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Autore: unbound    29/09/2012    1 recensioni
Si tratta di una piccola oneshot su una relazione, di amicizia o d'amore, con un piccolo ostacolo: la distanza.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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E’ possibile sentire la mancanza di una persona che non hai mai visto?

A volte una persona si rende conto di stare in uno spazio troppo stretto con gente che non riesce neanche a distinguere con certezza fra le altre, si rende conto di non essere nel posto giusto, fuori dagli schemi tanto imposti tra i più popolari, e trova come unica soluzione viaggiare.
Viaggiare con il pensiero, immaginare di prendere un treno, un aereo, una nave, e raggiungere posti impensabili che prima di quel momento non aveva neanche potuto collocare su un mappamondo perché ne ignorava la posizione; si tratta di posti semplicemente non scelti per caso, anzi, per un criterio ben preciso quanto confusionario. Qualcosa di grosso, insomma, come una ricerca, la ricerca di un posto dove stare e sentirsi parte di qualcosa.
Ipotizziamo si tratti di una calamita, come fa una parte a non essere già attratta dall’altra? Bene, vi dirò fin dall’inizio che sto parlando di poli opposti che vorrebbero tanto trovarsi uno affianco all’altro, ma che non ci riescono, inermi, continuando a provarci e a sperarci senza una vera e propria fonte di speranza.
Cosa li divide con così tanta forza da non permetter loro di attaccarsi?
Questa è la mia storia, e non solo la mia, la storia di poli di calamite che non riescono a trovarsi nonostante abnormi sforzi, di persone vicine quanto lontane,  di una distanza che quasi toglie il fiato dal dolore.
 
Ho trovato il mio posto ma non è qui, il mio posto è tra le braccia di qualcuno che potrebbe stringermi a sé tanto da farmi sentire parte del suo corpo. Le sue braccia sono aperte e mi aspettano, ma c’è qualcosa che non mi permette di avvicinarmi; non posso toccarla e quindi neanche sconfiggerla, ma mi hanno raccontato che c’è un modo per raggiungere il proprio obiettivo: non si tocca né si sconfigge, è vero, ma si attraversa.
 

La domanda sorge spontanea: e se non si può attraversare?
Si soffre, ecco.

E’ come se fosse uno di quegli oggetti che cerchi da una vita e che finalmente puoi vedere, ma che è in uno scaffale che non riesci a raggiungere e non puoi, vuoi chiedere a nessuno di prenderlo per te, perché temi che possa portarlo via per sempre, perciò in un certo senso ti sconfiggi, ti accontenti di sopportare quella voglia repressa perché non puoi fare altrimenti.
Loro sono lassù e li guardo con nostalgia, li guardo da dietro un computer, un cellulare, un fottuto passo della tecnologia che mi permette di vedere tutta la gente che voglio ad un prezzo caro, ovvero il continuo rinfacciarmi che non potrò mai toccarli, abbracciarli e respirarne il profumo.
A chi non è mai capitato di fantasticare su quanto sarebbe bello averli vicino anche per un minuto soltanto? A me è capitato, capita ogni notte.
E’ come se allungassi la mano e non riuscissi ad afferrare qualcosa di fottutamente importante che potrebbe donarmi la felicità eterna. Anche un solo sguardo, un solo sorriso malinconico potrebbe bastare, ma quel qualcosa è lontano e non può vedermi.
E’ doloroso sentire di appartenere a qualcosa che non hai ancora conosciuto, ma sai per certo che gli appartieni, e potranno dirti per giorni, settimane, anni che non può esistere un legame così forte con una persona che non hai mai incontrato, ma non ti faranno cambiare idea. Perché nel cuor tuo sai di cosa si tratta, e gli altri non capiranno mai, a meno che non sentiranno lo stesso.
E’ come se fossi legata a quella persona da una fune doppia e resistente che rappresenta il bene immenso e inspiegabile che provo nei suoi confronti, ma schiena contro schiena: non posso toccarla, stringerla tra le braccia, sussurrare al suo orecchio quanto ho bisogno della sua presenza nella mia vita, guardarla negli occhi o sorriderle, posso soltanto sperare che qualcuno ci sleghi, un giorno.
E’ un’incapacità che non mi permette di respirare, ma, nonostante tutto questo dolore, riesco a tenere la sua mano; la stringo, so che è ancora lì, è calda e gioca con le mie dita.
 
Questo è quello che mi rende tranquilla ed irrequieta, arrabbiata e felice, il sapere che le nostre mani posso stringersi e finché non smetteranno di unirsi, la distanza sarà solo un piccolo dettaglio.
   
 
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