Trecentosessantuno
He is the first of the
soldiers of Greece, and he married me
Lui è il primo dei soldati della Grecia, e
mi ha sposata
E i vecchi parlano di Fata, che sta aspettando addormentata
L’uomo che per la guerra le partì
Mama, didn't mean to make you cry, if I'm not back
again this time tomorrow
Mamma, non volevo farti piangere,
se non sarò tornato a casa a quest’ora domani
Un uomo a cui
nell’esercito nessuno eguale
Troia vide da ellenica
terra venire
Tu
dovevi, o misero,
Tu
dovevi un giorno,
Anima
inflessibile,
Porre
fine al funesto destino
Di
travagli infiniti.
Tale,
ora comprendo, era il presagio
Dei
lamenti ostili che contro gli Atridi
Nella
notte e nella luce innalzavi,
Aspro
nel tuo cuore,
Da
esiziale passione travolto.
Grande
principio di mali
Fu
dunque quel tempo
Quando
per le armi funeste
Fu
proposto l’agone di valore.
(Aiace,
Sofocle)
[...]
And your song will play on without you
And this world won't forget about you
Every part of you was in your song
Now we will carry on...
Never without you
E
la tua canzone suonerà senza di te
E
questo mondo non si dimenticherà di te
Ogni
parte di te era nella tua canzone
Adesso
noi continueremo...
Mai senza di te
(Never
Without You, Ringo Starr)
Porto di Gytheio, 9 Giugno 1843
A
quaranta kilometri da Sparta
Graffio
d’onde ardenti d’aria
Dentro
il soffio delle apnee
(Un
Solo Mondo, Claudio Baglioni)
[...]
Basterebbe
una semplice pioggia, però
Anche
il cielo dev’esser d’accordo
(Un
Pallone, Samuele Bersani)
Erano appena entrati
nel Porto di Gytheio, e già Natal'ja si
sentiva mancare l'aria.
Il sole, quel
sole bruciava, come fiamma viva sulla sua pelle di neve.
I biondi capelli
assurdamente lunghi che a Krasnojarsk Alja teneva fieramente sciolti, con il
caldo di Sparta andavano assolutamente raccolti.
Così, con un sospiro e
una scintilla di tristezza nello sguardo cristallino, la biondina russa si sfilò
un nastro - braccialetto celeste chiaro dal polso e si accinse a domare la
lunghissima chioma dorata, già sull'orlo di un calo di pressione.
-Santo Cielo, ma... Quanti
gradi ci sono, Gee?-
Lo Spartano sorrise,
respirando estasiato la sua terra.
-Quaranta, o giù di lì-
-Quaranta... Sopra
lo zero?-
Gee inarcò un
sopracciglio.
-Eh, direi...-
-Sopra lo zero!- ripeté la Siberiana, sinceramente sconvolta -Ma
come si fa?-
D'altronde, per Lys era
esagerata qualsiasi temperatura sopra lo zero, perfino lo zero in sé.
In realtà, era lei ad
essere esageratamente abituata al freddo siberiano, ma che ci poteva fare? Era
nata a Krasnojarsk.
Gee le passò un braccio
intorno alle spalle, tanto felice da piangere, quasi, e lei sussultò.
-Eh no, eh! Mi fai
caldo, decerebrato!-
Lui le scoccò
un'occhiataccia.
-Qui posso fare quello che voglio-
Lys lo fissò con i suoi
occhi grigiazzurri momentaneamente più gelidi che mai, al contrario della folle
temperatura greca.
-E allora mandami una bella bufera di neve e poi
abbracciami quanto vuoi!-
Il Lacone alzò gli
occhi al cielo, quel cielo blu da stordire che gli era mancato da morire.
-Ma non potresti essere un po' meno russa, tu?-
In Russia c'era la luce
senza il sole, e la luce senza il sole era Natal'ja, l'anima della Siberia.
Ma lui era greco, e il
sole lo voleva vedere, anche a costo di farsi accecare e incendiare il nero
degli occhi, lo voleva sentire tra le dita, sciogliere il sangue delle ferite,
e nel cuore, accarezzare le cicatrici lasciate da quella ragazza troppo russa
senza la quale non viveva, ma non guarirle, perché questo poteva farlo solo
lei, con la sua luce senza sole, la sua luce che bastava.
-Sei felice?- gli domandò allora Alja, addolcendosi un poco, vedendolo
così sognante e romanticamente pensieroso.
-Oh, Lys, mia Lys...
Questa è la mia Spárti... Tutto l'amore che avevo... Prima di conoscere te...
Io l'ho dato a lei-
-Beh, se sei così felice...-
Natal'ja sorrise e gli
diede un bacio su una guancia.
-Sì, questa è proprio
la tua terra... Ti assomiglia-
-Se mi assomiglia,
allora tu mi odi quanto odi il caldo?-
-Oh, no... Il caldo
tu me lo facevi sentire anche a Krasnojarsk-
-Ah, sì? E che genere di caldo era?-
-Ti basti pensare che
con quel caldo ci abbiamo fatto due figli!-
-Sempre romantica,
tu...-
Lei lo fulminò con uno
sguardo di finta severità.
-Io parlavo del caldo al cuore. E fin dentro le ossa, per l'amore che sentivo.
Perché mi sentivo e mi sento ancora bruciare tutta
per un tuo mezzo sorriso-
George la guardò
improvvisamente serio, e in quel momento era il Geórgos delle battaglie, quello
col sole di Sparta nel sangue, che perdeva con la stessa frequenza con cui Alja
diceva qualcosa d'intelligente.
La guardò così, ma solo
perché gli venne naturale.
O forse perché in quel
momento aveva bisogno di essere più forte di lei, almeno con lo sguardo di un
secondo.
E la baciò come se
avesse voluto strapparle il cuore e bruciarle il corpo.
Poi le accarezzò una
guancia, con il suo sorriso più dolce, e lei sospirò:
-Troppo caldo, Gee...-
Nei mattini pallidi appena imburrati
di foschia
Risatine come monete soffiate nei caffè
Facce ingenue appena truccate di tenera euforia
Occhi chiari, laghi gemelli, occhi dolci amari
Io le ho viste
Coi capelli di sabbia raccolti nei
foulards
E un dolore nuovo e lontano tenuto per la mano
Io le ho viste che cantavano nei giorni brevi di un'idea
E gomiti e amicizie intrecciati per una strada
Io le ho viste stringere le lacrime di una primavera
Che non venne mai
Volo di cicogne con ali di cera
Ancora le ho viste
Quando il cielo stufo d'inverno
promette un po' di blu
Piccole regine fra statue di eroi e di operai
Le ho viste
Nelle sere quando son chiuse le fabbriche e le vie
Sulle labbra vaghi sorrisi di attesa e chissà che
Scrivere sui vetri ghiacciati le loro fantasie
Povere belle donne innamorate d'amore e della vita
Le ragazze dell'Est
(Ragazze dell’Est, Claudio Baglioni)
Sparta, 9 Giugno 1843
Maybe your daddy never held you like you should
Maybe your mama just held on the best she could
Ev'ry soul has a secret
Give it away or keep it
But yesterday's gone, so tell me why
Forse
tuo padre non ha mai tenuto a te come avrebbe dovuto
Forse
tua madre ha semplicemente fatto il meglio che poteva
Ogni
anima ha un segreto
Darlo
via o tenerlo
Ma
ieri è passato, così dimmi perché
(Weight of the World, Ringo Starr)
[...]
Lingua
di marmo antico di una cattedrale
Lingua
di spada e pianto di dolore
Lingua
che chiama da una torre al mare
Lingua
di mare che porta nuovi volti
Lingua
di monti esposta a tutti i venti
Che
parla di neve bianca agli aranceti
Lingua
di lavoro e lingua per onore
Nei
mercati stoffe, gioielli e ori
Lingua
di barche e serenate a mare
Lingua
di sguardi e sorrisi da lontano
(La
Nostra Lingua Italiana, Riccardo Cocciante)
-Sono loro? Sono proprio loro?-
-Quella è Natal’ja?-
-La Siberiana è perfino
più bionda del solito. Zeus, non me la ricordavo così fastidiosamente
abbagliante. Raggio di sole dei miei stivali...-
-Ecco Gee! Gee, il
nostro Geórgos... Dio, quanto è diventato bello...-
-È sempre più uguale a
me, quel ragazzo...-
-Se non fosse per
quella scialba sgualdrina di sua moglie...-
Questi furono
rispettivamente i commenti di Dimokratìa Dounas, Leonida Zemekis e Talia
Azvalakos.
C’erano anche
Anasthàsja ed Eiréne, con loro, ma la prima taceva di un silenzio gelido e
tagliente, mentre la seconda piangeva ripetendo in un sussurro il nome di quel
figlio che tante volte le aveva spezzato il cuore, Theo, Theodorakis.
E
torna il figlio trovatore
Pensando:
“le ho spezzato il cuore”
E
maledice il giorno che partì
(Fata,
Roberto Vecchioni)
[...]
Sai,
vorrei tornare indietro e rivederti lì
Mi
basterebbe solo stringerti di più
Perché
non c’ero, non ci sono stato mai
Tutti
quei giorni che mi hai amato solo tu
E
vorrei dirti cose come: “vita mia”
Stronzate
assurde come: “fammi compagnia”
E
che son solo, e so che pure tu lo sei
Vorrei,
vorrei vederti giovane, vorrei
Ho cantato da solo
Questa vita per mestiere
Per due lacrime
Perse in un bicchiere
Sai, vorrei tornare indietro e non
lasciarti mai
Mi basterebbe solo stringerti di più
Per tutti i giorni che con te non c'ero mai
Per tutti i giorni che mi hai amato solo tu
(Canzoni e Cicogne, Roberto
Vecchioni)
-Tua madre, Fёdor...- sussurrò Alja, tirandogli una gomitata e
chiamandolo con il suo nome russo.
Theo aveva la gola secca e
gli occhi feriti dal ghiaccio delle lacrime, le dita strette intorno a quelle
di Natal’ja per non cadere e ogni frammento sanguinante dell’anima aggrappato
all’allegria di Gee, alla felicità di rivedere Sparta ch’era anche la sua, per
difendersi da quello strazio al cuore.
I folti capelli biondi scompigliati
illuminati dai raggi del sole greco e gli acuti occhi verde chiaro scintillanti
d’inquietudine.
Così appariva in quel
frangente Theodorakis Dounas, ventotto anni compiuti da poco meno di tre mesi, nel
suo relativamente imponente metro e settantaquattro e col suo fisico da oplita.
Bello, sempre
meravigliosamente bello, ma distrutto dentro, perché uccidere Meletis non era
bastato a salvare Eiréne.
La sua Eiréne, sua madre,
con i suoi quarantadue anni e un mese da fiore spezzato e i capelli biondi e
ricci sciolti lungo la schiena e fino ai fianchi, gli occhi grigi lucidissimi e
il vestito bianco stropicciato.
A piedi nudi sulla bruna
terra di Spárti, lievemente abbronzata pel sole cocente, con quella sua eterna
aria angelica straziata dal preludio d’un pianto, dalla nostalgia per quel
figlio assassino e traditore più del suo stesso imperdonabile padre.
Abbracciarla?
Avrebbe voluto.
Sì, ma non poteva.
Le passò davanti fingendo
un’indifferenza dolorosa da morire, fingendo
di non essere cambiato mai.
Tìa ci provò, a fermarlo.
A trattenerlo per un
braccio, a farlo voltare.
-Theo, non mi saluti? E
non la saluti?- sibilò, imbronciata,
ma lui si liberò bruscamente dalla presa in fondo fragile della sorella minore.
-Smettila, stupida- sputò, tirando dritto -Che vuoi che me importi di voi?-
-Sei un bastardo, un bastardo, Theodorakis...- sussurrò
Tìa, tra le lacrime.
-E allora perché diavolo volete, anzi, pretendete
che vi saluti?-
Alja, in quel momento,
rivide Theo quando le aveva sparato, nel ’41.
Senza pietà.
Nessuna pietà.
Eppure lui non era così...
Ma perché?
Eiréne era crollata in
ginocchio, in preda a un violento pianto a dirotto, perché quel suo figlio era tanto crudele con lei?
E in un attimo, in quell’attimo, finalmente sconfitto,
Theodorakis si voltò.
Senza sapere com’era
successo, si ritrovò ad abbracciarla, ad abbracciarla disperatamente, come
quando era un bambino durante la Guerra d’Indipendenza, e già allora sognava
d’andare a combattere.
Ad abbracciare lei, e poi
ad accarezzare i lunghi capelli biondi e ondulati di Tìa, la sua sorellina
quasi sedicenne, alla quale mai aveva rivolto un sorriso, una carezza od un
gesto d’affetto, mai in quei suoi
maledetti ventotto anni di vita.
Quella sorella di cui
s’era fregato fin dalla nascita, passando in palestra tutto il 29 Novembre, il
giorno dopo la notte ch’era nata lei, pensando che tanto era solo una donna, e
le donne non andavano in guerra, non vincevano i duelli, perciò non meritavano
rispetto, né tantomeno la sua considerazione.
Non era maschilismo, non solo.
Era disprezzo nei confronti di chiunque non avesse
un nome nell’esercito.
Non chiese perdono a
nessuna delle due, ed era sicuro che quel gesto, quell’abbraccio, non fosse
minimamente bastato a farsi perdonare.
Ma era bastato a lui.
Perché doveva essere sempre così difficile?
Mama,
didn't mean to make you cry
If I'm not back again this time tomorrow
Carry on, carry on, as if nothing really matters
Mama,
I don't want to die
I sometimes wish I'd never been born at all
Mamma, non volevo farti piangere
Se non sarò tornato a casa a
quest’ora domani
Vai avanti, vai avanti, come se
niente fosse stato
Mamma, io non voglio morire
A volte vorrei non essere mai nato
(Bohemian Rhapsody, Queen)
[...]
Sarai la sera
Quando non mi perderò
La rabbia vera
Di un pensiero che non ho
L'ombra che scende per dimenticare me
La ninna nanna
Di un dolore che non c'è
La storia farà scempio di uomini e parole,
Gli uomini non saranno più frasi d'amore
Ma nel continuo disperarci che c'è in noi
Io so per sempre che tu ci sei
(Canzoni e Cicogne, Roberto
Vecchioni)
Note
He is the first of the
soldiers of Greece, and he married me - Lui è il primo dei soldati della
Grecia, e mi ha sposata: Riferito ad Alja e Gee, naturalmente ;)
E i vecchi parlano di
Fata, che sta aspettando addormentata l’uomo che per la guerra le partì: Fata,
Roberto Vecchioni.
Mama, didn't mean to make you cry, if I'm not back again this time
tomorrow - Mamma, non volevo farti
piangere, se non sarò tornato
a casa a quest’ora domani:
Bohemian Rhapsody, Queen.
Capitolo a cui tengo
particolarmente, questo.
C’è l’arrivo a Sparta,
Alja che odia il caldo -come me, d’altronde ;)- ma ama Gee, e Gee che è così
felice di essere tornato a casa, di rivedere la sua Patria.
E poi c’è Theo, con i
suoi lievi progressi e le sue mille difficoltà nel dimostrare un po’ d’amore
alle persone che non vuole più distruggere, a dimostrare d’aver fatto in tempo
a salvarsi dal diventare come suo padre.
C’è Anasthàsja, che non
può vedere né Lys né i suoi figli, i suoi nipoti, e Leonida e Talia, i
bisnonni, rispettivamente di cinquantadue e quarantanove anni, che però saranno
molto più presenti nei prossimi capitoli.
Spero davvero che vi
sia piaciuto!
A presto ;)
Marty