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Autore: Natalja_Aljona    30/09/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentosessantuno


Trecentosessantuno

He is the first of the soldiers of Greece, and he married me

Lui è il primo dei soldati della Grecia, e mi ha sposata

E i vecchi parlano di Fata, che sta aspettando addormentata

L’uomo che per la guerra le partì

Mama, didn't mean to make you cry, if I'm not back again this time tomorrow

Mamma, non volevo farti piangere, se non sarò tornato a casa a quest’ora domani

 

Un uomo a cui nell’esercito nessuno eguale

Troia vide da ellenica terra venire

 

Tu dovevi, o misero,

Tu dovevi un giorno,

Anima inflessibile,

Porre fine al funesto destino

Di travagli infiniti.

Tale, ora comprendo, era il presagio

Dei lamenti ostili che contro gli Atridi

Nella notte e nella luce innalzavi,

Aspro nel tuo cuore,

Da esiziale passione travolto.

Grande principio di mali

Fu dunque quel tempo

Quando per le armi funeste

Fu proposto l’agone di valore.

(Aiace, Sofocle)

 

[...]

 

And your song will play on without you

And this world won't forget about you

Every part of you was in your song

Now we will carry on...

Never without you

 

E la tua canzone suonerà senza di te

E questo mondo non si dimenticherà di te

Ogni parte di te era nella tua canzone

Adesso noi continueremo...

Mai senza di te

(Never Without You, Ringo Starr)

 

Porto di Gytheio, 9 Giugno 1843

A quaranta kilometri da Sparta

 

Graffio d’onde ardenti d’aria

Dentro il soffio delle apnee

(Un Solo Mondo, Claudio Baglioni)

 

[...]

 

Basterebbe una semplice pioggia, però

Anche il cielo dev’esser d’accordo

(Un Pallone, Samuele Bersani)

 

Erano appena entrati nel Porto di Gytheio, e già Natal'ja si sentiva mancare l'aria.

Il sole, quel sole bruciava, come fiamma viva sulla sua pelle di neve.

I biondi capelli assurdamente lunghi che a Krasnojarsk Alja teneva fieramente sciolti, con il caldo di Sparta andavano assolutamente raccolti.

Così, con un sospiro e una scintilla di tristezza nello sguardo cristallino, la biondina russa si sfilò un nastro - braccialetto celeste chiaro dal polso e si accinse a domare la lunghissima chioma dorata, già sull'orlo di un calo di pressione.

-Santo Cielo, ma... Quanti gradi ci sono, Gee?-

Lo Spartano sorrise, respirando estasiato la sua terra.

-Quaranta, o giù di lì-

-Quaranta... Sopra lo zero?-

Gee inarcò un sopracciglio.

-Eh, direi...-

-Sopra lo zero!- ripeté la Siberiana, sinceramente sconvolta -Ma come si fa?-

D'altronde, per Lys era esagerata qualsiasi temperatura sopra lo zero, perfino lo zero in sé.

In realtà, era lei ad essere esageratamente abituata al freddo siberiano, ma che ci poteva fare? Era nata a Krasnojarsk.

Gee le passò un braccio intorno alle spalle, tanto felice da piangere, quasi, e lei sussultò.

-Eh no, eh! Mi fai caldo, decerebrato!-

Lui le scoccò un'occhiataccia.

-Qui posso fare quello che voglio-

Lys lo fissò con i suoi occhi grigiazzurri momentaneamente più gelidi che mai, al contrario della folle temperatura greca.

-E allora mandami una bella bufera di neve e poi abbracciami quanto vuoi!-

Il Lacone alzò gli occhi al cielo, quel cielo blu da stordire che gli era mancato da morire.

-Ma non potresti essere un po' meno russa, tu?-

In Russia c'era la luce senza il sole, e la luce senza il sole era Natal'ja, l'anima della Siberia.

Ma lui era greco, e il sole lo voleva vedere, anche a costo di farsi accecare e incendiare il nero degli occhi, lo voleva sentire tra le dita, sciogliere il sangue delle ferite, e nel cuore, accarezzare le cicatrici lasciate da quella ragazza troppo russa senza la quale non viveva, ma non guarirle, perché questo poteva farlo solo lei, con la sua luce senza sole, la sua luce che bastava.

-Sei felice?- gli domandò allora Alja, addolcendosi un poco, vedendolo così sognante e romanticamente pensieroso.

-Oh, Lys, mia Lys... Questa è la mia Spárti... Tutto l'amore che avevo... Prima di conoscere te...

Io l'ho dato a lei-

-Beh, se sei così felice...-

Natal'ja sorrise e gli diede un bacio su una guancia.

-Sì, questa è proprio la tua terra... Ti assomiglia-

-Se mi assomiglia, allora tu mi odi quanto odi il caldo?-

-Oh, no... Il caldo tu me lo facevi sentire anche a Krasnojarsk-

-Ah, sì? E che genere di caldo era?-

-Ti basti pensare che con quel caldo ci abbiamo fatto due figli!-

-Sempre romantica, tu...-

Lei lo fulminò con uno sguardo di finta severità.

-Io parlavo del caldo al cuore. E fin dentro le ossa, per l'amore che sentivo.

Perché mi sentivo e mi sento ancora bruciare tutta per un tuo mezzo sorriso-

George la guardò improvvisamente serio, e in quel momento era il Geórgos delle battaglie, quello col sole di Sparta nel sangue, che perdeva con la stessa frequenza con cui Alja diceva qualcosa d'intelligente.

La guardò così, ma solo perché gli venne naturale.

O forse perché in quel momento aveva bisogno di essere più forte di lei, almeno con lo sguardo di un secondo.

E la baciò come se avesse voluto strapparle il cuore e bruciarle il corpo.

Poi le accarezzò una guancia, con il suo sorriso più dolce, e lei sospirò:

-Troppo caldo, Gee...-

 

Nei mattini pallidi appena imburrati di foschia
Risatine come monete soffiate nei caffè
Facce ingenue appena truccate di tenera euforia
Occhi chiari, laghi gemelli, occhi dolci amari
Io le ho viste

Coi capelli di sabbia raccolti nei foulards
E un dolore nuovo e lontano tenuto per la mano
Io le ho viste che cantavano nei giorni brevi di un'idea
E gomiti e amicizie intrecciati per una strada
Io le ho viste stringere le lacrime di una primavera
Che non venne mai
Volo di cicogne con ali di cera
Ancora le ho viste

Quando il cielo stufo d'inverno promette un po' di blu
Piccole regine fra statue di eroi e di operai

Le ho viste
Nelle sere quando son chiuse le fabbriche e le vie
Sulle labbra vaghi sorrisi di attesa e chissà che
Scrivere sui vetri ghiacciati le loro fantasie
Povere belle donne innamorate d'amore e della vita
Le ragazze dell'Est

(Ragazze dell’Est, Claudio Baglioni)

 

Sparta, 9 Giugno 1843

 

Maybe your daddy never held you like you should

Maybe your mama just held on the best she could

Ev'ry soul has a secret

Give it away or keep it

But yesterday's gone, so tell me why

 

Forse tuo padre non ha mai tenuto a te come avrebbe dovuto

Forse tua madre ha semplicemente fatto il meglio che poteva

Ogni anima ha un segreto

Darlo via o tenerlo

Ma ieri è passato, così dimmi perché

(Weight of the World, Ringo Starr)

 

[...]

 

Lingua di marmo antico di una cattedrale

Lingua di spada e pianto di dolore

Lingua che chiama da una torre al mare

Lingua di mare che porta nuovi volti

Lingua di monti esposta a tutti i venti

Che parla di neve bianca agli aranceti

Lingua di lavoro e lingua per onore

Nei mercati stoffe, gioielli e ori

Lingua di barche e serenate a mare

Lingua di sguardi e sorrisi da lontano

(La Nostra Lingua Italiana, Riccardo Cocciante)

 

-Sono loro? Sono proprio loro?-

-Quella è Natal’ja?-

-La Siberiana è perfino più bionda del solito. Zeus, non me la ricordavo così fastidiosamente abbagliante. Raggio di sole dei miei stivali...-

-Ecco Gee! Gee, il nostro Geórgos... Dio, quanto è diventato bello...-

-È sempre più uguale a me, quel ragazzo...-

-Se non fosse per quella scialba sgualdrina di sua moglie...-

Questi furono rispettivamente i commenti di Dimokratìa Dounas, Leonida Zemekis e Talia Azvalakos.

C’erano anche Anasthàsja ed Eiréne, con loro, ma la prima taceva di un silenzio gelido e tagliente, mentre la seconda piangeva ripetendo in un sussurro il nome di quel figlio che tante volte le aveva spezzato il cuore, Theo, Theodorakis.

 

E torna il figlio trovatore

Pensando: “le ho spezzato il cuore”

E maledice il giorno che partì

(Fata, Roberto Vecchioni)

 

[...]

 

Sai, vorrei tornare indietro e rivederti lì

Mi basterebbe solo stringerti di più

Perché non c’ero, non ci sono stato mai

Tutti quei giorni che mi hai amato solo tu

E vorrei dirti cose come: “vita mia”

Stronzate assurde come: “fammi compagnia”

E che son solo, e so che pure tu lo sei

Vorrei, vorrei vederti giovane, vorrei

Ho cantato da solo
Questa vita per mestiere
Per due lacrime
Perse in un bicchiere

Sai, vorrei tornare indietro e non lasciarti mai
Mi basterebbe solo stringerti di più
Per tutti i giorni che con te non c'ero mai
Per tutti i giorni che mi hai amato solo tu

(Canzoni e Cicogne, Roberto Vecchioni)

 

-Tua madre, Fёdor...- sussurrò Alja, tirandogli una gomitata e chiamandolo con il suo nome russo.

Theo aveva la gola secca e gli occhi feriti dal ghiaccio delle lacrime, le dita strette intorno a quelle di Natal’ja per non cadere e ogni frammento sanguinante dell’anima aggrappato all’allegria di Gee, alla felicità di rivedere Sparta ch’era anche la sua, per difendersi da quello strazio al cuore.

I folti capelli biondi scompigliati illuminati dai raggi del sole greco e gli acuti occhi verde chiaro scintillanti d’inquietudine.

Così appariva in quel frangente Theodorakis Dounas, ventotto anni compiuti da poco meno di tre mesi, nel suo relativamente imponente metro e settantaquattro e col suo fisico da oplita.

Bello, sempre meravigliosamente bello, ma distrutto dentro, perché uccidere Meletis non era bastato a salvare Eiréne.

La sua Eiréne, sua madre, con i suoi quarantadue anni e un mese da fiore spezzato e i capelli biondi e ricci sciolti lungo la schiena e fino ai fianchi, gli occhi grigi lucidissimi e il vestito bianco stropicciato.

A piedi nudi sulla bruna terra di Spárti, lievemente abbronzata pel sole cocente, con quella sua eterna aria angelica straziata dal preludio d’un pianto, dalla nostalgia per quel figlio assassino e traditore più del suo stesso imperdonabile padre.

Abbracciarla?

Avrebbe voluto.

Sì, ma non poteva.

Le passò davanti fingendo un’indifferenza dolorosa da morire, fingendo di non essere cambiato mai.

Tìa ci provò, a fermarlo.

A trattenerlo per un braccio, a farlo voltare.

-Theo, non mi saluti? E non la saluti?- sibilò, imbronciata, ma lui si liberò bruscamente dalla presa in fondo fragile della sorella minore.

-Smettila, stupida- sputò, tirando dritto -Che vuoi che me importi di voi?-

-Sei un bastardo, un bastardo, Theodorakis...- sussurrò Tìa, tra le lacrime.

-E allora perché diavolo volete, anzi, pretendete che vi saluti?-

Alja, in quel momento, rivide Theo quando le aveva sparato, nel ’41.

Senza pietà.

Nessuna pietà.

Eppure lui non era così...

Ma perché?

Eiréne era crollata in ginocchio, in preda a un violento pianto a dirotto, perché quel suo figlio era tanto crudele con lei?

E in un attimo, in quell’attimo, finalmente sconfitto, Theodorakis si voltò.

Senza sapere com’era successo, si ritrovò ad abbracciarla, ad abbracciarla disperatamente, come quando era un bambino durante la Guerra d’Indipendenza, e già allora sognava d’andare a combattere.

Ad abbracciare lei, e poi ad accarezzare i lunghi capelli biondi e ondulati di Tìa, la sua sorellina quasi sedicenne, alla quale mai aveva rivolto un sorriso, una carezza od un gesto d’affetto, mai in quei suoi maledetti ventotto anni di vita.

Quella sorella di cui s’era fregato fin dalla nascita, passando in palestra tutto il 29 Novembre, il giorno dopo la notte ch’era nata lei, pensando che tanto era solo una donna, e le donne non andavano in guerra, non vincevano i duelli, perciò non meritavano rispetto, né tantomeno la sua considerazione.

Non era maschilismo, non solo.

Era disprezzo nei confronti di chiunque non avesse un nome nell’esercito.

Non chiese perdono a nessuna delle due, ed era sicuro che quel gesto, quell’abbraccio, non fosse minimamente bastato a farsi perdonare.

Ma era bastato a lui.

Perché doveva essere sempre così difficile?

 

Mama, didn't mean to make you cry
If I'm not back again this time tomorrow
Carry on, carry on, as if nothing really matters

Mama, I don't want to die
I sometimes wish I'd never been born at all

 

Mamma, non volevo farti piangere

Se non sarò tornato a casa a quest’ora domani

Vai avanti, vai avanti, come se niente fosse stato

Mamma, io non voglio morire

A volte vorrei non essere mai nato

(Bohemian Rhapsody, Queen)

 

[...]

 

Sarai la sera
Quando non mi perderò
La rabbia vera
Di un pensiero che non ho
L'ombra che scende per dimenticare me
La ninna nanna
Di un dolore che non c'è
La storia farà scempio di uomini e parole,
Gli uomini non saranno più frasi d'amore
Ma nel continuo disperarci che c'è in noi
Io so per sempre che tu ci sei

(Canzoni e Cicogne, Roberto Vecchioni)

 

 

Note

 

He is the first of the soldiers of Greece, and he married me - Lui è il primo dei soldati della Grecia, e mi ha sposata: Riferito ad Alja e Gee, naturalmente ;)

E i vecchi parlano di Fata, che sta aspettando addormentata l’uomo che per la guerra le partì: Fata, Roberto Vecchioni.

Mama, didn't mean to make you cry, if I'm not back again this time tomorrow - Mamma, non volevo farti piangere, se non sarò tornato a casa a quest’ora domani: Bohemian Rhapsody, Queen.

 

Capitolo a cui tengo particolarmente, questo.

C’è l’arrivo a Sparta, Alja che odia il caldo -come me, d’altronde ;)- ma ama Gee, e Gee che è così felice di essere tornato a casa, di rivedere la sua Patria.

E poi c’è Theo, con i suoi lievi progressi e le sue mille difficoltà nel dimostrare un po’ d’amore alle persone che non vuole più distruggere, a dimostrare d’aver fatto in tempo a salvarsi dal diventare come suo padre.

C’è Anasthàsja, che non può vedere né Lys né i suoi figli, i suoi nipoti, e Leonida e Talia, i bisnonni, rispettivamente di cinquantadue e quarantanove anni, che però saranno molto più presenti nei prossimi capitoli.

Spero davvero che vi sia piaciuto!

 

A presto ;)

Marty

 

 

  
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