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Autore: EnricoZapping    29/09/2012    1 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero davvero teso e agitato riguardo alla profezia ... Sopratutto per il fatto che uno di noi nove avrebbe probabilmente perso la vita, e io non avevo nemmeno raggiunto la maggiore età. Era notte ed ero veramente giù di morale, e mentre indossai il pigiama, maledissi la mia sfortuna. Ero andato a letto alle undici e quaranta; riuscii ad addormentarmi all'una. Che sogno strano feci: era notte, e io ero seduto su un bellissimo prato fiorito (dovetti sforzarmi gli occhi per distinguere l’erba, il mondo sembrava nebuloso). Mi alzai, vedevo a malapena delle bellissime rose rosse per colpa del buio.
Avanzai un po', fino a uno strano albero. Avvicinandomi, notai che era un salice piangente.
Da dietro di esso, delle figure femminili avanzavano verso di me.
“Accontentala … Accontentala … Accontenta la figlia della luna … Fallo!" Mi dissero con un tono ansioso.
Non capii nulla, e mi svegliai.

Erano circa le dieci di mattina, ero leggermente in ritardo per la colazione, ma invece, corsi sparato verso la direzione. Mi fiondai li dentro come un tornado, rischiando di far cadere una lampada vicino alla porta. Chirone, che stava mangiando
"Cosa c'è Austin? Perché mai sei così agitato? E' molto strano da parte tua." mi disse Chirone, evidentemente stupito dal mio comportamento diverso dal solito.
"Ho fatto uno strano sogno... Ero su un prato, era notte, mi avvicino a un salice piangente davanti a me... E poi delle figure femminili mi dicono di accontentare la figlia della luna.", dissi io agitatamente, e riprendendo fiato tra una parola e un altra.
Dopo qualche istante di riflessione, Chirone mi disse: "La prima cosa che mi viene in mente è che Artemide c'entri qualcosa con la vostra profezia."
Pensai che, contro una dea, anche in nove semidei avremmo sicuramente fatto una brutta, brutta fine. Dopo essere rimasto là, davanti a Chirone, imbambolato e con una faccia uguale a quella di qualcuno che doveva andare al patibolo, mi avviai verso la mia casa... Era ora di colazione, ma non aveva per niente fame. Invidiavo molto alcuni miei compagni, senza alcuna profezia che nomina la loro morte, senza preoccupazioni e senza doveri così importanti. Nella mia casa, quasi del tutto vuota, ad eccezione di un ragazzo addormentato profondamente, mi stesi sul mio letto a pancia in giù, e giusto per provare a rilassarmi, iniziai a fare le parole crociate della Settimana Mistica. Era la cosa che mi distendeva di più.
"Uhm... Dee del destino dall'aspetto di vecchie signore... Moirai..."




Non ricordo l’ultima volta che ho pianto. Adesso sì, sto piangendo, e per me è un fatto assolutamente eccezionale. Mi viene da pensare a mia madre, a come sperava che io potessi sempre avere la chance di una vita normale. Sono dislessica, eppure mi ha spronata così tanto che riuscivo ad ottenere sempre la sufficienza e a volte anche oltre. Non sono mai stata straordinaria in nessuna materia scolastica, tranne nello sport, e siamo riuscite – insieme! – a farmi avere una borsa di studio proprio grazie a quest’attitudine allo sport, a Phoenix. Le doveva così tanto. Ma il sogno era scoppiato come una bolla di sapone. Quando aveva scoperto che un suo insegnante di ginnastica era un Ciclope – neanche troppo camuffato – la sua piccola epoca d’oro della soddisfazione è finita, veloce come era iniziata. Ero una mezzosangue. Mia madre aveva sempre provato a nasconderlo e negarlo, e non la vedo come una brutta cosa. E ora, sto per imbarcarmi in un’impresa nella quale potrei morire. Inconsciamente, presi in mano una dracma d’oro e il mio iPhone. Sapevo cosa fare, in cuor mio.
“Iride, dea dell’arcobaleno, accetta il mio sacrificio. Mostrami Miliani Kamaka, a Phoenix.”
Nel piccolo arcobaleno, si formò l’immagine di mia madre. Stava guardando un qualche sport alla TV, rapita. Dio, quant’era invecchiata, in tre anni. Mi mancava da morire.
“… Ciao, mamma.”, la salutai.
Lei si rese conto della chiamata, e mi salutò a sua volta con un: “Ciao, piccola campionessa.”
Mi venne da ridere, di quel risolino triste e felice allo stesso tempo che è la nostalgia. Erano secoli che non mi chiamava più così!
“Come va? Tutto bene?”, le chiesi.
“Oh, sì, certo. Anche se ormai la vita è una noia, e ti devo confessare che la tua chiamata è stata una brezza di novità.”
Mi sentii improvvisamente in colpa per averla chiamata. “Ehm, mamma … il fatto è che … Non ho delle buone notizie.”
“Cosa è successo?”, chiese lei spaventata. “Ti rimandano a casa?”, e mi accorsi che, mentre diceva questa domanda, sebbene stesse mantenendo l’espressione spaventata ed ansiosa, aveva le labbra increspate come se dovesse sorridere.
“No.”, dissi, e quasi mi pentii di non poter rispondere sì. “Sono stata … scelta per un’impresa, un’impresa importante. E la profezia … la profezia che mi ha selezionata, dice che uno di noi morirà ed un altro verrà maledetto. Siamo in nove, me inclusa.”
Mi aspettavo una delle seguenti reazioni. Uno, mia madre si mette a piangere. Due, mia madre mi augura buona fortuna e di tornare sana e salva. Tre, mia madre sventola la mano davanti alla nuvoletta, concludendo la chiamata, per poi tentare di venire personalmente al Campo Mezzosangue per pestare a sangue la Pizia.
“… Ailani Kamaka, tu sei figlia di Ares. Per quanto non ci tenga a ricordarmelo.”, mi disse con un’aria seria. “Sono sicura che se c’è qualcuno che la spunterà, sarai tu. Vedrai.”, e dicendo così, mi elargì un sorrisetto serio che valeva più di mille parole. Voleva dire una sola parola: orgoglio. Era orgogliosa di me. In qualche modo, non le passava neanche per l’anticamera del cervello che fossi potuta non tornare o tornare maledetta per la vita. Tutto ciò che riusciva a pensare era che l’avrei fatta felice, in futuro, di sentire che sua figlia aveva fatto qualcosa di grande. Credo che gli occhi mi stiano luccicando, ora come ora.
“Grazie, mamma. Vedrai, tornerò.”
“Ci conto.”, rispose lei.
“Ciao.”, la salutai.
“… Ciao.”, mi salutò lei sospirando.
Ora, mi sentivo il cuore gonfio di coraggio. Grazie, mamma, grazie sul serio.



Non ero contenta di essere predestinata, o meglio, non l'avevo presa bene soprattutto per il pezzo che profetizzava la morte di un mezzosangue del gruppo. E' da parecchio che desideravo un'impresa, fin dal primo giorno della mia permanenza al campo. Ma non in un'impresa così pericolosa. Il solo pensiero mi faceva rimpiangere il mio passato, la mia vita noiosa ma felice che avevo in precedenza. Quando vivevo con mio padre in Kansas, quella terra arida. Ovviamente, dato i miei poteri, per noi non c'erano problemi, facevo crescere inconsciamente, e nonostante mio padre mi volesse un mondo di bene, lui odiava queste mie capacità. Ogni volta che facevo qualcosa di simile, lui si arrabbiava molto, e mi gridava di non farlo mai più. Se avessi saputo dell'impresa, probabilmente gli avrei dato ascolto, anziché far crescere margherite nel nostro prato (sempre secco ed arido).
Decisi di fare un giretto al campo, dato che sarebbe potuto anche essere l'ultimo. Poteva essere un addio, o forse solo un arrivederci, chissà, del resto, cosa sarebbe stato. Ovviamente, io speravo nella seconda ipotesi. Vicino al campo di allenamento vidi Austin intento nella sua settimana mistica. Non lo conoscevo molto, ma probabilmente lui l'aveva presa peggio di me. Mi sedetti vicino a lui, anche se inizialmente non mi notò. Poi, appena staccò gli occhi da quel giornale, mi salutò con un "Ciao" e un gesto della mano.
"Ehm, come va? Che pensi? Per la profezia, intendo.", gli chiesi io.
"Be'.......E' inutile negarlo, sono terrorizzato, non voglio assolutamente morire così giovane, non sono un tipo a cui piace l'azione, sinceramente non volevo essere nemmeno un mezzosangue all'inizio... Dovevi vedermi, appena lo venni a sapere dalla Whistle, il mio volto sbiancò e iniziai a dare di matto...", mi disse lui con aria triste. Nell'ultima parte della frase non riuscii a trattenere un risolino.
"Nemmeno io ne sono molto contenta..." gli risposi io, con aria altrettanto triste. "Inizio a rimpiangere la mia vita da mortale inconsapevole." continuai.
"Be'. non preoccuparti, siamo nove... Forse non saremo noi a morire... Forse andrà tutto bene ad entrambi." disse lui, anche se gli si leggeva in faccia che non era vero.
"Be'....Probabilmente hai ragione" gli risposi io, non del tutto convinta e comunque preoccupata.



Nella casa di Apollo, regnava il silenzio prima della tempesta. Un silenzio rotto dalle nostre voci.
“William, ma tu perché non porti gli occhiali coi problemi di vista che ti ritrovi?”
“Oh, ehm …”, disse lui, visibilmente imbarazzato, “sono cieco.”
“Oh.”, esclamò Robert. “Dalla nascita?”
“Sì. Sai, Apollo non dà a tutti gli stessi doni. A me è toccato il vaticinio, il Dono di Tiresia.”
“Aspetta - aspetta – aspetta, scusa?!”, dissi, credendo di avere avuto un’allucinazione uditiva. “Mi stai dicendo che esiste più di una persona in questo campo che sa vedere nel futuro?”
“Oh, beh, solo io, in effetti. Sai com’è, il Dono di Tiresia è raro.”
“E allora cosa mi dici, Mr. Profezia, cosa dobbiamo aspettarci?”
“Che la missione sia inizialmente un totale fallimento e finisca per essere un totale successo.”
“Oh, se non altro!”, dissi io. “E riguardo al ladro?”
“Questo non posso dirtelo. Però posso dirti una cosa che non deriva dalla visione del futuro. Sospetto che Calipso c’entri qualcosa.”
Stranizzato, chiesi: “Calipso? Ma non è quella dea che vive praticamente sola sull’isola di Ogigia?”
“Tecnicamente, dovrebbe essere. Però è da quando si è avverata l’ultima Grande Profezia che è stata lasciata libera di vagare per l’Occidente.”
“Ok, quindi, fantastico, potrebbe essere ovunque, in America. Ma mi spieghi perché Calipso dovrebbe essere interessata alla Faretra di Eros, scusa?”
“Non lo capisci? E’ stata dannata con la reclusione solitaria in un’isola nella quale approdavano gli eroi naufragati, e il fato ogni volta voleva che lei se ne innamorasse, che non venisse mai corrisposta e che l’eroe la dovesse sempre lasciare nuovamente sola. Cosa può mai una dea sottoposta ad un tale supplizio desiderare se non di essere finalmente libera di essere ricambiata?”
“Non fa una grinza.”, risposi io.



Per alleviare la tensione decisi di sfogarmi ancora di più con l'alcol di quanto già non facessi prima. Non ero triste, ma mi serviva conforto, qualcuno in grado di darmi la carica, insomma, avevo bisogno di mio padre. Barcollando e mantenendo conati, cercavo di farmi strada tra i semidei, evitando di cadere addosso a loro, scatenando piccole liti.
Finalmente, dopo ben cinque minuti, arrivai alla direzione. Mio padre era sempre lì, seduto sulla sua sedia a bere diet coke o roba simile per sfogare la sua mancanza di alcol. Poveretto, provavo pena per lui.
Si girò per guardarmi e mi disse: "Airyn, figlia mia, ti vedo più ubriaca del solito! Brava!". Era strano che facesse dei complimenti ai suoi figli. Non era tanto strano il genere di complimento – stiamo pur sempre parlando del dio dell’ebbrezza! – ma piuttosto che li facesse.
"Cosa ci fai qui?”, continuò. "Immagino sia per la profezia".
“Sì.. Hic!”, risposi io.
"Be'.. Sono quasi certo che non sarai tu quella destinata alla morte! Insomma, hai un flauto con il quale fai impazzire i nemici! E' difficile che tu perda la vita, viste le tue capacità" mi disse lui. Nonostante il suo fare distaccato, mi aveva capito subito: avevo bisogno di conforto.
Ero fortunata ad avere il mio padre divino al campo mezzosangue, poteva capirmi facilmente e darmi dei buoni consigli.
“Se devo dirla tutta io un sospetto ce l’avrei …”, continuò. “Ade, mio zio. Ci scommetto un lustro di punizione che sta tentando come sempre di arraffare il trono di Re dell’Olimpo. E magari stavolta starà cercando di causare una morte di massa per portare un esercito di morti sull’Olimpo, sì …”
"Be'... Grazie per il prezioso consiglio, padre, e – hic - grazie di tutto." dissi io andandomene, molto grata a lui e piena di una nuova energia per l'impresa.



Finalmente era arrivata l'ora. Lì, davanti all'entrata del Campo Mezzosangue, vi eravamo tutti noi prescelti insieme a Chirone, pronto a darci le ultime indicazioni e i suoi saluti.
"Bene, ascoltatemi tutti.", disse Chirone, facendosi serio.
In tutta la mia (breve) esperienza al campo credo di non averlo mai visto così teso come in quel momento, e nemmeno gli altri, a quanto dicevano le loro facce.
"State per partire per un viaggio arduo e difficile: dovrete portare a termine una missione, il cui obiettivo è avvolto nel mistero, in solo una settimana, senza contare i pericoli che correrete una volta messi i piedi fuori dal campo. Fate attenzione!"
Ora vi illustrerò come dovrete agire: secondo la profezia,dovrete dividervi in tre squadre,ognuna delle quali lavorerà per conto proprio. Forza, decidete in fretta come dividervi!”
"Io con te non ci sto in squadra!", dicemmo io e Nathan all'unisono. Evidentemente ricordava ancora bene il braccio che gli avevo congelato, come io ricordavo i tagli sulle mani che mi aveva fatto.
E questa fu solo la prima di tante discussioni: Robert voleva stare per forza con Austin, Anthea si rifiutava di andare con Airyn, mentre Nathan si lamentava di non voler stare con nessuno dei novellini, in un putiferio generale da cui uscimmo dopo mezz'ora.
Le squadre finirono per essere le seguenti: Nathan, per sua grande tristezza, dovette andare con Austin e Anthea, che sicuramente andavano mille volte più d'accordo tra di loro che non col figlio di Efesto. Problemi loro. Robert invece sarebbe andato con Ailani, che si sarebbe accontentata di qualunque compagno, e con Jasmine,anche se sembrava esserci un po’ di tensione fra i due. Quanto a me, non sarei potuto finire con compagni migliori: Airyn avrebbe sicuramente saputo come procurarsi ogni genere di bibita, oltre al vino, compresa la Coca-Cola, e Louise... beh, diciamo solo che ero felice e basta che mi avesse chiesto di fare squadra con lei fin da principio.
Fatte le squadre, Chirone, dopo aver dato un thermos di nettare e un paio di tavolette d’ambrosia a ciascun trio, ci augurò lapidario "Buona fortuna", ed uscimmo dai confini del Campo Mezzosangue.



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Cari lettori, vi devo dare un avviso. Il gruppo di scrittura, che si riunisce su MSN, è alla ricerca di nuovi componenti. Se siete interessati a farne parte, speditemi un messaggi privato con il vostro indirizzo; non dovrebbe essere difficile riconoscere il mio invito. Le condizioni per farne parte sono due, semplici: entrare su MSN quotidianamente o quasi (va bene anche praticamente un giorno sì e uno no, ma non di più) e l'avere uno stile di scrittura abbastanza buono (parliamo soprattutto di buona sintassi; non dovrebbe essere un requisito difficile da avere).
Inoltre, vi comunico che questa fanfiction, a patto che riesca a sopravvivere e continuare senza rimanere a secco di partecipanti col sottoscritto che scrive in solitario, sarà parte di una serie formata da 4 fanfiction in sequenza. Bello, eh?
I membri che aderiscono al gruppo di scrittura, finita questa fanfiction, verranno chiamati a creare alcuni personaggi che compariranno nelle fanfiction seguenti (maggiori informazioni a tempo debito).

  
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