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Autore: endlosenacht    06/10/2012    4 recensioni
Non è previsto che le macchine per uccidere abbiano sentimenti. Negli Hunger Games, i Favoriti sono quelli a cui più si fa affidamento per avere un bello spettacolo. Nessuno pensa alla loro storia. Ma Cato e Clove hanno avuto un passato prima dell'arena, un passato che è impossibile dimenticare.
*** Disclaimer ***
Questa è una storia incompleta. Vi chiedo scusa se per disgrazia l'avete cominciata.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
Keep your eyes open






Diversamente dagli altri undici, nel Distretto 2 l’allenamento dei bambini in previsione degli Hunger Games era un’attività curriculare del programma della scuola. I responsabili erano riusciti ad aggirare il cavillo secondo il quale i ragazzi non potevano essere preparati prima dei Giochi dichiarando che le quattro ore pomeridiane trascorse in palestra erano semplice “educazione fisica”. Effettivamente era proprio quello che facevano i bambini durante le prime lezioni: lasciati liberi in una sala della palestra, venivano incoraggiati a scegliere gli attrezzi che più trovavano interessanti – non erano ancora chiamate armi nel periodo di orientamento - e a giocarci liberamente. Nel frattempo, gli allenatori prendevano nota.
Cato si lanciò con entusiasmo sulle lance e sulle spade, attirato dal loro baluginio. Non aveva mai visto vere lame di acciaio, tanto appuntite da tagliare un capello, e ne fu completamente rapito. L’anima giocosa che era in lui scalpitava dalla voglia di provare i nuovi giocattoli, voleva scoprire se erano divertenti come quelli di legno che aveva usato fino ad allora nel giardino di casa.
Sistemò diligentemente il gommino sulla punta di una bella lancia dal manico in legno di frassino – “Non dovete uccidere nessuno!” aveva scherzato una giovane ragazza con un sorriso radioso e la mano destra a cui mancava l’anulare – e poi esercitò una leggera pressione per sollevarla.
Non si mosse di un centimetro. Cato scoprì con stupore che il metallo pesava e che una lama tanto sottile da penetrare fra una scapola e l’altra richiedeva una forza enorme anche solo per essere tenuta in mano.
“Solo un vero guerriero può sollevare quell’arma, tesoro” gli ingiunse da dietro le spalle la giovane istruttrice “Sei ancora troppo piccolo”.
Questo non andava bene. Quella lancia era così bella, con quegli intagli che le conferivano una tale nobiltà, che Cato non poteva sopportare di non riuscire a usarla.
Scoccò uno sguardo stizzito alla donna e si apprestò a un secondo tentativo. Posizionò entrambe le mani sul legno, a una giusta distanza l’una dall’altra, e tirò. Tirò così forte che le braccia sembravano combattere per spezzarsi, staccarsi dalle spalle e restare per sempre abbracciate a quella meravigliosa lancia.
Quando il bambino stava per rinunciare, sentì l’intero attrezzo scollarsi leggermente dalla sua preziosa custodia. Forse di un centimetro, e non più a lungo di una manciata di secondi, ma si sollevò.
La gioia provata fu talmente grande, talmente inaspettata che Cato lasciò cadere la lancia in un tintinnio di acciaio contro acciaio.
Ce l’aveva fatta! Si sentì come quando riusciva a conquistare un biscotto in più dalla mamma: in cima al mondo.
Cacciò un urlo estatico, sorrise felicemente alla ragazza che era rimasta a osservarlo per tutto il tempo e andò a dedicarsi alle spade con un gruppo di bambini, i quali si spostarono impercettibilmente da lui. Poi, all’improvviso fece dietrofront e tornò a riprendersi il gommino che aveva dimenticato sulla lama, mormorò un imbarazzato “Scusi” e corse di nuovo via.
Non aveva notato lo sconforto negli occhi della giovane nel vedere tanto dannato talento nel bambino.
 
I bambini dotati avevano vita difficile, in Palestra.
Per una settimana continuò la messa in scena del gioco, ma poi i bambini cominciarono ad essere divisi in gruppi. Tu nel settore A1, tu nel B2, lui nel B1.
Cato attendeva impaziente il suo turno, associando ogni chiamata a una mossa del gioco “battaglia navale”. Era l’unico gioco da tavolo che il padre permetteva: un gioco in cui ciò che contava era la strategia e affondare i nemici.
“Cato *******. C1”
Era l’unico ad essere stato assegnato a quel settore e si sentì gonfiare il petto d’orgoglio: se era l’unico, voleva dire che era speciale. Suo padre sarebbe contento di lui. Un attimo dopo subentrò il dubbio: e se il settore C1 fosse stato destinato ai mascalzoni, a quelli che avevano violato le regole e meritavano una punizione?
Scacciò il pensiero. Si era comportato bene, aveva sempre usato il gommino. Ciò non gli aveva impedito di abbattere un manichino, ma non aveva fatto apposta. Avrebbero dovuto usarne uno più robusto fin da subito.
Un gigantesco uomo alto più di suo padre – che già era un colosso – si parò davanti a Cato, i bicipiti grossi come cocomeri in bella vista e i tatuaggi risplendenti nella luce della Palestra, dichiarandosi perentoriamente il suo allenatore.
Cato ebbe appena il tempo di emozionarsi prima di essere trascinato in malo modo nel misterioso settore C1. Il bambino scoprì che si trovava in fondo a una serie di corridoi talmente lunghi che confondevano le idee; dopo qualche angolo aveva completamente perso il senso dell’orientamento.
Una pesante porta di granito si aprì sulla sala più grande che Cato avesse mai visto. La raccolta di armi lì conservata era indescrivibile: lance, spade, coltelli, sciabole scintillavano in mano a una decina di ragazzi che combattevano fra di loro con una ferocia che Cato non credeva possibile.
Il suo entusiasmo scemò un poco.
Aprì la bocca per dar voce alle mille domande che si affollavano nella sua mente, quando sentì un colpo metallico colpirgli la nuca.






Nota:
Eccomi qui ad aggiornare con il secondo capitolo.
Prima di tutto, grazie a chi ha letto il primo e ha commentato e anche a chi ha solo letto senza lasciare nulla di scritto.
Quello che mi preme riguardo a questo capitolo è di rendere il fatto che a Cato piace combattere. Non per i motivi che gli altri vorrebbero, ma lo fa con piacere. E’ stata una sfida per me e spero di esserci riuscita in qualche modo (non ne sono convinta, ahimè).
Vi chiedo ancora un po' di pazienza, lo so che nella descrizione sta scritta che questa storia ha protagonista anche Clove ma non si è ancora vista. Arriverà. 
Continuerò ad aggiornare una volta in settimana, spero. Al momento sono in un crisi di aridità creativa, ma per fortuna mi sono portata avanti con i capitoli quindi dovrei riuscire ad essere regolare.
Vi auguro buona lettura, e vi prego, se questa storia vi piace, non vi piace, vi disgusta, la trovate insulsa…vi sarei grata se me lo faceste sapere. Vanno bene anche due parole, “Fa schifo”.
Buona lettura!,
Vick

   
 
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