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Autore: Unicorno Peloso    29/09/2012    35 recensioni
Storia interattiva scritta a quattro mani da gattapelosa Niallsunicorn.
Essendo stata rimossa dall'amministrazione la prima stesura, abbiamo dovuto ri-pubblicare la storia.
Passate pure a leggere i nuovi capitoli dei quarantottesimi hunger games, e possa la buona sorte essere sempre a favore del vostro tributo preferito!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo otto, Silenzi.

 

 
 

Noah si svegliò di soprassalto, sentendosi mancare l'aria. Si era addormentato su dei morbidi cuscini di seta rosa in un negozio del quinto livello e, essendo stremato, non si era preoccupato più di tanto di esaminare il suo provvisorio giaciglio. Aveva vagato per i piani sottostanti per l'intera giornata, deciso a trovare qualcosa di adatto a lui. Aveva deciso deciso a fermarsi lì per la notte non solo perché era stanchissimo, ma anche perché aveva notato che più saliva e più le tracce del passaggio degli altri tributi diminuivano. Ma, nonostante la sua incredibile intelligenza, si era dimenticato che quei ragazzi dallo sfortunato destino non erano i suoi soli avversari.
I cuscini avevano improvvisamente preso vita, e si stavano stringendo attorno al suo collo e al suo viso in una soffice ma letale morsa. Subito iniziò a tossire, e cercò di strapparseli di dosso con le mani, che vennero immediatamente immobilizzate da due lembi di tessuto della vicina tenda in velluto. Quando Noah si sentì sollevare da terra per i polsi, iniziò a farsi prendere dal panico. Fece per urlare, ma un nuovo cuscino volò sulla sua bocca, minacciando di soffocarlo. Il suo volto si fece paonazzo e, d'istinto, morse con forza la seta e la strappò, facendo cadere al suolo una pioggia di piume nere come la pece, che si sciolsero in macchie nere ed oleose appena toccarono terra.
Con un gesto disperato diede uno strattone con il braccio destro e riuscì ad allentare la presa della tenda, afferrando a fatica un piccolo coltello affilato appeso alla cintura. Lo conficcò con rabbia nel cuscino avvolto attorno alla sua gola, che si sciolse in una e gli scivolò lento lungo il petto. Sempre con il coltello, recise con un rapido gesto la tenda stretta attorno al polso sinistro. La stoffa si sfilacciò e i fili si contorsero ancora per qualche secondo, prima lasciarsi cadere finalmente senza vita.
Noah cadde in ginocchio nel liquido nero, tossendo e massaggiandosi il collo.
Estrasse una piccola borraccia e bevve tutta l'acqua in un sorso, prima di alzarsi faticosamente e riprendere la sua scalata verso i piani superiori.
 
Superò il sesto livello senza troppe difficoltà, stando attento a tenersi alla larga da quel magnifico lavoro di falegnameria operato su muri, pavimenti e suppellettili. Tutto lì sembrava urlare "pericolo", e il piacevole odore di pino non compensava la totale mancanza di cibo. Così decise di continuare a salire, perché sapeva che quel posto così suggestivo non avrebbe potuto ospitare altro se non terribili trappole.
Giunse al settimo piano circa un'ora dopo, rallentato da un specie di trappola posta alla base della scalinata, rigorosamente in legno. Si trattava di una specie di un imponente portone, con un piccolo meccanismo posto nel mezzo. Noah era riuscito a farlo scattare aggiungendo al posto giusto una delle tante rotelline di legno incastonate accanto ai battenti, e le porte si erano aperte scricchiolando, richiudendosi velocemente al suo passaggio. Il ragazzo rabbrividí, ma continuò a salire le scale sperando in un repentino cambiamento di ambiente.
Era ormai al piano dedicato al distretto sei, quello dei trasporti, e ciò che si trovò davanti lo spaventò e lo affascinò al tempo stesso. Il pavimento era nero, così come le pareti, il soffitto e le porte dei negozi. Non riuscì a vedere ad un palmo dal suo naso, finché non mosse i primi passi in avanti. Le piastrelle si illuminarono al contatto con le suole delle sue scarpe, e una luce violetta invase quel posto altrimenti cupo e inquietante. Subito delle sfere nere si staccarono con grazia dai loro sostegni e iniziarono a fluttuare sopra di lui accendendosi di una luce dorata, forte e brillante. Continuò a camminare, incerto, e le sfere lo seguirono silenziosamente. Quel posto cominciò ad illuminarsi sotto il suo sguardo attonito, e un vento piuttosto freddo e impetuoso iniziò a soffiare. Fu costretto a ripararsi il volto con le mani, per evitare che le raffiche gli ferissero gli occhi: a Noah sembrò di essere tornato al giorno della mietitura, nel momento in cui il treno che doveva portarlo a Capitol City era arrivato con una tale velocità da costringerlo ad arretrare per lo spostamento d'aria. Avanzò a fatica, sempre seguito dalle sfere luminose che non avevano alcun problema con quel vento.
Dopo qualche minuto, scorse due deboli bagliori in lontananza e aguzzò la vista, per cercare di capire cosa fossero. Le luci, che sembravano uguali a quelle che gli fluttuavano attorno, si avvicinarono ad una velocità inaudita, fendendo l'aria con un fischio leggero. Noah si accorse della loro reale pericolosità solo quando furono a pochi metri da lui, e si sentì in procinto di essere investito. Scartò di lato e si buttò a terra giusto in tempo, per evitare di essere travolto da quelli che sembravano i fari di un'automobile. Non fece in tempo a rialzarsi che delle nuove luci dorate girarono l'angolo in tutta fretta e gli passarono accanto, sollevandogli i ricci bruni dalla fronte.
Devo andarmene di qui,pensò tremante.
 
-Ho fame- si lamentò Miranda, mettendo il broncio. Gaison alzò gli occhi al cielo, ma Larev non fece una piega, continuando ad affilare i suoi coltelli. -Ho fame- ripeté la ragazza, vedendo che nessuno le prestava attenzione. -Mangia una merendina- le suggerì il suo compagno di distretto, spostando la torcia verso di lei e illuminandole il volto. Miranda fece una smorfia e arricciò il naso, contrariata. -Punto primo: sanno di muffa- esordì, svendolando un pacchetto trasparente contenente una poltiglia da un colore indefinito. -E secondo... Siamo i favoriti, ragazzi! Si chiamano "giochi della fame", ma non mi risulta che in cinquant'anni i tributi dei nostri distretti l'abbiano mai sofferta!- concluse, battendo un pugno sul pavimento ricoperto di polvere di carbone e sollevandone un po'.
-Infatti ci stiamo preparando per andare a caccia-le fece notare Gaison, indicano il compagno seduto a gambe incrociate con gli occhi socchiusi, che stava cercando di concentrarsi.
Miranda afferrò le sue armi, miracolosamente intatte dopo l'esplosione, e si infilò velocemente il gilet con i coltelli da lancio. -Sono pronta, andiamo?- domandò, saltando in piedi. Il ragazzo del distretto uno sbuffò e si alzò con lentezza, seguito da Gaison che si aiutò con la sua lancia: non si erano ancora completamente ristabiliti e, nonostante fossero in grado di difendersi da eventuali attacchi, non erano al massimo delle loro forze.
Si guardarono attorno un po' spaesati e notarono che, durante la notte, avevano perso l'orientamento. Si erano allontanati rapidamente dal luogo dell'esplosione, imboccando un corridio dopo l'altro senza sapere dove stessero andando. Poi si erano addormentati senza nemmeno cenare, ed ora non avevano la più pallida idea di dove si trovassero.
Larev prese un profondo respiro e, recuperando la sua tipica freddezza, iniziò a calcolare le varie possibilità. -Questo livello non è infinito, quindi non sarà difficile trovare l'uscita. Dobbiamo solo capire di quanto ci siamo allontanati dal punto di partenza, e per farlo dobbiamo rimetterci immediatamente in cammino-
Gaison si accarezzò il mento, pensieroso. -Da che parte pensi che dovremmo andare? Le orme si cancellano immediatamente da questo pavimento, non vedo come potremmo tornare sui nostri passi- disse, senza nascondere la sua ansia dovuta alla possibilità di non trovare la via d'uscita.
-Durante la seconda parte del traggitto ho capito che ci stavamo allontanando troppo, così ho strusciato un coltello contro la parete. Immagino cheabbiate notato il rumore che facevo- replicò, avvicinandosi al muro e tastando il profilo dei mattoni, in cerca di un graffio. Larev sorrise, incontrando con le dita un piccolo solco.
-E per la prima parte come facciamo?-domandò Miranda, iniziando a rimuovere la polvere dal muro per rendere visibile la linea sottile ma utilissima tracciata dal ragazzo. Lui si morse l'interno della guancia, indeciso. -Per adesso seguiamo questa pista, poi vedremo-
 
Erano appena giunti ad un bivio, quando la linea si interruppe di colpo. Miranda passò la manica della sua tuta ovunque scoprendo il muro dai contorni irregolari ma privo di graffi, nonostante dentro di sé sapesse già di essere giunta  alla fine. -È inutile, non c'è altro- confermò Larev, squadrano quel posto con occhio clinico. A destra c'erano fiaccole poco luminose, poste ad intervalli regolari per rischiarare quel buio altrimenti completo. Dalla parte opposta, lo stesso identico panorama. Gaison tacque, e si avvicinò con passo deciso ma felpato al corridoio di sinistra. -Credo che sia da questa parte- commentò, appoggiando una mano sul muro.
-Come fai ad esserne così sicuro?- domandò Miranda, con la voce sporcata dal dubbio. Lui alzò le spalle.
-Non saprei, me lo sento. Cosa abbiamo da perdere?-
-Uhm, non saprei... Forse la nostra vita?-rispose la ragazza cercando di assumere un cipiglio severo, ma fallendo miseramente nell'intento. Gaison sorrise, divertito dalla sua smorfia. -Dividiamoci- propose, avvicinandosi alla prima torcia del corridoio e staccandola dal sostegno. -Vi faccio notare che l'ultima volta che ci siamo divisi Ivy è morta e abbiamo perso Luke- protestò, cercando di far ragionare i due ragazzi e indirizzando a Larev uno sguardo accusatorio.
-Loro non erano necessari, li ho accoppiati proprio perché sapevo che avrebbero fatto quella fine. Nel caso tu temessi per la tua incolumità, ti faccio notare che sei l'unica in grado di riconoscere le erbe e produrre unguenti vari, e quindi di curarmi- rispose a tono, indicando il suo orecchio ferito. Gaison gli diede ragione, e il suo sostegno sembrò tranquillizzare un po' Miranda, che restò comunque molto scettica.
-Facciamo così, se hai ragione tu questa volta ti regalo ben due coltelli- disse il ragazzo ammiccando, strappandole un sorriso tirato. Larev si massaggiò le tempie con le mani, rassegnandosi all'evidente incapacità dei suoi compagni di rimanere seri.
-Ci sto. Ma adesso muoviti, prima che cambi idea e decida di prenderti a calci-replicò Miranda, cercando di nascondere il nervosismo e facendogli un breve cenno di saluto. Gaison sorrise e fece per andarsene, ma Larev lo afferrò per un braccio. -Chi trova per primo l'uscita fischia, siamo intesi? Qui c'è molta eco, non dovrebbe essere un problema sentirsi- si impose, serio come non mai. Il ragazzo annuì, dopodiché si liberò dalla stretta dell'alleato e proseguì per la sua strada.
 
Eleuthera era inginocchiata nell'ombra, pronta a scattare come una molla al più piccolo rumore. Non aveva margine di errore, non poteva assolutamente permettersi di sbagliare, oppure la sua trappola non avrebbe funzionato e lei sarebbe morta.
Era un meccanismo piuttosto semplice, eppure per lei avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte. Aveva trovato una bacinella in un negozio abbandonato e polveroso, e la aveva riempita d'acqua più volte, rovesciandola sul pavimento. Dopo aver creato una pozza abbastanza estesa, si era occupata della parte legata all'elettricità, quella a lei più congeniale. Non era stato facile trovare un posto dove collegare i cavi trovati nello zaino, dato che lì il sistema d'illuminazione consisteva semplicemente in qualche fiaccola quà e là. Ma, dopo tanto cercare, aveva finalmente trovato il quadro di controllo di quel piano in un bagno, ed era riuscita a riattivarlo sfruttando le sue conoscenze.
Le era stato molto utile anche il coltellino svizzero inviatole dal suo mentore quella mattina stessa: proprio grazie a quel dono si era decisa ad uscire dall'ombra.
Guardò un'ultima volta la pozza e i cavi nell'acqua, e attese il momento giusto per spostare la leva su "on" e attivare la corrente. La sua prima vittima sarebbe morta con i fuochi d'artificio, poco ma sicuro.
Non sapeva cosa avrebbe provato vedendo un ragazzo morire folgorato.
Paura, forse? Orrore per sé stessa, magari.
Di certo vedere la pelle friggere e sfrigolare non sarebbe stato un bello spettacolo, ma era ben consapevole del fatto che, in un corpo a corpo, non satebbe ma riuscita ad avere la meglio. Quindi lei, la più giovane dell'arena, avrebbe trovato un modo tutto suo per farsi valere.
Eleutera sorrise nell'ombra e si appiattì ancora di più al muro, sentendo dei passi in avvicinamento. Erano passi incerti di chi non sapeva dove andare, certo, ma erano anche passi smorzati, segno che di lì a poco avrebbe ucciso un bravo combattente. Si concesse giusto un po' di curiosità, e dischiuse di qualche millimetro la porta del bagno accanto all'interruttore. Non appena la torce illuminarono il volto del malcapitato, però, Eleuthera si sentì gelare il sangue.
Gaison. La bambina deglutì, ma cercò di portare ugualmente la mano all'interruttore.
Ancora qualche passo e sarebbe morto.
Ancora qualche passo e il ragazzo che le aveva salvato la vita sarebbe stato ucciso, da lei.
Bel modo che hai di ripagarlo,si disse tristemente.
Guardò il suo volto disteso, la sua espressione perplessa non appena i suoi piedi toccarono l'acqua. Si avvicinò ancora di più a lei, posizionandosi esattamente al centro della pozza per cercare di capire da dove provenisse tutta quell'acqua. Era il momento giusto, non avrebbe avuto occasioni migliori per far scattare l'interruttore e ucciderlo.
Sarebbe morto. Il suo salvatore sarebbe morto, e non avrebbe mai più avuto modo di ringraziarlo. Scosse la testa e si concesse tre secondi per attivare la trappola: se avesse aspettato troppo tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.
Uno.
Gaison notò che la porta del bagno era aperta, e si accigliò inclinando la testa di lato.
Due.
Si avvicinò a lei, pur rimanendo con i piedi nell'acqua.
Tre.
-Levati di lì, per l'amor del cielo- disse Eleuthera, sospirando e spostando la mano dalla leva dell'interruttore. Il ragazzo sobbalzò e la bambina aprì la porta, svelando la sua identità. Lui sbarrò gli occhi e fece un passo indietro, capendo finalmente la finalità dell'acqua sul pavimento.
-Tu mi hai salvato...- disse il ragazzo, in un sussurro.
-Tecnicamente ho anche cercato di ucciderti, ma... Si, ti ho salvato dalla mia stessa trappola. Ora, se non ti dispiace, uccidimi in fretta, non vorrei soffrire troppo- disse Eleuthera, stringendo i pugni lungo i fianchi e serrando le palpebre.
Lo sapeva, sapeva che sarebbe finita così. Puoi sperare nella generosità di una persona una volta, ma poi basta.
Soprattutto nell'arena, dove ogni buona azione è una condanna a morte.
Però, invece del freddo dell'acciaio, Eleuthera si sentì toccare la spalla da una mano grande e calda, con una stretta sicura. -Non ti ucciderò, non posso- un tono di voce amaro e velato di tristezza, per delle parole che alla bambina parvero insensate.
Aprì gli occhi e li puntò in quelli azzurri di Gaison, sostenendo il suo sguardo non senza difficoltà.
-Certo che puoi. Hai una spada, una lancia, dei coltelli. Sei il doppio di me, potresti strangolarmi anche con una mano sola- rispose Eleuthera, cercando di tenere a bada il tremito della sua voce. Lei era forte, lei non era solo una stupida bambina tra tante, lei non sarebbe morta con le lacrime a rigarle il volto. Ignorò il bruciore agli angoli degli occhi e deglutì, per evitare di mettersi a piangere.
Gaison sorrise tristemente, rafforzando la sua presa sulla spalla di Eleuthera. -Non è semplicemente una questione di poterlo fare. Hai ragione, potrei ucciderti in almeno un centinaio di modi diversi- la bambina deglutì, preparandosi al peggio.
-Ma non vedo perché dovrei farlo-proseguì invece Gaison, lasciandola di stucco. La rabbia però prese presto il posto della gratitudine, ed Eleuthera si sentì presa in giro.
-Perché dovresti? Ma fai sul serio? Forse perché questi sono gli Hunger Games, forse perché tu sei un favorito, forse perché una dodicenne non potrebbe vincere in alcun modo, tanto vale farmi fuori subito!- urlò gesticolando. Ma perché non le era capitato un avversario come gli altri? Perché quel ragazzo si ostinava a proteggerla? Perché non poteva semplicemente ucciderla e farla finita con quella farsa del ragazzo "buono e gentile"?
Gaison fece un passo indietro, colpito dall'incredibile forza d'animo di quella ragazzina così piccola eppure così determinata. Cosa le avrebbe risposto? Che a lui non piaceva uccidere, per poi guadagnarsi così lo scherno degli abitanti della capitale? Assolutamente no, non avrebbe gettato in quel modo tutti i suoi sforzi per apparire forte ai loro occhi. Gli serviva una scusa plausibile, un qualcosa che lo facesse apparire buono, ma non debole.
-Non uccido le persone che non costituiscono una minaccia. Non credo che tu in questo momento possieda i mezzi per attentare alla mia vita, giusto?-domandò. Eleuthera fu costretta ad abbassare lo sguardo, e Gaison sorrise. Rimasero in silenzio per qualche secondo, ognuno perso nei propri pensieri, quando il rumore di un fischio lontano echeggiò tra quelle mura sporche e silenziose. Il ragazzo si riscosse, ricordandosi che i suoi alleati lo attendevano, e puntò nuovamente i suoi occhi in quelli confusi di Eleuthera.
-Cosa sta succedendo?- domandò la bambina, guardandosi attorno e temendo di essere caduta in una trappola. -Niente, ma devo andare- rispose Gaison nervoso, voltandosi verso il corridoio da cui era venuto. -Hai del cibo?- aggiunse rapidamente, senza nemmeno darle il tempo di dubitare delle sue parole. Eleuthera scosse la testa, e lui si sfilò in fretta e furia lo zaino dalle spalle, estraendo una confezione di biscotti dall'aspetto decisamente poco gustoso. -So che non è molto, ma prendila- sussurrò, piazzandole il pacchetto tra le mani. La bambina inarcò un sopracciglio, fissando la carta colorata e le scritte sulla confezione. -Scherzi, vero?-
-Assolutamente no. Rimani in zona, così che io possa trovarti nel caso dovessimo rivederci- rispose serissimo, con un aria cospiratoria che quasi fece ridere Eleuthera.
Si, stava scherzando. Oppure era impazzito, poco ma sicuro.
-Gaison, non costringermi a venire lì!-la voce di Miranda rimbalzò per tutto il piano, giungendo al diretto interessato forte e chiara.
-Devo andare-ripeté il ragazzo, stringendo una mano alla bambina che lo guardava shockata. -Arrivo!- urlò, facendo dietrofront e mettendosi a correre per raggiungere i compagni il prima possibile. Eleuthera rimase sola nell'ombra, con il pacco di biscotti acora stretto in mano. Gaison sarà anche stato pazzo, ma per lei la sua pazzia si era rivelata provvidenziale.
 
Sam e Luke sedevano accanto ad un falò improvvisato al secondo livello, e il primo cambiava il bendaggio all'irascibile compagno.
-Devi proprio masticare quella roba prima di mettermela addosso?-si lamentò Luke, gemendo ogni volta che Sam toccava la sua scottata. Lui alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso il fuoco e girando un pennuto che erano riusciti a catturare il pomeriggio stesso. Non sarebbe certo stato un pranzo da Re, ma non erano ancora in condizione di spostarsi per andare a caccia. Sam si controllò nuovamente le ferite alle caviglie e cambiò il bendaggio dopo averle disinfettate, sperando di riuscire a guarire più in fretta grazie alla sua conoscenza delle erbe. Nonostante fossero più gravi di quanto si aspettasse non aveva alcuna intenzione di gettare la spugna, tanto meno di dire a Luke che non si sentiva in grado di rimettersi in marcia. Lo avrebbe ucciso seduta stante, non appena avesse capito che gli era più utile morto che vivo.
-Direi che potremmo provare a raggiungere il piano superiore tra un paio giorni- disse, cercando di non incontrare lo sguardo del compagno.
-Va bene anche domani, non sto così male-protestò Luke, notando un leggero tremore nelle mani del compagno. -Ho detto dopodomani- ribattè Sam acido, fingendo un interesse morboso per la cottura dell'uccello.
Il compagno lo osservò con occhio critico, dopodiché iniziò a fissare le goccioline di sudore che gli colavano lungo le tempie. -Hai la febbre?- domandò, con fare minaccioso.
Sam non rispose ed aggiunse un rametto al fuoco, fingendo di non averlo sentito. Luke sbuffò rumorosamente. Silenzio.
-Perché non mi dici come ti senti!-ruggì il ragazzo, infastidito. Sam, questa volta, fu costretto ad alzare lo sguardo e a guardare l'alleato, controvoglia. -Si, ho la febbre- confessò freddamente. -Ma dura già da ieri, quindi dovrei guarire a breve- concluse, prendendo la sua ascia e osservando i giochi di luce che le fiamme creavano sulla lama.
Luke cercò di mantenere la calma e prese un respiro profondo, per evitare di prenderlo a schiaffi. -Avresti potuto dirmelo-
-Scommetto che non avresti gradito- rispose Sam, tornando a guardare le fiamme.
Luke inarcò un sopracciglio e sospirò, dopodichè si unì al compagno nella contemplazione delle fiamme.
Mangiarono in silenzio, con la mente altrove, pensando al futuro di quell'alleanza praticamente morta in partenza. Solo un patto di convenienza, ecco cos'era. Si parlavano lo stretto necessario, si toccavano solo per curarsi, si guardavano a malapena; ma la cosa che più infastidiva Sam era il silenzio.
Non tanto perché fosse una persona loquace, più che altro perché tutti quei rumori come lo sfrigolare del fuoco e il frinire dei grilli, facilmente copribili con un semplice scambio di parole, lo irritavano. E lui, da sempre arrabbiato con il mondo, non era ciò che si definirebbe una persona paziente e capace di sopportare in silenzio.
Iniziò ad agitarsi, guardarsi attorno, fare rumore di proposito con un bastoncino, sotto lo sguardo attonito di Luke. -Ma cosa diavolo stai facendo?- domandò, inarcando un sopracciglio. Sam borbottò un "niente" con noncuranza e, dopo qualche minuto di silenzio, iniziò a fissare il suo compagno, sperando di distrarsi.
Lo vide sbadigliare, grattarsi la schiena, rabbrividire e stringersi una coperta consunta attorno alle spalle, ma non avvicinarsi al fuoco. Inclinò la testa di lato, e iniziò a tracciare un profilo del carattere del compagno, cercando di ricordare tutto ciò che sapesse di lui.
-Perché hai paura del fuoco?-domandò all'improvviso, facendolo sobbalzare. Luke strinse le labbra e lo incenerì con lo sguardo, mettendolo a disagio. -Non ho paura del fuoco.- 
Sam sorrise mesto e scosse la testa, esibendo una smorfia di superiorità. -Bugia- cantilenò.
Il ragazzo tacque e strinse le palpebre. Non puoi ucciderlo, lui sa curarti. Non puoi ucciderlo, lui sa curarti. Non puoi ucciderlo, lui sa...
-Allora?- ripeté Sam, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
-Non sono affari tuoi- rispose in un soffio, gelido come il vento d'inverno. Non poteva dirglielo, non avrebbe capito. Per Luke, Sam non era altro che un montato, il ricco figlio del sindaco che passava le giornate a oziare nella sua villa del distretto nove.
Per Sam, invece, Luke era una specie di assassino senza cuore, al quale non importa nulla di niente e nessuno, il favorito perfetto.
Nessuno dei due riusciva a vedere oltre la facciata, non che si sforzassero più di tanto. Due caratteri così chiusi, così scontrosi, così simili, erano impossibili da conciliare.
-Cosa nascondi?-insistette Sam, canzonandolo. Frono proprio il suo tono di sfida, la sua aria di superiorità e la sua insolenza, a far esplodere Luke.
-Sei un'idiota!-urlò, saltando in piedi. -Mi sorprende che tu sia rimasto vivo tanto a lungo! Vuoi sapere perché non amo il fuoco? Va bene!- Sam sbarrò gli occhi e lo invitò a sedersi e smettere di urlare, cercando di essere il più delicato possibile. Luke lo guardò furente ma acconsentì a tornare seduto, capendo che, se avesse continuato in quel modo, sarebbero stati scoperti. Dopo qualche secondo di silenzio si decise a continuare, giusto per far sentire in colpa l'alleato. -Ricordi che fine fece il ragazzo del distretto quattro l'anno scorso?- chiese, facendo scrocchiare le nocche. Sam ci pensò per qualche secondo. -Intendi quell'idiota che si è dato fuoco per sbaglio cercando di accendere... Oh- l'espressione del ragazzo divenne immediatamente triste, e si sentì mortificato. Luke rimase in silenzio e riprese a fissare le fiamme, in balia dei ricordi.
-Era tuo fratello, giusto?- chiese cauto, ricordando l'intervista di Luke.
Silenzio.
-Senti, mi dispiace. Non avrei dovuto mettermi a fare domande inopportune- si scusò Sam, sincero. Non chiedeva scusa da molto, troppo tempo, quindi Luke avrebbe dovuto farsi andare bene quelle poche parole. Il ragazzo però sorrise sprezzante, alzando lo sguardo. Le fiamme si riflettevano nei suoi occhi, facendoli sembrare di brace e, alla luce della sera, il favorito sembrava ancora più inquietante del solito. -Immagino quanto il povero figlio del sindaco possa essere dispiaciuto. Tieniti la tua pietà e lascia il rammarico a tuo padre, perché di lacrime ne piangerà abbastanza per entrambi quando morirai- sputò con disprezzo. Sam ricambiò lo sguardo e ridusse gli occhi a due fessure, offeso. -Per tua informazione, non vedo mio padre da anni. E non credo che quel bastardo piangerà, quando non mi vedrà tornare.-
Luke rimase spiazzato, e il ragazzo continuò a fissarlo con odio. Ancora silenzio.
Sam sospirò, e lasciò perdere il rancore. -Non so che idea ti sia fatto di me, ma sappi che è sbagliata. Ti ho offerto le mie scuse, accettale e basta.-
Luke arricciò le labbra ma sentì la sincerità nelle parole del ragazzo, che iniziava a compatire. -Va bene- disse infine, senza tradire alcuna emozione.
-A questo punto dovresti dire che dispiace anche a te- lo informò Sam, inarcando un sopracciglio. -Non esageriamo- replicò l'altro, lasciandosi sfuggire un sorriso che somigliava più ad un ghigno.
Sam sorrise a sua volta, prima di gettare altra legna nel fuoco.
 
 
 
 
 
 
My space:

Buh!
Finalmente un capitolo di una lunghezza accettabile HAHAHAHAHAHA beh, più o meno.
Se non altro è meglio del precedente, lol.
Comunque! Sorpresa sorpresina, non muore nessuno. *risata sadica* ma credo che ci rifaremo nel prossimo capitolo. In realtà non abbiamo ancora deciso chi fare fuori D: ma un morto ci sarà. Forse. (?)
Pooooi... Ecco come al solito la lista degli sponsor!
 
1. Larev : 1 sponsor
2. Miranda Prisly : 12 sponsor
2. Gaison Humphrey : 21 sponsor (wow!)
3. Noah Garrison : 10 sponsor
4. Luke Rockford : 4 sponsor
4. Yvonne Komova : 10 sponsor
5. Eleuthera Libs : 2 sponsor
6. Theia Johnson : 19 sponsor (wow di nuovo) (?)
7. Elaine Evelyn : 9 sponsor
7. Bryan Gregory :
8. Shaileen Turner : 15 sponsor
9. Sam Dickson :
10. Carol Todd : 2 sponsor
11. Alwyn Bennett : 9 sponsor
12. Sara Tompson : 1 sponsor
 
Alcuni di voi ci hanno chiesto anche la lista delle vittime di ognuno, ma è ancora in lavorazione lol. Quindi pazientate ancora un pochetto!
Grazie a tutti quelli che hanno letto/recensito il primo maxycapitolo, e grazie anche alle persone che hanno inserito nuovamente la storia tra le seguite/preferite/ricordate :)
Graaaazie di cuore.
A presto!
Ah, e ricordatevi di passare dalla drabble di Emma! 


     
Bascii, medusa c:
 


-Scritto da NiallsUnicorn 

 

ps. non so perchè l'interlinea è così alto. Probabilmente è uno dei misteri di efp che rimarranno irrisolti.
   
 
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