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Autore: Peeta97    29/09/2012    14 recensioni
I tributi creati dai lettori saranno costretti a lottare nell'arena. Saranno costretti a combattere, a massacrarsi l'un l'altro, ad amarsi, a dirsi addio.
Saranno costretti ad andare incontro al destino scelto per loro da Capitol City.
Storia eliminata e ora ripubblicata secondo regolamento.
Spero che la leggerete comunque!
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nessun condannato a morte riesce a dormire il giorno prima dell'esecuzione.
Alcuni pregano, altri inveiscono contro i propri aguzzini, altri provano a fare in quel momento cose che non hanno mai avuto modo di fare nella propria vita.
Ma nessuno, in un modo o nell'altro, dormirà. 
Staranno distesi sul letto, sul pavimento, cammineranno in cerchio o parleranno coi propri compagni di sventura.
Per una notte, saranno tutti uguali, privati del sonno e, forse, anche della ragione.
Perché i condannati a morte non riescono mai a dormire il giorno prima dell'esecuzione.
Queste sono le loro storie.


CAPITOLO 5: DIALOGHI DEGLI INSONNI


DAMIAN E ALETHEA

 

Il ragazzo e la ragazza stavano l'uno di fronte all'altra, fissandosi negli occhi.

I Giochi sarebbero iniziati l'indomani, ma nessuno dei due riusciva a dormire.

E fu allora che Damian prese il coraggio a due mani.

-Ti amo-

-Non dirlo-

-Perché non dovrei?-

-Perché... perché mi vedrai morire. E soffrirai-

-Soffrirò anche se non te lo dico-

-Ma forse di meno-

-No, al contrario. Soffrirò di più perché vivrò costantemente con il rimpianto di non avertelo detto-

Lacrime, lacrime bagnavano il volto dei due ragazzi, che continuavano a guardarsi negli occhi.

-Alethea, questi pochi giorni che ho passato con te sono stati i più belli della mia vita. Grazie a te ho scoperto quanto è bello il mondo, quanto è bello osare, godersi appieno la propria giovinezza. Nonostante debba morire, morirò felice-

-Damian, tu non devi morire. Tu devi vivere-

-No, Alethea. Tu devi vivere. E scommetto che ci riuscirai. Ti sei allenata per questo, no?-

-Si, Damian, ma io non vivrei veramente se tu...-

-No. Non dirlo nemmeno. Sono io che che non sopravviverei se tu morissi. Quindi, se non vuoi ucciderci entrambi, promettimi che lotterai. Che cercherai di farcela in ogni modo possibile-

-Lo prometto-

La ragazza iniziò a singhiozzare sommessamente, e il ragazzo non riuscì più a sopportare le sue sofferenze.

D'istinto, chinò la testa e posò le sue labbra su quelle della compagna. 

Fu un bacio lungo, carico di passione e tenerezza. 

Nessuno dei due avrebbe voluto separarsi dall'altro. Mai più.

Ma sapevano che non sarebbe stato possibile, perché non si può competere con gli Hunger Games. 

 

 

ANTHEA E SASHA

 

Il giovane uomo e la bambina si erano incontrati nel corridoio che portava agli ascensori. 

Si erano guardati negli occhi. Per un attimo lei lo aveva osserato spaventata, e lui, senza capire, aveva continuato a fissarla.

Poi la bambina aveva sorriso, e allora, semplicemente, avevano cominciato a parlare.

-Nervosa, piccola?-

-Un pochino. E' la parte che mi fa più paura, il bagno di sangue, perché non sono molto veloce quando corro-

-Tranquilla, devi solo voltarti e scappare. Non andare alla Cornucopia, non guardare tutte le cose ammucchiate al suo interno. Girati, trova l'acqua e resta viva-

-Ci proverò, Sasha-

-NO, Anthea, non ci devi provare. Ci devi riuscire, capito? Mi aspetto che tu ci riesca. Io... non potrei sopportare di...-

Gli occhi del ragazzo si fecero lucidi, mentre il sorriso della bambina si spegneva. Visto così, non sembrava un favorito, non sembrava nemmeno forte. Sembrava fragile, sembrava umano.

-E' per la tua sorellina, vero? Sarya-

-Si... lei era così..così piena di vita, ecco. Proprio come te-
la bambina fissò il giovane uomo con sguardo stranamente serio, uno sguardo pregno di un'antica conoscenza, nonostante la giovane età.
-Sasha, tu devi vincere. Puoi farcela. Ma con i favoriti...-
-No, Anthea. TU devi vincere-
Il giovane uomo si inginocchiò e prese la mano destra della bambina. Vi lasciò cadere qualcosa, poi la fissò dritta negli occhi, con quelle sue iridi più azzurre del ghiaccio.
-Finché avrai questo, nessuno ti farà del male. Perché ci sarò io, con te-
La bambina sollevò il ciondolo che Sasha gli aveva dato. Era grezzo, opera di un artigiano inesperto. Era composto da una catenella d'oro con in cima un pendaglio di legno a forma di pesce volante. Mentre Anthea lo fissava alla tenue luce del corridoio, il ragazzo le voltò le spalle e cominciò a camminare.
-Aspetta! Ma questo ciondolo era... era di...-
-Si. Era di Sarya. Ed era il mio portafortuna. Ma finché ce lo avrai tu, lei sarà ancora qui, con me-
Il ragazzo sparì nell'oscurità e la bambina pianse piano, nel corridoio, commossa dal nobile gesto di quel gigante gentile.

 


JOSHUA E LARA

La ragazza down e il ragazzo sadico sedevano sul letto, l'uno accanto all'altra.
Era stata lei a convocarlo. Non sapeva perché, ma in fondo sentiva di voler trascorrere le ultime ore prima dell'inizio con lui. Con Joshua, il suo bellissimo Joshua.
-Perché mi hai chiamato, ragazzina?-
-Perché cercavo qualcuno con cui trascorrere le mie ultime ore-
-Che vuoi dire?-
-Voglio dire che... beh, vivi o morti, non usciremo dall'arena come siamo ora. Saremo cambiati. Capitol City ci cambiarà, in un modo o nell'altro-
-Stai zitta. Sembri ancora più stupida quando parli. L'arena non può cambiare le persone. Può solo ucciderle-
-Tu mi piaci, Joshua-
Il ragazzo sadico squadrò la ragazza down con il suo unico occhio. Aveva dipinta in viso un'espressione indecifrabile.
Per qualche secondo, Lara si illuse che lui l'avesse davvero ascoltata. Che lui avesse davvero superato la spessa e indistruttibile barriera che li separava.
Poi, lo schiaffo la colpì in pieno viso.

-Questo te lo do adesso. Il resto lo avrai nell'arena. Forse non oggi, forse non domani. Ma puoi starne certa: non permetterò che tu esca viva da questi Giochi-
-Ma... Joshua...-
-Basta. Sarà meglio che vada. Devo essere in forma per domani-
Tra le lacrime, la ragazza down osservò il ragazzo sadico aprire la porta ed uscire dalla stanza.
Ancora una volta, maledisse la sua sindrome e colui che glie l'aveva donata, chiunque fosse.
-Perché?-
Domandò al buio.
-Perché?-
E il buio non rispose.

HEATHER E LIAM:

La ladra aveva incrociato il ragazzo biondo in corridoio. Lui era inciampato nei propri piedi e l'aveva urtata.
La ladra aveva trasalito. Si era accorta di Liam, ma trasaliva sempre, quando qualcosa -o qualcuno- la coglieva alla sprovvista. Era così da quando aveva cominciato a rubare. Talvolta, mentre dormiva, sognava di essere stata scoperta, sognava la sua mano mozzata e le dita che ancora si contorcevano spasmodicamente. Era questo che voleva dire rubare: essere schiavi della paura, sempre, comunque, non sapere cosa vuol dire vivere in pace.
Le pupille incorniciate dalla iridi verdi della ladra ispezionarono velocemente l'ambiente circostante. No, il ragazzo biondo l'aveva urtata per sbaglio, non voleva aggredirla, non era uno dei suoi incubi.
-Ehm...scusami tanto... tu devi essere... Heather, giusto? Distretto 8?-
Le sorrise.
Lei non ricambiò. La ladra non ricambiava mai i sorrisi.
-Si. Sono io. E tu sei Liam, dell'11. L'imbranato-
Il sorriso sul volto del ragazzo biondo svanì.
-Bene. Ora che abbiamo fatto le dovute presentazioni, sarà meglio che vada. Domani, nel caso tu non te ne fossi accorto, entreremo nell'arena-
-Si. Si lo so-
La ladra oltrepassò il ragazzo biondo e scomparve, lasciando lui amareggiato e senza speranza e portandosi dietro i propri dubbi e le proprie paure.

KEVIN E DEBORAH:

Il ragazzo bello e la ragazza bella sedevano sul letto. Lui tamburellava con le dita sul materasso, lei si osservava le unghie la cui laccatura rosa se ne stava ormai andando per sempre.
Quella doveva essere una festa privata dei tributi dell'1 per festeggiare l'ingresso nell'arena, ma si era a breve trasformata in un silenzio prolungato e imbarazzante.
Un silenzio che, però, il ragazzo bello aveva deciso di interrompere.
-Deborah, hai paura?-
-In che senso?-
-Paura dell'arena. Degli Hunger Games. Di domani-
-Sono nervosa, Kevin, non ho paura. Non essere sciocco-
-Che male c'è ad aver paura, Deb?-
-La paura ci rende deboli-
-La paura ci rende UMANI!-
La ragazza bella parve irritata da quest'ultima affermazione, quasi urlata dal ragazzo bello. Si alzò e si avviò alla porta. 
Prima di uscire, si voltò e lanciò un ultimo avvertimento al suo compagno di distretto.
-Sai, Kevin, nel caso tu te ne fossi scordato, noi non siamo umani. Siamo favoriti, siamo macchine per uccidere. L'amore e la paura ci rendono deboli, non umani. Non siamo come gli altri ragazzi. Comunque, nel caso tu voglia continuare ad aver paura come una ragazzina dell'11, fa pure. Solo che, ti prego, evita di parlarmene-
-Deb, io...-
Ma la ragazza bella se ne era già andata. Nella stanza ormai rimaneva solo il suo profumo.
Kevin imprecò silenziosamente, poi si coricò, cercando di dimenticare la paura e l'amore che da tempo rendevano insonni le sue notti.

ANDREW E KEN:

Si erano dati appuntamento nella sala grande, nella quale rimaneva ormai solo un paio di persone.
Ma loro nemmeno le vedevano.
Ken e Andrew parlavano molto, ma solo l'uno con l'altro. Era come se fossero in perfetta sintonia, senza filtri o mezzi termini. Risero e scherzarono fino a notte inoltrata. 
Poi il ragazzo del 12 decise di affrontare l'argomento che si era prefissato per la serata.
-Quindi, Andrew, domani si entra nell'arena- 
-A quanto pare-
-E... hai già scelto degli alleati?-
-No. Penso che lavorerò da solo. Probabilmente avere gente intorno mi intralcerebbe-
-Davvero?-
-Credo di si, perché?-
-Perché...beh, io invece lo vorrei un alleato. Però, a parte te, non conosco nessuno degli altri tributi. Certo, c'è Alice, la mia compagna, ma lei l'ho vista solo di sfuggita nel mio distretto-
-Ah. E quindi...?-
-E quindi vorrei te, Andrew, come alleato-
Il ragazzo dai capelli corvini parve pensarci per qualche secondo. Poi, finalmente, sorrise.
Ken non l'aveva mai visto sorridere, anzi, in realtà era una cosa più unica che rara per chiunque.
Andrew gli porse la mano e il ragazzo orientale la strinse con foga.
-Va bene. Alleati-
-Grazie, Andrew-
-Grazie a te, Ken. Allora a domani. Ora sarà meglio che andiamo a dormire-
-Si, sarà meglio. A domani!-
I due ragazzi si allontanarono in due direzioni diverse.
Però, nonostante questo, si sentivano ormai uniti, legati inidissolubilmente. Forse perché nella loro vita precedente agli Hunger Games non avevano mai avuto molti amici, forse perché sentivano che nei Giochi avrebbero avuto qualcuno a guardargli le spalle.
Ma, qualunque cosa fosse, i due se ne andarono felici.

GABRIEL, EWAN E RIBES:

I tre tributi erano sgusciati silenziosamente fuori dai propri letti durante la notte e si erano incontrati davanti alla porta del centro di addestramento, sempre illuminato a giorno.
Se qualcuno li avesse visti, non avrebbe probabilmente capito cosa ci facessero quei tre insieme.
Tanto tanto i due ragazzi, diventati amici durante le fasi pre-giochi. Ma Ribes, la favorita, la ragazza dell'11, cosa ci faceva con loro?
-Allora? Cos'hai intenzione di fare, Ribes?-
-Te l'ho detto, Gab: arrivo alla cornucopia, prendo le spade, ne ammazzo qualcuno e scappo. Poi ci rincontriamo più tardi verso est-
-Sei sicura di riuscirci? Ad ammazzarne qualcuno, intendo?-
-Certo, Ewan, ne sono sicura. Ne va della mia vita. E poi sono abbastanza sicura che si fidino di me. A parte Deborah, quella dell'1, lei ha capito perfettamente. Cercherò di starle alla larga- 
-Fai bene. Sembra una davvero forte-
-Voi state lontani dalla cornucopia. Non siete in grado di froteggiarla. Piuttosto, se ci riesco, vedrò di procurarvi uno zaino, magari contenente qualcosa di utile per produrre veleni-
-Va bene, Ribes, ma ricorda: l'importante è che tu resti viva, capito?-
-Si, Ewan, capito-
-Bene. Allora ci vediamo domani-
-A domani, Gab. A domani, Ewan-
-A domani, Ribes-
La ragazza si voltò e sparì nell'oscurità del corridoio, lasciando i due ragazzi da soli, a confabulare sommessamente.
-Gab?-
-Si, Ewan?-
-Secondo te ci aiuterà? Ribes, intendo-
-Si. Secondo me si. A differenza degli altri, lei sembra buona. Lo sembra davvero-
-Ed è anche molto carina, Ewan-
-Davvero molto carina. In ogni caso, la sua lealtà la vedremo domani. Potrebbe anche venderci ai favoriti-
-Non credo, Gab-
-O forse non vuoi crederlo-
-Già, forse è così. Beh, buona notte-
-A domani, e possa la buona sorte essere sempre a nostro favore-
I due ragazzi si allontanarono in direzioni diverse, pronti l'indomani a rischiare la vita insieme e a morire o sopravvivere insieme.

ZOE E VENUS

La ragazza invisibile incontrò la ragazza misteriosa in corridoio.
Venus sembrò emergere dall'oscurità, come se fosse sempre stata la, ad aspettarla. Zoe la trovava inquietante, con quel suo sorriso che sembrava essere a conoscenza di tutto e quegli occhi, uno azzurro e uno marrone.
Continuarono ad avanzare l'una verso l'altra, la ragazza invisibile con lo scopo di andare avanti, la ragazza misteriosa con quello di fermarsi a parlare.
-Zoe Harris, Distretto 7, giusto?-
La ragazza invisibile rimase sbigottita. Era stata quella la sua strategia: non parlare con nessuno, stare da sola, non farsi notare, fare in modo che nessuno dei suoi avversari si ricordasse di lei. Eppure, evidentemente, aveva fallito.
-Strano. Pensavo che nessuno ricordasse il mio nome-
-Forse non gli altri, Zoe, ma io si. Tendo sempre a notare i miei nemici più pericolosi-
-Non... non capisco cosa intendi, Venus-
-Intendo che so benissimo che tu non sei colei che hai fatto credere di essere a tutti. Non sei la solita ragazzina del 7 che si fa ammazzare al bagno di sangue. Sono molto brava a comprendere le persone, soprattutto se sono miei nemici-
-Bene-
-Bene, Zoe, ti saluto. Credo che tu sarai uno dei miei nemici più pericolosi, nell'arena, e compiango tutti coloro che faranno l'errore di sottovalutarti. In ogni caso, tranquilla, non rivelerò ad anima viva la tua strategia. Ti basti sapere che non me non servirà a niente-

Senza attendere una risposta, la ragazza misteriosa, sempre più simile a un'entità potente e invincibile, si allontanò nell'oscurità. 
Zoe, la ragazza che credeva di essere invisibile, la osservò mentre se ne andava senza mai voltarsi indietro.
-Forse sarai tu, la tua unica vera nemica, nell'arena-
Sussurrò rivolta a Venus. La quale apparentemente non sentì. Ma, mentre le dava le spalle, chiunque le fosse stato davanti avrebbe visto che stava sorridendo. 
Un ghigno che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.


HARPER E HANNAH

-Non sei costretta a farlo-
A parlare era stato il ragazzo dai capelli di miele.
Era entrato nella stanza della ragazza dai capelli di fuoco dopo aver bussato sommessamente. Ora fissavano intensamente l'uno negli occhi dell'altra, come in attesa di qualcosa.

-Non sono costretta a fare cosa?-
-Ad unirti a loro. Ai favoriti-
-Harper, quante altre opzioni credi che io abbia?-
-Unisciti a me-
-A te? E perché mai?-
-Perché io non ti tradirei mai-
-Probabilmente è vero. Ma non posso-
-Perché, Hannah?-
-Ho promesso a me stessa che sarei tornata a casa. E non posso farlo se non sto con i favoriti-
-Ma loro ti stanno usando! Ti uccideranno appena non gli sarai più utile, se non ancora prima-
-NO. Non è vero-
-Si, Hannah, e tu lo sai-

La ragazza dai capelli di fuoco distolse lo sguardo. Lei era certa che con i favoriti avrebbe vinto. Oppure non era lei, ad esserne certa, ma suo padre?
Questa era la vera Hannah. Quella piena di incertezza, di ferite non rimarginate. E lei odiava la vera Hannah, quella che in quel preciso istante minacciava di mettersi a piangere.
Lei doveva essere Hannah, la favorita, la vincitrice, non la piagnona.

-Vattene, Harper-
-Ma..-
-Niente ma. Rifiuto la tua alleanza. E ora esci subito di qui-
-Come vuoi. Cercavo solo di darti una mano, Hannah-

Il ragazzo dai capelli di miele uscì chiudendo piano la porta. Se ne andò sommessamente, così come era entrato.
Nell'istante in cui Hannah restò sola, capì che nel suo cuore si era formato un vuoto. Non dovuto all'assenza di Harper, con lui non ci aveva mai parlato molto, ma dovuto all'assenza di se stessa. La vera Hannah si era persa, e, probabilmente, nessuno l'avrebbe mai ritrovata. Lei non era quella che preferiva i favoriti a un ragazzo gentile del suo distretto, lei non era quella che uccide al bagno di sangue, lei non era quel tipo di ragazza.
Quello era suo padre.
E il suo terrore era quello di essere diventata esattamente come lui.

ALEXIS E LUCY

Le due ragazze si erano incontrate davanti alla sala delle sessioni private.
Alexis aveva atteso pazientemente finché Lucy non era riuscita a sgattaiolare fuori dalla propria stanza per venire da lei.
Non appena era arrivata, la ragazza con la coda aveva iniziato a parare.

-Allora? Qual'è il piano?-
-Vai a ovest, Alexis. Ti raggiungerò-
-Sicura di riuscirci? Potrebbero scoprirti-
-Non mi scopriranno, non ti preoccupare. Preoccupati di sopravvivere, piuttosto-
-Consigli dell'ultimo minuto, capo?-
-NON andare alla cornucopia. Lascia questo compito a noi favoriti. Tu voltati  e scappa. Avrai più probabilità di rimanere viva-
-Si, lo so. Va bene. Allora a domani-
-A domani. E speriamo ri riuscire a sopravvivere-
-Già. Speriamo, Lucy-

Le due ragazze girarono sui tacchi e tornarono ognuna per la propria strada.
Si erano conosciute al terzo giorno d'addestramento, e da allora avevano fatto amicizia.
Alexis non sapeva cosa sarebbe nato da quell'amicizia, se un'alleanza o un tradimento, fattostà che le andava di tentare.
Era l'unica cosa che poteva fare, e lei voleva un alleato.
Aveva il vago sentore che, se fosse rimasta da sola nell'arena, anche se non fosse morta subito sarebbe impazzita dopo poco.
E, così, Lucy Hills, Distretto 4, le andava più che bene.

ZANET E LLOYD

Il bambino e il ragazzo squalo si erano incontrati in corridoio. 
Inizialmente, Zanet non aveva nemmeno visto Lloyd, che camminava piano, adiacente alla parete.
Alla fine, lo aveva scorto e aveva fatto un balzo indietro. Poi, visto che il bambino non reagiva con la solita guizzante risata cristallina, aveva attirato la sua attenzione.

-Ehi tizio, non dovresti essere a letto? Che stai facendo?-
-Mi godo il mio ultimo giorno sulla terra, TIZIO-

Il ragazzo squalo non seppe cosa rispondere. Avrebbe potuto dirgli "ma no, vedrai, andrà tutto bene" o addirittura "può darsi che tu vinca, no?". Invece tutto quello che gli uscì dalla bocca fu:
-Magari non sarà proprio l'ultimo, no?-
-Già, magari potrei addirittura sopravvivere per qualche giorno. Ma non tornerò mai a casa, lo so io, lo sanno tutti-
-Probabilmente è vero, tizio. Ma probabilmente non ci tornerò neppure io-

Zanet avrebbe voluto confortarlo, far sentire al sicuro quel bambino che gli ricordava molto se stesso a tredici anni, ma, purtroppo, non ce la faceva. Non poteva illuderlo. 
Così fu più che felice quando Lloyd decise di cambiare argomento.

-Ma quindi tu e Alexis...-
-NO, io e Alexis nulla. E' odiosa, quella-
-Ma dai! Scommetto che sotto sotto...-
-Noo!-

Zanet, in viso del colore dei propri capelli, tentò di afferrarlo, ridacchiado.
Poi, all'improvviso, si bloccò. Lo fermò il pensiero che, l'indomani, chiunque avesse tentato di afferrare Lloyd non lo avrebbe fatto per gioco, ma per ucciderlo. Per ucciderlo davvero.
Anche il ragazzo sembrò averlo intuito, perché si affrettò a salutare e a correre via, lasciando Zanet solo con i propri dubbi.

ALICE E CAESAR

Il conduttore dai capelli argentei aveva bussato alla porta della stanza di Alice verso mezzanotte e mezzo, sperando, in cuor suo, che la ragazza dormisse.
Ma non era così. Quando la ragazza del 12 gli aveva aperto, Caesar aveva tentato di sorridere. Aveva tentato, ma non ci era riuscito. 
Alice, invece, dopo un attimo di sgomento, era scoppiata in singhiozzi. Si capiva che aveva già pianto prima e che aveva smesso da poco.
Caesar quindi l'aveva stretta tra le sue braccia.
Era strano. I due non si erano quasi mai parlati, solo durante le interviste avevano scoperto qualcosa l'una dell'altro. Eppure, mentre Alice piangeva, stretta nell'abbraccio di Caesar, le sembrava di conoscere bene quelle braccia, quel respiro, quel profumo. Le sembrava di essere sempre stata destinata a incontrarlo.

-Non piangere-
-Non posso. Non posso non pensare che non ti rivedrò mai più-
-Ti prego, non dire così. Tu puoi vincere, Alice-
-Non è vero, e tu lo sai. Io non vincerò mai, non avrò mai nemmeno degli sponsor-
-Tu hai degli sponsor, Alice-
-Non è vero-
-Forse non degli sponsor, ma almeno uno ce l'hai. Io non ti abbandonerò-
-Tu non mi conosci, Caesar-
-No, però ho l'impressione di conoscerti da sempre-
-Caesar, smettila. Io non credo che...-

Ma il ragazzo le tappò la bocca con un bacio.
Fu il primo bacio di Alice, bellissimo e terribile allo stesso tempo.
Fu un bacio dolce e gentile, uno di quei baci destinati a finire sempre troppo presto.
Quando si separarono, Caesar guardò Alice negli occhi.

-Vinci, ragazza del 12. Fallo per me-
-Proverò, lo giuro-
-Bene. Ora devo andare. Domani devo... devo fare la cronaca del bagno di sangue-
-NO! Non te ne andare. Ti prego. Ho paura, ho tanta paura. Rimani con me-
-Ma Alice, io..-
-No. Rimani. Almeno questo me lo devi-

Il ragazzo parve pensarci un po' su, poi annuì. Rimasero abbracciati tutta la notte, al buio, assaporando il proprio calore.
E, nel silenzio della notte, Alice si chiese con orrore se quello che aveva appena dato sarebbe stato, oltre che il suo primo bacio, anche l'ultimo
.


Soli, sono soli, i condannati a morte. Non hanno niente da attendere, se non la propria fine, niente in cui sperare, nemmeno la propria vita.
Tutto ciò che ancora li conforta sono i battiti del proprio cuore, e anche quelli si spegneranno a breve
Dunque sorridete, insonni, perché ormai tutto ciò che vi resta da fare è attendere la vostra morte.
E sorridete ancora, perché per molti di voi la fine giungerà a breve.



Salve ragazzuoli, vi lascio con questo oscuro presagio del bagno di sangue.
Incredibile ma vero, sono soddisfatto del mio capitolo, SIIIIII :D *ora me lo stroncheranno tutti D:*
Oks, ricomponiamoci.
Come avrete notato se avete letto il capitolo (in caso contrario tornate su, cattivelli T.T), quest'ultimo è composto quasi interamente da dialoghi, tanto per dare un'idea di come si sono evoluti i vostri personaggi e dei rapporti che hanno istaurato tra di loro.
Bene, è arrivato il momento del bagno di sangue. Alcuni tributi perderanno la vita.
Per quelli che sopravviveranno, buon per loro (?)
Beh, in ogni caso, cercate sponsor (inveatemi MESSAGGI PRIVAT! 1000 $ a messaggio eh!) e, per voi mentori sciagurati, chiedetemi la cifra esatta che è stata donata ai vostri tributi.
Nel prossimo capitolo (IL BAGNO DI SANGUE D:) pubblicherò i costi delle robe.
Bene. Credo di aver detto tutto. Recensite numerosi e ditemi cosa ne pensate della storia e del vostro tributo, ricordatevi che sono sempre disponibile a cambiare parti della storia, se il tributo non è come l'ho descritto io.
Ora vado, sono contento di essere riuscito a rispettare la scadenza ù.ù
Salutoni a tutti i lettori e coloro che non leggono perché non hanno voglia(?),
Peeta97 (che sarebbi ego [per tutti coloro che hanno letto Zannablù])
















 

  
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