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Autore: Shiya    12/04/2007    1 recensioni
fuggire, anche per poco, per inseguire un sogno...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vento freddo di Novembre spazzava il molo di Dover dove gruppi di ragazzi aspettavano il traghetto.
Il viaggio da casa a Dover era stato lungo e stancante; su uno scalcinato pullman con i sedili sfondati avevo osservato la brughiera scorrermi davanti agli occhi, mentre il mio corpo tentava di non cedere alla paura e all‘eccitazione.
Ogni singola buca, di ogni singola stradina, che portava ad ogni singola cittadina di campagna che era prevista nel tragitto del pullman aveva fatto cigolare gli ammortizzatori e mi aveva fatto sussultare. Nel mio zaino di tela cerata pieno di scritte e disegni c’era tutto ciò che mi sarebbe servito nella mia piccola fuga.
Il traghetto arrivò. Il mio misero biglietto pagato poco mi dava appena l’autorizzazione a stare sul ponte. Avvolta nel mio cappotto di pesante tela verde militare dormivo accoccolata in un angolo, abbracciata al mio zaino, mentre il vento del nord s’insinuava nelle pieghe dei miei vestiti e mi entrava nelle vene facendomi gelare il sangue, narrandomi storie di un paese che ero stata costretta a lasciare.
All’alba, coperta da un sottile strato di brina, mi svegliai al porto di Calais, la gente che parlava una lingua dolce che amavo, il sole pallido che mi accarezzava la pelle con le sue algide mani invernali.
Presi un pullman per Parigi, ammirando il paesaggio del Nord della Francia, da dove provengo, nonostante fosse lontana sentivo l’aria della Normandia danzarmi attorno e darmi il bentornata a casa.
Tante, troppe tappe dopo, tanti, troppi caffé dopo, tanti, troppi ‘Bonjour’ e ‘Merci’ dopo, arrivammo a Parigi. Non senza difficoltà ritrovai l’indirizzo che mi era stato dato.
Il palazzo che cercavo si trovava in una ruetta poco distante dall’Opéra Garnier (o mio Angelo della Musica, come ti ero vicina!) salii le scale e mi trovai davanti a una donna dall’aria stanca per aver raccolto iscrizioni tutta la mattina, che mi chiese come mi chiamavo.
Risposi con un nome inventato per l’occasione, lasciando il mio numero di cellulare palesemente britannico. Mi assegnò un numero (24) e mi indicò una stanza dove cambiarmi.
Con l’aiuto di un enorme specchio rotto in più punti indossai il mo amato costume, cucito di nascosto fino a farmi dolere le mani, un costume di tulle, lacrime e sangue.
Mi truccai come ero solita fare prima delle rappresentazioni. Mi sentivo davvero a mio agio in costume di scena.
Strinsi con attenzione i lacci di raso delle scarpette intorno alle caviglie ed entrai nel corridoio con le altre. Tutte erano mollemente appoggiate al muro piegando con grazia le ginocchia e guardandomi con disprezzo.
Stesi una gamba infreddolita fasciata da una calzamaglia nera e la appoggiai alla parete lasciando cadere una pioggia di intonaco del colore che noi chiamavamo “rosso bordello parigino”.
Il corpetto ed il tutù di tulle nero spiccavano nell’uniformità rosa dei costumi delle dolci ballerine che nascondevano ferite del loro animo sotto sorrisi di plastica.
Dopo un’ora fu il mio turno. “Numéro vingt-quatre. Isobel Cauchemar.”. Isobel Incubo. Quale nome più adatto agli occhioni bistrati, le lacrime da pierrot che scendevano nere lungo le guance, alla bocca piccola e violacea che contrastava col pallore innaturale della pelle da bambola di porcellana.
Entrai titubante nella sala prove. Il parquet scricchiolava “Mademoiselle Cauchemar, vuole iniziare?”mi chiese una donna anziana ma che portava ancora i segni di una gioventù di fulgida bellezza. Mi guardò fiera e sdegnosa come solo una francese può fare.
Mormoro un “oui” pieno di rispetto, le ho porgo il CD, accomodo i piedi lasciando che le punte lise delle mie scarpette da ballo si tocchino, la donna accende lo stereo, la Sagra di Primavera di Stravinsky comincia e con lei il mio delirio.



E' il primo lavoro che posto qui... In realtà è parte di una cosa più grande ma penso che questo sia il massimo che posso pubblicare per il momento...Saluti! Shiya
  
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