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Autore: Daisy Pearl    29/09/2012    5 recensioni
Chiudete gli occhi e immaginatevela.
Capelli color cioccolato lunghi e liscissimi, occhi di mare e forme al punto giusto.
Una ragazza dalla bellezza sovrumana. Sovrumana è la parola giusta perchè lei non è come noi. Lei è un robot, una macchina.
Ma è un oggetto che presto inizierà a provare dei sentimenti e dovrà dimostrare al mondo di avere un cuore, seppur di metallo.
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Prima settimana di università andata!! E' incredibile come sia a scuola dalla mattina alla sera, ma per fortuna esistono il sabato e la domenica nelle quali posso rilassarmi (in realtà mi toca già studiare). So che questa premessa può non interessarvi, ma mi serviva per introdurre quello che sto per dire!
Smetterò di scrivere non perchè non ho più idee, ma semplicemente perchè non ho più tempo. Questa storia, essendo già finita, non avrà rallentamenti, m ala mia avventura efpiana finisce qui :(
Personalmente la cosa mi rattrista moltissimo, scrivere era diventata una parte di me. Far scorrere le dita sulla tastiera mi da una sensazione di pace e di relax che mi rende in pace col mondo. Mi sembrava giusto dirvelo! Probabilmente tornerò sporadicamente con qualche one shot partorita tra una lezone e l'altra.
Grazie per aver letto questa specie di annuncio... vi lascio al capitolo ;)
Daisy
Ps. lo so che non rileggere il capitolo è una mancanza di rispetto n ei vostri confronti, ma vi chiedo di cercare di capirmi...il tempo è davvero poco! Perdonatemi. 
Pps. voglio ringrziarvi all'inizio perchè siete fondamentali per me, voi che leggete e soprattutto voi che recensite: 
Pyrafederycashadowdust Risponderò alle vostre recensioni domani credo!

AGENTI

Denise era stata rapita.
Zack aveva ragione a dire che era scomparsa.
Josh continuava a camminare avanti e indietro per la sua stanza incapace di prendere una decisione.
Non poteva far intervenire la polizia perché avrebbe dovuto fornire una serie di semplicissimi dati che Denise non possedeva come la data di nascita, il cognome e il codice fiscale. Inoltre le forze dell’ordine non ci avrebbero messo troppo a capire che la ragazza non compariva in nessun archivio semplicemente perché non esisteva. Senza contare che se avesse denunciato la sua scomparsa il professore aveva minacciato di rivelare al mondo del suo progetto e della vera identità di Denise.
Josh si portò le dita sulle tempie  se le massaggiò mentre cercava di riflettere e di trovare una soluzione. La sola idea di lasciare l’automa nelle mani del professore era inaccettabile, non voleva nemmeno pensarci a quello che quell’uomo avrebbe potuto farle.
Josh si sentiva tremendamente combattuto tra istinti irrazionali di questo tipo e quelli razionali che gli dicevano di lasciar correre, che Denise era solo un oggetto, una piccola pedina di un progetto più grande.
Si sentiva combattuto e avrebbe volentieri smesso di pensare se avesse potuto.
Improvvisamente ebbe un’idea.
Prese il cellulare e cercò nella rubrica il numero.
“Sono Joshua Drake chiamo per dire che il progetto 01R è stato compromesso. Ho bisogno del vostro intervento!”
 

*

Il professor Coter sorrise mentre l’automa chiudeva gli occhi. Non sapeva quale fosse il suo problema, non capiva perché riuscisse a disobbedirgli, ma poco importava. Una volta spenta poteva far di lei tutto ciò che voleva. Liberò il corpo dalle cinghie che lo tenevano legato e posò gli occhi sulla perfetta figura che aveva creato.
Era troppo bella perché qualcuno potesse credere che era umana, eppure era così scontato cadere in quell’illusione.
Finalmente l’avrebbe posseduta, finalmente si sarebbe goduto il frutto del suo lavoro senza che il signor Drake potesse interferire.
Stava per sfiorare la maglietta che indossava il robot quando 19283 entrò nella stanza.
“Professore, degli uomini stanno cercando di entrare nella zona riservata dell’edifico!” disse semplicemente.
“Chi sono?”
“Non lo so!”
“Come fa il robot più intelligente del pianeta a non saperlo?” sbraitò nella sua direzione prima di precipitarsi fuori dalla stanza.
“Sono qui per la ragazza!” sussurrò dopo che il professore se ne fu andato.
Mosse qualche passo in direzione di 493194 e posò le dita nell’incavo del collo cercando il tasto d’accensione.
Improvvisamente l’automa sbarrò gli occhi blu che possedeva e li fissò in quelli di 19283.
 

*

Rendermi conto di non essere più legata fu una grande sorpresa per me. Appena riaprii gli occhi trovai delle iridi blu come le mie a fissarmi.
Improvvisamente i ricordi giunsero chiari alla mia mente: il professore mi aveva spenta, ma qualcuno altro doveva avermi riaccesa.
“Ci sono delle persone che ti stanno cercando!” sussurrò 19283.
Sbarrai gli occhi senza comprendere a fondo e mi misi a sedere.
“Mi hai risvegliata tu?” cambiai discorso.
“Sì!” confermò.
Lo guardai con gratitudine.
“Grazie di cuore!”
19283 fece un gesto con la mano come per dire che gli importava poco dei miei ringraziamenti.
“Vai!” disse semplicemente.
“Chi sono le persone che mi cercano?” esitai.
“Persone mandate da Mr Drake credo!”
Josh mi rivoleva indietro, rivoleva il suo giocattolino. Mi passò per la mente l’idea di non tornare più in quella dannata casa, ma subito l’immagine di Zack riempì i miei pensieri. Lui era l’unico in grado di farmi sentire un essere umano perché mi sapeva trattare da tale e io non volevo privarmi di quella gioia. Dovevo tornare, dovevo farlo per me.
Saltai giù dal ripiano sul quale ero stata legata e mi ritrovai vicinissima al viso di 19283. Gli presi la mano e gliela strinsi.
“Vieni con me!” mi potevo vedere riflessa nei suoi  occhi “Sei come me, hai un briciolo di umanità, ti prego vieni con me!” ci speravo davvero.
“Ho altri progetti al momento!” rispose mentre un piccolo sorriso gli illuminava il volto “Sei stata la prima persona a trattarmi da umano. È stato strano ma non appena l’hai fatto ho avuto tutto più chiaro e mi sono reso conto che esito, è una sensazione inebriante!” mi confessò.
Sorrisi gioiosa di vederlo così simile a me. Eravamo come fratelli.
“Mi sono reso conto di poter essere i padrone della mia vita e ho deciso che non verrò con te!” ricambiò la stretta della mia mano.
“Un giorno tornerò a prenderti!” concluse. Deglutii, ma trovai l’azione assai difficoltosa. Era come se avessi qualcosa in gola che mi impediva di farlo.
Magone mi venne suggerito dal mio sistema di ricerca.
“Ti sono debitrice per avermi risvegliata!” gli dissi riconoscente “Buona fortuna!”
Detto ciò lo abbracciai cercando di trasmettergli tutta la gratitudine che avevo nei suoi confronti, lui ricambiò e io mi sentii come se fossi a casa mia con la mia famiglia. 19283 era la mia famiglia. Mio fratello.
Sciolsi l’abbraccio e, dopo un ultimo cenno, uscii fuori dalla porta del laboratorio.
Una volta in corridoio senti chiaramente un fitto vociare proveniente dai piani superiori. Iniziai a correre volendo arrivare il più in fretta fuori da lì.
Un uomo vestito in giacca e cravatta venne verso di me con passi rapidi. Se avessi avuto un cuore probabilmente esso avrebbe battuto furiosamente par l’ansia, ma non avendolo percepivo solo una grande angoscia man mano quell’uomo sconosciuto si avvicinava a me.
“E’ lei Denise?” mi domandò semplicemente.
Annuii non sapendo cos’altro fare mentre l’uomo che avevo di fronte si portò una mano all’orecchio. I miei sensori captarono la presenza di una ricetrasmittente in esso.
“L’ho trovata!” disse semplicemente l’uomo.
“Ottimo lavoro!” gli rispose una voce proveniente dalla ricetrasmittente.
“Signorina, se vuole seguirmi!” si rivolse a me prima di voltarmi le spalle e iniziare a camminare per il lungo corridoio che mi avrebbe portata alla libertà. Esitai un attimo prima di seguirlo.
 
Il viaggio in limousine fu abbastanza strano. Due uomini erano seduti di fronte a me e mi squadravano con interesse. Non si trattava di interesse carnale, era più una forma di curiosità. Qualcosa mi diceva che quelle persone sapevano cosa ero.
“Chi siete?” domandai cortese cercando di rompere il ghiaccio. I due uomini si guardarono indecisi se rispondermi o meno.
“Non ci è concesso parlarne!” disse alla fine quello che si trovava sulla destra.
Alzai gli occhi a cielo infastidita da quella risposta evasiva e focalizzai lo sguardo sul viso di colui che aveva parlato. Confrontai se il suo volto coincideva con qualcuno di quelli contenuti nel mio database e procedetti alla stessa maniera con quello dell’altro.
“Simon Vonrosen e Clark Soft, rispettivamente meccanico ed elettricista!” dissi ad alta voce guardando i miei interlocutori. Entrambi sbarrarono gli occhi sorpresi di fronte a ciò che avevo detto.
“Eppure nessuno di voi due mi sembra un meccanico o un elettricista! Devo dedurre che queste non siano le vostre vere identità?”
Se possibile i loro occhi si spalancarono ancora di più così come le loro bocche.
“Sapete chi sono?” continuai.
Simon fu il primo a rispondere.
“Sì!”
“Sapete tutto?”
“Se per ‘tutto’ intende dire la sua natura non proprio convenzionale, allora sì!” rispose.
Natura non proprio convenzionale: strano modo per definire un robot. Sorrisi di fronte a quelle parole.
“Voi sapete chi sono io, ma io non so chi siete voi!” continuai.
“Ha appena detto chi siamo!” precisò Clark.
“Chi siete davvero?” sottolineai col tono della voce l’ultima parola convinta che comprendessero.
“Agenti sotto copertura!” rispose Simon.
“Simon e Clark sono i vostri veri nomi?”
“Sì, è l’unica cosa vera che può trovare su di noi!” rispose Simon.
“Lavorate per il signor Drake?”
“No!”
“Per chi allora?”
“Non ci è dato di rispondere ad ulteriori domande signorina!”
Gli sorrisi, lusingata che usasse quell’appellativo con  me, nonostante fosse a conoscenza della mia ‘natura poco convenzionale’.
Capii che la conversazione doveva essere finita lì e approfittai del silenzio che si venne a creare per effettuare alcune ricerche.
Agenti sotto copertura. Quante associazioni potevano avere degli agenti sotto copertura.
Il mio server ne registrò a centinaia.
Dovevo restringere il campo a tutte quelle che avevano avuto un contatto diretto con la Drake company.
Sbuffai. I dati erano ancora troppi, come le domande che mi frullavano per la testa. Chi erano quelle persone? Perché mi avevano prelevata dal laboratorio? Come facevano a sapere chi, o meglio cosa, fossi?
L’auto si fermò e i due uomini scesero, dopo di che Simon mi porse la mano per invitarmi a fare lo stesso e, in attimo, mi ritrovai all’aria aperta. Chiusi gli occhi e inspirai a pieni polmoni beandomi dell’aria fresca che mi pervadeva. Quel gesto mi faceva sentire così viva.
Aprii le palpebre e dinnanzi a me apparve l’enorme tenuta dei Drake in tutto il suo splendore. Clark stava dinnanzi a me guidandomi verso la porta, mentre Simon stava al mio fianco. Entrambi sembravano impeccabili e perfetti nelle loro completi eleganti. Non appena il portone si aprì intravidi il viso di Zack inespressivo. Guardava dritto di fronte a sé senza sbattere le ciglia, era come se si fosse imbambolato.
Quando alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono i miei la sua espressione cambiò radicalmente.
Gli occhi si fecero luminosi e lucidi, le labbra si piegarono in un sorriso. Tutto in lui sembrò riprendere vita. Mentre si alzava e veniva verso di me pensai che era solo l’ombra della statua che era stato fino a qualche secondo prima.
Senza darmi il tempo di sorridere o di rivolgergli la parola avvolse le sue braccia attorno al mio corpo stringendomi dolcemente.
Ricambiai l’abbraccio affondando il viso nell’incavo del suo collo e percepii chiaramente il battito del suo cuore farsi più rapido. Lo sentii inspirare, come se stesse cercando di catturare il mio profumo per imprimerlo a fuoco nella sua memoria, nel caso mi avesse persa di nuovo.
Percepii con chiarezza quanto di teneva a me e quanto la mia assenza gli fosse pesata.
La sua mano sfiorò i miei capelli e lo sentii sospirare. Chiusi gli occhi cercando di imprimere nei miei circuiti quel momento.
“Ottimo lavoro!” la voce di Josh interruppe quel momento perfetto. A prii gli occhi e lo vidi. Era in cima alle scale, vestito di tutto punto, come sempre e fissava con gli occhi socchiusi la scena, come se gli desse fastidio.
“Avete scoperto qualcosa riguardante il guasto di ieri sera?” domandò ai due uomini mentre scendeva i gradini.
Zack sciolse l’abbraccio e accolse un braccio intorno ai miei fianchi prima di porre l’attenzione a tutto ciò che stava accadendo.
“Gli ingegneri dicono che si è trattato di un virus immesso dall’esterno!”
Josh alzò lo sguardo verso me e Zack guardandoci con disapprovazione. Zack aumentò la stretta su di me e io gli fui grata per quel gesto, mi dava sicurezza.
“Venite nel mio studio!” disse semplicemente. Era ovvio che volesse stare alla larga da orecchie indiscrete come quelle del fratello, o forse addirittura dalle mie. Come se avesse potuto. Mi bastava alzare il volume al massimo per sentire qualsiasi tipo di discorso volessi origliare.
“Stai bene?” mi domandò Zack guardandomi con preoccupazione.
Gli sorrisi. Paradossalmente nessuno ancora mi aveva chiesto una cosa del genere. Come dar loro torto? Ero un oggetto e alle cose non si chiede mai se stanno bene.
“Sì!” risposi sorridendo.
“Da ieri sera ero preoccupato per te!” mi confessò abbracciandomi nuovamente “Quando mio fratello ha detto che ti avevano rapita…” lo sentii rabbrividire.
“Ora sono qui!” gli sorrisi. Gli ero grata per tutto ciò che stava facendo. Ero sicura che si comportava in quel modo perché credeva che io fossi una ragazza in carne e ossa, ma come avrebbe reagito se gli avessi detto la verità sul mio conto?
Immaginai Zack che mi guardava schifato, che mi allontanava, o peggio, che si divertiva con me come aveva fatto il fratello. Scacciai quel pensiero e mi focalizzai su di lui. Poco importava se non avrei origliato la conversazione tra Josh, Simon e Clark, prima o poi avrei chiesto informazioni a Josh.
Dopotutto ero molto più forte di lui, non dovevo avere paura della sua presenza. Gli avrei parlato da pari a pari e, volente o nolente, avrebbe dovuto smettere di trattarmi come una cosa.
   
 
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