bisognava soddisfare i benefattori.
Un do ut des dei più viscidi e crudeli, in quanto il metodo più efficace per garantire al Distretto tali privilegi era dare spettacolo negli annuali Hunger Games. E quell’onere ricadeva su chi meno sarebbe dovuto essere coinvolto nelle contorte dinamiche di potere e obbedienza: i bambini.
Gran parte della popolazione conviveva ormai serenamente con la crudeltà dei Giochi. Vedere un vincitore proveniente dal proprio Distretto quasi ogni anno era una ricompensa sufficiente a colmare qualunque scrupolo: le morti di tanti ragazzini scomparivano e perdevano d’importanza. Anche il concorrente del Distretto 2 che non ce la faceva finiva nell’oblio. Prima, entrambi i Tributi sorteggiati – o, più spesso, offertisi volontari – erano eroi destinati alla gloria; dopo, nessuno si scomodava nemmeno a ricordare il nome del caduto. Gli unici a piangerlo erano i familiari, i quali forse per la prima volta si rendevano pienamente conto di ciò che quei Giochi significassero: sadismo e crudeltà gratuiti.
Ogni briciola d’energia del resto degli abitanti doveva invece essere utilizzata per adorare il vincitore e rinvigorire il proprio orgoglio verso il Distretto e Capitol City, il quale veniva abbondantemente alimentato dai nuovi doni che arrivavano in occasione della vittoria.
Se una fatalità impediva a un Tributo del 2 di vincere, i più ostinati spettatori arrivavano a convincersi che quell’anno erano stati ricevuti ordini precisi dalla capitale, secondo cui era necessario che nessun Tributo del 2 vincesse. Per mantenere alta la competitività tra i Distretti e assicurarsi uno spettacolo ancora più grandioso l’anno prossimo, dicevano.
Era un male radicato nel Distretto 2, l’orgoglio. Talmente radicato da essere quasi impossibile da estinguere.


Contrariamente a quanto si potesse pensare guardandoli in azione nell’Arena anno dopo anno, i giovani del Distretto 2 non venivano al mondo assetati di sangue. Non passava molto tempo prima che lo diventassero, però.
L’allenamento intensivo era una pratica talmente consolidata che il primo ricordo di Cato era la postazione di tiro all’enorme Palestra del Distretto. Era ancora così piccolo da non riuscire a infilare il naso oltre il corrimano e il padre l’aveva rudemente issato sulle spalle per permettergli di ammirare quello che sarebbe stato il suo futuro.
“Ti allenerai qui ogni giorno, fra qualche anno, e diventerai invincibile” gli aveva detto serio, in un tono profetico.
Ma a quel tempo Cato non era ancora disposto a credere nel sogno del padre, un uomo il cui più grande rammarico era quello di non essere riuscito a offrirsi volontario alla Mietitura dei suoi diciotto anni, battuto sul tempo da una insulsa mezza calzetta che era riuscita a farsi uccidere quando ancora restavano sette Tributi in gara. Ora, con quell’unico figlio, pretendeva vendetta. Voleva vedere la sua famiglia trionfare, essere acclamata e invidiata. Voleva la gloria.
Tutto ciò non rientrava tuttavia nei progetti di Cato e il piccolo ebbe la fortuna di restare immune dalle brame del padre fino ai 7 anni, l’età in cui era possibile cominciare gli allenamenti. Fino ad allora non gli fu tuttavia possibile non assorbire una parte dell’aggressività e della combattività del padre, ma vi affiancò qualità che in un certo qual modo stridevano con il guerriero che sarebbe dovuto diventare: la compassione, l’altruismo, la fiducia verso gli altri.
A cinque anni già lanciava i primi bastoni appuntiti e sfidava gli amichetti a lotta libera, ma tutto questo restava sempre, per lui, sul piano del gioco. Non c’era nessuna intenzione malvagia in Cato quando atterrava un compagno o infilzava una ranocchia con il suo bastone. Semplicemente, erano gli unici giochi che gli avessero mai insegnato.
Riuscire a vincere sui compagni e lanciare più lontano di tutti erano per lui azioni del tutto normali, ma non lo era altrettanto ritrovarsi isolato dagli altri bambini. Se tutti loro erano in genere abituati ai combattimenti e non si mettevano a piangere per un graffio, non lo erano tuttavia a essere ripetutamente battuti. Anche fra i bambini era andato creandosi un ambiente competitivo, di piccoli crucci infantili che talvolta sfociavano in vere liti. Non si sentivano mai risate di bambini, nel Distretto 2.
Cato si rendeva vagamente conto del clima regnante a casa, nelle strade, fra i vicini. Ma non gli era possibile nemmeno immaginare che potesse esserci qualcosa di sbagliato, non con i continui discorsi e incitazioni del padre, i suoi complimenti soddisfatti quando il piccolo gli raccontava i suoi successi con la spada di legno, gli Hunger Games che ogni anno tutto il Distretto seguiva con occhi focosi.
Vedeva l’orgoglio splendere negli occhi dei giovani Tributi volontari, l’espressione con cui il padre mormorava a ogni Mietitura: “ Arriverà il tuo turno, figlio”.
Cato non aveva nessuna voglia di partecipare agli Hunger Games. Non aveva paura, era una sensazione che in nessun modo avrebbe potuto assorbire dalla sua famiglia, ma non voleva lasciare la sua casa. Non importava che fosse solo per poche settimane – era andato convincendosi, come il padre gli ripeteva, che avrebbe sicuramente vinto - , non voleva lasciare il padre neanche per un giorno.
In segreto, sperava che al padre passasse questa mania per gli Hunger Games. Sperava di poter continuare a giocare con le spade dietro casa per sempre. Rendere orgoglioso il suo papà in altri modi.
Il primo giorno di allenamento, però, si rese conto che sarebbe cambiato tutto.
 
 
 


Nota:
Comincia la mia prima long fic! Mi sono lanciata su una Clato, coppia che adoro e a cui spero di rendere giustizia. 
Prima di tutto, ringrazio l'adorabile Queen_B per aver letto questo capitolo e avermi dato la spinta finale per pubblicare. Ti amo, sappilo. 
Mi sento di avvisare a priori che l’idea per questa storia l’ho presa da un fan vid trovato su youtube (ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=M1-TyV8SLfc&list=FLRqWaUsxDMXu-Cn6hjhLu8g&index=2&feature=plpp_video ) e che, per me, “If I die young” dei The Band Perry è diventata la sua colonna sonora. Non tutto il testo può essere facilmente collegabile, ma mi piacerebbe che, ogni tanto, durante la lettura la ascoltaste.
Credo sia anche giusto avvertire che, da alcuni punti di vista, la storia ci metterà un po’ a ingranare in quanto una buona parte di essa si svolge prima degli Hunger Games; per me era però fondamentale conoscere Cato e Clove fin dall’inizio e non solo nell’Arena, capire le loro ragioni. Spero possa interessare anche a voi.
Cercherò di aggiornare ogni settimana per chiunque avrà voglia di seguirmi.
Vi ringrazio se leggerete, se vi piacerà, vi farà schifo o la ignorerete. Vi ringrazio in ogni caso. E se lasciaste un commento, farei i salti di gioia. Trovo i consigli estremamente utili.
Buona lettura!,
Vick
.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: endlosenacht