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Autore: LuluXI    30/09/2012    1 recensioni
Essere felici è un sogno utopico.
Lo è tutte le volte che ripenso al passato, a tutte quelle storie che ho archiviato, ma che non riesco a cancellare. A tutte quelle persone che ho scartato, perché loro hanno scartato me.
E anche se ora posso dire di avere un’esistenza felice, tu mi manchi.

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Tutti abbiamo vissuto delle esperienze che ci hanno segnato; tutti abbiamo conosciuto qualcuno che ha occupato un posto speciale nel nostro cuore e anche quando è sparito è rimasto ad abitare lì, con o senza il nostro consenso.
Ognuno di noi ha nostalgia di qualcuno e forse, questo qualcuno, merita un ringraziamento per qualcosa. Forse merita davvero di essere ricordato, nonostante tutto
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Essere felici è un sogno utopico.
Lo è tutte le volte che ripenso al passato, a tutte quelle storie che ho archiviato, ma che non riesco a cancellare. A tutte quelle persone che ho scartato, perché loro hanno scartato me.
E anche se ora posso dire di avere un’esistenza felice, tu mi manchi. Mi mancano i tuoi sorrisi in mezzo al corridoio a scuola, quelli che mi facevano sognare. Mi mancano i tuoi abbracci e il cuore che va a mille quando ti vedo, anche se so che non rinuncerai mai alla tua ragazza per me.
Mi mancano i sorrisi spontanei che mi spuntavano sul viso quando mi sorridevi: perché bastava anche solo vederti per essere felice.
 
Una mia amica lo ha definito “L’amore, quello vero, perché disinteressato” ed era così. Sapevo di non avere speranze, perciò mi accontentavo di contemplarti da lontano, di vederti vivere. Non chiedevo altro che piccolissime attenzioni, semplici saluti e qualche chiacchierata all’intervallo. Bastava per vivere. Mi sono aggrappata a te come un naufrago fa con pezzo di legno che galleggia nell’acqua. Mi hai tirato fuori dal baratro in cui mi aveva gettato il tuo migliore amico dopo avermi scaricato e, inconsciamente, mi hai gettato in un pozzo ancora più profondo.
 
Quando hai finito la quinta, sei svanito. Ti scrivevo messaggi, ma non avevo risposta. Ti ho rivisto a scuola, un giorno che sei passato a salutare, ma se non ti avessi chiamato io, non ti saresti nemmeno fermato a parlarmi. Il tempo aveva cancellato molte cose, ma non i miei ricordi: nella mia mente restavi idealizzato, un po’ come Beatrice per Dante. Ma la tua quasi freddezza è stata come una pugnalata al cuore: troppo dura da sopportare.
Così ho cercato qualcuno che prendesse il tuo posto, qualcuno disposto ad ascoltare i miei sfoghi senza lamentarsi: qualcuno disposto ad aiutare.
L’ho trovato, ma non è finita meglio.
 
Lontano, troppo lontano, eppure a modo tuo vicino. Arrivai a fidarmi più di te, che eri la mia nuova ancora di salvezza, che di chi mi stava attorno. Accendevo il computer ogni giorno nella speranza di parlarti, sentirti: e quando ciò accadeva, sorridevo di nuovo. Non avevo paura di te, perché sapevo che eri una persona normale, non un maniaco ottantenne che si spacciava per qualcuno di diciannove anni. Il web è pericoloso ma, per una volta si è rivelato utile. Si, utile e letale. Perché ho trasferito su di te le caratteristiche ideali che avevo dato a chi avevo amato prima di te. Mi auto convinsi di amarti ma, tutt’ora, non so se ti amai davvero o fu solo un’illusione.
 
Sapevi tutto di me e io sapevo molto di te, ma era troppo poco per amare. Eppure ero disposta a prendere il treno per venire da te: ma quando ti dissi che sarei passata di lì e che, se volevi, ci saremmo potuti vedere, hai declinato l’offerta. Perché quella settimana non ce la facevi. Peccato che quella fosse l’unica occasione che avevo io. Ma tu dovevi andare in moto, quella domenica: guai rinunciare alla tua santa moto, che avevo imparato ad amare come se fosse parte di te. “Vieni venerdì”. Se non avessi avuto lo stage, sarei stata lì, ma non potevo. Te lo dissi e affermasti di essere dispiaciuto.
Ma non appena scopristi che a quel punto non mi sarei mossa da casa, compresi che venivo solo per te, ma per sicurezza chiedesti conferma e io non negai. Venivo per te e per una nostra amica comune, ma entrambi quel giorno eravate occupati, così rinunciai.
 
E forse fu un bene, perché quel sabato sono uscita con chi, tutt’ora, è artefice della mia felicità, il ragazzo che mi sta accanto. Non posso ancora dire se è quello giusto o meno, fatto sta che, dopo tanto tempo, ho il cuore in pace, almeno in parte. Cerco i suoi abbracci, i suoi sorrisi, il suo consenso. Ho il timore di perderlo e ogni volta che lo vedo è come se fosse il primo appuntamento. Infantile? Banale? Non importa: è la verità. Sto bene, e tanto basta.
Eppure ci sono occasioni in cui non posso non pensare a voi e a ciò che mi avete dato.
 
A te, primo vero amore, devo la consapevolezza di questo sentimento tanto immenso: mi ha aiutato a capire come mi devo sentire per essere davvero felice e, in questo modo, eviterò a tante persone di soffrire inutilmente a causa mia, perchè non le sceglierò per storie di una settimana che causeranno solo dolore ad entrambi. Porterò nel cuore quei momenti semplici che tanto adoro, e proverò una dolce nostalgia ogni volta che vedrò qualcuno che conosciamo entrambi o passerò in posti dove ti ho visto camminare. Sei l’occasione persa, seppur tanto desiderata, l’esperienza che, in qualche modo, resterà esempio perfetto nel mio cuore di quel sentimento che chiamano amore.
 
A te, illusione passeggera di un anno di vita, devo la forza che ho acquisito per reagire agli avvenimenti tristi e deludenti. Sei ancora presente nella mia esistenza, come amico, ma fatico a capire cosa siamo ora: sento che è come se il nostro legame, in qualche modo, si fosse spezzato. Però andiamo avanti, come se nulla fosse successo: forse perché non hai ancora realmente capito ciò che sentivo. Ma nonostante tutto non smetterò mai di ringraziarti per tutte le volte che ti sei fermato ad ascoltarmi, a darmi consigli e a sostenermi a modo tuo.
 
Resterete entrambi, segni indelebili sul cuore: è chissà, forse un domani arriverò persino a confessarvi tutto questo.
In fondo è già questa una confessione che tuttavia non leggerete mai.
I segni sulla memoria rimarranno sempre con me, monito per le esperienze future. E mentre mi addormento pensando a chi mi rende felice ora, non posso che ringraziarvi ancora una volta: perché se sono arrivata ad essere felice, è anche merito di ciò che mi avete insegnato, inconsciamente, proprio voi.
 
 
 
NOTE: non so se è la sezione giusta per pubblicare questo delirio serale. E’, semplicemente, una riflessione, nulla di più. Prendetela come volete e ringrazio sin da ora, tutti quelli che si soffermeranno a dargli un’occhiata veloce :)  
   
 
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