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Autore: yokika98    29/09/2012    1 recensioni
Non dimenticherò mai quelle lacrime. Lacrime rosse che scendevano da quegli occhi neri carichi di rabbia e tristezza, ora solcavano il suo viso bagnando quei lineamenti perfetti, quelle labbra che conoscevo alla perfezione, che mi avevano sfiorata e cullata nei momenti belli e nei momenti brutti. Tutte le cose belle hanno una fine: ed ecco che anche questa fiaba raggiungeva la fine, ma senza nessun ''e vissero per sempre felici e contenti''.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Introduzione


Non dimenticherò mai quelle lacrime. Lacrime rosse che scendevano da quegli occhi neri carichi di rabbia e tristezza, ora solcavano il suo viso bagnando quei lineamenti perfetti, quelle labbra che conoscevo alla perfezione, che mi avevano sfiorata e cullata nei momenti belli e nei momenti brutti. Tutte le cose belle hanno una fine: ed ecco che anche questa fiaba raggiungeva la fine, ma senza nessun ''e vissero per sempre felici e contenti''. 


 

I Capitolo
...e vissero per sempre felici e cotenti.

 


-Ora dormi Mauro. Domani dobbiamo andare a scuola. Dolcenotte-.
Gli diedi un bacio sulla fronte, rimboccandogli le coperte. Quando dormiva sembrava un angioletto, ma di giorno quella peste di mio fratello era la causa dei miei nervi irritati.
Aveva gli occhi nocciola e i capelli castano scuro. le guance paffute e rosate ti invitavano a coccolarlo come un bambolotto.
Finalmente chiuse gli occhi, io preparai la cartella e mi addormentai.


-Erika, è ora!-. Mio padre mi svegliò alle 6.40 in punto, come tutte le mattine.
Mi alzai abbandonando il mio letto, quell'involucro caldo che mi proteggeva dal freddo notturno di fine settembre. Andai in bagno, mi lavai e mi vestii. Guardai la mia immagine riflessa nello specchio. I capelli castano chiaro raccolti in una colda alta, gli occhiali da vista che risaltavano gli occhi verdi scuro, truccati con una sottile linea di eyeliner e del mascara. La mia immagine ancora assonnata mi fece capire che sarebbe stata un agiornata pesante. Uscii dal bagno, diedi un bacio a mio fratello e ai miei genitori, ancora nel mondo dei sogni e presa la cartella, lasciai la casa.


Il cielo era ancora violaceo. Il sole ancora non era sorto del tutto e un' arietta fresca mi pungeva le guancie. L'ipod riproduceva un pezzo dei Monarchy, le mani nelle tasche della felpa. Presi l'autobus e il tragitto fu abbastanza breve. Arrivai a scuola, entrai e iniziò l'ennesima giornata.




La campanella segnò la fine delle lezioni. Scesa dall'autobus mi avviai verso casa persa nei miei pensieri, quando d'un tratto mi scontrai contro un ragazzo. Una scossa mi attraversò e fui attraversata da una strana sensazione che mi travolse e caddi a terra, come se le gambe mi fossero cedute.
-Scusami! Ero distra...- stavo per scusarmi, quando alzai lo sguardo e rimasi impietrita. Davanti a me un ragazzo mi fissava con occhi grigi perfetti. I lineamenti del viso sembravano disegnati e non trovai nemmeno un minimo difetto.
-No, scusa tu! Stai bene?-. La voce era profonda e penetrante. Le labbra carnose, le ciglia lunghe.
-Si...si, certo.- risposi incerta, incantata da quegli occhi.
Mi tese una mano e mi aiutò a rialzarmi. Ma qual contatto era strano. Sembrava familiare e mi sentivo al sicuro. Ebbi l'impressione che anche lui avesse notato qualcosa in quel contatto, perchè per un attimo il suo sguardo fu attraversato da una strana espressione, quasi sopresa.
-Scusa, ma devo andare-. Si allontanò con aria un po' sconvolta e io andai a casa, mi sentivo stravolta.


Quando arrivai a casa, pranzai e mi buttai sul letto crollando in un sonno profondo.


Un ragazzo inginocchiato a terra, una catena intorno alla caviglia destra.
Il corpo segnato da numerose cicatrici e sporco di sangue e fango.
Quando alzò la testa, lo riconobbi.
Era il ragazzo della scossa. I capelli ricci e neri erano sudati e un ciuffo gli ricadeva davanti agli occhi.
Una risata carica d'odio e poi tutto diventò buio.



Mi svegliai con il respiro affannato. L'orologio segnava le 16.00.
La testa mi faceva male e un formicolio mi attraversava la mano...la stessa da cui era partita la scossa poche ore prima.

Andai a farmi una doccia calda, lavandomi via la stanchezza di quel giorno.








 

  
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